Difettose: un libro sulla maternità difficile

lafeltrinelli.itE’ uscito da pochi giorni un bel libro in cui si parla di procreazione assistita: “Le Difettose”, di Eleonora Mazzoni (Einaudi – I Coralli). Non si tratta solo di una “cronaca” di fecondazione assistita, ma è un libro con un respiro più ampio, che costruisce un personaggio, con un passato e un futuro, e la sua storia di crescita personale. Un vero romanzo, insomma, sul percorso interiore di una donna e sull’elaborazione della sensazione di essere “difettosa”, inadeguata.
Di p.m.a. avevamo già parlato un altri post (qui e qui) e l’uscita di questo libro ci dà l’occasione di parlarne ancora, in vista di una importante novità giurisprudenziale attesa in Italia nei prossimi mesi.
L’autrice, Eleonora Mazzoni, ha risposto alle nostre domande.

Prima domanda banale: è un libro autobiografico?
Il libro nasce da un’esperienza personale (ho impiegato 6 anni prima di riuscire a diventare madre e anch’io come la protagonista sono passata attraverso “fecondazioni artificiali fallite e aborti naturali riusciti“) ma non è strettamente autobiografico. Carla è un alter ego mio, non sono io. Tante cose che accadono a lei non mi sono accadute. Tante cose che mi sono successe non le ho raccontate. Il coro di donne è “verosimile” ma ognuna racchiude un mix di persone incontrate in circostanze disparate più una dose di fantasia. Comunque in generale penso che la vita contamini sempre l’arte. Anche se nel prossimo romanzo parlassi di marziani parlerei sempre di me e partirei sempre dal mio vissuto.

Nel libro si legge il bisogno delle donne, la protagonista e le altre che le ruotano intorno, di sentirsi parte di un’esperienza collettiva, pur rimanendo tra loro molto isolate. E questo il motivo per il quale hai sentito la necessità di scrivere di fecondazione assistita?
Ho scritto di una maternità che fatica a realizzarsi e del ricorso alla fecondazione (che ha percentuali di fallimento molto più alte di quello che si pensa e che io pensavo nel momento in cui ho affrontato la prima) per poter scandagliare l’esperienza del “non farcela”. Il trovarsi “difettose” nei confronti del mettere al mondo un figlio mi sembrava che racchiudesse una metafora più grande. Spesso viviamo (soprattutto le donne) con un senso di “difetto”, di non essere all’altezza, di non riuscita, come se le promesse della vita non fossero mai, in nessun modo, mantenute. Questo, paradossalmente, anche quando le cose funzionano. Mi interessava approfondire questo aspetto dell’esistenza. Fare i conti con la parte che manca. Quando ci sentiamo “mancanti” tendiamo a isolarci, nel momento in cui capiamo che è un’esperienza comune abbiamo invece la chance di aprirci all'”altro” da noi.

In questo libro si legge una storia di donne. Gli uomini è come se restassero ai margini. La fecondazione assistita è davvero una scelta e una storia di donne e diventa una storia familiare solo se va a buon fine? Gli uomini quanto sono coinvolti?
Direi che nel romanzo gli uomini non sono ai margini ma hanno un ruolo ancillare, di supporto. Sì. Le protagoniste sono le donne. Credo che la maternità sia, se non l’unica, comunque la prima e la più grande differenza tra il maschile e il femminile. Maternità non è solo fare figli, è qualcosa di più, una categoria dell’anima, qualcosa che hanno tutte le donne, anche quelle che non vogliono o non riescono a procreare. E che invece è sconosciuta agli uomini, anche i più sensibili. Essendo così potente e primordiale, quando il desiderio di un figlio esplode è senza argini, a volte addirittura devastante. Lo stesso desiderio nell’uomo non si manifesta in maniera così ossessiva e disperante. Detto questo non volevo cadere nel clichè dell’uomo “limitato” e facilmente criticabile. E’ per questo che con Marco ho costruito un personaggio affascinante, pieno di qualità, a tutto tondo, originale, intelligente, generoso, arguto. Ma che arriva fino a un certo punto. Le donne questo punto riescono a oltrepassarlo. E non è sempre un bene. Anche Carla, la mia protagonista, lo oltrepassa. Mi interessava mettere a fuoco quella terra di nessuno a cui si approda quando il desiderio di un figlio si trasforma in ossessione.

Il web ha un ruolo molto importante in questa storia: è il luogo della condivisione più autentica e solidale, che non si raggiunge, se non raramente, nel contatto “reale”, anche quando si è unite da un’esperienza comune. Ci parli di questa tua idea della rete?
La rete è come una maschera teatrale. Nasconde. Ma nello stesso tempo rivela ancora di più che se mostrassimo il nostro volto reale. In più rispetto a cose di cui è difficile parlare (spesso la sterilità è vista ancora oggi come una disgrazia da accettare) in rete c’è più libertà di espressione. Ci si lascia più andare. Ed è un mezzo di verifica formidabile. Tanti medici guru che un tempo non potevano essere giudicati e che magari ti spillano il doppio dei soldi che normalmente vengono chiesti, online vengono criticati e messi alla gogna. Insomma in rete trovi le esperienze, tante, sia negative che positive, trovi suggerimenti, consigli, indicazioni. Come si potrebbe fare altrimenti?

Si ha l’idea che una donna che ricorre alla fecondazione assistita abbia un lutto da elaborare: quello di non “saper” procreare. E sotto questo aspetto sembra ci sia il vuoto assoluto intorno a lei: una solitudine che riesce a colmare solo se ne ha le risorse interiori e se trova il sostegno di altre donne sue pari. Anche in questo dipingi degli uomini assenti e delle istituzioni nulle. Di cosa avrebbe bisogno una persona e una coppia che affronta il percorso della p.m.a.?
Comprensione, ascolto, pazienza. Supporto psicologico. La psiche umana ha un’influenza importante sul corpo. Infatti i trattamenti di procreazione medicalmente assistita sugli animali hanno esiti eccellenti. Invece negli ospedali preferiscono imbottirti di farmaci per non sbagliare. Non ci sono supporti psicologici, nella medicina occidentale l’anima non ha alcuna rilevanza e tu vieni trattato come un meccanismo chimico. E’ per questo che Katia, l’amica giovane di Carla, dice di sentirsi come una gallina d’allevamento. Quelle con la luce accesa ventiquattro ore su ventiquattro per produrre più uova possibili. Invece è molto importante parlare. Quando si riesce a comunicare (tra medico e paziente, tra uomo e donna) si fa un passo nel non subire la realtà. Negli ospedali in genere c’è troppa fretta per farlo.
Per quanto riguarda il lutto da elaborare penso che sia così. E solo così il difetto può diventare opportunità. Quando Carla dice che rispetto alle madri secondo natura le difettose hanno una marcia in più è un paradosso ma alludo proprio a questo. Loro sono costrette a fare un percorso. Carla alla fine trova se stessa. Si partorisce. Diventare
madri non è semplicemente dare alla luce un figlio. Come dire che madri si
diventa, non lo si è per statuto naturale. La madre di Carla con i suoi 4 figli è stata una perfetta fattrice ma non un’ottima madre, fredda, giudicante, distante, anafettiva e così a sua volta sua madre, la nonna adorata di Carla, non lo è stata con lei. Senza un lavoro su se stesse si rischia di trasmettere il non amore, soprattutto in linea femminile, tra madri e figlie. Invece la nonna di Carla è riuscita ad essere madre con la nipote perchè nel frattempo le erano capitate circostanze (una disgrazia, una depressione e una rinascita) che l’avevano cambiata. Migliorata. E anche Carla alla fine riesce a riappacificarsi con sua madre. Con il suo passato, con se stessa, con il proprio destino.

Sollevi il problema del divieto di fecondazione eterologa in Italia. Qual è la tua idea in proposito?
Anche se nel romanzo Carla non tenta l’eterologa, la donazione di gameti femminili e/o maschili per alcune coppie resta l’unica possibilità per avere un bambino. Non ci vedo nulla di male. Anzi spero che il 22 maggio la Corte Costituzionale renda legale la possibilità di accedere alla donazione gratuita di gameti come era prima del 2004, quando era consentito utilizzare quelli residuali di coppie in trattamento che li donavano. Nel romanzo ci sono un paio di pagine che a me piacciono molto. Sono le considerazioni provocatorie e libere di Carla sull’eterologa. E qui mi fermo. Invito i miei lettori a scovarle e, spero, apprezzarle.

Se ti fosse venuta voglia di comprare questo libro, fallo utilizzando uno di questi link e aiuterai questo sito a crescere:
in Mondadori
lafeltrinelli.it
amazon.it

Qui puoi scaricare gratis i primi due capitoli e dialogare con l’autrice: ledifettose.it

Prova a leggere anche:

Previous

Chi è quest’uomo che ogni domenica viene da noi a tagliare la carne?

Crescere i maschi

Next

22 thoughts on “Difettose: un libro sulla maternità difficile”

  1. letto il libro! Molto bello, fa pensare, commuove ma fa anche sorridere. Descrive molto il ‘baratro’ in cui si rischia di cadere quando un figlio non arriva… io l’ho sfiorato qualche anno fa e davvero non e’ facile superare i cattivi pensieri, il senso di inadeguatezza profondo.
    … e poi Seneca era il mio autore latino preferito! (Le citazione di Seneca abbondano e sono molto appropriate).

    Reply
  2. Ecco appunto Plch. La legge di natura è già stata sovvertita inventando la ruota, usando il fuoco e via via fino alle industrie e i razzi sulla Luna, raccogliendo come frutti il fatto che oggi i casi di infertilità sono in aumento vertiginoso, grazie alla carne trattata con estrogeni e ad altre varie schifezze che mangiamo e respiriamo, i campi magnetici ecc. Ma non sia mai che una donna possa chiedere l’ausilio del progresso come fanno i maschi! Perché la sua arroganza verso la Natura (o verso Dio, che è lo stesso) è sempre superiore. Un bel film “Children of Men” in cui si racconta di una società inquinata in cui le donne non sono più in grado di generare, forse in una situazione come quella potrebbero cambiare certe teste.
    Comunque ho la sensazione che il tale Casu è arrivato a scrivere qui non per parlare di genitorialità ma solo per difendere la legge 40, quindi per favore Casu, cominci con il dare il buon esempio: spenga la tv e il computer, stacchi l’elettricità e il gas, non si azzardi mai più a mangiare pomodori d’inverno e ad usare l’automobile, il treno o l’aereo.

    Reply
  3. esatto mammamsterdam: ti e’ venuto un infarto, dio vuole cosi’, attacati al tram… in realta’ c’e’ gente che la pensa esattamente cosi’, la medicina in genere va contro la volonta’ di dio/ della natura, fortunatamente non sono tanti!
    Invece sono molti di piu’ quelli che ritirano fuori la volonta’ di dio, il destino, la natura o chi per esso quando c’entra il sesso e/o la procreazione, come se si trattasse di qualcosa di completamente diverso.

    Reply
  4. Poi qualcuno mi spiega perché tanta di questa gente che: se non funziona naturalmente è la volontà di dio, quando gli serve si mettono gli occhiali, si fanno i ponti ai denti, il pacemaker eccetera. Ma se dio vuole che tu viva cecato, senza denti e schianti non appena hai uno scompenso, perché tutta questa mancanza di fiducia nell’altissimo, che lo saprà pur bene lui cosa fa per te? E non ci vuole neanche il referendum.

    Reply
  5. eh no, non hanno cercato di forzare la natura piu’ di ha una malattia qualsiasi e cerca di curarsi (BTW: nella maggiorparte dei casi chi ha problemi e’ l’uomo, basso numero di spermatozoi, ma chi rischia e’ la donna).
    Gli atleti che muoiono non sono neanche loro accettati cosi’ come un fatto normale (fortunatamente non capita spesso) e si cerca di evitare con tutti mezzi che qualcuno muoia facendo sport, non e’ cosi’ con la fecondazione assistita.

    L’Italia non e’ il posto giusto? e allora bisogna cambiare le cose, il referendum sara’ anche un risultato contro ma non e’ sacro, non e’ ‘destino’. Per di piu’, non e’ che hanno vinto i no, i si’ sono stati la maggioranza ma il risultato non e’ passato perche’ non e’ stato raggiunto il quorum, il che vuol dire che ha vinto menefreghismo e la disinformazione. Ed e’ anche vero, come dice supermambanana, che un quesito cosi’ tecnico/scientifico non esattamente adatto ad un referendum, strumento spesso usato a sproposito (e abusato, ce ne sono stati troppi e la gente ha perso interesse)

    Reply
  6. Il fatto che sia necessario un romanzo per affrontare un problema che gli strumenti sociali e politici si sono dimostrati del tutto incapaci di manipolare decentemente è già una condanna sufficente per una cultura; figuriamoci se non basta per una legge che non sta riuscendo a funzionare non solo nei suoi (presunti) intenti regolativi, ma neanche in quelli (eventualmente) proibitori.
    La legge 40, come si vede dalle sue “conseguenze”, non serve a risolvere il problema, perché non copre né tutti i casi possibili, né evita che la discrezione personale degli attori coinvolti possa nuocere a chi ricade nei suoi effetti. E ciò dovrebbe bastare, in un paese civile, a decidere di rifarla da capo.
    Invece s’è fatto un inutile e demagogico referendum, tanto per liberarsi del problema per un po’, e adesso altri organi dello stato continuano a metterci mano facendo, inevitabilmente, altri danni.
    Se la democrazia è esercitata da un popolo che non sa e non vuole informarsi prima di decidere qualcosa – come infatti testimoniano le percenutali ridicole dei votanti alle varie tornate elettorali – è evidente che non è più il caso di chiamarla tale. Ai referendum si va se “ce ne frega qualcosa” dell’argomento (e così abbiamo detto di quello sulla Legge 40); alle urne ormai va poco più della metà degli aventi diritto – e ditemi se un organo politico scelto dalla metà del popolo possa poi prendere legittimamente scelte per tutto il popolo.
    Il problema non è politico, è culturale, e ben vengano gli strumenti culturali – come questo libro – per acquisire un minimo di coscienza politica in più. Senza cultura civile, l’alternativa alla democrazia la stiamo vivendo già da un pezzo: e non è affatto il governo dei migliori, che non può esistere, ma quello dei peggiori, che invece esiste eccome.

    Reply

Leave a Comment