“Certo che ci vuole proprio coraggio a mettere al mondo un figlio al giorno d’oggi!”
Frase fatta, sentita mille volte più o meno in ogni epoca in cui mi sia capitato di vivere: il “giorno d’oggi” è sempre il momento storico più brutto che si possa concepire.
Solo che “coraggio” in questa frase significa incoscienza, poca consapevolezza e magari anche un po’ di dabbenaggine. E non è di questo che voglio parlare.
Io, invece, vorrei proprio parlare di coraggio: ci vuole coraggio, un coraggio da leone – per rimanere in immagini stereotipate – a mettere al mondo un figlio, oggi come ieri e come dopodomani. Perché far nascere un figlio vuol dire mettere un altro essere umano in condizione di fidarsi ciecamente di noi.
Ditemi, ve la sentite davvero di promettere ai vostri figli che possono e potranno fidarsi sempre di voi? Dovete promettere che farete il meglio possibile per loro, li difenderete dai pericoli, li indirizzerete per la giusta via, sarete in grado di esserci sempre per loro, li sosterrete e li amerete incondizionatamente. Ma soprattutto dovete promettere che sarete sinceri con loro e con voi stessi: dovete promettere la vostra buona fede. E se prometto, poi mantengo! (cit.)
E allora sì che ci vuole coraggio a mettere al mondo un figlio. Ci vuole il coraggio di non tradire, o almeno provarci.
Come regalino in questa casella del calendario, vi offro il mio motto. Lo troverete scritto in splendenti caratteri di lucido ottone sulla Portaerei Cavour, della nostra Marina Militare, che, guarda caso, è l’unica nave che può assumere, anche contemporaneamente, il ruolo di portaerei, piattaforma logistica ed anfibia, unità sede di comando e nave ospedale. Che metafora meravigliosa dell’essere genitore!
Rende l’idea del coraggio e di sangue freddo? E’ un verso di Orazio, che può tradursi con
“[ricordati di] conservare serena e salda la mente nelle difficoltà”.
Il coraggio non ha nulla a che fare con l’essere eroi, sta tutto nell’essere saldi e lucidi quando il gioco si fa duro: credere in quelle quattro cose di cui non potete fare a meno e amare senza paura.
Paragono spesso la corsa sulla lunga distanza in montagna al fare figli. È una gran fatica, la maggior parte del tempo stai lì a chiederti chi te lo ha fatto fare e stai giorni camminando pieno di dolori. Poi ogni tanto c’è una pausa, un panorama da fotografare per non scordarselo, un ristoro con qualche cosa di caldo da bere, una pacca sulla spalla di qualcuno che ti supera, un paio di battute fatte da uno sconosciuto a cui ti affianchi. Dico sempre che correre ultramaratone è proprio uguale a fare figli: se stai lì a pensare a tutto finisci che non le fai. Poi però ti perdi anche il bello.