A maggio fioriscono gli… Invalsi.
Dal 2004 la scuola italiana si è dotata di un nuovo sistema di valutazione delle competenze degli studenti, mediante il riordino di un apposito Ente pubblico di ricerca, l’ Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), che elabora i metodi di analisi e valutazione e gestisce i dati raccolti.
Sistemi di monitoraggio del livello di apprendimento scolastico, simili o diversi, esistono in moltissimi Paesi, europei ed extraeuropei.
I test Invalsi vengono attualmente somministrati agli studenti delle classi: II e V elementare, I e III media e, da pochissimo, anche nelle scuole superiori. In terza media il test è integrato nell’esame finale e ne costituisce una delle prove (entrando quindi a far parte della valutazione). In tutte le altre classi, il test non entra a far parte della valutazione dello studente, è anonimo e serve soltanto per rilevare il livello generale di competenze acquisite dagli studenti sul territorio nazionale. Infatti i test sarebbero mirati proprio a questo elemento: la competenza.
Non si vuole misurare il programma svolto, non si tratta di un esame: dovrebbe essere un modo per comprendere quale tipo di abilità, logico-matematiche e linguistiche hanno raggiunto i ragazzi nelle scuole, potendo così monitorare anche le eventuali differenze sul territorio nazionale.
I test di italiano, dovrebbero misurare la padronanza linguistica dei ragazzi: saper leggere, saper comprendere quello che hanno letto, saper scrivere e saper interagire verbalmente.
I test di matematica dovrebbero rilevare le conoscenze matematiche e la capacità di organizzare processi mnemonici e logici di tipo matematico.
Ovviamente commisurando il tutto al programma previsto per il ciclo scolastico e la classe.
Fin qui quello che dovrebbero essere le prove Invalsi, che così, sulla carta, hanno uno scopo estremamente utile, che potrebbe fornire elementi davvero importanti per l’evoluzione della scuola italiana e dei suoi programmi scolastici.
Ma perchè questi test Invalsi li odiano tutti?
Quest’anno come non mai in moltissime scuole italiane è partita una campagna di boicottaggio delle prove Invalsi. I motivi, però, non sono tutti uguali e i pareri sulla qualità dei test sono discordi.
In realtà i motivi delle proteste contro le prove, sono per lo più estranei al contenuto dei test. Essenzialmente il malcontento è fondato su due argomenti principali:
– I maestri e professori non sono retribuiti per la correzione dei test, quindi devono svolgere questo lavoro senza che venga pagato loro alcuno straordinario, quindi gratis.
La correzione della prova, che avviene manualmente e non in modo informatizzato (che sarebbe invece possibile), soprattutto per i test dalla scuola media in poi, porta via parecchie ore e, indubbiamente, è illegittimo che gli insegnanti non vengano retribuiti.
– I test sono anonimi, ma prima dei test si sottopone alle famiglie una specie di scheda che rileva livello culturale dei genitori, lavoro svolto e dati simili. Si intravede, perciò, in questo una sorta di illegittima “schedatura” della popolazione scolastica.
Non mancano però le voci in contrasto proprio con i contenuti dei test. Dall’introduzione alla scuola superiore è scattata una protesta di alcune associazioni sindacali degli insegnanti che, oltre a protestare contro la mancata retribuzione delle ore lavorative destinate alla correzione, ha contestato il valore di un test a risposta multipla per valutare la preparazione di uno studente.
I test Invalsi, infatti, sono test a risposta multipla e da molti questo è malvisto. Test del genere sono da sempre estranei alla nostra cultura scolastica. Da noi l’esame per eccellenza è sempre il tema! Da lì non si scappa. Subito dopo, come valore “morale” di un esame, si considera il problema di matematica. Qualsiasi altra forma di esame ci è un po’ estranea e la guardiamo con sospetto.
Indubbiamente il test a risposta multipla non consente di valutare l’approfondimento di una materia ed è poco adatto alle materie umanistiche. Però ha una sua efficacia in altri settori e comunque insegna a concentrare l’attenzione.
Un altro motivo di diffidenza è il rischio che, nelle classi interessate, durante l’anno scolastico, ci si concentri troppo sulle esercitazioni e simulazioni dei test per “fare bella figura”, trascurando il normale svolgimento del programma con i metodi più consueti. Questo è ovviamente rimesso alla coscienza degli insegnanti: è evidente che loro stessi si sentono valutati dalle prove invalsi svolte dagli studenti, dato che il risultato di ogni classe da la misura di quanto l’insegnante sia riuscito a portare i suoi allievi a competenze adeguate. Credo, però, che la maggior parte degli insegnanti metta molto impegno e passione nel lavoro e non penso che lo svolgimento del programma possa essere seriamente condizionato da qualche simulazione di test durante l’anno (che pure fa bene agli studenti per familiarizzare con la prova).
Personalmente mi sono interessata dei test di seconda elementare e li ho trovati interessanti. Quelli di area logico-matematica sono molto orientati alla logica più che alle nozioni matematiche e quelli di area linguistica tendono a verificare la comprensione di un testo, cosa che non va mai data per scontata o sottovalutata, perchè è una competenza che è alla base della capacità di studiare e di apprendere.
Mi vengono in mente almeno due motivi per i quali i test invalsi possono essere utili per i bambini e ragazzi: prima di tutto svolgere prove “di esame” un po’ più spesso nel corso della carriera scolastica aiuta a familiarizzare con l’ansia e a gestirla con più naturalezza. Poi i test a risposta multipla sono ormai ovunque ed è giusto imparare precocemente a comprenderne i meccanismi e a risolverli.
Da genitore di un bambino che frequenta la scuola pubblica, però, vorrei che i risultati di queste prove servissero davvero ad orientare e rinnovare i programmi scolastici e a valorizzare le competenze degli studenti. Vorrei che il Ministero tenesse in considerazione gli orientamenti forniti dai test per migliorare la scuola italiana e restituirle la qualità che merita.
@serena si e’ proprio cosi’, il lavoro corale che fanno sui bimbi e’ davvero impressionante, le maestre dell’anno successivo iniziano a fare amicizia con i bimbi gia’ verso la fine dell’anno corrente, i bimbi magari passano qualche ora a settimana con loro, e i bimbi sanno che l’anno prox saranno con Mrs X o con Mr Y quindi non hanno nessuno scossone. Il mio era solo un voler sottolineare che non e’ il cambio annuale il problema, cosi’ come non e’ il “maestro unico” la soluzione, tutto sta a come implementi la cosa. Infatti io ora sono convinta che il cambiare cosi’ spesso insegnante li renda molto piu’ flessibili e meno emotivi, che non guasta mai.
@LGO, è vero che ogni insegnante può scegliere il metodo che gli pare, ma è anche vero che alla fine sarebbe il caso che gli alunni sapessero leggere, no? Non parlo di programmi universalmente identici, ci mancherebbe, ma i famosi obiettivi minimi andrebbero raggiunti da tutti, altrimenti non sarebbero obiettivi minimi. E infatti mi sembra che il test questo faccia.
I test a risposta multipla è vero che ci sono da un bel pò, ma a discrezione dell’insegnante. C’è chi mischia nello stesso compito domande chiuse e aperte, chi fa un test tutto chiuso e un compito tutto aperto, chi fa solo test chiusi e chi solo aperti. Io personalmente non amo mischiare, e alterno, ma è una mia scelta personale del tutto opinabile e non mi sogno di criticare chi fa diversamente.
Per quanto riguarda l’uso massiccio di test sono abbastanza d’accordo con te, e infatti ho parlato di ULTERIORE strumento di valutazione, da affiancare ai compiti classici (più ancora nelle materie letterarie che non in quelle scientifiche, oserei dire). In una delle mie classi, ad esempio, ho un ragazzo molto in gamba che fatica tuttavia a raggiungere il voto ottimo che meriterebbe. Al test a risposta chiusa ha preso 96/100, e ci siamo resi conto insieme che probabilmente ha più facilità a concentrarsi e rendere bene con un test con tante domande “rapide” che non con due o tre grossi problemi. Non a caso è un iperattivo. Ecco, nel suo caso sono contenta che abbia avuto la possibilità di dimostrare davvero quanto vale, e anche che abbia avuto una bella iniezione di fiducia. A 11 anni queste cose sono importanti…
Scopo dei test non dovrebbe essere rendere uniformi i programmi ma verificare competenze trasversali. Ogni scuola, anzi ogni singolo insegnante, può scegliere come insegnare a leggere e comprendere un testo o come leggere un grafico, i test dovrebbero servire soprattutto per verificare la competenza, non il percorso seguito per raggiungerla. Infatti, per esempio alle superiori dove la separazione tra i programmi forse è più evidente, il test è unico indipendentemente dal tipo di scuola: gli studenti del liceo scientifico fanno lo stesso test di quelli del tecnico o del linguistico.
Intanto vorrei dire che nella scuola italiana i test a risposta multipla si fanno da un bel po’. La scuola cambia, è cambiata tantissimo, molto più di quello che potrebbe pensare chi ne ha solo i ricordi personali.
Però io credo che l’uso massiccio dei test potrebbe avere effetti deleteri – ed in parte queste storture si cominciano a vedere, nel fiorire di un mercato colleterale di libretti e corsi di formazione per diventare bravi risponditori. Perché un test è fatto per rispondere in velocità ed ammette una sola risposta corretta, quindi valuta il risultato e non il processo. Non ho visto i test delle medie di quest’anno, ma fino all’anno scorso le risposte aperte erano mi sembra poche unità su venticinque. Insomma, io non sono contraria ai test, ma sono uno strumento da prendere un po’ con le molle: la valutazione è tanto più efficace quanto più è ricca e varia.
E soprattutto sono abbastanza contraria all’idea che questi test siano usati come strumento di valutazione degli insegnanti. E assolutamente NON perchè sono contraria alla valutazione degli insegnanti, ci mancherebbe. Avrei un sacco di proposte su una valutazione degli insegnanti più efficiente e sensata, mi manca qualcuno che mi ascolti 🙂
Scusate se mi infilo nella discussione con un certo ritardo.
Sono dall’anno scorso supplente di matematica e scienza nella scuola media, l’anno scorso ho “fatto” il test agli esami di terza media e quest’anno ho appena “fatto” quello di prima e “farò” quello degli esami di terza.
Io sono profondamente e visceralmente favorevole ai test. Come ULTERIORE metodo di valutazione, da affiancare a quelli diciamo classici della scuola italiana, come sistema di valutazione o anche solo di autovalutazione degli insegnanti, come metodo di valutazione della scuola nell’attuale regime di autonomia. E infine, come metodo per spingere tutte le scuole italiane a raggiungere una certa uniformità di programmi.
Come avete già fatto notare, i test a risposta chiusa (crocette) sono diffusi in tutto il mondo e i nostri ragazzi saranno prima o poi portati a confrontarsi con realtà internazionali (spero), quindi prima li vedono e meglio è, secondo me. Inoltre, e qui mi addentro nello specifico della mia materia, vorrei sottolineare due cose: la prima è che non tutte le risposte sono chiuse, nel test di matematica bisogna anche spiegare le motivazioni di ciò che si è fatto, scrivere formule geometriche, dare risposte a parole proprie. In particolare, nel test di prima media dell’altro giorno erano quasi più le domande aperte di quelle chiuse… La seconda è che in effetti il test invalsi ha una parte di nozionismo (definizioni, nomenclatura, terminologia) e una buona parte di logica. E ben venga!! I nostri ragazzi hanno MOLTO bisogno di accendere il cervello e usare la logica, invece di imparare a memoria regolette e metodi!
Per quanto riguarda l’onestà degli insegnanti durante i test, in entrambe le scuole dove ho seguito i test devo dire che il comportamento degli insegnanti è stato impeccabile. Le scuole prevedono che insegnanti di altre materie e possibilmente di altre classi facciano assistenza durante i test.
Per quanto riguarda il questionario informativo, sono sostanzialmente d’accordo con voi, non trovo giusto chiedere cose personali ai ragazzi. Le domande che ho visto io, però, riguardavano quasi esclusivamente le loro abitudini di studio…
Per l’inclusione del test nella valutazione, a noi è stata lasciata libertà: se vogliamo valutarlo ci dobbiamo correggere i test da soli, mentre se non vogliamo neanche vederli possiamo tranquillamente rispedire tutto il malloppo all’invalsi che se li guarda e li usa per le proprie statistiche. Questo ovviamente non è vero per l’esame di terza media, dove il test fa punteggio e dobbiamo correggerlo noi, a mano. E in fretta, visto che in genere è l’ultimo scritto e la sera si fa la ratifica degli scritti. Dobbiamo prendere i fascicoli, riportare le risposte dei ragazzi su un singolo foglio (uno per studente) e poi dare il punteggio. L’anno scorso erano 25 domande per circa 25 ragazzini, ovvero 625 risposte da riportare, col fiato dei colleghi sul foglio. E se ti sbagli c’è la denuncia penale, è un falso in atto pubblico (o atto d’uffico, Silvia? comunque penale, giusto?). Insomma non è divertente. La mia scuola di quest’anno i risultati li fa riportare ai ragazzi, che almeno se si sbagliano è colpa loro e non mia, ma le domandi aperte le devo fare comunque io.
Infine volevo ringraziare Silvia per aver specificato la motivazione principale della protesta: non è contro il test in sè, ma nel fatto che l’Invalsi prende soldi dallo stato (cioè da me, che pago le tasse) e poi il grosso del lavoro lo fa fare a me, che non prendo per questo straordinari… mi sento un pò presa per i fondelli, ecco.
Scusate la lungaggine, ma dopo giorni di discussioni coi colleghi volevo proprio togliermi la soddisfazione di dire la mia con calma. Grazie.
alessandra “l’insegnante dovrebbe essere la stessa per tutti gli anni” mi fa sorridere perche’ da noi in inghilterra si cambia insegnante ogni anno di regola 🙂 come lo poni tu e’ davvero un conteggio sulla testa dell’insegnante (li hai presi a livello x e li lasci a livello x+delta) ma non e’ questo l’intento dei test
@supermambanana anche qui in Svezia mi pare di aver capito che cambia insegnante ogni anno, però è una cosa completamente diversa, perché è il sistema strutturato in questo modo. Ho la sensazione che il passaggio di testimone avviene in maniera più soft, senza scossoni, con una continuità pedagogica garantita nonostante il cambio. E’ diverso il caso italiano in cui il sistema non lo prevede, eppure gli insegnati si cambiano lo stesso, senza che ci sia una programmazione in tal senso.
Se v’interessa la settimana prossima sarà disponibile sul sito INVALSI una “guida alla lettura” contenente tutti i quesiti, la loro classificazione e un commento.
@LGO, ma come non interessa a nessuno se e come verranno valutati gli insegnanti!!! Primo interessa a gli insegnanti, ma anche a noi madri DEVE interessare: andrà a ricadere anche sui nostri figli! In positivo se finalmente ci sarà un modo per rimuovere gli insegnanti incapaci e/o psicotici, in negativo se invece verrà utilizzato male o in maniera strumentale per creare scuole di serie A e scuole di serie B!
Comunque, in estrema sintesi, si tratterebbe di valutare gli eventuali progressi (o meno), relativizzati al contesto socio economico in cui si trova ad operare la scuola, di una classe che abbia una certa insegnante nel corso degli anni di studio. Si dovrebbero perciò somministrare test in entrata e test in uscita e l’insegnante dovrebbe essere la stessa per tutti gli anni e una serie di altre cose che fanno pensare irrealizzabile il progetto per molti anni nella scuola com’è organizzata oggi!
Be’, il fatto è che i bambini sono bambini sia in seconda che in quinta elementare. E sono ancora minorenni alle medie e in seconda superiore, di norma. Il questionario viene compilato dai bambini, senza chiedere alcuna autorizzazione ai genitori, dalla quinta elementare in poi. Non mi sembra che si raccolgano dati sensibili in senso stretto (non convinzioni religiose o politiche, stiamo parlando di bambini, e nulla sull’orientamento sessuale, ovviamente), ma certamente informazioni sullo status economico e culturale della famiglia, sulla sua organizzazione, e i giudizi dei bambini sulle strutture scolastiche, sulle relazioni con i compagni: informazioni che credo sarebbe più opportuno venissero raccolte in forma anonima – oppure col consenso dei genitori, anche se la legge sulla privacy consente che vengano raccoli dati per scopi statistici etc.
Non conosco a sufficienza le norme sulla privacy: noi di prassi comunichiamo tutto ai genitori, il ministero avrebbe potuto fare altrettanto.
Per quello che riguarda la valutazione disciplinare, è prassi indotta dal fatto che l’ente valutatore, che dovrebbe essere esterno, utilizza gli insegnanti per la preparazione, somministrazione e correzione dei test. Abbastanza naturale che molti non abbiano voglia poi di buttare a mare tutto il lavoro e lo utilizzino almeno per la valutazione interna. Inoltre, c’è sempre la faccenda che non si capisce se e come i test Invalsi potrebbero essere utilizzati per la valutazione dei docenti – ma questo probabilmente non interessa quasi nessuno. Anche se dovrebbe, perché potrebbe cambiare in modo significativo la didattica, e non è detto che sarebbe in meglio.
Cio’ che mi colpisce di più di questa discussione è la comunicazione dei propri dati sensibili senza la sicurezza dell’anonimato.
Nonostante tutte le nostre leggi sulla privacy, qui in Italia si fa con una nonchalanche sconcertante.
Perchè non procedere con dei tests, anche nominativi, ma che valutino solo questioni tecniche e non entrino nel privato delle famiglie. Quando lo stato vuole entrare in casa mia, mi prende un po’ il brivido..non mi fido.Sarà puro istinto italico?
Quanto alle considerazioni di LGO ce n’è una, piuttosto interessante, anche se riguarda solo in parte i test invalsi.
Ma come ha fatto il Ministro Brunetta a stabilire che una quota fissa dei dipendenti statali , il 25% merita un incentivo sullo stipendio?
E se sono di più? e se sono di meno?
Questa non è meritocrazia , questa è ragioneria di stato. Se la fiducia nei sistemi governativi non c’è, forse dipende anche da queste storture.
La domanda che uno si fa, in Italia almeno, ed è un interrogativo che guasta sempre anche quelli più in buona fede è:” Ma mi stanno a prendere in giro?!”
E così anche gli Invalsi sono colpiti e affondati, perchè non c’è reciproca fiducia tra cittadino e istituzioni.
no, aspetta! sul link che aveva passato @LGO del “manuale del somministratore” si dice che a parte la seconda primaria, tutte le altre classi fanno compilare il questionario studente dagli studenti, appunto! o mi son persa qualcosa io?
ah ecco, meglio ora, non era chiaro dai vari commenti che avevo letto…