Seduta al parco alle cinque del pomeriggio, osservo il mio figlio più grande dare calci a un pallone ormai sgonfio, e i miei due figli piccoli macinare terreno con i due monopattini rossi di Cars.
E’ l’ora di punta, il sole è caldo, il baracchino dei gelati distribuisce cornetti e ghiaccioli all’arancio, le mamme a gruppi si raccontano le loro giornate e i loro programmi di vacanza. Sono seduta su una panchina rovente, borsa e sacchetti a fianco a me, lo zaino pesante di Mattia è pieno di libri e quaderni di un anno ormai passato.
Alzo lo sguardo, una bimba dagli occhi vispi e curiosi mi osserva, in bilico sulla sua bici rosa di Hello Kitty. Ha i capelli a caschetto castani, una maglietta rossa a pois, una gonnellina a balze blu e delle deliziose ballerine argento. In una mano ha un ghiacciolo alla fragola gocciolante, che cerca di inseguire su ogni lato per evitare di sporcarsi. Le sorrido, Le chiedo il suo nome, e intanto controllo la posizione della mia spericolata progenie. “Mi chiamo Rebecca, ho cinque anni”.
Dopo un minuto, un’altra bambina si ferma davanti a me, anche lei in bilico su una bici rosa, con un cornetto ormai squagliato nella mano destra. Stesso caschetto castano, stessa maglietta rossa a pois, stessa gonnellina a balze blu e stesse ballerine argentate. Il viso identico, e così il sorriso, anche lei mi dice il suo nome. “Ciao, io mi chiamo Vanessa, vedi che siamo gemelle?”.
Vedo.
Si girano all’unisono e se ne vanno pedalando, quasi al ritmo di musica.
Le guardo che si allontanano, come in uno specchio, mi fermo a pensare a quel trattato di pedagogia, un libro spesso con la copertina arancione, scritto piccolo, che mi ero ritrovata a leggere in gravidanza, da futura mamma gemellare piena di dubbi e di perché. Parole che mi si sono appiccicate nella mente e che mi sono trascinata dietro negli anni. Parole, unite a immagini e ricordi di bambina, quando vedevo la madre e la zia di un mio compagno di scuola che lo venivano a prendere vestite uguali. Stessa gonna di jeans, stesso maglione blu acceso, stessi capelli biondi raccolti in un altero chignon, stessa espressione.
A letto, i primi mesi di gravidanza gemellare, quelle immagini tornavano alla mente con insistenza a far da monito, da cartellino rosso, per indicarmi la via da cui distaccarmi per non ritrovarmi un figlio clone del suo gemello. I miei non sono identici, non sono due gocce d’acqua, hanno una taglia di differenza, due numeri di scarpe, una mezza dozzina di centimetri, l’espressione del viso, eppure non li ho mai vestiti uguali.
Ho sempre avuto il terrore di uniformarli in un unico blocco, soffocandone l’unicità, e questo ha influenzato tutte le mie scelte, da quando sono nati, anche le più difficili. Con i vestiti non ho mai esitato, e neanche loro, che da quando sono in grado di scegliere, si indirizzano quotidianamente verso colori opposti.
“Mamma, per me la maglietta blu con Spiderman”.
“Io invece voglio quella verde di super Mario”
“Io voglio i pantaloni corti”
“Mamma, io vorrei mettere i jeans”.
Raramente mi sono stati regalati vestiti identici, e se è successo è venuto naturale metterli in giorni diversi, un automatismo che mi è rimasto dalla nascita: mai le stesse tutine, gli stessi pagliaccetti o gli stessi calzini. Non è una questione estetica ma un marchio d’identità: Tommaso oggi ha i jeans, Riccardo ha i calzoncini azzurri, Tommaso ha le scarpe rosse a strappo mentre Riccardo ha quelle blu coi lacci, Tommaso ha la giacca a vento azzurra mentre Riccardo ha quella rossa, mai un pezzo unico, ma due.
Mai comprati due pantaloni dello stesso modello e colore, neanche la più semplice delle magliette e’ stata comprata doppia per Tommaso e Riccardo: piuttosto una verde mela e l’altra blu cobalto, ma diverse.
“Ma starebbero bene i gemellini vestiti uguali!” , qualcuno disse, indicandoli come trofei.
“Può darsi”, rispondo io per niente convinta. No, non stanno bene per niente, e a esser sincera non riesco a trovare una ragione per cui dovrebbero. Il mondo e’ bello perché è vario, e la mia soddisfazione più grande sta proprio nel riscontrare questa varietà tra i miei figli.
Io, così in ansia nel vedere che uno dei gemelli sta sempre a scopiazzare il suo coetaneo, provo somma soddisfazione quando invece questo stesso gemello punta i piedi per mettersi la maglietta dei gormiti, a fronte di quella di Batman dell’altro.
Lo interpreto come desiderio di emancipazione, brama di distiguersi da quel fratello ingombrante, sempre più avanti, sempre primo a raggiungere i traguardi. Sono felice che abbia il guizzo di un colore diverso, di un particolare, un cappello, un paio di occhiali, uno zainetto, che lo renda diverso. Assecondo, ovviamente, una scelta che è anche la mia da sempre, da quando in culla parenti e amici mi chiedevano se dovevano regalarci due tutine bianche identiche oppure una tutina e un paio di pantaloni.
Non ho dubbi, almeno su questo, e vado avanti per la mia strada.
E se mai vedrò, passeggiando, due signori di mezza eta’, brizzolati, con il giornale sotto al braccio, e lo stesso identico maglione a scacchi rossi e blu, almeno saro’ certa che non siano figli miei.
– di Valewanda –
Polly, hai ragione, ma inevitabilmente da genitore in alcune cose puoi indirizzare la scelta. Quella dei vestiti sarà’ una cosa di poco conto ma in un discorso generale sull’aiuto al gemello più debole a crearsi una sua identità valuto anche questo… In realtà evidentemente sin da piccoli si sono abituati a vestirsi diversamente e ormai e’ sempre così….
Ho sempre vestito diversamente. Poi un giorno, anni fa, incontro la mamma di una compagna dell’asilo, gemella (la mamma). Mi dice: Ma l’hai chiesto a loro, se vogliono vestirsi uguali o diverse?
No, non gliel’avevo chiesto.
Ora se vogliono lo stesso abito identico ne compro due. Sarà capitato due o tre volte negli ultimi anni, che si vestissero uguali, più spesso mettono vestiti uguali in giorni diversi.
Tengo sempre come riferimento una frase di Camilla:
“Mamma, la mia amica Sara mi ha detto che le gemelle pensano le stesse cose. ma che ne sa Sara, di cosa vuol dire essere gemelli?”.
Già, e che ne so io di cosa vuol dire essere gemelli?
@stefania, chiarisco, certamente ho ringraziato anch’io, i regali non sono dovuti ed è sempre un piacere riceverli. Ovviamente parlavo del caso in cui mi chiedono espressamente cosa preferisco, a quel punto non rispondo mai di prendere due cose uguali. Se succede anch’io metto in giorni diversi e ringrazio!