Guida al Natale del genitore separato

genitori separati NataleCome sopravvivere al Natale in cui i figli sono presso l’altro genitore

Qualche anno fa mi ricordo che litigai pesantemente con il babbo delle mie figlie e decidemmo che così non si poteva andare avanti. Chiamai un avvocato a caso dall’elenco (sentivo la necessità di un confronto immediato e non volevo scomodare Silvia che sta a Roma), e finalmente ci concedemmo il lusso di essere incivili, rinfacciare, rivendicare, rimescolare, proprio come avevamo visto fare i nostri genitori. Quando gli avvocati stilarono l’accordo però, non potevamo credere ai nostri occhi: conteneva tutto quello che avevamo evitato fino a quel momento, cioè sabato con me – domenica con te, mi rendi il divano, ti rendo il regalo di Natale del 2004, Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi.

Abbiamo stracciato l’accordo, salutato gli avvocati e deciso di continuare a festeggiare il Natale assieme.

Ma oggi voglio immaginare di aver firmato quell’accordo, pensando che, di fronte a un conflitto dolorosissimo, la soluzione scritta con testimoni che rappresentavano la legge e quindi la giustizia (?), fosse la strada che era auspicabile percorrere, per il bene delle bimbe.

Fatico un po’ a immaginarmi madre separata a Natale, l’anno senza figli, perché difficilmente mia madre mi mollerebbe, per mia sfortuna, però vi suggerisco un paio di scenari, da cui potete prendere spunto se vi trovate in questa situazione. Una premessa: è arcinota la mia disistima per il Natale, perdonate il cinismo e prendetemi come sono. Grazie.

1) Volontariato a Natale

L’ho detto davvero? Davvero vi sto suggerendo di andare a servire alla mensa dei poveri solo perché vi sentite dei reietti anche voi? Andiamo, questa non è vera solidarietà! E’ solidarietà quando l’alternativa al volontariato sarebbe una casa addobbata con tutti i crismi e un ricco pranzo con i vostri bambini, non quando portate in dono solo la vostra solitudine! Ma se la tristezza di un Natale soli vi dà la spinta per fare qualcosa di bello, per amare gli altri tutto l’anno, allora fatelo, ringraziando questa splendida opportunità. Non vi nascondete dietro alla scusa “Avrei voluto fare volontariato, ma non so a chi rivolgermi”: vi basta digitare su Google “volontariato a Natale” e otterrete circa un milione di risposte (qualcuno vuole aggiungere suggerimenti nei commenti?).

2) Il Pranzo dei Grinch

Mio fratello da un paio di anni si rifiuta di festeggiare il Natale. Lo fa in particolare per infastidire mia madre. Accade infatti in molte case che lo sforzo per rendere il Natale tanto suggestivo quanto artificiale, crei tensioni in tutta la famiglia. Ci sono persone che il giorno di Natale desiderano sentirsi la famiglia della pubblicità del pandoro e obbligano tutti gli altri a coltivare lo stesso desiderio: una di queste è mia madre, l’altra è la madre de Le Correzioni di Franzen. Per questo mio fratello festeggia con un paio di amici che si sentono come lui: sottolineano la loro scelta già dai primi di settembre, poi il 25 staccano il telefono per non rispondere ad auguri calorosi che comunque non sarebbero arrivati, cucinano un buon pranzo, e finiscono sbronzi a proiettare un film horror sul muro del salotto. Fossi sola non parteciperei per evitare lo sdegno di mia madre per i successivi dieci mesi, ma può essere un’alternativa da valutare. Anche se chi enfatizza troppo questa scelta risulta fastidioso quasi quanto chi invece costringe la famiglia a camminare sulle uova sin dall’Immacolata per non “rovinare l’ atmosfera”.

3) Meditate, gente, meditate

Se invece finite a deprimervi soli di fronte a una pasta al burro, valutate l’eventualità di meditare. Quando sono molto triste, mi faccio aiutare da un mantra hawaiano che si chiama Ho’oponopono. Prima, con un libro prestato da un’amica in un periodaccio, mi sono convinta della sensatezza di questa visione, e ora che l’ho introiettata posso ripetere il mantra meccanicamente quando sono a terra. In pratica si tratta di considerare l’evidenza che non possiamo giudicare bene o male gli accadimenti perché non ne abbiamo una visione completa, sul lungo periodo, e che il dolore non è altro che una nostra percezione dello stesso. Dunque possiamo scegliere di prendere quello che accade con filosofia, ringraziando il destino, Dio, Pallade Atena o chi per essi per averci messo di fronte a questa prova, a questo cambiamento, e non colpevolizzare noi stessi, per il fatto che ne stiamo eventualmente soffrendo.Per sentirmi meglio io dunque, a volte, ripeto dentro di me “Grazie, perdono, ti amo”, ma il mantra può essere personalizzato. Se vi sentite scemi a ripetere questa cosa da soli, cercate su youtube qualcuno che ripeta per voi e godetevi le vibrazioni positive. Al di là di Ho’oponopono, su internet trovate meditazioni ed esercizi per tutti i gusti, anzi, magari trovate pure un gruppo nella vostra città e trasformate un’occasione desolante nell’inizio di un percorso interessante

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