Appunti di viaggio. Ossia, una stanza tutta per sè

Questo è un post con la valigia in mano.
Questo è un post da pensiero latente, perché se gli impegni lasciano poco spazio alla riflessione introspettiva, e per questo avranno la mia sempiterna gratitudine che certe volte meno si pensa meglio si sta, i pensieri latenti non vanno a dormire mai.
Questo è un post vecchio, che i 44 anni a volte si sentono tutti quanti, in fila per sei e pure col resto di due, e ci sono cose che uno direbbe non vale la pena ribadire, che sono anch’esse vecchie, obsolete, acquisite, a 44 anni si dovrebbe poter guardare oltre.
Questo è un post stanco, di notti passate a lavorare fino alle due, di mattine di sveglia alle sei e hai messo tutti i compiti in cartella, di taxi antelucani, di attese in aeroporto, di stanze d’albergo tutte uguali, di lucidi da preparare, ma domani c’è lezione prof? No ci vediamo next week io sono fuori per qualche giorno. Ciao boys, mi mancherete tanto, e non mi mancherete affatto.
Questo è un post vecchio e stanco.
Fine preambolo, che serve a parziale spiegazione dei pensieri contorti che seguono.

Sono un ragazzo fortunato, diceva Jovanotti molti più anni fa di quanto valga la pena contare. Una ragazza, vabbé. Una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé se vuole scrivere poesie, diceva Virginia Wolf, ancora prima di Jovanotti.

Io sono una ragazza fortunata perché mi hanno regalato un sogno, ma soprattutto perché ho occasioni in cui ce l’ho una stanza tutta per me.

I viaggi per lavoro sono una costante della mia vita, che non è stata modificata dalle maternità. La doppia fortuna è che spesso si può viaggiare tutti insieme. I primi tempi delle maternità abbiamo viaggiato con i babies, io partecipavo alle riunioni o alle sessioni di conferenza, il mister si trastullava i piccoletti, io interrompevo di tanto in tanto per andare in camera ad allattare. La “conferenza” è ormai nel nostro lessico familiare, i boys sanno che mamma e papà partono a volte, a volte si parte tutti insieme, e a volte anche se si parte tutti insieme a volte papà o mamma devono star via mezza giornata, e ci si rivede il pomeriggio.

Il lato positivo per loro è che abbiamo visto insieme molti posti, alla veneranda età di 6 e quasi 8 anni hanno un portfolio di viaggi di tutto rispetto, dalla Spagna alla Grecia, dalla Turchia a Dubai, dall’Olanda al Portogallo, dalla Polonia all’Australia. Ma ho anche, spesso, specie ora che vanno a scuola, lasciato tutto alle spalle, e preso il mio taxi, “sitting in the railway station, got a ticket for my destination” come dicevano Simon&Garfunkel.

Mi chiedono a volte se mi pesa, lasciarli a casa. Ecco, a dirla proprio tutta, no. Mi pesa un po’ nei giorni immediatamente prima di partire, nel senso che mi faccio sempre un po’ di problemi di troppo, inutili perché so che con papà stanno bene, e so che lui ed io siamo interscambiabili in tutto e per tutto (e se ci sono cose per cui non lo siamo, è perché sono poco importanti). Ma non appena metto piede fuori dalla porta, sono fuori, si cambia registro. Non sono una di quelle che deve telefonare necessariamente a casa ogni giorno, infatti credo di essere una degli ultimi esemplari di essere umano senza telefonino. Mai avuto e non ho intenzione di prenderlo, non sopravvivo senza internet, ma senza cellulare si vive alla grande. Ergo, non ho né la possibilità né il desiderio di essere raggiungibile. Ergo, non sono raggiungibile, ci vediamo giovedì boys, baci baci.

Il mio tempo da sola ha molto valore per me. E non è lo stesso delle ore in cui sono a scuola, è proprio il tempo da sola, anche senza marito volendo, il lusso della giornata che mi si dipana davanti e posso gestirla a modo mio. Forse è il retaggio/nostalgia della mia vita da studente all’estero, ma è una cosa di cui sento il bisogno. Ed ora, le voci di sottofondo che dicono ma che li hai fatti a fare i bambini, sinceramente, non mi toccano, non più almeno, ho fatto una pellaccia dura. Devo sentirmi in colpa? Devo sentirmi in dovere di giustificare (certo, parto, ma per lavoro, lo devo fare, sai come vanno le cose…)? No, grazie, la vita è troppo corta per queste menate. Sono una ragazza fortunata, e questo è quanto.

Spesso sono una ragazza fortunata ma anche sola. Ma fa parte del pacchetto OGM, tocca prenderselo, nella gioia e nel dolore. Diventano quindi perle preziose quei momenti in cui si incrociano per mare navi amiche.

Tipo stamattina.

Siamo qui in albergo, ora di colazione. Scendiamo in ascensore insieme e scambiamo due parole, siamo entrambe alla stessa conferenza, ieri lei era alla mia presentazione e mi ha fatto delle domande, oggi io andrò alla sua.

Arriviamo nella saletta colazione, e ci sediamo allo stesso tavolo, con il caffé davanti, J ed io.

J è australiana, di seconda generazione (i suoi erano di Malta) probabilmente la stessa mia età, forse giusto qualche anno in più. Si parla di lavoro, si parla di nazionalità. Inevitabilmente si parla di figli. Ne ha tre, la più piccola ha appena cominciato l’università.

“Ti dirò”, mi dice, e mi piace il fatto che non vedo neanche un’ombra attraversarle il viso mentre lo dice, “sono proprio contenta che sono grandi ormai, e sono quasi fuori di casa”. So esattamente cosa vuol dire, e so specialmente che non si tratta di non amarli, per fortuna non dobbiamo sprecare parole fra di noi per spiegare una cosa che entrambe riteniamo così ovvia (parole che invece devo sprecare a mazzi davanti ai DCNR, i Dispensatori di Consigli Non Richiesti, ma vabbé sono preparata anche a quello). Che bello comunque trovare persone che, a prescindere dal fatto che la pensano come te, sono comunque al di fuori di ogni giudizio. Non sempre capita, un gran peccato.

Fatto sta che concordo anche io, più passa il tempo meno sono incline a provare nostalgia per i bei tempi di quando erano piccoli e potevo stropicciare le guanciotte. OK, sono bei tempi, ma sono un attimo, sono come un cioccolatino prima dei pasti, un sapore intenso, un amore folle, un brivido che percorre tutti i sensi, ma sono un attimo. Il pasto vero e proprio sta per arrivare, e prima ci si dimentica di quella esperienza ultrasensoriale, prima si può gustare appieno il pasto vero.

Si parlava una volta con mammamsterdam del fatto che probabilmente le gravidanze ci riempiono di talmente tante “tossine”, scombussolandoci nel corpo e nello spirito, che ci vogliono quei buoni 5 o 6 anni per smaltirle tutte. Credo che siano in buona parte smaltite, ora. D’ora in poi, tutta vita ragazzi. Almeno fino all’adolescenza…

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14 thoughts on “Appunti di viaggio. Ossia, una stanza tutta per sè”

  1. tornata…due settimane di lavoro in giro per i distretti rurali del Mozambico: una sensazione di libertà inebriante e ricarica di energie…Mio figlio è stato bene, ha sempre dormito e mangiato e fatto la cacca e andato all’asilo come prima. Ha senz’altro sentito la mia mancanza ma era con il papà e appunto stava bene. Nessun muso al rientro, ma tanta gioia. Papà un pò stanco…

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  2. @Margherita, dai dai 🙂 un metro alla volta

    @Monica: verissimo! Ieri sera e’ stata una baraonda ritrovarli tutti

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  3. …. ma poi che dire dello splendido profumo di famiglia e di quel rinnovato entusiasmo di quando si torna a casa dopo una trasferta?…. non ha prezzo… e pensare che quando mi capita di partire per lavoro (raro, ma capita) mi sento persino un pò in colpa. Invece è un ottima opportunità di riprendere contatto con se stessi, un toccasana per tutti, bimbi compresi.

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  4. Ecco, la gravidanza mi aveva talmente scombussolata nel “corpo e nello spirito”, come dici tu, che stavo per rinunciarci a quella stanza tutta per me. Ci ho messo due anni di sensi di colpa e mal di stomaco per capire che rinunciarci sarebbe stata la fine (mia, ovviamente). Adesso, quella stanza, un pezzetto alla volta, la sto ricostruendo, e non ho più dubbi: la rivoglio tutta intera la mia stanza tutta per me.

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  5. @Chiara grazie, e insomma ragazze grazie per tutti questi outings, molti back in Italy pensano che sia una anomala ma invece io dico che non e’ cosi! Facciamo un sindacato!

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  6. carissime tutte, vi ringrazio tantissimo per questi commenti!

    @pentapata 🙂

    @lanterna posso confermare, e’ bellissimo sedersi a bordo letto e parlare di cose anche complicate e grandi con boy-one, oppure guardare gli occhi luccicanti di boy-two che ha imparato una cosa nuova a scuola e te la deve raccontare. Sono i momenti in cui davvero ti senti una mamma che imbrocca!

    @roberta, che bello il tuo viaggio, mi sento di dire di andare tranquilla, i miei non mi hanno mai messo il muso o altro, anche perche’ fin da subito non sono stata l’unica a metterli a letto, per dire, o fare loro il bagnetto, quindi non era una novita’ assoluta farlo con papa’. Se poi hai anche i nonni, ancora meglio: noi siamo soli in due, quindi siamo un po’ come l’omino e la donnina di quei barometri animati, se uno e fuori l’altro deve stare dentro. Per quanto riguarda le eta’, se non ricordo male io li ho lasciati la prima volta intorno ai 12 mesi piu’ o meno.

    @Silvia, infatti sono offesa a morte! Scherzo 🙂 la foto e’ molto bella, e infatti la prendo come un augurio, io spero tanto di invecchiare cosi’. Grazie anche di aver postato il contributo, che ho finito ieri sera alle due di notte!! Un altro dei vantaggi della stanza tutta per me, che il mister mi avrebbe trascinata a letto molto prima. Oddio, oggi sto come in jet lag quindi magari non e’ stata una grandissima idea, ma e’ il principio che conta 🙂

    @Rape’, che bello sentirti, anche tu hai smaltito bene le tossine, eh?

    grazie a tutte di nuovo, mi appresto alla mia terza e ultima notte in trasferta, domani si vola a casa, stanca ma con le batterie ricaricate, e la testa piena di progetti.

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  7. Vengo ora da una mini trasferta di lavoro che mi sono goduta da pazzi. Però io non sono figlia unica, e alla fin fine – anche se la solitudine me la godo – preferisco la compagnia… di adulti. Mia figlia aveva nove mesi quando sono partita per la priva volta (un paio di giorni). Di quella trasferta ricordo soprattutto il godimento di dormire tutta la notte… A un anno e mezzo circa l’abbiamo lasciata una settimana intera con la tata. Meryem non ne ha mai sofferto particolarmente, secondo me. Dopo l’ultima trasferta lunga (quasi una settimana, alla fine di ottobre) al mio ritorno abbiamo fatto insieme un disegno del posto in cui ero stata.

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  8. Bellissimo questo post. Ora capisco cosa mi manca. Una stanza tutta per me, una valigia e il tempo a volte di staccare la spina. Però non mi lamento. I figli crescono e a poco a poco aumentano gli spazi. Rimpiangere i primi anni proprio no!

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  9. Altra precisazione: la foto del post l’ho scelta io. Non vorrei che supermambanana se la prendesse, quella ritratta è ovviamente la mano di una persona con ben più di 44 anni, poggiata sul manico del suo trolley. Era un modo per dire che lei è e sarà così anche dopo. Con una mano sulla valigia, pronta a entrare nella sua stanza tutta per sè.

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  10. Per errore (mio, of course) il post fino ad ora appariva come scritto da me, ma è ovviamente opera di supermambanana.
    Anche perchè io tutti sti viaggi per lavoro ma quando li faccio? Però mi riconosco molto nel post, per gli stessi motivi di cui parlava Lanterna “io sono figlia unica, la solitudine è parte di me. Mi manca quando non c’è e me la godo un sacco le rare volte che riesco ad averne senza uscire di casa.”

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  11. bene. poi rileggo con calma e magari commento di nuovo, ma grazie intanto per questa riflessione, che capita a fagiolo: sto per partire per il primo viaggio di lavoro senza mio figlio (che ha 19 mesi e sinora me lo sono sempre portato ai convegni e pure un mese in Mozambico) – starò via due settimane, starà con il papà e anche con i nonni e io sono contenta. Contenta di andare in un paese che mi piace a fare il lavoro che mi piace, contenta di lasciare elio con i nonni (e mio figlio è un bimbo facile e stabile e io non ho “traumi” legati alla maternità, quindi non voglio fuggire), tranquilla perchè papà e nonni sanno prendersene cura perfettamente. Mi chiedo, ovviamente, che reazione avrà, se gli mancherò, se mi terrà il muso quando torno, ma non vedo l’ora di andare. E sono contenta di non sentirmi in colpa. se vi è capitato, che età avevano i vostri figli quando sono rimasto per un periodo senza di voi? quali sono state le reazioni?

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  12. Mi ci ritrovo in pieno. Anche se il mio lavoro purtroppo non mi richiede di viaggiare, anch’io ho le mie attività in solitaria e il consueto coro pronto a giudicare.
    Io sono figlia unica, la solitudine è parte di me. Mi manca quando non c’è e me la godo un sacco le rare volte che riesco ad averne senza uscire di casa.
    E anch’io penso che adesso siano teneri e carini, ma che il bello comincerà più avanti. Già adesso poter parlare e ragionare è bellissimo rispetto ai dialoghi ridotti all’osso del periodo prescolastico. Non vedo l’ora che imparino a leggere, perché secondo me lì si fa un altro salto di qualità notevole.

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