E’ una calda giornata di giugno, sono le cinque. Percorro in silenzio il viale alberato che da casa mia conduce alla scuola dei miei figli.
Il gelataio è sempre allo stesso posto, all’entrata del parco, mi fa un cenno mentre distribuisce ghiaccioli colorati a orde di bambini urlanti.
L’asfalto e’ rovente, cammino con i miei sandali gialli e sento il calore salire verso l’alto, mi gira la testa e faccio un respiro profondo.
Guardo avanti e intravedo il cancello verde di accesso al giardino e all’edificio grigio della scuola elementare.
Ho in borsa le pagelle, prendo i tre fogli stampati e li tengo tra le mani.
Da quest’anno si usa il registro elettronico, ognuno accede con la propria password e in un baleno si può visualizzare il rendimento scolastico dei propri figli.
Stamattina li avevo intorno all’alba, mi hanno svegliato elettrizzati portandomi l’ipad.
E’ il giorno fatidico, la resa dei conti di un anno intero. Non dovrebbe essere così ma loro aspettano quella fila di numeri come l’acqua nel deserto.
Ho aperto gli occhi ancora intontita e ho cercato sul comodino i due codici d’accesso.
Al terzo tentativo ci sono riuscita, i nomi dei miei tre bambini sono apparsi come d’incanto sullo schermo colorato.
Il mio figlio maggiore fingeva disinteresse, ma aveva quell’espressione che conosco bene.
Ho cliccato sul suo nome e insieme abbiamo guardato voti e giudizi. Era radioso, orgoglioso e contento dei suoi risultati da fratello grande. Ha fatto un saltello per scendere dal letto e si è buttato in cucina per la colazione.
Tommaso e Riccardo aspettavano il loro turno, silenziosi guardavano le mie dita sfiorare velocemente le scritte.
Per prima ho aperto la pagella di Tommaso, e con una carezza gli ho sfiorato il viso mentre abbozzava un sorrido timido, uno dei suoi.
Era contento, lo vedevo nei suoi occhi limpidi, ma coerente con il suo modo di essere non è esploso in grida e altre manifestazioni chiassose. Si è preso i miei gesti d’affetto, se li è tenuti stretti per un secondo, poi si è spostato vicino al suo gemello e ha aspettato con lui.
Riccardo mi guardava fisso con i suoi occhi scuri e profondi, occhi grandi che mirano al cuore e si attorcigliano nell’anima.
Lui, questo bambino capace di scuotermi e di farmi precipitare nell’abisso, sensibile e affettuoso fino alle lacrime, tormentato ma anche giocoso e allegro come un campo di grano in piena estate.
Lui aspettava la sua pagella, dopo un anno in cui ha dato tutto, e anche di più.
Non si è risparmiato su nulla, non è stato il gemello di nessuno nella sua classe: solo Riccardo.
Senza più porte aperte come all’asilo, in cui c’era sempre la scorciatoia dell’aula a fianco, in cui rifugiarsi nei momenti bui a cercare il suo gemello.
Costruire la propria identità non è semplice quando si nasce in due, e sempre in due si attraversano le tappe della vita. C’è sempre uno dei due che si guarda con gli occhi dell’altro, che pensa con la testa dell’altro.
Per lui era così.
Ho chiuso gli occhi per un attimo e quando li ho riaperti la sua pagella mi si è aperta davanti in tutta la sua immacolata perfezione.
Una fila di materie e per tutte, come una magia, c’era lo stesso numero, quel numero, senza una sbavatura.
Ho letto il giudizio alla fine con il respiro sospeso e ho pensato a tutte le preoccupazioni che a settembre mi stringevano il cuore.
L’ho abbracciato forte e mi ha regalato il suo sorriso aperto, solare, colorato come quello di un folletto.
Ha fatto un salto come su un’onda altissima ed è sceso dal mio letto per prepararsi.
Ho la sua gioia negli occhi mentre salgo le scale per i colloqui con le maestre, fissati per quello stesso pomeriggio.
Colloqui di fine anno, bilanci per tirare una riga alla fine della prima elementare.
La porta e’ aperta, dalle finestre entra una luce chiara di inizio estate, le maestre sono sedute ad aspettare.
Entro in classe con passo deciso, indosso uno dei miei vestiti a cerchi colorati, quello che amo di più.
Mi guardo intorno, vedo i disegni appesi ai muri e in quel momento, proprio in quell’istante, mi accorgo nitidamente di cosa sia la felicità.
@ Dasa: ti capisco, ma il mio è stato un percorso fatto anche di frustrazione e di fatica, oltre che di sensi di colpa enormi. Facevo fatica accettare proprio le diversità di Riccardo, non capivo tante sue difficoltà degli anni passati. Sbagliavo punto di vista quasi sempre, lo mettevo continuamente a confronto del suo gemello, invece che isolare i suoi traguardi e le sue conquiste. Ora sono molto più tranquilla, e lui anche. Quest’anno mi sono rasserenata, messa il cuore in pace, e guarda caso ha dato il meglio di lui…
OH, quanto ti odio! Ti odio quando mi appare il post, e non posso fare a meno di aprirlo, avida. Mi vengono le lacrime già sul titolo. Mi sale l’angoscia. Noi che abbiamo ancora 1 anno di asilo. E poi ti invidio. E ti odio. Perch? non so come aiutare il mio Riccardo e mi sale il magone ogni volta che ci penso. Grazie. Forse ho ancora qualche speranza.
@close già :))))
:’-)