Un bambino vestito da principessa

Foto ©Eric Peacock utilizzata con licenza Creative Commons
Foto ©Eric Peacock utilizzata con licenza Creative Commons

Se vostro figlio maschio di 4 anni, vedendovi usare lo smalto vi chiedesse di provarlo, glielo lascereste fare?
Se la vostra bambina vi chiedesse di decorare la sua stanza in tema Star Wars glielo fareste fare?

E’ una splendida giornata di estate a Stoccolma, e io vado in giro con Pollicino in autobus. Ad un certo punto salgono una mamma e due bambini: una femmina e un maschio. La femmina avrà avuto su per giù 5 anni, indossa un costume rosa, con frizzi e lazzi, da vera principessa. Il maschio, che avrà avuto circa 3 anni, ha un paio di pantaloncini sporchi di terra, e una maglietta macchiata di marmellata. I bambini sembrano di ritorno dal parco giochi e sono un po’ stanchi. La bimba dice che ha caldo, e vuole togliersi quel costume ingombrante. Ci combatte per qualche minuto, finché riesce a toglierlo, restando vestita con pantaloni e maglietta che indossava sotto. Il piccolo con un lampo di luce negli occhi, punta il vestito e inizia un accenno di capriccio. La mamma annuisce e gli passa il vestito. Mi sembra di intuire che è in leggero imbarazzo, ma non sono sicura se è la mia immaginazione, ne posso affermare con certezza se il suo imbarazzo è dato dai capricci del figlio o dal vestito che il suo maschietto vuole indossare.
Il bimbo infila il costume da principessa rosa, poi si guarda intorno con un piglio di orgoglio. Dopo appena pochi secondi però è chiaro che qualcosa non va. Vuole togliersi i pantaloncini e la maglietta. Insomma è chiaro che una principessa in abito rosa non può andare in giro con pantaloncini e maglietta sotto il vestito. La maglietta tra l’altro non fa apprezzare l’effetto bretellina perlinata. Quindi con determinazione inizia a sfilarsi i pantaloni da sotto il costume. Ora la mamma mi sembra ancora più in difficoltà. Tenta di persuaderlo, ma non ha molte speranze. Tempo un paio di fermate, il piccolo è riuscito a sfilare pantaloni e maglietta. Ora è veramente contento di se. Si guarda il vestito con orgoglio, passa la mano sul tulle, e si mette tranquillo a guardare fuori dal finestrino.

Quando scendo dall’autobus mi sento più leggera. Vorrei andare da quella mamma e abbracciarla. Vorrei dirle quanto bene sta facendo al suo bambino permettendogli di provare quel costume. Vorrei dirle quanto bene sta facendo alla società aiutando a rompere gli schemi di genere. Vorrei ringraziarla perché mi ha dato un grande esempio, perché io stessa non sono sicura di come avrei reagito. Però ripensandoci mi rendo conto che quel bambino non subirà gravi danni alla sua personalità perché avrà indossato un costume da principessa, ma crescerà sapendo che quello che a un maschio o a una femmina è concesso di fare spesso dipende solo da un pregiudizio culturale.
E si porterà per tutta la vita dentro la consapevolezza che il suo essere maschio o femmina non dipende dal fatto di indossare o meno un vestito da principessa.

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Ne maschio, ne femmina. La scelta di una mamma.

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44 thoughts on “Un bambino vestito da principessa”

  1. Belli questi commenti. Serena, hai ragione: e i papà?

    Se quasi sicuramente i papà sono contenti (o tollerano) vedere la loro bambina giocare con macchinine, trenini o cose maschili, facciamo un piccolo sondaggio: e se il loro maschietto si presenta con il costume da principessa?
    Inizio io: a mio marito gli viene un coccolone!!! 😀

    Il condizionamento culturale è troppo forte.

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  2. Aiuto! Sono controcorrente e da quello che scrivete sono in torto, ma fatemi capire bene… Io e soprattutto i miei amici non permetterebbero mai al figlio maschio di vestirsi da principessa! Siete sicuri che permettendolo non avrà dei problemi nei gusti sessuali???? Apritemi la mente, ne ho bisogno… però datemi spiegazioni sensate, please!!

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  3. Io credo che avrei fatto la stessa cosa. Anzi… mia figlia ora vuole ben 10, aveva bisogno di un quaderno per l’asilo, e lo abbiamo cercato di ben 10 (non c’era e se n’è fatta una ragione, ma è un’altra storia). Se vedessi un bimbo che vuole provare un costume da principessa, non gli direi certo di no.

    Poi l’imbarazzo è un’altra cosa, ma su questo non faccio testo, io mi imbarazzo per tutto, anche solo se quando dico “saluta” lo fanno piano piano, quindi ormai sono la prima a non farci caso al mio imbarazzo.

    Però fino a che punto?

    Io continuo a dire che maschi e femmine, comunque, sono diversi. Hanno gli stessi diritti, hanno diritto alle stesse opportunità, e diritto a fare le scelte che vogliono entrambi, ma sono diversi e credo che questa diversità sia bella tanto quanto quella tra ogni bambino, tra razze diverse, tra nonni e genitori, ecco, io penso che queste differenze non vadano coperte in nome dell’uguaglianza, ma penso che uguaglianza sia proprio poter vivere e addirittura sottolineare quelle differenza senza per questo trovare degli ostacoli.

    Insomma, vuol dire poter fare la mamma senza aver problemi sul lavoro, potersi vestire da principessa senza dover rinunciare a giocare nel fango, fare il cow boy senza dover rinunciare a giocarci anche con una bambola…

    Ecco, qui però arriva fino al dove… Se avessi un figlio e volesse provare un vestito da principessa non penserei nemmeno dirgli di no. Se volesse mettersi lo smalto anche. Ma se volesse andara all’asilo con la gonna? Ecco, a quel punto, confesso che io mi fermerei, e forse gli spiegherei che è una cosa da femmine… forse, perché poi mi direi anche che non c’è scritto da nessuna parte che un maschio non può metterla! E qui mi torna il dubbio. Avrebbe tutto il diritto anche lui. Ma allora ce l’avrebbe anche il mio collega, ma davvero vedessi il mio collega domani arrivare con gonna rosa e camicia con pizzo non riderei?

    Certo che qui il discorso si allarga e forse troppo.

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  4. io sono separata e mio figlio era abituato a vivere solocon me, fino a poco tempo fa.
    questo ha comportato tante cose; un esempio: ci sediamo davanti all’ armadio e lui – che ora ha 4 anni – mi aiuta ad abbinare gli accessori.
    con i suoi vestiti, e’ lui che decide cosa indossare, quali colori accostare.
    io l’ ho lasciato fare, nonostante molta gente ( giuro ) mi dicesse che cosi’ sarebbe diventato gay ( visto che aveva anche una forte passione per i pentolini ) – assurdo.
    ho sempre risposto che avrei preferito un figlio gay ( che per me non e’ nemmeno una connotazione da specificare, tra l’ altro ) ad uno disgraziato, teppista, drogato e mille mille altre cose.

    ora mio figlio continua ad abbinare vestiti ed accessori.
    poi prende le sue ruspe e spacca tutto, da “bravo maschiaccio”.
    quindi?

    quindi che giochino con quello che vogliano, questi figli. e che si vestano come vogliono.

    paola

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  5. Complimenti alla signora svedese, non so davvero immaginare come avrei reagito di fronte al pargolo che domanda un vestito da bimba, molto probabilmente avrei abbozzato un “Aspetta che torniamo a casa” evitando di incrociare gli sguardi degli altri passeggeri :-/
    So che mia nonna ha vestito mio papa’ da femmina fino ai 2 anni e non credo la cosa abbia scatenato perplessità nel parentame perché ovviamente non era una cosa decisa da lui, mentre un maschietto che chiede di vestirsi da femmina… BAH !!!
    Sono assolutamente d’accordo sul fatto che il sessismo contro le donne è una grande trappola anche per gli uomini. Per esempio, mi sembra, prima di scegliere un percorso lavorativo umanistico/artistico un giovane ci pensi 200 volte di più perché è una scelta non dico osteggiata ma comunque scoraggiata, non è “da maschi” e il maschio -si sa- deve pensare a mantenere una famiglia, QUINDI se fa l’artista o l’intellettuale è uno sfigato.

    Sui colori per neonati ho scritto un post per esprimere la mia allergia indotta al rosa, che prima di diventare mamma mi piaceva pure http://lagallina.splinder.com/post/22157773/think-pink
    Adesso ho fatto mio il consiglio di mia mamma che il CELESTE è per i maschi, ma le femmine si sono sempre tranquillamente vestite di BLU. Quindi ho adottato questo compromesso: merletti e fiori ok, ma quasi sempre pantaloni salopette sui toni del blu oppure combinazione rosa/lilla ecc. + blu/marrone. Non so neanch’io bene perché lo faccio, ma ci tengo che mia figlia non venga identificata immediatamente e smaccatamente come “femmina” ed evito in modo viscerale i vestitini rosa. Forse mi sembra che questo la può proteggere dalle istintive reazioni sessiste degli estranei (esempio scemo: se piange, il maschio è per fame la femmina è per capriccio ). Sarà una mia paranoia probabilmente e in ogni modo mi hanno già avvisata che verso i 4 anni dovrò far fronte ad un’ondata di vestiti rosa su richiesta della pargola…

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    • Carissime (ma i papà dove sono?) mi state dando tantissimi spunti di riflessione, e avrei molto da rispondervi. Solo che al momento, per parafrasare la socia, sono nella me…lassa fino al collo. Vi leggo. Di corsa tra una cosa e l’altra, ma vileggo. E mi appunto mentalmente le risposte. Appena ho un attimo di respiro prometto che torno a rispondervi. Solo un po’ pazienza, grazie!

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  6. Ieri mio figlio e’ tornato da scuola con le unghie dipinte di azzurro biro. Mi ha detto che a lui piace lo smalto e mi ha chiesto perche’ io invece non lo uso. E’ stato più complicato spiegargli le mie ragioni che accettare le sue!

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  7. Solitamente non mi interesso di gossip ma qualche giorno fa, ero dal parrucchiere, ho letto un articolo che ha colpito la mia attenzione.
    Angiolina Jolie e Brad Pitt hanno generato una bimba splendida (e come potrebbe altrimenti?) che da tempo manifesta la volontà di comportarsi e vestirsi come i suoi fratelli.
    La piccola viene assecondata totalmente. Quindi via libera a capelli cortissimi, spade al posto della Winx, polo e calzoncini da maschietto.
    “Ovviamente” in questi giornali (se così vogliamo definire tali i settimanali scandalistici che infestano i saloni dei parrucchieri)criticano aspramente l’atteggiamento di questi illustri genitori, come se la loro fosse una sorta di deviazione mentale e non, per come la vedo io, una forma di rispetto incondizionato per le inclinazioni della loro creatura.
    Io ci ho riflettuto su parecchio…
    Premetto che da sempre consento al mio “virile” maschietto di giocare con pentoline e bambole, se ne ha voglia, di infilarsi le mie scarpe o di pasticciare con il lucidalabbra. Però, e qui lo confesso, affrontare una situazione analoga a quella della famiglia Pitt mi metterebbe in seria difficoltà. E non perchè l’idea di avere un figlio che manifesti la volontà di vestirsi da femmina ( attenzione: qui si tratta di vestirsi, non travestirsi occasionalmente) mi turbi in senso assoluto, ma turberebbe purtroppo la società.
    Un comportamento dei genitori così disinvolto (perdonate il termine orribile, al momento non me ne vengono di migliori)in un ambito così delicato è forse più accettato nel jet set, non in un ambiente popolato da comuni mortali com’è invece il mio mondo. Forse, perchè poi all’atto pratico non ne sarei tanto certa.
    I pregiudizi e la paura della diversità sono ancora stratificati saldamente a tutti i livelli e in tutti gli ambienti sociali.
    E’ questo che mi spaventa parecchio, non un’ipotetica scoperta della diversità del mio bambino.

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  8. Con due femmine è un po’ difficile (o troppo facile, dirai) dire cosa avrei fatto. Come dice Barbara, di sicuro non abbiamo problemi a far fare alle nostre bimbe “cose da maschio”. Sveva ha un bellissimo camion e due ruspe, e in casa abbiamo sempre cercato di prendere giochi unisex.
    Così, a freddo, credo che non avrei problemi a far vestire un bimbo da principessa, se si tratta di un travestimento, logicamente.
    Forse una gonna per tutti i giorni, però, se avessi un maschietto non la comprerei. E non gli comprerei vestiti rosa, come non ne ho comprati alle bimbe, del resto, ma perché il rosa proprio non mi va giù!
    Per i vestiti di tutti i giorni difficilmente compro qualcosa di troppo femminile alle mie, solitamente abbiamo pantaloni e vestiti arancio/verde/giallo/bianco/rosso/viola, ché ci pensano gli altri a regalarci gonne, rosa, fucsia, per non parlare delle paillettes.

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  9. Certo che lo farei!
    Mia mamma, quasi 30 anni fa, ha fatto cosi’ con me e mio fratello.
    Io sono 5 anni piu’ grande di mio fratello, abbiamo foto dove lui indossa abitini come quello del post o dove tiene in braccio un cicciobello con tanto di ciale, io vestita da cowbow, con tanto di pistola o da diavolo con i baffi. Mio fratello aveva la sua Barbie, che in realta’ era una copia chiamata Mandy hehehe.. perche’ io non ho mai voluto prestargli le mie vere Barbie. Abbiamo condiviso i G.I. Joe, a me piacevano i soldatini di verde, lui preferiva i Cobra. Abbiamo avuto un puppazzo di He-Man a testa perche’ uno solo no bastava per tutti e due.
    Non sono molto rappresentativa della mia cultura ne’ del paese dal quale provengo quindi, il modo in cui ci ha educato mia madre e’ tutto un modo suo.
    Io faccio cosi’ con mia figlia. In Italia sempre gli danno del maschietto, non so come mai, sara’ per mancanza di fiorellini, pizzi e rosa nel suo abbigliamento?, un passeggino fucsia?, copertine rosa?. In spagnolo si usa la parola “bebe'” per chiamare un neonato, molto neutra, non si specifica mai se si tratta di una lei o un lui, si usa anche chiedere il sesso: che cos’e’ il suo bebe’?. Si legge un po’ strano, ma almeno non si pregiudicano queste piccole persone assegnandole il sesso a seconda gli si veste.
    Abito a Milano, una volta nel cortiletto del mio condominio ho sentito una cosa che mi ha ghiacciato il sangue, una mamma che diceva a sua figlia di non giocare cosi’ perche’ erano giochi da maschio. Cristo. La bimba solo voleva andare sotto gli alberi a scavare un buco con gli altri bimbi, tra l’altro, tutti maschi, quel giorno era l’unica bimba in cortile. Non ci sono giochi da maschi o da femmine, sono giochi e i giochi insegnano a vivere.

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  10. Che bella storia, che bella realtá! Mio figlio (14 anni) a settembre ha iniziato a frequentare una scuola dove é l’unico maschio in tutta la scuola, e il primo maschio da quando questa scuola esiste. Si tratta di una scuola di economia domestica, ovviamente aperta a tutti, ma finora nessun ragazzo si era mai iscritto. Mio figlio ora si ritrova continuamente a dover rispondere alla domanda, da parte di amici e parenti: Ma non ti scoccia stare in mezzo a tutte queste femmine?… E anche noi genitori da alcuni conoscenti ci siamo sentiti dire che non dovevamo sostenere la sua scelta di scuola, perché, insomma “poverino”… Che dire, lui intanto si trova benissimo, e suo fratello dice giá che quando toccherá a lui di scegliere cosa fare dopo la terza media quasi quasi seguirá le orme del fratellone…
    P.S. – Gli insegnanti sono tutti superfelici e hanno detto che sperano che nei prossimi anni anche altri ragazzi si iscriveranno!

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  11. Faccio outing: sono d’accordo con tutto e quello raccontato da Serena è proprio un bell’esempio, ma credo che non sarei riuscita a comportarmi come la mamma svedese.
    Mio figlio gioca con mie bambole dai capelli rosa, fa da mangiare con le pentoline, non gli ho mai detto che esistono giochi/colori da femmina o da maschio eppure quando voleva comprare le pantofole rosa per l’asilo….sono rimasta spiazzata e l’ho raccontato qui (http://riflessidimamma.iobloggo.com/79/le-babbucce-rosa). Voi che dite? Avrei dovuto comprargliele? Io non ce l’ho fatta…. A dire il vero non le avrei comprate nemmeno ad una figlia femmina!

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  12. Verissimo Barbara, i no più forti al momento sono per i maschi, dato che gli allontamenti dalla “norma” vanno a toccare il tabù ancora molto forte del travestitismo come segnale di omosessualità, persino quando si parla di bambini.
    Per quanto riguarda il gioco, fino a poco tempo fa Orlando e il suo migliore amico Gustav giocavano spesso a “mamma-papà-bambino”, prendendo un bambolotto e scambiandosi a turno i ruoli. Era uno spettacolo guardarli e sentire le conversazioni che inventavano. 😀

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  13. Con un figlio ed una figlia in famiglia, credo che le dinamiche siano in parte dettate anche da chi è nato prima. I secondi sono spesso portati ad emulare i primogeniti, mentre i “grandi” difficilmente vogliono mettersi a fare cose che li possono accomunare ai “piccoletti”. Da noi al momento è così. Miranda segue il fratellone in tutto e per tutto: vuole guardare i suoi cartoni (al momento overdose di Scooby-doo), vuole andare sul monopattino, vuole persino giocare a Star Wars al computer – anche se poi dice che non le piace (meno male, dico io, non perché sia “da maschi”, ma perché mi basta un fissato in casa 😉 ) ed è fisicamente molto più temeraria di quanto fosse lui alla stessa età. Orlando, dal canto suo, sottolinea sempre più la distanza dalla sorellina marcando quello che è da femmina (ma in un certo senso ancora più da “piccola”) rispetto a quello che è da maschio, ma in realtà da “più grande”. Insomma, mi pare che l’età ora sia una discriminante più forte del genere.
    L’anno scorso Orlando tornò a casa un giorno con lo smalto viola sulle unghie, molto orgoglioso ed ansioso di mostrarmelo. Glielo aveva messo la maestra all’asilo e io gli ho detto che gli stava molto bene. E domenica gli ho comprato una bella maglietta nera con sopra un grosso gatto dai contorni rosa. Lui è rimasto un attimo perplesso (e naturalmente sul sito del designer/produttore quella maglietta ce l’aveva addosso una bambina…), ma ho colto l’occasione per introdurre il termine unisex e non ha protestato.
    In realtà devo dire che la questione abbigliamento non mi vede in prima linea a mettere pailettes ai maschi e tute mimetiche alle femmine. Credo siano sovrastrutture a cui spesso diamo troppa importanza, mentre i comportamenti, le (cattive) indicazioni su cosa ci si aspetta da un bambino e cosa invece da una bambina, quelli sì mi stanno a cuore. E poi una piccola provocazione… Da quando rimungino su questa questione di genere – non solo qui ma anche in altri contesti – mi perseguita un’immagine. Mi vedo davanti un uomo trentenne in pantaloni morbidi di felpetta vellutata rosa ciliegia e con una maglietta/tunica bianca con qualche ghirigoro argentato… e mi chiedo: potrei mai essere attratta sessualmente da un tipo così? Voglio dire: d’accordo cancellare i distintivi di genere per i bambini, ma siamo disposte a spingerci oltre?

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    • Vorrei iniziare questo commento ringraziandovi tutte, ma veramnete tanto, perché da un semplice esempio di un comportamento di una mamma, sono uscite delle riflessioni molto importanti e profonde, ma soprattutto leggo da parte di tutte il fatto che avete accettato la sfida di mettervi in discussione. Questo è un segno che la faccenda del genere non è affatto un punto stabile per nessuno.

      Alcune sollevano il problema di cosa fare se il proprio figlio maschio volesse chiedere di uscire vestito in gonna per andare a scuola. Ecco, io direi che quello è un caso un po’ estremo, e c’è una bella differenza tra il permettere di travestirsi per gioco da principessa, e il vestirsi con vestiti da femmina per andare a scuola. Si può benissimo spiegare ai bambini che ci sono dei codici di abbigliamento e che in genere è consigliabile rispettarli. Però si può anche fare riferimento al fatto che i codici di abbigliamento sono diversi in culture diverse, e che ci sono paesi in cui gli uomini indossano le gonne, anche se forse non sono rosa e merlettate. Un maschio che indossa una maglietta rosa, magari con un motivo neutro sopra invece non mi darebbe nessun problema.

      Però è anche giusto non caricare troppo di significato l’abito, quando poi le cose importanti, come sottolinea MammainScania, sono gli atteggiamenti, quello che condiziona veramente le scelte di vita di un bambino, maschio o femmina. Quello che ci racconta Sybille di suo figlio è meraviglioso, perché è proprio centrale di questo discorso: quando gli stereotipi di genere condizionano pesantemente le scelte di un individuo, impedendogli di seguire il suo istinto, o addirittura una sua passione.

      Il problema insomma va decisamente oltre il discorso del rosa o celeste, ma la scelta del colore è solo l’aspetto più evidente di un condizionamento molto più profondo.

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  14. Aaaaahhh, che lettura rilassante! Che bella esperienza, come vorrei esserci stata!!
    Vorrei fare due riflessioni. La prima riguarda il fatto che qualcosa il femminismo l’ha fatta. Credo che nessuno vieterebbe alla propria figlia di decorare la propria stanza con motivi di Star Wars. Ovvero: oggi alle femmine e’ permesso quasi tutto, almeno in ambito di attività e giochi da fare, nonche’ di studi e carriere da intraprendere, salvo poi scontrarsi con ambienti particolarmente maschilisti. Ma quello che intendo e’ che se una maturanda vi dice che vuole fare ingegneria difficilmente storcerete il naso.
    Quello che tanta gente non vede, e la cosa ha un che di ironico, e’ che questa differenziazione di genere che tipicamente vede i maschi forti e le femmine deboli, in realtà vieta un sacco di cose ai maschi e quasi nulla alle femmine. Vedete un sacco di bambine giocare con le macchinine e pochi maschi coi bambolotti, vedete bimbe a karate ma non maschi a danza (ok, pochissime femmine fanno calcio, ma sempre piu’ che maschi danza). Vedete donne medico, ingegneri, autisti di autobus e taxi (che 20 anni fa figurati) ma pochissimi uomini insegnare alle elementari e negli asili (in un asilo privato che ho visitato l’anno scorso in effetti ci tenevano a dire che ogni classe aveva un educatore maschio). Vedete bambine in pantaloni di tutti i colori e nessun maschietto in gonna o in rosa. Non sto dicendo che il femminismo ha vinto, purtroppo adesso prendi una strada e poi ti scontri con un muro, ci sono pochissime donne dirigenti eccetera, ma almeno ora le bambine non passano l’infanzia ad aiutare la mamma in cucina o peggio ad accudire i fratelli maschi. Il grosso dei “divieti” adesso e’ per i maschi.
    L’altra riflessione che volevo fare, invece, riguarda proprio il gioco. Io credo che ogni età abbia le sue fasi, indipendentemente dal genere, e il gioco e’ spessissimo molto importante sia per il suo carattere simbolico che per la possibilità che dà di sviluppare alcune capacità. Date a vostra figlia le costruzioni, e migliorerà la propria manualità e il proprio senso pratico. Portateli all’aria aperta e impareranno a muoversi e a gestire i pericoli. Veniamo alle bambole. Il classico bambolotto altro non è che una rappresentazione di un bambino, vostro/a figlio/a si rapporta alla bambola come voi vi rapportate a lui/lei. Avrete visto bambini sgridare le proprie bambole o prendersene cura proprio come fate voi, no? Ecco, vi stanno copiando, e molto spesso giocare con le bambole li aiuta a superare situazioni emozionalmente complesse (una sgridata, una fobia, un conflitto).Quindi, per carità, non togliete le bambole ai maschi!! Gli state togliendo un canale importantissimo per sfogare il loro stress e gli state negando la possibilità di una crescita emozionalmente completa. Poi si dice che le femmine sono piu’ brave a gestire le emozioni… saranno mica collegate le due cose?

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