Questo mese ci prendiamo una responsabilità che finora avevamo pensato di affrontare, ma avevamo più volte rimandato: quella di scalfire alcuni tabu e di parlare di temi delicati.
Lo dico da subito: ci proviamo.
Il tema di questo mese affronterà diversi argomenti, correlati alle nascite difficili e alle non nascite. Parleremo di prematurità, nascite con problemi, aborto terapeutico o spontaneo, interruzione volontaria di gravidanza e fecondazione assistita.
E’ molto e sono argomenti eterogenei, ma accomunati da un modo diverso dal solito di vivere l’evento nascita. Vogliamo capire quanto di questi temi si possa parlare e come. Nulla ci impedirà di approfondire in un prossimo mese.
Credo che ancora oggi tra questi argomenti ce ne siano alcuni che rappresentano dei tabu. Mi sembra che la parola “aborto” sia tra le pochissime ancora impronunciabili: forse in questo è accomunata solo alla parola “cancro”. L’informazione sulla fecondazione assistita è scarsa e solo chi si trova ad esserne coinvolto si procura, spesso con difficoltà, notizie approfondite.
La scommessa di una nascita prematura, il dubbio della decisione di un aborto, la fatica fisica e psicolgica della fecondazione assistita, la scelta di portare avanti una gravidanza a rischio, sono situazioni che solo chi ha vissuto in prima persona sa cosa vogliano dire.
E per questo ci faremo aiutare da molte interviste e guestpost, per creare il maggior clima di condivisione e solidarietà.
Se hai un blog e vuoi contribuire, puoi farlo partecipando al blogstorming
Mi unisco a questo tema tanto coraggioso quanto dolorose per tante di noi.
Mi rifaccio al bellissimo blog ed anche libro “la solitudine delle madri” di Marilde, credo che questa solitudine abbia inizio nel momento in cui, nella maggior parte dei casi da sole, si aspetta il responso del primo test di gravidanza che si compra in farmacia.
La mia è una storia difficile ma con due lieti fine.
GENNAIO 2000: a me e al mio ormai ex marito, ci fecero la diagnosi di STERILITA’. Alla mia ricerca di un perchè il ginecologo che allora mi seguiva e che era anche un caro amico e che era il MIO medico di fiducia mi disse soltanto “è così e non ci puoi fare nulla. capita”
Elaboriamo, o per meglio dire elaboro il lutto, perchè quando ti cade in testa una diagnosi di questo genere solo questo puoi fare. Io ammiro tantissimo chi si è sottoposto, si sottopone e si sottoporrà alla fecondazione artificiale. io con il mio carattere non lo potrei fare.
Quindi decidiamo per l’adozione.
Un suo brutto incidente di moto lo tiene a letto per circa 5 mesi ed io dietro di lui.
DICEMBRE 2000: 1° gravidanza che si interrompe alla 7/8 settimana senza intervento
MARZO 2001: 2° gravidanza che si interrompe alla 12 settimama. Ecografia alla 10 settimana c’era il battito e poi sono iniziate delle piccole perdite scure. Ho dovuto subire un raschiamento
SETTEMBRE 2001: 3° gravidanza che si interrompe circa alla 18 settimana. Alla 15 settimana l’ecografista (bravissimo) si rende conto che il feto non cresce come dovrebbe. E’ tutto a posto, non ci sono ci sono problemi cardiaci o o agli altri organi, solo non cresce e mi vuole rivedere dopo 10 giorni, il battito c’è ancora ma è cresciuto quasi niente. Dopo quasi due ore di ecografia si accorge che nel cordone ombellicale c’è stato un infarto e quindi di nutrimento ne passa pochissimo. Riposo assoluto e cortisone.
Il ginecolgo (lo stesso della sterilità) mi dice che avremmo tentato di portare avanti la gravidanza il più possibile, anche eventualemente con un ricovero ma comunque se ci si riusciva forse non oltre la 30 settimana. Passo dei giorni infernali sperando e scusatemi se lo dico che anche questa gravidanza terminasse da sola. E così è stato alla successiva ecografia non c’era più il battito. Subisco un altro intervento.
Cambio ginecolgo e mi butto nel mare grande apprrodo ad un centro di poliabortività perchè la diagnosi corretta era questa.
Mentre inizio tutte le analisi da protocollo rimango nuovamente incinta ed è GENNAIO 2002. EXTRAUTERINA interrotta farmacologicamente.
La mia doppia fortuna è stata oltre a salvare la tuba anche il fatto che si è capito il motivo: CONNETTIVITE INDIFFERENZIATA dovuta ad ANTICORPO ANTICARDIOLIPINA, ho una malttia auto immune facente parte della famiglia del LUPUS ERITOMATOSO.
GENNAIO 2003 nasce alla 36 settimama con cesareo la mia prima figlia . Gravidanza a rischio e terapia farmacologica a partire dalla 33 esima.
OTTOBRE 2005 nasce a termine la mia seconda figlia. A rischio di cesareo e terapia farmacologica fin dalla 29 esima.
per emtrambre ho fatto la villocentesi, assolutamente meno rischiosa di quel che si dica. nessun farmaco e nessun riposo.
per la prima sono andata dal migliore in Italia, oseri dire in Europa dal momento che è stato lui poi ad insegnarla in tanti posti del Nord Europa. ovviamente a pagamento.
Per la seconda, avevo 40 anni mi dicono che la passa la ASL. contatto un ospedale di Milano, prendono la mia prenotazione e molto gentilmente mi dicono di contattare a Roma un determinato centro pubblico e mi fanno il nome di una dottoressa, ma aggiungono anche che se ci sono problemi la mia villocentesi è prenotata da loro.
Vado dove mi dicono, la dottoressa non è ancora arrivata, vengo aggredita verbalmente dalle infermiere e da una dottoressa che cercano di convincermi che è molto meglio l’amniocentesi, ma io rimango del mio punto.
Poi finalmente arriva la dottoressa che cercavo e fa una romanzina alle infermiere e dottoressa per il loro modo. Entriamo subito in sintonia, sarà la mia ecografista fino alla fine
Il giorno dell’esame, avevo l’appuntamento alle 8.00, dovevo essere la prima.
Mi fanno entrare per ultima, quasi alle 13,00 perchè il mio esame era diverso e più difficile!!!!!!!
Scusatemi se sono stata prolissa. Un abbraccio forte a tutte e sono vicina a tutte quante.
Antonella
Ogni dolore ha la sua strada. È condizionato dai nostri prima e dai nostri dopo. Ho deciso di mettere nero su bianco i miei pensieri maligni solo perché se là fuori tra di voi c’è qualcuna che li prova o li ha provati deve sapere che può essere normale, che è solo un’onda e che se ti lasci andare con lei poi passa. Vorrei che un’altra donna nella mia situazione non si sentisse sola e sbagliata come mi sono sentita io.
Per quello che riguarda il rispetto del dolore da parte degli altri (intendo soprattutto medici ed infermieri) è vero che non dovrebbe essere un caso, ma purtroppo è così in molti e troppi casi. Per questo ho voluto condividere la mia esperienza. Ho detestato sentirmi sola e non voglio che vi sentiate sole.
Un abbraccio…
Butterfly, Silvia, prima di tutto vi ringrazio per la fiducia che ci state accordando nel raccontare qui le vostre storie.
Spero che se dovesse passare di qua qualche persona che non sa come affrontare un dolore simile, trovi nelle vostre parole un conforto.
Il messaggio più importante che date è che il dolore non vive in un modo ed in una forma, ma in tanti modi e forme diverse. Ed è legittimo.
Avete affrontato un dolore simile in modi diversi: che si dica che questo è giusto. A ciascuno il suo modo di reagire, fino in fondo, senza dover dare giustificazioni.
Siete entrambe salve. Che si dica questo: dal dolore ci si salva quando lo si vive fino in fondo a modo proprio. Vivendolo fino allo stremo o vincendolo nella quotidianità di ogni giorno.
Purtroppo devo anche rilevare che rispetto alla sanità, siamo tutti in balìa della buona o cattiva sorte. Quello che distingue una buona diagnosi da una superficiale, un buon trattamento da uno sconsiderato, un medico umano e scrupoloso da uno freddo e trascurato, un’informazione seria da una inesistente e parziale, è soltanto il caso. E questo non è giusto.
certo, ognuno di noi trova la sua strada per combattere il proprio dolore.
ti volevano imporre di vedere e seppelire il tuo bimbo e tu non lo volevi;
io volevo vedere il mio bambino e non me lo hanno permesso.
questo intendo per rispetto del dolore: chi vive questa esperienza deve chiedere tutto ciò di cui ha bisogno per poter superare il trauma e chi gli è vicino deve accogliere queste richieste senza giudizi senza valutazioni. magari in futuro mi sarei pentita di aver visto mio figlio morto ma almenso sarebbe stata una mia scelta
un abbraccio
cara Butterfly,
io ho perso Giorgio alla 21esima..credo..credo perche’ l’ho scoperto alla morfologica…non so quando il suo cuoricino ha cessato di battere…
Ho vissuto con la paura che anche l’altro gemellino potesse non farcela..ho vissuto sentendolo muoversi -in realtà era Ric che quando calciava dava una botta anche all’altro sacco e sembrava che si muovessero in due – ..ho vissuto con il pensiero di portare un feto morto dentro di me accanto ad uno che combatteva per la vita…Ho vissuto con l’immagine di Giorgio..i suoi piedini, le sue manine perche’ un mese prima – quando feci l’operazione – usarono la telecamera e io riuscii a vedere tutti i due i bambini..
Mi sono chiusa nel dolore…l’ho vissuto intensamente..mi sono pero’ tirata su per combattere per l’altro figlio
E quando ho partorito e mi hanno tolto Giorgio, non l’ho voluto vedere. Ho voluto avere il ricordo di quelle immagini sul video. E non l’ho voluto seppellire come mi imponeva una suora malefica che mi ha torturato fino alla fine.. .per la legge italiana Giorgio non era un bambino nato morto da registrare alla’anagrafe, era solo un feto…per la suora invece stavo facendo peccato mortale..Ma io non volevo una tomba su cui piangere..
io Giorgio praticamente ce l’ho ogni giorno davanti a me..perche’ i gemelli erano identici e a volte quando guardo Ric non posso far a meno di pensare che in giro ci doveva essere un altro bimbo come lui..ma non voglio farmene una malattia, non voglio chiudermi dentro questo dolore, non voglio condizionare Ric.
Non voglio rivivere il dolore perche’ solo cosi’ superero’ tutto..preferisco vivere alla giornata…con giorni in cui il pensiero c’e’ ma sempre consapevole che doveva andare cosi’..che poteva andare peggio..e che la vita ha la priorità su tutto..e quella vita adesso è mio figlio
Mi sono fermata tanto sulla mia storia forse perché in fondo cercavo la solidarietà che non ho ricevuto al momento dell’aborto, ma quello che veramente volevo era proporre delle considerazioni che potessero aiutare chi ha vissuto un’esperienza simile alla mia.
Un figlio si può perdere per infiniti motivi, anche per cause indipendenti dal nostro comportamento.
Ma dopo che si fa? Quando il vuoto della tua pancia ti entra nel cervello, quando ti viene un nodo alla gola che non sembra poter andare più via, quando lo stomaco si chiude, quando ti gira la testa e ti senti sprofondare ed allunghi le braccia e chiami tu “mamma” per ritrovare quella sensazione di salvezza e protezione che provavi da bambina quando tua madre ti tirava fuori dai guai. Quando arriva quel momento, che si fa?
Io credo che l’unica strada sia vivere a fondo il proprio dolore, buttarsi in quel mare nero che hai dentro e non avere paura di soffrire. Cercare il dolore quando si nasconde dietro una calma apparente.
Solo così puoi superare il dolore: CONSUMANDOLO. La spina nel cuore rimarrà sempre, ma la punta si smussa un po’.
Io ho ripercorso infinite volte quei 7 giorni che mi hanno portato alla perdita del mio bimbo. Ho voluto provare e riprovare tutto il dolore fino allo sfinimento fisico e psicologico. Ho stanato tutti quei pensieri malvagi che come un cancro minavano il mio cuore e la mia testa. Mi sono arrabbiata con me stessa per non aver protetto il mio bambino. Ho pensato che mio marito mi avesse rubato il mio bimbo (era un maschietto) perché voleva una femminuccia. Ho pensato che me lo avessero rubato i medici invidiosi della felicità della mia famiglia (il mio primo bimbo è un amore). Me la sono presa anche con il mio bimbo morto perché ho pensato che non avesse lottato abbastanza per restare con me.
In ospedale prima ed a casa poi, le altre persone hanno sempre cercato di nascondere il dolore, facendomi sentire frustrata. Pensavo che se io ero straziata dal dolore mentre gli altri andavano avanti come se niente fosse, evidentemente ero pazza.
In ospedale mi hanno offerto subito antidolorifici (i dolori erano di poco più lievi di quelli di un parto a termine); ho rifiutato finché ho potuto per non perdere il controllo del mio corpo. Li ho accettati a notte inoltrata per non interrompere il sonno delle mie compagne di stanza.
Non mi hanno fatto vedere i resti del mio bimbo. Li hanno solo chiusi in un contenitore e portati via. Ancora oggi soffro per non riuscire a dare un volto a mio figlio. Guardo le eco ma non le posso accarezzare, e poi le immagini sono piatte e ferme, mentre io ricordo che durante l’ultimo esame agitava le manine.
Darei qualsiasi cosa per poterlo vedere e toccare solo un momento. Per quanto piccolo ed informe potesse essere lui era mio figlio.
Per tutte queste cose, a chi ha vissuto un’esperienza così traumatica dico:
vivi il tuo dolore fino in fondo;
pretendi rispetto per il tuo dolore;
chiedi aiuto (io l’ho fatto ed ho trovato una persona stupenda che mi ha riportato alla vita).
Io resto qui in attesa, se potrò essere di aiuto a qualcuno ne sarò immensamente felice.
L’ultima riga per una mia esigenza personale. Cercavo da tempo il luogo giusto per ricordare il mio bimbo perduto e questo lo è.
Si chiamava Lorenzo e gli avremmo voluto tutti bene.
Ho fatto l’amniocentesi perchè avevo 38 anni e ammetto che volevo essere sicura..
No, io no, non ce l’avrei mai fatta se avesse il bimbo avuto problemi, non mi sarei sentita all’altezza..
Aspettavo due gemelli e quindi due punture perche’ erano due sacche…
la prima puntura ok…per la seconda invece c’erano dei problemi, non riuscivano a trovare spazio per far entrare la siringa.. La dottoressa mi disse che poteva anche andare bene cosi’ perche’ cmq il liquido amniotico era lo stesso..se andava bene ad un gemello poteva andare bene anche all’altro pero’ c’era qualcosa che non la convinceva..Mi diede un nuovo appuntamento la settimana dopo per fare l’esame all’altro gemello..POteva lasciar perdere insomma ed invece no…ha insistito
Riposo a letto qualche giorno..e poi rieccoci al centro. di nuovo sul lettino…
Non sapevo che da quella stanza sarei uscita dopo 2 ore!!! Perche’ mi hanno fatto diversi esami..perche’ hanno scoperto che i due gemelli erano sofferenti, era in corso la trasfusione feto fetale..un gemello riceveva troppo, l’altro meno..sarebbero morti tutti e 2
da li’ ricerca disperata dell’unico ospedale che operava in Italia -il Buzzi di Milano – intervento..operazione li’ per li’ riuscita, la perdita di un gemello dopo un mese, la nascita gravemente prematura di Riccardo etc..ma almeno Riccardo c’e’…
Se non avessi fatto l’amnio avrei perso tempo prezioso e a quest’ora invece di piangere la perdita di un bambino ne avrei pianti due..
Struttura pubblica: sant’anna di Roma..dottoressa mattei
Quando ho fatto la villocentesi, durante il prelievo ho avuto una contrazione talmente forte che nel monitor dell’eco non si vedeva più la mia bimba…Avevo avuto un forte dolore fisico, ma ancora di più era forte il senso di colpa, averle fatto male, mi sentivo egoista…avevo tre “luminari” al mio fianco, e la più “luminare”di tutti, una gine americana,”Ragliava” perchè il campione poteva essere insufficiente. Considerazione per me: ZERO.Solo dopo, sentendo la conversazione con mio marito e il mio pianto disperato l’unico uomo presente tornò per farmi vedere che la bambina stava bene.
So che a chi ha letto i miei commenti potrebbe sembrare assurdo, ma noi non abbiamo fatto neanche il cariotipo per la sindrome di down, abbiamo solo fatto l’esame per la malattia,terribile di cui siamo portatori. Se fosse stato down lo avrei tenuto.Per tutte le altre malattie ti fanno l’esame solo se sai di essere portatore sano.
Perchè sono troppe. Purtroppo la sanità pubblica non ti offre le coccole di quella privata. Ma per queste cose ci siamo documenteti e ridocumentati e i minori rischi si corrono negli ospedali che ne fanno tantissime, e per lo più sono ospedali pubblici,per il resto la cosa migliore quando va male è non chiedersi troppo perchè…perchè noi mamme ci colpevolizziamo facilmente…un abbraccio butterfly
grazie,
durante tutto il doloroso percorso che ho fatto e sto facendo per cercare uscire da quel buco nero in cui ti gettano queste esperienze sono stata assalita da pensieri brutali ma mai ho pensato di attribuire a mio marito la benchè minima colpa dell’accaduto. lui è stato una vittima ed anche in misura maggiore di me. ha preso una decisione senza capire effettivamente i rischi connessi (non riuscendo a capiere le percentuali che ti mettono sotto il naso lui ha attribuito più fiducia alle parole del medico) si è dovuto sentire responsabile della decisione presa ed essendo già vulnerabile per la sua malattia (anche questa trattata con sufficienza dai medici) ha avuto meno mezzi di me per superare questo momento.
a seguito di questa esperienza io ho ricevuto molti aiuti ma fa sempre piacere sentire la solidarità di altre persone. inoltre spero che quello che scrivo possa in qualche modo aiutare qualcuno.
Cara butterfly,
so che le parole non servono a niente, ti posso solo mandare un abbraccio virtuale e dirti che sono immensamente addolorata.
Sono arrabbiata per la superficialità dei medici, vedendo tutte le difficoltà pratiche nel realizzare l’esame forse una riflessione la potevano fare e non liquidare i dubbi che avevi espresso con sufficienza.
Spero che tu riesca a trovare nella tua famiglia la forza e l’appoggio per superare insieme questo momento, cercate se possibile di non colpevolizzarvi troppo, non è una colpa fidarsi dei medici, loro dovrebbero agire sulla base di conoscenze ed esperienza maggiore delle nostre e sarebbe giusto affidarsi a loro.
Un abbraccio
è proprio come dici. di fronte a certi dolori alcune persone ti voltano le spalle. non è cattiveria, è incapacità, guardare in faccia una persona straziata è faticoso, durissimo ed a volte insopportabile
Cara Butterfly,
io non ho parole.
Solo una cosa: chi ti sta vicino non deve volere che tu stia meglio solo perché non sopporta di vederti stare male. Deve sostenere te e il tuo dolore. Ora pensa a te.
io ho perso il mio secondo figlio alla 14 settimana.
mio marito ha avuto problemi di salute abbastanza seri e aveva paura di non riuscire a provvedere adeguatamente alla su famiglia, tanto più ad un figlio malato per questo insisteva per fare l’amniocentesi.
per il nostro primo figlio mi sono opposta fermamente perchè avevo una paura folle dell’amniocentesi, per il mio secondo bimbo non ce l’ho fatta. mi sembrava di essere la solita mamma egoista che decide tutto per suo figlio per il solo fatto di portaselo lei in pancia e così ho ceduto alle insistenze di mio marito.
abbiamo chiesto informazioni al ginecologo che seguiva la gravidanza che ha scartato metodi di indagine meno invasivi in quanto poco affidabili e si è buttato a pesce sulla villocentesi, ha sciorinato tutte le varie percentuali di rischio (mio marito di fronte a spiegazioni scientifiche complesse spegne l’audio e si limita ad annuire con la testa) e infine di fronte alla mia ritrosia ha concluso dicendo “la faccia signora, vedrà che andrà tutto bene” e così ci ha condannati, me, mio marito ed il nostro bimbo.
dopo due tentativi andati a vuoto di effettuare la villo (avevo l’utero retroverso) visti i tempi abbiamo dovuto ripiegare sull’amniocentesi (ad ogni visita ci dicevamo che se non fosse riuscito l’esame avremmo rinunciato, ma poi…)
ho fatto l’amnicentesi e la sera stessa ho avuto delle perdite una scarsa seguita da una molto importante. il giorno successivo mi sono recata in ospedale. il mio ginecologo sempre gentile si è mostrato subito nervoso ed irritato. mi hanno lasciato 5 giorni ad aspettare che il bambino mi morisse nella pancia senza informarmi della possibilità di richiedere l’interruzione di mia volontà. il primario del reparto mi diceva di essere ottimista, il ginecologo che mi aveva fatto l’amnio che non c’erano speranze.
quando finalmente il mio bimbo ha smesso di combattere hanno constatato l’assenza di battito. dei tre ginecologi presenti all’eco due mi hanno voltato le spalle (una di loro mi aveva seguito per tutta la mia prima gravidanza) uno solo ha detto mi dispiace.
mi hanno somministrato le candelette per indurre il parto e mi hanno dato un vaso da notte da usare ogni volta che andavo in bagno per non buttare mio figlio nella tazza. non mi hanno spegato altro.
la notte mi sono trovata in un lago di sangue ed era tutto finito.
il giorno successivo ho fatto il raschiamento con un ginecologo che a distanza di cinque minuti non ricordava più il mio nome e tutti gli altri dati della cartella clinica che gli erano stati riportati e che era concentrato solo sul mio sovrappeso (porto la 50).
il prezzo la nostra famigli ha pagato per la disinformazione, per la noncuranza e l’insensibilità di un intero reparto di ginecologia è stato sovraumano. siamo sempre restati uniti e non so nemmeno io come…
Io ho fatto le amniocentesi in un ospedale pubblico, con antibiotico e prescrizione di un giorno di riposo assoluto. E controllo post (un po’ di riposo in ospedale, adesso non ricordo neanche quanto). Ogni struttura sanitaria ha i suoi protocolli: se cambiano da ospedale a ospedale figuriamoci da paese a paese. Nella stesura dei protocolli conta la conoscenza della letteratura, le abitudini, le statistiche locali. Il mio medico di fiducia poi tira fuori sempre il fatto che la medicina è una scienza sperimentale, e non esatta…
sono d’accordo con Lorenza, sapere le cose dopo è avere il mondo che ti crolla, perdere tempo per le diagnosi e quindi per gli interventi, e purtroppo, in ospedale in 6 mesi ho visto ben 3 bambini abbandonati al loro destino perchè affetti da sindromi che li avrebbero portati a morte nel giro di uno, max 2 anni, perchè le mamme a causa di depressione post partum aggravata dalla notizia avevano un rifiuto dei bimbi e non venivano neanche a trovarli.
@Illa:Io ho fatto la villo in un ospedale pubblico, ma comunque mi hanno dato le pillole anticontrazione già da una settimana prima e il riposo dopo, purtroppo a volte va comunque male, ma è necessario non colpevolizzarsi e la prossima volta affidarsi a mani esperte (di solito si riesce a sapere quante amnio fa un ospedale all’anno, ed è meglio affidarsi a chi ne fa di più). Abbraccia la tua amica.un bacio