Andare con tuo figlio in un posto in cui sei già stato nella tua vita “prima di lui”, rinnova completamente l’esperienza e la visione dei luoghi.
Che si tratti di un viaggio, di una gita, o magari anche solo di un giro in città, ripetere un’esperienza con i bambini ne stravolge tutti i confini.
Ci pensavo sabato scorso, in occasione di una gita a Firenze. Una semplicissima gita, dalla mattina alla sera, in una città visitata tante volte, in tante occasioni ed epoche diverse. L’idea della giornata a Firenze era proprio scaturita dall’esigenza di far vedere una città tanto nota e tanto bella al Piccolo Jedi. Possibile che non ce lo abbiamo ancora mai portato?
Qualche giorno prima gli stavamo raccontando del nostro viaggio in Cina di molti anni fa. “Ma poi ci tornate anche con me, vero?”
Sono rimasta un po’ interdetta: veramente no, non pensavo di tornarci, il mondo è tanto grande che vorrei andare in posti che non ho visto, magari ci andrai da solo, quando sarai più grande… Eppure… che meraviglia sarebbe tornare con lui!
Ecco: la RI-scoperta è entusiasmante. Dai posti più vicini e raggiungibili a quelli più distanti, che magari invece non visiteremo mai insieme.
Ripercorrere passi già percorsi e cercare di suscitare l’interesse dei bambini, di coinvolgerli, di farli sentire al centro dell’esperienza, rinnova il punto dei vista anche dei grandi.
Mi sono resa conto che passare al ruolo di “guida” per mostrare un luogo ai bambini, fa appuntare l’attenzione su ciò che di quel posto ti colpisce veramente.
Prima di tutto, quando si gira con i bambini è necessario fare più pause. I tour de force sono vietati: è necessario mettere in conto momenti in cui si riposa e ci si rilassa, si sta fermi. Momenti che troppo spesso da adulti trascuriamo, presi dalla frenesia di girare e vedere più cose possibile.
Fermarsi significa guardare con più calma. Una panchina su una piazza conosciuta può essere un punto di vista diverso, che ne fa scoprire mille particolari in più. Ci pensavo in una pausa “forzata” (dai segnali di nervosismo da stanchezza e dalla necessità di una merenda) sotto la loggia medicea in piazza della Signoria a Firenze. Seduta lì, sul muretto perimetrale, guardavo le statue da dietro, piuttosto che da davanti. Un punto di vista originale che ti restituisce più i volti di chi sta ammirando, che l’opera in sé.
Senza mio figlio, quando mai mi sarei fermata così a lungo a guardare le statue attraverso lo sguardo di chi le guarda?
E senza di lui, quando mai avrei avuto occasione di rispondere a cento domande su particolari architettonici che per me erano del tutto invisibili, tanto erano minuti?
Visitando un luogo con i bambini, poi, è necessario fare una cernita dei proprio obiettivi. “Tutto” non si può vedere, quindi è necessario scegliere.
Si, ma quella scelta come la fai? Ecco il momento in cui ti rendi conto che stai selezionando secondo il tuo gusto, il tuo ricordo, la tua passione. Nella maggior parte dei casi di certo non trascurerai i posti più noti, ma poi gli itinerari saranno selezionati col metro del ricordo: questo, sì, questo era bellissimo, non possiamo non farglielo vedere! E qui, ti ricordi, qui? Dobbiamo portarcelo!.
Un viaggio con i bambini diventa sempre, necessariamente un viaggio sentimentale.
Anche di questo ho avuto esperienza alla galleria degli Uffizi. Impossibile pensare di soffermarsi davanti a ogni dipinto: il ritmo sarebbe stato tale da distruggere l’attenzione di un decenne, anche se abituato e interessato.
Quindi era necessario trascurare qualcosa e scegliere altro per soffermarsi. Cosa? Certo, non si salta il Botticelli, Michelangelo o Caravaggio, ma poi, nell’immensa quantità di tele celeberrime, la scelta diventava necessariamente una scelta personale: su questo quadro ho voglia di dirti qualcosa, ti va di ascoltare? Questo mi emoziona, vuoi sapere perché?
E così, quando pensi che visitare un museo con i bambini possa essere molto faticoso, ti rendi conto che invece è in quella visita che esprimi davvero le tue passioni e le tue emozioni, non più obbligato dalla necessità di “immagazzinare” quante più immagini possibile.
E poi è necessario studiare. Guai ad andare impreparati in viaggio con i più piccoli! Come speri di poter tenere alto il loro interesse se non hai storie da raccontare, bellezza da mostrare, emozioni da comunicare?
I bambini sono un pubblico esigente: devi sapere per rispondere a mille domande e se non sai (e ti capiterà spesso) devi essere pronto ad ammettere e documentarti (santo Google sullo smartphone!!). Devi trovare un linguaggio adatto, devi saper raccontare la storia, le vicende degli uomini che sono vissuti in quei luoghi. Devi spiegare perché li hai portati in quel posto, cosa vuoi davvero mostrare, perché merita essere lì.
Così ti accorgi di quante cose, che non ricordavi di sapere, girano ancora nella tua testa. Ti ritrovi a prepararti al viaggio ancor prima di compierlo, come magari non facevi più da tempo.
Leggi con loro, cerchi immagini, video, libri, perché siano preparati e ansiosi di andare. E ritrovi il gusto di scoprire, di esplorare, di prepararti e aspettare con ansia il giorno della partenza.
Un viaggio o una gita con i propri figli non è solo l’occasione per far fare a loro un’esperienza, è un’esperienza nuova anche per noi genitori. Riandare percorrendo le strade con occhi nuovi, guardare da punti di vista diversi, scoprire insieme e sperimentare un ritmo nuovo. Non perdete queste occasioni di sperimentare la bellezza insieme a loro.
Anche oggi pubblichiamo un post-intervista su un argomento molto simile a questo
https://genitoricrescono.com/bambini-nei-musei/
Ups, mi è partita la prima e con l’accento: scusate
Io è mio marito abbiamo sempre viaggiato. Lui, poi, e’ “un grande viaggiatore”: proprio ieri, stirando (!) pensavo che lo amo anche perché mi ha insegnato che la bellezza e’ stupore. E me lo ha insegnato con i viaggi prima, incantandosi di fronte a spazi e architetture che agli altri non sarebbe mai neanche venuto in mente di visitare, e con i figli poi: i nostri bambini di quattro e tre anni, favolosi viaggiatori immaginari, riescono a stupirsi di fronte a cose inaspettate ( e quello, lo so, non è’ solo DNA, ma una caratteristica di – quasi – tutti i bambini). Ovviamente non solo hanno già dato per scontato – padre e figli- che torneremo nei posti in cui noi due siamo già stati da soli, ma programmano viaggi intorno al mondo da esploratori!
Ecco, avete colto entrambe quello che provo quando giro con Andrea.
Sembra proprio di rifare le cose da capo, come se il prima appartenesse proprio a un’altra vita.
“c’è sempre qualcosa di interessante (e non sempre è quello che è interessante per me)”: ecco, questo mi ha sempre colpito molto! A volte mi sembra che sia più facile per lui trovare sempre qualcosa di interessante che per noi grandi.
un viaggio vale sempre la pena di essere viaggiato (lasciatemi usare questo solecismo). con i bambini poi…non dovremmo mai avere dubbi. nonostante la stanchezza e la pigrizia, ma alla fine è davvero una bella avventura! aggiungo: indimenticabile. i bambini vedono il mondo con occhi diversi dai nostri e viaggiare con loro è meraviglioso. ovviamente vanno abituati e anche il viaggio è una cosa che si impara. si impara a viaggiare insieme, non si improvvisa. noi viaggiamo con uno stile assolutamente low cost e anche questo si impara. a portarsi dietro poco e ad avere bisogno di poco. e a non aver “paura” di musei e monumenti. ai miei figli dico sempre: abbiamo fatto 500-1000-1500 km per arrivare fino a qui e non vogliamo nemmeno entrare? vediamo 3-4 cose e poi semmai usciamo. non succede mai, pochi posti ci hanno davvero delusi. c’è sempre qualcosa di interessante (e non sempre è quello che è interessante per me). ad esempio dei crocefissi di cimabue a loro interessava di che legno erano fatti e come facevano i colori. forti no?
Tornare con i bambini in un luogo in cui si è stati magari tanto tempo prima e con persone diverse, che ora non fanno più parte della nostra vita, per me significa paragonare la persona che eravamo prima di essere mamma e quella che siamo diventata con la maternità, ricordare certi aspetti di noi che abbiamo dovuto lasciare per strada, essere consapevoli che nostro figlio non conoscerà tanti aspetti della nostra vita di prima, perché lui ci vede solo come la sua mamma, sapere che ci sono ricordi che non possiamo condividere perché sono solo nostri…