Per me non c’è parola che descrive meglio il divenire genitori: accoglienza. L’accoglienza dei propri figli potrebbe sembrare scontata, ma se ci si ferma a pensare un momento forse non lo è. Il momento della nascita è il momento di accoglienza più grande, quello in cui senti che per quell’esserino urlante sei pronto a fare di tutto. L’attimo in cui i tuoi occhi incontrano i suoi, sai che le notti insonni passate ad allattarlo saranno un tenero momento di intimità volto a cementare il vostro rapporto, le passeggiate al parco saranno un rilassante momento di riflessione sui massimi sistemi della vita, addormentarlo tra le tue braccia ti permetterà di entrare in risonanza con la pace cosmica. Solo che poi non è esattamente così.
L’addormentamento potrebbe trasformarsi in una lotta corpo a corpo, le passeggiate in un tour de force contro il tempo in cui si cerca anche di fare qualche commissione prima che si svegli per la fame, e l’allattamento la notte ti fa spesso venire voglia di trasformarti in Estivill in persona.
Crescendo, le cose non migliorano necessariamente, perché i bambini, si sa, fanno un po’ di tutto per NON comportarsi come vorremmo. Prima di tutto la quotidianità viene stravolta: la mattina ci mettono una vita a prepararsi per uscire, si rifiutano di vestirsi come vorremmo, serrano la bocca di fronte ai nostri manicaretti, e fanno il diavolo a quattro se vogliamo fare due chiacchiere al telefono con una nostra cara amica.
Questo stravolgimento delle abitudini con le quali siamo cresciuti, prima di tutto ci fa saltare i nervi, poi mette a dura prova ogni nostra convinzione, poi ci fa saltare i nervi, poi ci mette in discussione come persone, poi ci fa saltare i nervi….
Poi ci sono proprio quelle differenze macroscopiche tra nostro figlio e il nostro ideale di figlio. Se non ne avevamo un ideale prima della nascita, facciamo sempre in tempo a crearcene uno anche dopo, per lo più grazie al confronto continuo con altri bambini.
Per questo alcuni genitori potrebbero pensare che loro figlio sia troppo statico, abbia poca fantasia, sia noiosamente pigro, sia eccessivamente silenzioso e decisamente troppo basso. Mentre altri farebbero di tutto per avere un figlio più tranquillo, meno con la testa tra le nuvole, meno attivo, meno rumoroso e magari anche un po’ più basso.
La verità è che i figli non sono mai come ce li immaginavamo, e soprattutto non sono mai come li vogliamo.
Mi trovo a riflettere su questo punto ogni volta che perdo la pazienza e mi arrabbio e mi viene da urlare “sei insopportabile!” (ma mi trattengo).
I nostri figli nascono con il loro temperamento, la loro personale visione della vita e con una loro scala di valori che non coincide necessariamente con la nostra (o con quello che impone la società). Inoltre ci possono essere delle incompatibilità di carattere evidenti tra un genitore e un figlio, solo che non possiamo risolverle semplicemente voltando le spalle l’uno all’altro e ognuno per la sua strada.
A volte è difficile accettare i propri figli quando si dimostrano testardi, capricciosi, o disordinati. Quando si rifiutano ostinatamente di seguire le nostre indicazioni. Accoglierli è ancora un passo in più. Perché per me accogliere significa anche liberarsi da ogni riserva, mentre accettare nasconde sempre un giudizio.
E, come mamma di due bambini, vi posso tranquillamente dire che con uno dei due perdo la pazienza molto più facilmente che con l’altro (indovinato chi?).
Amarli senza riserve per me è la vera sfida ogni giorno, quando siamo talmente immersi nei problemi quotidiani da perdere di vista lo scopo a lungo termine, quello di crescere uomini e donne, e non di risolvere il capriccio del momento.
Cosa è giusto aspettarsi da loro? Dove è il confine tra educarli e condizionarli ad essere qualcosa che non sono?
Siamo disposti ad accoglierli ed amarli per quello che sono? E cosa facciamo ogni giorno per essere certi di comunicagli il nostro amore?
@genitori organizzati: uao!
Tempo fa ho letto un libro di Allison Pearson: si chiama “Ma come fa a fare tutto” e l’ho trovato…emozionante!
Vi è mai capitato di leggere qualcosa e pensare: ecco! E’ proprio quello che volevo dire io!
E allora volevo condividere con voi le ultime pagine del libro (tranquille, non c’è un assassino da svelare!)
“Mentre percorro il corridoio per andare a trovarli, rivivo i momenti trascorsi in questo posto come se fosse ieri: le ostetriche con la divisa azzurra, le porte grigie dietro le quali viene continuamente rimesso in scena il grande primo atto della vita da donne di tutti i generi, compresa quella che ha rotto le acque durante la pausa pranzo sulle scale mobili di una stazione delle metropolitana. Luogo di dolore e di gioia, di carne e sangue del proprio sangue, di grida forti e stupite di neonati e di visi sudati di madri felici. Quando sei qui, credi di sapere che cosa conta nella vita ed è vero, non è la petidina, è la sacrosanta verità. Poco tempo dopo, però, devi tornare nel mondo e fingere di aver dimenticato, fingere che ci siano cose migliori da fare. Solo che non ce ne sono. Ogni madre sa cosa ha provato quando il cuore le si è aperto e si è riempito di amore. Tutto il resto è solo rumore di fondo. Rumore di fondo e uomini.”
Beh, io di uomini ne ho due (tre se si conta anche il maritino!): uno di 5 anni e uno di 15 mesi, fortemente desiderati e amati.
Due bambini splendidi,diversi tra di loro per temperamento ed indole
ma, per mia fortuna, entrambi mangiano,dormono, e ragionevolmente, fanno solo piccoli capricci.
Ma se mi fermo a pensare razionalmente cosa significhi essere mamma beh..penso che l’amore materno sia totalmente privo di logica.
Amare qualcuno incondizionatamente, qualunque cosa faccia o sia o diventerà..sembra impossibile.
Ci sono dei giorni in cui sono talmente presa da loro che non riesco neanche a ritagliarmi 5 minuti per me e quelli sono i giorni in cui mi assale la voglia di scappare.
Se si aggiunge poi il fatto che i nostri tesori non sono mai come li abbiamo immaginati quando erano degli esserini indifesi al sicuro dentro di noi, allora è normale provare a volte una sorta di terrore:
Terrore che possano andare male a scuola, che possano frequentare brutte compagnie, che possano trovare la ragazza sbagliata, che se ne vadano via di casa a 18 anni, che a 35 non se ne vogliano ancora andare..
E quando questo terrore mi assale..mi siedo, faccio un bel respiro e penso che è impossibile disegnare il loro futuro.
Bisogna solo dar loro un foglio bianco, un pennarello..e fidarsi del talento che gli hanno trasmesso due persone speciali!
ho sempre desiderato essere madre e ingenuamente sempre pensato che fosse più facile di quel che ogni giorno é. Quando ho avuto il mio primo bimbo, quasi tre anni fa, sono crollata in un abisso lungo più di un mese in cui mi chiedevo costantemente chi me l’avesse fatto fare (e la risposta mi destabilizzava, perchè ero io che l’avevo voluto). Poi le cose sono cambiate, ho imparato soprtattutto a ridimensionare la mia vita e le mie aspettative (sempre altissime) in funzione sua. Operazione non sempre facilissima, come si può immaginare. In certi momenti, soprattutto quando si dorme la notte e si ha il tempo e l’energia sufficienti, accogliere il proprio bimbo per quel che é, é non semplice, ma naturale, quantomeno. Poi ci sono i momenti in cui sei stanca, hai i minuti contati, l’umore é sotto i tacchi e basta un niente per perdere il controllo e fare dell’accettazione quasi un rifiuto.
Mi sta succedendo in questi giorni: rinchiusa a casa con il maltempo, una bimba di 15 giorni nata con un taglio cesareo alquanto debilitante e un bimbo di 3 anni in piena crisi di gelosia. Come fare? come fare soprattutto a gestire la mia emotività nei suoi confronti, a fargli capire che la vita ora é cambiata, ma l’amore no e che qualsiasi cosa succeda, anche l’arrivo di una sorella che piange, mangia e poco altro (povera stella, in realtà é un angelo), non cambia l’amore che proviamo per lui. Come reagire alle sue logicissime crisi di gelosia? come sopportare capricci, urla e musi lunghi? Non lo so, ci provo senza piani, momento per momento, a volte riesce a volte no, mi ripeto che alla fine (quando sarà grande, forse) capirà che l’amore c’é e ci sarà sempre…
Per accogliere un figlio bisogna fare spazio dentro sè, liberare, lasciarsi andare alle porte che inevitabilmente scardinerà, il vento entrerà a volte come una carezza, altre come una tempesta ma molte cose voleranno per aria, bisogna saperlo. Lasciarsi portare, ascoltare e rispettare. Nel mio immaginario probabilmente avevo coltivato, inconsciamente, come tutte le mamme, i miei bambini, mentre lentamente crescevano nella mia pancia ma, una volta nati, la forza del reale ha fatto sparire ogni fantasia. Lui c’era. Lei c’era. Con Rebecca non è stato semplice, con lei per me è stato tutto nuovo e entrambe abbiamo dovuto imparare ad avere tanta pazienza. Lei piangeva e io non sapevo cosa fare, scalava la libreria già quando non sapeva nemmeno camminare e a due anni e mezzo si trasformò in un muro di no e di ostinazione e poi quanta gelosia quando è arrivato il fratellino. Ci ho messo molto tempo per scardinare da me vecchie teorie sui bambini e cosa dovrebbero fare e come dovrebbero essere che ci troviamo incrostate addosso senza nemmeno saperlo e forse sono cresciuta più io di lei! Ho provato un po’ di tutto strada facendo, archiviando quasi ogni metodo o teoria, ho smesso di farle promesse e di metterla in punizione e anche di giudicarla con ” questo non si fa, si fa così”, ora siamo io e lei, ci mettiamo d’accordo e io ho imparato a conquistarmi l’autorevolezza senza darla per scontata o per dovuta perchè “sono la mamma!”…
Ho imparato a fare cose con lei, a giocare, perchè avevo dimenticato come si fa ed è bellissimo. So che ci saranno ancora momenti di crisi ma ora riesco ad esserci davvero per lei e a sentire davvero che lei c’è…