Tema del mese: nascite, non nascite

Questo mese ci prendiamo una responsabilità che finora avevamo pensato di affrontare, ma avevamo più volte rimandato: quella di scalfire alcuni tabu e di parlare di temi delicati.
Lo dico da subito: ci proviamo.
Il tema di questo mese affronterà diversi argomenti, correlati alle nascite difficili e alle non nascite. Parleremo di prematurità, nascite con problemi, aborto terapeutico o spontaneo, interruzione volontaria di gravidanza e fecondazione assistita.
E’ molto e sono argomenti eterogenei, ma accomunati da un modo diverso dal solito di vivere l’evento nascita. Vogliamo capire quanto di questi temi si possa parlare e come. Nulla ci impedirà di approfondire in un prossimo mese.

Credo che ancora oggi tra questi argomenti ce ne siano alcuni che rappresentano dei tabu. Mi sembra che la parola “aborto” sia tra le pochissime ancora impronunciabili: forse in questo è accomunata solo alla parola “cancro”. L’informazione sulla fecondazione assistita è scarsa e solo chi si trova ad esserne coinvolto si procura, spesso con difficoltà, notizie approfondite.

La scommessa di una nascita prematura, il dubbio della decisione di un aborto, la fatica fisica e psicolgica della fecondazione assistita, la scelta di portare avanti una gravidanza a rischio, sono situazioni che solo chi ha vissuto in prima persona sa cosa vogliano dire.
E per questo ci faremo aiutare da molte interviste e guestpost, per creare il maggior clima di condivisione e solidarietà.

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56 thoughts on “Tema del mese: nascite, non nascite”

  1. Ciao,
    io sono stata molto fortunata, però ho vissuto da vicino l’esperienza di mia sorella che si è sottoposta (senza successo) a inseminazione artificiale.
    Spero che affronterete anche questo tema perché c’è molta ignoranza in giro e le donne che provano questa via (che assicuro non è una passeggiata di salute) a volte vengono bollate come “quelle che vogliono il figlio biondo con gli occhi azzurri”…
    Concordo con i post precedenti che spesso le nostre strutture sanitarie sono all’avanguardia su molti aspetti ma, per quanto riguarda la terapia del dolore (sia fisico che psicologico) e il supporto psicologico siamo all’età della pietra.

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  2. Anch’io vi seguirò silenziosamente perché questo tema interessa anche a me.
    Ho avuto due gravidanze: una che si è interrotta alla settima settimana dopo la prima ecografia in cui con mio marito avevamo sentito il battito e l’altra, sofferta e complicata, da cui è nato mio figlio con l’agenesia del corpo calloso.
    Ho dovuto scegliere se portare avanti o meno questa seconda gravidanza e spesso sono a contatto con persone che si trovano di fronte al mio stesso dilemma.
    Non è difficile è difficilissimo, e di certo l’ignoranza e l’insensibilità di molti medici non aiuta!

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  3. Io ho avuto la fortuna di avere due gravidanze serene, di cui gli unici problemi sono stati la nausea ed il vomito per entrambe e la pressione molto alta per la seconda. Ma ho vissuto da vicino questo dramma, successo ad una mia carissima amica, mentre eravamo entrambe incinte.

    Di recente ho letto l’ultimo libro di Giorgia Cozza, “Quando l’attesa si interrompe”, che penso potrebbe essere utile per affrontare l’argomento, da leggere in ogni caso.

    Complimenti per il coraggio di aver scelto questo tema, ragazze, vi leggerò con molto interesse.

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  4. Prima di avere la prima figlia, ho avuto un aborto spontaneo al terzo mese, così mi sono sottoposta alla “revisione cavità”, come da prassi sanitaria. ne ho un ricordo confuso e so che per i 9 mesi successivi quando vedevo una donna gravida mi veniva il magone.
    quando mi sono di nuovo sentita pronta …era il momento gusto, ma questa è un’altra storia…

    ma prassi sanitaria e lo star in ospedale è stato davvero sgradevole, ma c’è un altra cosa che mi ha ferito per “empatia” con la mia vicina di letto una ragazza molto giovane e straniera (avrà avuto 22 anni ed era al 5/6 mese di gravidanza), del tutto incapace di parlare/capire l’italiano, che veniva aiutata alla bell’e meglio dal giovane marito, anche lui straniero e non tanto più capace di capire la lingua italiana.
    (si parla del 1997 tempi ancora poco cupi e forse un pò più facili per gli stranieri in italia.
    la giovane donna era ammutolita e spaventata, da quello che succedeva al suo bimbo e dal modo molto stupido e maltrattante dei medici, la hanno trattata sempre come “una scema” perchè non sapeva ripondere, medici, infermieri non hanno avuto mai per lei un momento tenero anche verso la sua timidezza, la sua paura, la sua giovane età ……
    in fondo a me donna adulta, di media cultura, parlante un italiano fluido era concesso un trattamento più dignitoso e anche protettivo.
    a lei che rischiava la perdita di un figlio al 5/6 mese, quindi con un legame molto più forte, con un bimbo che già scalcia e si fa sentire (l’ho imparato dopo) … non era data nessuna forma di supporto o empatia.
    alle volta basta un sorriso, che oltrepassa la lingua, una carezza, una disponibilità.
    eppure il suo dolore era evidente.
    ma non riguaradava i medici.

    ora non credo si solo colpa dei medici, ma anche della loro formazione, della cultura dell’ospedale che è operativa e non psicologica … ma ….
    ma è stato brutto e terribile, vedere quasi la crudeltà invololontaria verso una madre e verso un suo bimbo in pericolo ….
    la maternità non è un valore dell’umanità?
    il dolore non è un dato che ci accomuna esistenzialmente?
    oppure ci sono maternità e lutti di serie a di serie b?

    perchè non si ascoltano questa due voci?

    (scusate era da mò che avevo questa storia sullo stomaco!!)

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  5. Che tema tosto ma davvero necessario!
    Nelle ultime settimane di gravidanza ho avuto colestasi gravidica. Nel dopo le cose sono andate benissimo grazie all’intervento della mia ginecologa che e’ stata davvero brava nel gestire la situazione. Mia figlia e’ nata bene, benissimo. Ma se non ci fosse stata lei, la mia ginecologa, e’ molto probabile che mia figlia non fosse quello che e’ adesso.
    In Italia i casi di colestasi gravidica non sono tanto frequenti come dicono e non tutti i medici sanno come trattarla. L’unico e piu’ grande rischio e’ la morte intrauterina. Dopo 34 settimane di portare dentro di te un’altro cuore che batte, il pensiero non e’ altro che orrendo.
    Mi sono informata fino all’esaurimento sulla colestasi gravidica, sulle terapie, sui rischi, su tutto e ho scoperto che in Italia la gestione e protocolo del dopo nascita di una morte intrauterina non esiste, praticamente se gli dice alla mamma: “ne faccia un’altro e via”. Veramente una cosa orribile, a parte che anche in questi casi gli ospedali non hanno neanche la delicatezza di mettere le mamme che hanno sofferto la morte del loro bebe’, in un reparto separato e le tengono insieme alle altre mamme, con la visione di tortura della mamma felice che allatta, che riceve visite, che ha il suo bebe’ in braccio. Non ho parole.
    Lo stesso succede con le persone che devono abortire, sia per decisione personale che per altre ragioni, sono in attesa insieme alle altre mamme, con o senza pancione, per far diventare ancora piu’ dolorosa sia la scelta che la non scelta -nel caso che si deva abortire per motivi cosi’ detti “terapeutici”-.
    Sulla mia colestasi gravidica in Italia, mi sono accorta che la malattia era piuttosto sconosciuta e poco frequente perche’ non c’era in ospedale neanche il farmaco che mi dovevano somministrare, in questo ospedale dove sono stata ricoverata parecchi giorni prima della nascita di mia figlia, non facevano neanche il test degli acidi biliari -il test piu’ utile per la colestasi gravidica-, e poi, per aumentare la mia angoscia, un ginecologo di guardia voleva mandarmi via perche’, a parte il prurito, io stavo benissimo e a lui gli serviva il mio posto letto.
    Veramente sarei diventata pazza se mia figlia non fosse nata viva. Bruttissimo partorire in questo modo in questo paese.

    Colestasi gravidica

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  6. Davvero un tema doloroso e impegnativo, di cui spesso si preferisce non parlare perché è più comodo pensare a uno stereotipo di maternita’ tutta rose e fiorellini.
    Personalmente, per ora, non ho vissuto nulla di tutto questo e la mia è stata davvero una maternita’serena, ma provo un enorme senso di rispetto per quelle persone che hanno dovuto affrontare scelte difficili con sofferenza e spesso sentendosi puntare il dito contro.

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  7. bè, io vi batto tutte mi sà…la mia primo genita, yvonne, è volata in cielo per colpa di una malattia rara…e della giovane papazzana che ora ha tre anni ho affrontato i primi due mesi nel terrore di una malattia e quindi esami su esami…ma non ascolterò in silenzio. Perchè è necessario informare.Datemi olo il tempo di pensare e la papazzana che dorma…un bacio a tutte.

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  8. Un tema difficile davvero, ma forse per questo merita di essere affrontato. Perché chi ci si trova coinvolto poi si sente solo, troppo solo e spesso anche troppo giudicato.

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  9. Alem, Era, se vi venisse voglia di raccontare e condividere, non di leggere solo in silenzio (anche in modo del tutto anonimo, ovviamente) noi siamo qui.

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  10. No, alem, non ce la hai tutte.
    Per quanto difficili, dolorose, spossanti possano essere state le tue esperienze (e spero che ora tu sia felice), lo strazio di un aborto (IVG, lo chiamano, come dire “non vedenti” invece di ciechi) è insopportabile. E ti accompagna sempre, tutti i giorni, tutte le volte che vedi i tuoi figli giocare, sorridere, correre e pensi che a un altro bimbo, volontariamente, hai, per mille ragioni valide o no, negato tutto questo.

    Leggerò in silenzio anch’io.

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  11. brave. per parlare di questo ci vuole delicatezza, è un tema difficile ma importante. E’ giusto – in qualche modo- squarciare il velo. Ho molte amiche che hanno sofferto in silenzio una non-nascita, c’è invece molto bisogno di parlarne perchè oggi più che mai crediamo di essere infallibili.

    vi seguirò come sempre!

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  12. ecco, io ce le ho tutte: aborto spontaneo, gravidanza extrauterina, fecondazione assistita, gravidanza a rischio, parto prematuro.
    Leggero’ silenziosa.

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  13. che coraggio, amiche.
    dietro queste nascite c’è sempre tanta sofferenza e quasi mai una reale possibilità di scelta. parlarne, scriverne è difficile, perché si teme di cadere nell’indelicatezza o nella compassione. però fa bene far circolare informazione, creare una rete, brave!

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