Sette consigli per coltivare l’autostima di tuo figlio

L’autostima dei nostri figli è un bene prezioso. Una piantina delicata che va protetta, e innaffiata ogni giorno. Ha bisogno di tempo per crescere, e di molta pazienza per provare, cadere, sbagliare e poi rialzarsi un po’ più forti. Un volta qualche anno fa ho detto una cosa molto saggia ad una amica. Lei mi fece notare che il Vikingo, che allora aveva 2 anni e mezzo, aveva le scarpe invertite. Io le ho risposto sorridendo che la prima volta che un bambino riesce a fare una cosa da solo non si deve assolutamente correggere, per non minare la sua autostima, e l’ho lasciato andare in giro per la città con la destra al posto della sinistra e viceversa. Ma basta veramente avere piccoli accorgimenti come questo per crescere l’autostima dei proprio figli? Ecco quindi che ho deciso di condividere con voi alcuni punti che ho imparato in tante letture confrontate con la vita di tutti i giorni e che continuo a ripetere a me stessa nella speranza di riuscire ad aiutare i miei figli a crescere sicuri di sé. Naturalmente sarò felicissima se aggiungete nei commenti i vostri consigli.

Le buone abitudini è bene prenderle fin dall’inizio.

Sin dal primo giorno di vita è importante sintonizzarsi sui bisogni del bambino. Quando piange perché lo fa. Ha fame? Sonno? Sete? Ha il pannlino sporco? Ha bisogno di coccole? Interpretando al meglio i suoi bisogni e rispondendo più o meno prontamente per soddisfarli si comunica al bambino un senso di sicurezza, perché si sente amato. E visto che non si ama qualcuno che non vale la pena di amare, cresce automaticamente la sua autostima. E’ il processo naturale alla base delle teorie di attaccamento: creare una base sicura in cui il bambino si sente a suo agio, e da cui decide di partire nelle sue esplorazioni.

Attenzione alle critiche

. Un bambino tende a comportarsi in base alle etichette che gli vengono assegnate. Se direte a vostra figlia che non è veloce a correre, lei inizierà a crederci e smetterà di provarci. Se dite a vostro figlio che è imbranato, lui finirà per comportarsi da tale. Puntando alle cose che sa fare bene invece otterrete l’effetto opposto. Lodando vostra figlia perché è brava ad arrampicarsi sugli alberi le farà acquistare sicurezza in se stessa e magari riuscirà meglio anche in altre attività fisiche, inclusa la corsa. Se vedete che vostro figlio non eccelle in una attività, puntate ad una attività in cui riesce bene. Una volta acquisita un po’ di sicurezza sarà più semplice ritornare a provare quella in cui riusciva peggio e i risultati saranno certamente migliori.

Scegliere gli amici.

I compagni di gioco sono importanti per la determinazione dell’autostima. Se gli incontri di gioco vedono sempre il predominare di un bambino su un altro allora è meglio fare un taglio e puntare su altri bambini. Anche un dueenne che viene continuamente sovrastato da un coetaneo più deciso può vedere vacillare la sua autostima. Se il bambino è più grande è ancora più importante, visto che l’influenza delle amicizie diventa via via più fondamentale nella formazione del carattere di una persona. Questo è molto più semplice quando i bambini sono piccoli, e diventa chiaramente più complicato con l’età. Si può però cercare di invitare a casa più spesso bambini che vediamo avere un’influenza positiva sull’autostima di nostro figlio, ed evitare fin quanto possibile, quelli che agiscono in modo negativo.

Usare verbi invece di aggettivi.

Non giudicare l’operato di tuo figlio, fagli vedere invece che stai seguendo con attenzione quello che fa, ma senza necessariamente esprimere un giudizio di merito. “Stai giocando con le costruzioni! Hai costruito una macchina. Hai fatto anche i finestrini!” E’ importare lasciare spazio al bambino per parlarti di quello che sta facendo “si, ho deciso di usare solo le costruzioni nere per i finestrini, così di distinguono dal resto” Il fatto che tu stia descrivendo cosa sta facendo lo fa sentire osservato, e amato, e in più lo autorizza ad aggiungere spiegazioni e a stabile un rapporto con te. Questo gli darà confidenza nel fatto che tu sei interessato a quello che fa, molto più di un “bella questa macchina che hai costruito!” Ciò non toglie che se la macchina è bella si può anche dirlo, ma magari non come prima scelta.

Ascoltare con il corpo, non solo con le orecchie.

Io confesso che ogni volta che mio figlio inizia a spiegarmi i dettagli delle armi e dei diversi livelli di bravura dei Ninja-go rischio di addormentarmi. La tentazione è forte di supplicarlo di smettere per carità, o di tirare fuori il mio telefono di nascosto dalla tasca per fingere di controllare delle email di lavoro. Quando lo faccio mi rendo subito conto che ho perso un’occasione importante. Lui smette di raccontarmi dei suoi ninja, tra il deluso e il rassegnato. Quando invece mi faccio forza, e oltre ad annuire ritimicamente ad ogni sua ripresa di fiato, mi dico che questa è una cosa importante per lui, e devo assolutamente cercare di prestare attenzione con tutta me stessa, gli si illuminano gli occhi. L’ideale sarebbe se io imparassi qualche cosa per condividere con lui questa conoscenza, ma per questo secolo dovrà accontentarsi del fatto che io riesca ad ascoltarlo per intere mezzore e a porgli qualche domanda circostanziata.

Il bambino è responsabile.

Il bambino ama essere responsabilizzato. Provate ad assegnategli dei compiti commisurati alla sua età: ad un anno può passarvi le mollette della biancheria, a 2 anni può spolverare con un panno umido i ripiani bassi di una libreria, a 3 anni riesce a dividere la biancheria bianca da quella colorata. Un bambino di 4 anni può apparecchiare e sparecchiare la tavola, uno di 5 anni può pelare una carota, a 6 anni può preparare un panino da solo per la merenda. Un bambino di 7 anni può cucinare qualche piatto semplice da solo dopo averglielo insegnato. E così via. Quando ad un bambino viene affidato un compito si sente normalmente orgoglioso di questa cosa, soprattutto se si fa un po’ di scena dicendo che è un compito speciale giusto per lui.

Cercare di avere aspettative ragionevoli.

E’ difficile evitare confronti con altri bambini, ma se si riesce a concentrarsi su chi è l’individuo che si ha davanti si riescono a fare miracoli. Accetta la sua persona, le sue debolezze e sottolinea i suoi punti di forza. Non avrà necessariamente voglia di seguire i tuoi passi, e la cosa più importante è di non avere nessuna delusione per questo motivo. Se tu hai iniziato a camminare a 10 mesi non è detto che tuo figlio farà lo stesso. E se tu hai iniziato a leggere da solo a 3 anni lui potrebbe farlo 3 anni più tardi. Se sei un campione di tennis, può anche accadere che lui odierà il tennis, anzi magari odierà qualsiasi sport. Fattene una ragione e concentrati su cosa vuole fare lui. Assicurati di fargli sentire che qualsiasi cosa lui sceglierà di fare tu sarai sempre al suo fianco. Ad un certo punto ho notato che il padre dei miei figli con la voglia di incoraggiare i bambini a spingersi oltre i propri limiti, gli mostrava per primo le cose. Ad esempio arrampicandosi sugli alberi per primo per fargli vedere che si poteva arrivare in alto. L’effetto che stava ottenendo era esattamente l’opposto. Più il padre spingeva i limiti, più il figlio si sentiva insicuro si riuscire un giorno ad essere bravo come lui. Dopo averci ragionato su, e cambiato atteggiamento, la situazione è migliorata all’istante. Ora il figlio è diventato bravissimo ad arrampicarsi e le parole di incoraggiamento del padre, che lo osserva dal basso, lo aiutano a spingersi sempre più in alto.

La cosa più importante di tutte però credo sia che l’effetto sull’autostima dei nostri figli è dato dalla somma di tutti i nostri comportamenti (e non solo i nostri). Quindi non sono le singole azioni che facciamo ad essere importanti, ma la spinta generale. Cerchiamo quindi di perdonarci sempre i nostri errori, e di ricordarci che sbagliare è parte della vita del genitore. Anzi per darci una mano a vicenda, se ne avete voglia, condividete nei commenti un errore che vi siete accorti di fare, e che stava minando l’autostima di vostro figlio, e magari se lo avete cambiato con successo raccontaci in che modo lo avete cambiato.

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L’insegnamento della matematica nella scuola secondaria superiore

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64 thoughts on “Sette consigli per coltivare l’autostima di tuo figlio”

  1. grazie per qs articolo devo ASSOLUTAMENTE ficcarmelo bene in mente perche’ proprio con mio figlio sono terribile riguardo a creargli autostima.

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  2. Quello dell’autostima per me è un tema molto importante. Credo che nel complesso i miei genitori abbiano fatto un buon lavoro da loro fortunatamente ho molta ispirazione per cercare di far crescere i nostri figli come persone equilibrate.
    Sul tema dell’umiltà, a scuola avevo buoni voti, ma loro mi hanno sempre detto che proprio perché riuscivo bene non mi dovevo vantare ma fissare degli obiettivi più ambiziosi e aiutare chi aveva più difficoltà.
    Con mia figlia cerco di controllare l’istinto che avrei di aiutarla troppo, le dico “prova da sola, se serve sono qui”.
    Ammetto che spesso le dico brava facilmente, poi però cerco di concentrarmi davvero su quello che fa. Devo dire però che spesso il brava mi esce spontaneo, perché le riecono bene cose in cui io sono negata, come il disegno o le costruzioni dove ha molta fantasia.
    Ecco, il mio obiettivo sarebbe riuscire a spronarla a fare anche cose diverse da quelle che facciamo noi. Se da un lato mi piacerebbe che anche lei trovasse interessanti le cose che piacciono a me, vorrei cercare di farle amare lo sport e di sviluppare il suo lato creativo (aspetti che nella mia realtà personale non sono fondamentali).
    Se riuscissi a limitare i condizionamenti e a lasciarla scegliere mi sentirei di aver fatto un buon lavoro (la matematica e l’inglese però non si scartano eh! :-)).
    Poi se da grande sarà una persona serena e non dovrò pagarle un ciclo completo di psicoterapia, vorrà dire che non avremo fatto poi un bruttissimo lavoro…

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  3. Credo che mi appenderò questo vademecum sull’anta dell’armadietto del bagno in modo da ripassarlo ogni mattina sia per mia figlia ma anche per me stessa: quante volte ci diciamo da soli allo specchio “Sono così stupido!”? E’ un gesto talmente abituale che non ci rendiamo conto di quanto ci facciamo male da soli, e non è possibile non farlo con i nostri figli finché lo facciamo su noi stessi.

    Le etichette: sono molto d’accordo specialmente sulle etichette da non dare, anche io ho avuto il mio paio dai genitori che mi stanno condizionando anche oggi. Il più difficile è non dirle “Che dispettosa” quando fa i dispetti, concentrarmi e dirle “Questo è un dispetto, non mi piace”. In realtà vedo che ha un temperamento molto intraprendente e credo che questa sia una fase delicata in cui è facilissimo per lei incasellarsi nella “bambina cattiva”, da cui poi non uscirebbe tanto facilmente.

    Sulle aspettative, l’esempio in negativo l’ho avuto lampante da una classica mamma del parco che ha apostrofato il figlio di 7 anni “Che polenta!” perché non riusciva a percorrere una scala orizzontale. Lui giustamente le ha risposto di provare lei, lei ci ha provato è caduta giù subito e ha avuto la faccia tosta di replicare “Ma io sono una donna!”. Dato che vige la regola di non fare commenti fra mamme al parco mi sono trattenuta ma avrei avuto una gran voglia di farle lo sgambetto. Pertanto quando mia figlia vive la frustrazione di non riuscire a fare qualcosa subito ho adottato come risposta standard “UN PO’ PER VOLTA”. Vedo che queste quattro parole la risollevano immediatamente e ci riprova, le consiglio a tutti.

    Sugli amici: l’ho fatto anche io, ho abbandonato una possibilità di amicizia con una mamma del parco perché ogni volta che sua figlia incontrava la sua, molto prepotente ed escludente, finivamo sempre per andarcene con la Stellina paonazza che singhiozzava. Avrei dovuto mettermi a parlare con la mamma ma dato che questa bimba era davvero troppo piccola per insegnarle nulla sarebbe stata una frustrazione per tutti… e dato che generalmente con gli altri bambini è un sano saliscendi fisiologico di scazzi e abbracci, ho effettivamente pensato che questa bambina fosse un pericolo reale per l’autostima di mia figlia e ho preferito tagliare.

    Sono molto perplessa però sulla tematica in generale della scelta degli amici da parte del genitore, perché mi coinvolge tanto personalmente che faccio fatica a parlarne. Magari potrebbe fare l’oggetto di un tema del mese: “Le cattive compagnie. O presunte tali”.

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  4. Anche io scricchiolo un po’ all’idea di scegliergli gli amici. Cioè, capisco cosa intendi e posso accettare di immaginare di pensare a un provvedimento in caso di vistosissime difficoltà. Ma l’idea di pilotare scientificamente la sua socializzazione mi mette a disagio. Nel resto la maggior parte della socializzazione mia figlia la fa a scuola e al parco davanti scuola. Inviti e frequentazioni specifiche, più dettate da affinità mie che sue, sono comunque residuali. Comunque immagino che tu ti riferissi a bambini piuttosto piccoli e oso sperare che ora che si va alla scuola “vera” la strategia militare che accompagna la prima parte della vita dei nostri figli vada allentandosi ulteriormente.

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  5. @Simone
    Scusa Simone, ma il il primo suggerimento lo leggo al contrario di come lo leggi tu. “Scattare per soddisfare ogni suo bisogno”, come dici, non è viziare: viziare, per come lo vedo io, è “soddisfare ogni suo desiderio”, e c’è una bella differenza. Serena dice di “sintonizzarsi sui bisogni del bambino”, cioè capire cosa realmente gli serve (bisogno) e non cosa gli passa per la mente di volere in quel momento (desiderio).
    No?

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  6. E meno male che erano sette consigli e non sette comandamenti:-)

    Meno male che a forza di leggere GC abbiamo almeno capito che no, tutti i bambini non sono uguali e scattano a comando, e si, comunque anche nell’ infinita varietà individuale delle fase sono riconoscibilissime e si, i figli vanno responsabilizzati, e no, non a catafascio ma secondo l’ età e l’ individualità.

    Meno male che devo andare a riportare a casa l’ amichetta di figlio 1 in visita e non ho tempo di continuare e manco fare citazioni, sennò sai che pippone ne uscirebbe?

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  7. DOMANDONA…
    Percaso “IL SONNO DEI BAMBINI” è disponibile anche in altro formato? Non ho l’E-book e non lo voglio comprare per questo… 🙂
    Grazie!
    Anche pagandolo!!!
    Se ci fosse il libro sarebbe fantastico!!!
    Chiara

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  8. Ciascuno di questi punti meriterebbe un profondo dibattito. Inanzitutto non è detto che siano sette. Dipende dal bambino/a ed ogni consiglio/soluzione, rischia di non essere affatto appropriato per il carattere di un altro individuo.
    Sono per esempio assolutamente daccordo con il responsabilizzare il prima possibile il bimbo, e dargli autostima, usare verbi invece di aggettivi, avere il coraggio di tagliare amicizie deleterie, cercare di avere aspettative ragionevoli; ma anche qui, cosa distingue la spinta verso l’autostima fatta dal padre dei tuoi figli ed espressa nel primo punto, rispetto alla supposta creazione di aspettative che li intimoriscono? per esempio se mia figlia mi vedesse arrampicare su un albero, mi direbbe subito: “Anch’io! Anch’io!!”. Mentre mio figlio maggiore non si smuoverebbe nemmeno se vedesse sua sorella saltare giù con una capriola. Il padre ha comunque fatto bene a dare l’esempio e l’incoraggiamento.
    Bisognerebbe anche ascoltare i propri figli non solo annuendo, e facendogli domande superficiali mentre raccontano dei propri giochi, ma capire perchè ha eseguito quel gioco in un certo modo, piuttosto che in un altro, partecipando realmente al suo gioco, dove magari hai l’occasione di notare caratteristiche di tuo figlio che in altre occasioni non le noti nemmeno. Tanto, il bambino lo capisce quando annuiamo solamente per accontentarlo, e allo stesso tempo abbiamo timore di minargli la sua autostima…
    Sono invece in totale disaccordo sul primo punto: scattare per soddisfare ogni suo bisogno, più che creare autostima, si crea un bimbo viziato, incapace di affrontare la vita lì fuori; e se un giorno dovesse mancare tale subitaneo bisogno, allora sì che cadrebbe nello sconforto esistenziale. Può andare bene nelle primissime fasi di vita (panna, cacca, nanna), ma è un altro discorso.
    Chiudo facendo riferimento all’ultimo capitolo del libro “Le piccole virtù” di Natalia Ginzburg: dobbiamo essere vicini a nostro figlio, ma non troppo; dobbiamo lasciargli affrontare da soli le difficoltà, fin dai primi giorni di scuola, mettendoci in disparte e lasciargli lo spazio per crescere e diventare autonomi.

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    • @Simone intanto benvenuto sul sito. Ti ringrazio per il tuo commento e le tue osservazioni. Voglio precisare però che del fatto che i bambini sono tutti diversi abbiamo fatto un po’ la filosofia di questo sito, quindi vorrei tranquillizzarti su questo aspetto. L’esempio specifico di spinta eccessiva che ha ottenuto il risultato di intimorire invece di ispirare è proprio un esempio di questo adattamento. Si prova, si cerca di capire come va e si aggiusta il tiro di conseguenza. Lo spirito di quel punto infatti era proprio quello si avere aspettative ragionevoli, dove il ragionevoli dipende dal bambino che si ha davanti. Per quanto riguarda il primo punto invece, non capisco perché sei in totale disaccordo. A parte il fatto che stavo parlando proprio di neonati e quindi di bisogni primari, non ho mai detto di dover scattare per soddisfare ogni suo bisogno. Ho detto esplicitamente che è importante rispondere più o meno prontamente ai suoi bisogni, che è leggermente diverso. In ogni caso sono d’accordo con te sull’importanza di lasciare spazi per crescere e diventare autonomi e a questo proposito ti consiglio di leggere anche questo post: https://genitoricrescono.com/di-accettazione-e-limiti/
      A presto!

      @Chiara il nostro e-book è disponibile in formato pdf che puoi leggere tranquillamente sul tuo computer senza bisogno di acquistare un e-book reader. Se hai ancora domande scrivimi tranquillamente a serena@genitoricrescono.com

      @Mammamsterdam 🙂

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  9. Nonostante quel “cerchiamo di perdonarci sempre i nostri errori” finale, risulta difficile non sentirsi di aver mancato in momenti importanti, di fronte a questi sette punti pro autostima così convincenti (sei, per quanto mi riguarda)…
    Quando Puzzola era piccola, per esempio, non mi sono data – e non le ho dato – mai il tempo di capire per cosa piangesse: tetta in bocca e via! So già da tempo che è stato un errore, anche se non so ancora se e come le abbia procurato problemi e, eventualmente, quali.
    Per fortuna ho anche imbroccato qualcosa! Altrimenti probabilmente non starei qui a scrivere, ma di là a piangere! ^_^
    “Usare verbi invece di aggettivi” è molto interessante. Sarà tardi per cominciare a 10 anni e mezzo? Chissà…
    Invece non sono d’accordo con “Ascoltare con il corpo…”: mi RIFIUTO di impormi ascoltarla quando proprio non mi va o mi racconta cose che non posso capire (POCKEMON, e simili)! gli amichetti servono per questo: per condividere cose che non puoi condividere con i genitori… E, oltretutto, sono una fan della sincerità-oculata. Non mi sembra proprio possibile che “fingere” una qualsivoglia cosa possa accrescere l’autostima dei nostri figli. Altro è trovare le energie da dedicare loro quando ne hanno bisogno e magari ne abbiamo un cincinin. Ma fingere: NO. Passo!

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  10. tutto molto vero. ho un unico dubbio a proposito della scelta degli amici. se altri genitori avessero applicato questo criterio con mio figlio, probabilmente lui si sarebbe trovato escluso da molti contatti di amicizia per lui importanti. capisco che questa valutazione ci possa stare anche in relazione all’età e se si tratta di un bambino che sistematicamente viene prevaricato, ma non è meno difficile gestire la situazione nel caso sia tuo figlio l’elemento “disturbante”. comunque nel suo percorso – in via di miglioramento devo dire-, gli è servito ad un certo punto capire anche che si stava giocando delle amicizie a cui lui teneva molto perchè non era in grado di modularsi in modo positivo con gli altri. è stata per lui una sconfitta e una sofferenza, ma anche una motivazione a migliorare, come lo è in una certa misura “subìre” dei comportamenti inadeguati da parte di altri bambini e capire come ci si possa sentire dall’altra parte. il nostro errore è stato spesso sottolineare questi suoi comportamenti, censurandoli e basta. il risultato era naturalmente che lui si sentiva ancora più arrabbiato e inadeguato. nel momento in cui invece questi comportamenti sono sì stati arginati ma contemporaneamente si è anche cercato di dare un nome al motivo di certi atteggiamenti e di aiutarlo a trovare dei comportamenti alternativi, le cose sono gradualmente migliorate:) molto, molto faticoso…

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  11. La mia persona ola è per il punto 2 “attenzione alle critiche”; mi hanno appiccicato addosso tante di quelle etichette i miei genitori quando ero piccola che ancora oggi ho sulla pelle fastidiosi residui di colla.
    Meraviglioso, lo condivido in religioso silenzio. Io, sì, hai letto bene. Quale plusvale potrei aggiungere a questo post, Serena?

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  12. Anche io vado avanti a passetti, avanti e indietro. Che ti impegni ti impegni, poi scatta il giorno no, la lagna continua, le ore dietro a un compito, e parti a ruota con tutte le critiche che ti vengono compreso “cisonobambinichepagherebberoperandareascuola!” e mentre lo dici sbatteresti la testa al muro ma la lingua va per conto suo. Però qualcosa funziona.

    Anche se… Ma la via di mezzo, ha la spia?

    Vivo con una settenne che è bianco o nero, non un grigio nemmeno a pagare. E così anche sull’autostima. Si vanta, si vanta, si vanta, e insieme so che si porta addosso un’ansia da prestazione e perfezione che nemmeno dovrebbe sapere cos’è. E così un momento la aiuti a volersi più bene, un altro a fare più caso agli altri.

    Un esempio sciocco? ieri, esce da scuola, c’è una sua amica con la mamma, ecco, quella mamma chiede alla figlia com’è andata, e la mia subito a voce alta per farsi sentire “ho preso 10 di racconto!”. L’avrà detto 5 o 6 volte, e l’amica sua non è riuscita ad aprire bocca. Ora, amore mio, io sono contenta che hai preso 10, sono felicissima che tu sia così orgogliosa, ma è giusto? Non il 10, ovvio, il fatto che cerchi di parlare sopra agli altri, che anche se ti dico in quel momento “sai, magari i tuoi compagni hanno preso meno, e a te non farebbe piacere che qualcuno si vantasse con la tua mamma di un voto più bello del tuo” all’amica dopo si ripete la stessa storia.

    Cioé, l’umiltà è ancora un valore o è un mito che contrasta con l’autostima? Me lo chiedo sinceramente. Perché da una parte vorrei che fosse in grado anche di pensare ai sentimenti degli altri, dall’altra penso che forse a 7 anni è sano il suo orgoglio un po’ egoista. O forse non egoista.

    insomma, sono cresciuta a suon di luoghi comuni (stai attenta a cosa pensa la gente, guarda che poi ti trovi tante porte chiuse, non devi disturbare i grandi, tanto per dire, mia madre a 16 anni mi ha detto “non farlo prima del matrimonio, è l’unica cosa che gli uomini vogliono davvero, io tuo padre l’ho sposato perché senza matrimonio non l’avrei fatto”. Grazie tante, e poi mi butto via?), e a volte non riesco proprio a stabilire da sola cosa ha un senso, cosa non ne ha più.

    E poi penso che mi faccio un mucchio di paranoie e che forse dovrei lasciar stare 😀

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  13. Ognuno dei punti elencati me lo sono ripetuto mille volte, eppure ho mancato praticamente in ognuno di essi. Sull’ultimo però sto recuperando parecchio, le aspettative ragionevoli sono così difficili da comprendere e contenere. Ho accettato di ridefinire le mie aspettative sulla base di ciò che mio figlio può effettivamente fare, spingendolo di tanto in tanto per allargare il suo cerchio vitale.
    Molto meno bene siamo messi sul fronte etichette. Mi fa star male capire quanto mio figlio si analizzi in profondità, quanto si confronti silenziosamente ogni giorno con gli altri. Le sue peculiarità lo hanno spesso reso “fosforescente”, in evidenza, cioè esattamente il contrario di quello che lui vorrebbe. Per questo tende a fare l’opposto fuori casa, vorrebbe stare sempre nascosto. La nostra sfida ora è fargli vedere che la sua è una normalità come mille altre, che le voci di fondo le deve ascoltare solo fino ad un certo punto. Spero davvero di farcela, intanto continuo con il vostro mini-corso per non zoppicare io per prima.

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    • @Marzia la ridefinizione delle aspettative è il nostro punto debole, che però stiamo facendo diventare anche il nostro punto di forza. Vedrai che ci riusciremo! Ti abbraccio.

      @Daniela direi che con l’autostima siete a posto. Forse dovete lavorare di più sull’empatia 😉

      @lastaccata in religioso silenzio è un’occasione da non perdere. Approfitto 🙂

      @Mammame eppure sono certa che la scelta degli amici l’hai fatta anche tu con tuo figlio. Ci sono sicuramente bambini più sicuri di se che riescono a tenergli testa meglio, o sbaglio? L’importante è trovarsi tra temperamenti più o meno compatibili, ed evitare che ci si ritrovi sempre con un dominatore e un dominato.

      @Alessandra ma certo che non sto parlando di fingere un interesse per una cosa che non c’è. Ma a volte si deve abbozzare se lui quella cosa ha proprio bisogno di raccontarcela. Poi ci saranno cose che ascolto con più piacere di altre, e lì recupero un po’ di punti in più. Evidentemente la sua autostima dipenderà dalla media tra le volte in cui ascolto per reale interesse e quelle che tento di ascoltare ma vorrei fuggire, e quindi ci riesco a metà. E direi per fortuna che non è tutto bianco o nero ovviamente.

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  14. Prima di applicare ogni singolo punto, di grandissimo valore e utilità, vado a fare il corso di auto-stima, visto che se non siamo noi genitori i primi ad auto-stimarci qualsiasi consiglio risulterebbe vano. Detto questo, che dico a me stessa, credo, anche rischiando l’impopolarità, che una buona palestra sia anche l’abitudine a un po’ di sana frustrazione. Questo non si traduce in forme di sadismo o in mancata concessione di forme di incoraggiamento e amore ma semplicemente in non cadere nell’errore di iperprotezionismo: lasciarli sbagliare e quindi insegnare loro a sentire il sentimento della frustrazione, a saperlo gestirlo, a superarlo. Non c’è peggiore errore, secondo me, che quello di proteggere eccessivamente i nostri figli dagli insuccessi.

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  15. Credo che su ogni punto si potrebbe scivere un libro… mi ritrovo nel bene e nel male… nel senso che su alcuni aspetti scorgo le difficoltà e gli errori che ho compiuto e che compio. Ma buttarsi in un tema come questo fino in fondo significa non tanto misurare il proprio grado di bravura, ma i passi da compiere per ricentrare un percorso.
    Sul tema della scelta degli amici in questo momento con Beatrice è un vero problema. La mia ha 5 anni e due amiche da asilo con le quali ha un legame fortissimo. Nel terzetto la mia è quella che “subisce”, nel senso che la personalità delle altre due è molto forte e soverchiante. Il problema è già affrontato anche con la maestra, ma è davvero difficile staccare Bea da loro… tanto che se al parco sta giocando con un’altra bambina e arriva una delle due, lei molla tutto e va da lei. Un casino… Ma è in atto un percorso e con Bea lo si segue perchè dentro il trio le acquisisca sicurezza senza il trauma della separazione, in questo momento comunque non possibile.Al di là dell’episodio scegliere gli amici credo sia molto faticoso… e per certi versi anche problematico. Non è possibile aiutare a far accrescere l’autostima anche dentro situazioni più complicate? Non sempre i nostri figli potranno scegliersi i compagni di viaggio: le situazioni non è meglio affrontarle? Non è meglio leccarsi qualche ferita ora, che magari si rimargina in fretta piuttosto che vederli da grandi in perenne difficoltà con personalità più forti?

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    • @ilmiosuperpapà lo sai che in effetti avevo pensato di farne 7 post differenti? E invece alla fine ho contratto tutto qui, tipo prontuario. Buono anche per me stessa per ricordarmi quelle che sono le regole in cui credo 😉
      Sollevi un punto interessante, ossia se è possibile crescere l’autostima attraverso situazioni complicate. In effetti è proprio così che avviene. Io credo che l’autostima venga rinforzata dalle situazioni difficili in cui usciamo vincitori, però ci serve una base solida su cui fondarci, e i “fallimenti” devono essere commisurati alle nostre forze. Da questo punto di vista bisogna capire se si sta parlando di bambini piccolissimi o un po’ grandi. In particolare sui compagni di gioco ovviamente non è possibile proteggere sempre i nostri figli dalle cattive compagnie, ma aiutarli a trovare anche compagnie buone credo sia un po’ nostra responsabilità almeno finché sono piccoli. Una cosa è affrontare le cose difficili quando si è armati di una buona autostima, un’altra è farlo quando ci si sta ancora chiedendo se si è forti abbastanza. Mi spiego?
      @Mamma Cattiva sono assolutamente d’accordo con te (vedi anche la mia risposta qui sopra), sia sul non dover proteggere troppo i nostri figli, sia sul fatto di risolvere i nostri problemi di autostima di passare a loro 😉

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