Il nome e la legge

Possiamo mettere ai nostri figli il nome che più ci piace?
Nonostante siano cadute molte limtazioni, la legge italiana impone ancora dei vincoli sull’attribuzione del nome ai nuovi nati.
La materia è regolamentata dal D.P.R. n. 396 del 2000, che si occupa dello stato civile dei cittadini in genere e che va a sostituire una legge precedente del 1939.
L’art. 34 del D.P.R. 396/2000 indica i LIMITI NELL’ATTRIBUZIONE DEL NOME. E’ vietato imporre al bambino:
– lo stesso nome del padre vivente,
– lo stesso nome di un fratello o di una sorella viventi,
– un cognome come nome,
– nomi ridicoli o vergognosi.

Quindi in Italia non ci sarà, per esempio, nessun Mario junior, figlio di Mario. Nè ci potrà essere una Maradona Rossi. Ed è anche svanita per sempre la possibilità dei classici Dario o Dina Lampa e cose del genere!

I nomi stranieri che sono imposti ai bambini aventi la cittadinanza italiana, devono essere espressi in lettere dell’alfabeto italiano, con la estensione alle lettere: J, K, X, Y, W e, dove possibile, anche con i segni diacritici (dieresi, accenti circonflessi, cedija, tilde ecc. ecc.) propri dell’alfabeto della lingua di origine del nome.
Quindi, per esempio, un nome giapponese o cinese, può essere attribuito, ma scritto con caratteri alfabetici e non in ideogrammi. Mentre un nome scandinavo può contenere caratteri come ö, ä, å.

Ai figli di cui non sono conosciuti i genitori non possono essere imposti nomi o cognomi che facciano intendere l’origine naturale, o cognomi di importanza storica o appartenenti a famiglie particolarmente conosciute nel luogo in cui l’atto di nascita è formato.
Quindi è ormai preclusa quell’antica abitudine di dare ai bambini non riconosciuti cognomi quali: Esposito e Diotallevi, che pure ancora oggi hanno una notevolissima diffusione nazionale.

Se il dichiarante intende dare al bambino un nome in violazione del divieto stabilito nel comma 1 o in violazione delle indicazioni del comma 2, l’ufficiale dello stato civile lo avverte del divieto, e, se il dichiarante persiste nella sua determinazione, riceve la dichiarazione, forma l’atto di nascita e, informandone il dichiarante, ne dà immediatamente notizia al procuratore della Repubblica ai fini del promovimento del giudizio di rettificazione.
Questa è una differenza fondamentale con la previgente regolamentazione: oggi l’ufficiale dello stato civile non può rifiutarsi di attribuire al bambino il nome scelto dal genitore. Deve però avvertire se lo ritiene in violazione delle norme e deve dare avviso che, con la notizia alla Procura, inizierà un procedimento giurisdizionale prima di verifica e poi, eventualmente, di rettificazione del nome.
Per esempio, oggi, la nota cantante Giorgia probabilmente si chiamerebbe Georgiainmymind, come ha sempre raccontato che voleva chiamarla il padre, mentre all’epoca (intorno agli anni ’70), l’ufficiale dello stato civile rifiutò di attribuire questo nome. Certo… il procedimento di verifica e rettificazione scatterebbe comunque e dubito che quel nome, ancora oggi, ne uscirebbe indenne!

L’art. 35 si occupa in modo specifico del NOME in senso stretto (ovvero del PRENOME)
Il nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso e può essere composto da uno o da più elementi onomastici, anche separati, non superiori a tre. In quest’ultimo caso, tutti gli elementi del prenome dovranno essere riportati negli estratti e nei certificati rilasciati dall’ufficiale dello stato civile e dall’ufficiale di anagrafe.
Quindi ci deve essere stretta corrispondenza tra il genere sessuale ed il nome, in modo che il nome proprio indichi con certezza il sesso di un individuo.
Per questo motivo, in caso di cambiamento di sesso, a conclusione dell’iter medico-chirurgico, il cambiamento di nome viene sempre riconosciuto ed anzi, in mancanza di richiesta dell’interessato, potrebbe essere imposto.
La seconda parte dell’articolo, indica che non esiste più il secondo o terzo nome: se si impongono più nomi, quelli concorrono tutti a formare il prenome della persona, quindi dovranno sempre essere indicati tutti. Quindi un Giangiacomo Guglielmo Maria dovrà sempre firmare con tutti e tre i nomi!

Ma come la mettiamo, vista la corrispondenza necessaria tra genere sessuale e nome, con i classici casi di “Andrea” attribuito ad una donna e “Maria” come secondo nome di un uomo?
E’ stata necessaria una circolare esplicativa del Ministero dell’Interno, la n. 27 del 2002, per chiarire la questione.

La circolare precisa che la normativa del 2000, modificando quella del 1939, ha sostanzialmente assicurato la scelta libera rimessa ai genitori nell’indicazione del nome da attribuire al figlio.
Infatti, la grande differenza rispetto alle norme del 1939 sta nel fatto che, anche in presenza di una chiara violazione dei limiti all’attribuzione del nome disposti dalle norme, se il genitore persiste nella sua determinazione a dare al figlio un certo nome, l’ufficiale dello stato civile è comunque obbligato a formare l’atto di nascita, non potendo né rifiutare di adempiere, né intervenire a modificare l’indicazione del nome stesso (possibilità che invece gli era attribuita prima del 2000!).
L’ufficiale dello stato civile, quindi, deve avvertire il genitore del divieto, ma deve anche procedere comunque alla registrazione del nome vietato se il genitore insiste.
In tutti i casi in cui l’ufficiale dello stato civile ritiene che il nome violi la normativa, avvertito il genitore, deve segnalazione l’accaduto al Procuratore della Repubblica, il quale potrebbe attivarsi presso il competente Tribunale per la promozione del GIUDIZIO DI RETTIFICAZIONE.
Quindi, tolta ogni possibilità di decisione all’ufficiale dello stato civile, il Procuratore compie un secondo vaglio sul nome che si suppone in violazione delle norme: potrebbe infatti ritenerlo attribuibile e non iniziare mai il giudizio di rettificazione.
Se il Tribunale è davvero chiamato a giudicare, i genitori potranno intervenire in questo giudizio e dire la loro. All’esito, il Tribunale potrà modificare o meno il nome. In caso di modifica, verrà annotato il nuovo nome nel certificato anagrafico.
In questo caso i genitori dovrenno correggere il nome in tutte le iscrizioni già effettuate (ad esempio: scuola, tessera sanitaria, codice fiscale, ecc.)

Una questione di rilievo, come accennavo, riguarda l’attribuzione del nome in maniera corrispondente al sesso, soprattutto perchè oggi è possibile attribuire un nome straniero, potendosi così creare dei contrasti.
Resta prioritario il principio generale secondo cui il nome non deve trarre in equivoco sulla corrispondenza al sesso del neonato, corrispondenza che dovrà essere verificata tenendo conto della valenza maschile o femminile del nome alla luce della tradizione e dell’uso in Italia.
Questa corrispondenza tra nome e sesso, risponde al pubblico interesse che nome e cognome siano mezzo di identificazione dell’individuo nei rapporti sociali, in modo da non creare equivoci e confusioni sull’identità personale anche sotto il profilo del sesso.
Uno dei problemi più diffusi è quello che riguarda il nome Andrea, preso in specifica considerazione dalla circolare, proprio per la diffusione della casistica della sua attribuzione femminile, secondo la tradizione spagnola o tedesca. In Italia l’attribuzione del nome Andrea ad una donna non è consentita, quindi, in caso venga imposto dal genitore, l’ufficiale dello stato civile dovrà dare l’avviso alla Procura.
Invece il nome Maria, imposto anche a minori di sesso maschile, purché sia preceduto da un primo elemento onomastico chiaramente maschile (esempio, Enrico Maria), è considerato possibile, in virtù di una prassi tradizionale consolidata.
Il nome Andrea ad una bambina, potrebbe essere validamente attribuito se preceduto da un nome chiaramente femminile: Francesca Andrea è un nome attribuibile senza incorrere in violazione delle norme.
In caso di nomi da assegnare a bambini di nazionalità estera nel nostro Paese, deve invece applicarsi la normativa del paese di provenienza, in attuazione di specifiche norme di diritto internazionale privato. Quindi una bambina di nazionalità tedesca o spagnola potrebbe tranquillamente essere chiamata Andrea anche se nata e registrata in Italia.
Un ulteriore limite caduto rispetto alla normativa del ’39 è quello di attribuire un nome di località: oggi una bambina potrebbe chiamarsi Roma senza alcun problema!

Nessuna norma, invece, è mai intervenuta per convincere vostro suocero che chiamare il nipotino neonato Raimondo o Gavino, proprio come lui e molti dei suoi avi, non sarà mai nelle vostre intenzioni! 😉
Per concludere, io mi domando… ma alla famiglia Totti qualcuno avrà paventato il procedimento giurisdizionale di rettificazione quando hanno chiamato la figlia Chanel???

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78 thoughts on “Il nome e la legge”

  1. nonostante questo articolo, conosco una coppia cha ha scelto per il figlio il nome del padre, e si chiama (evito il nome diciamo) tizio jr… forse al loro come di residenza ignoravano questa legge…? E’ possibile?

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  2. non capisco, visto che era una trascrizione, perche’ non la hanno registrata con il nome in francese. Mio figlio ha un nome spagnolo, Esteban. E’ nato a Porto Rico e l’ho registrato al comune di Milano con il suo nome non tradotto in Stefano. Mi sembra anche piu’ semplice per il futuro in termini di documenti: si chiama Esteban sia dove e’ nato che dove magari risiedera’. Qui si usano i due cognomi. Nel momento in cui abbiamo trascritto Esteban, in Italia ne accettavano uno solo (il mio) mentre, tre anni e mezzo piu’ tardi, quando abbiamo registrato Elena, la legge era cambiata e cosi’ l’abbiamo potuta registrare tale e quale a Porto Rico. Il mio interesse e’ richiedere la correzione per aggiungere il secondo cognome per mio figlio.

    Buone feste,

    Stefano

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  3. Bah, mi sembra strano. Comunque io ne ho tre: Stefano Angelo Benedetto (Amen!). Per cancellarli non so se mi converrà andare in comune o direttamente in chiesa…:)

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  4. io ho due nomi nicoletta immacolata volevo sapere se è vero ke per legge ora si deve cancellaree un nome?io per legge o no ho due nomi da quando sono nata cioè 28 anni fa grz

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  5. Ciao
    io ho una bimba di 3 anni e l’ho chiamata Blue…
    nome che a noi piace ogni giorno di più ovviamente!
    Al momento dell’iscrizione non ci hanno fatto problemi
    oggi però mi ha contattato il babbo di una bimba di nome Blu che ha ricevuto la lettera per presentarsi in tribunale poichè il nome non è stato accettato in quanto non identificativo del sesso…
    a questo punto volevo chiedere se secondo voi possono ancora chiamare anche noi nel caso decidessero che quella “e” finale non identifica comunque il sesso.
    C’è un limite massimo di tempo entro il quale possono chiamare e dopo il quale oramai il nome non può più essere cambiato?

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  6. In effetti l’accento non incide in nessun modo nel codice fiscale, perchè semplicemente non si metterebbe, anche se ci fosse. Poi nel nome Helena (che si pronunciia come dice Barbara Helèna, anche senza l’accento), la lettera accentata non andrebbe mai nel codice fiscale, che sarebbe *** HLN ecc…
    Per quanto riguarda il battesimo, ci si dovrebbe uniformare alla regola imposta dalla Chiesa, dato che si fa battezzare un bambino in quanto si è credenti. C’è comunque un’ampia discrezionalità: molti parroci (ormai la maggior parte) battezzano anche con nomi non di Santi.

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  7. MAMMAMIA la Chiesa ha le sue regole: se ne vuoi far parte le devi rispettare. Una di queste regole impone il nome di un santo se si vuole essere battezzati. Se non ti sta bene o ti trovi un parroco compiacente che delle regole se ne frega (o almeno di alcune) o non battezzi.
    Puoi roderti quanto ti pare, ma il torto non ce l’ha certo quel prete che si è rifiutato di battezzare.

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  8. so che nn c’entra molto legalmente, ma volevo far presente, in argomento “nomi” che alla mia bimba di 2 anni e mezzo che si chiama Mia è stato rifiutato il battesimo nella chiesa del mio paese (sono riuscita poi a farla battezzare ma in un altro posto e nn con facilità..) Mi chiedo, ma la chiesa può fare questo? La loro motivazione fu che nn esiste Santa Mia (e quindi avrei dovuto x forza battezzarla con un altro nome poi eventualmente seguito da Mia)..e quindi tu, parroco, rifiuti un sacramento ad una creatura x questo? (ho fatto uno di quei casini quel giorno che penso mi ricorderanno a lungo) E poi, alla bimba della marcuzzi che presto nascerà e che si chiamerà Mia, al momento del battesimo faranno di questi problemi? Io nn credo! Scusate ma ancora nn mi va giù…

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  9. Grazie per le vostre considerazioni…
    Lo vorrei scrivere l’accento perché mi immagino ad esempio il primo giorno di scuola quando la maestra farà l’appello e così via…..
    Comunque intanto mi stampo il documento!!! 🙂

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  10. Stefano, si usano le consonanti finchè ci sono. So per certo che Anna diventa NNA e Sara SRA quindi Dario suppongo DRA o DRO.
    Credo che il problema di Chiara sarà far accettare quella H più che l’accento. Che poi, saranno le mie origini slave, ma io quando vedo scritto “Helena” leggo “Helèna” senza neanche starci a pensare.
    Perdonami se faccio il grillo parlante, Chiara, ma sei sicura di volerlo scrivere, quell’accento? Ho un’amica che ha il cognome accentato e ha un sacco di problemi con modulistica, registrazioni eccetera.

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  11. Scusate, magari non ci ho capito mai molto di come funziona il CF ma, per Heléna, non dovrebbe iniziare con il CoGNome e poi il nome? ovvero: CGNHLN…? se così fosse… no-accent-no-problem! non so, ho sempre pensato che per il CF si utilizzano dove possibile solo le prime tre consonanti. Infatti, che codice avrà mai Dario Fo? Boh!

    Poi, se proprio fosse che non ti permettono l’accento per legge (e come fanno con i cognomi tipo Fernández?), l’importante é come lo pronunci tu il suo nome.

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  12. Per la cronaca, io ho ricevuto notizia di un Sandokan registrato all’anagrafe (in provincia di Treviso).

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  13. Ciao Chiara, secondo me quello che scrivi sembra un malinteso: dato che per legge i segni diacritici ci possono essere, probabilmente l’impiegato ha fatto notare che l’accento non puo’ andare nel CF. Per te se ti fanno problemi l’unica cosa da fare sarà cercarsi il riferimento di legge online, stamparlo, e mostrarlo all’impiegato!

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