Il ruolo dei genitori negli stereotipi di genere

– Scusa Vikingo ma mi spieghi perchè all’asilo non giochi con I. Mi sembra una bambina simpatica e dinamica, perché giochi sempre con A.?
– Non lo so perché
– Ma a cosa gioca I. normalmente?
– Lei gioca sempre a, come si chiama? “mamma-pappa-barn”!
– Gioca a mamma, papà e bambini?
– Si, e a me non piace. Voglio giocare con A. ad Harry Pottar!
– Ma come non ti piace Vikingo? Eppure a volte chiedi di giocare proprio a questo anche a casa, quando vuoi fare il bimbo piccolo e vuoi che papà ti prende in braccio, oppure quando vuoi fare il papà e il tuo pinguino è il figlio.
– Ah, si è vero! Però non voglio giocare a mamma-pappa-barn con I.

Ok, pace, si vede che I. non gli sta simpatica per qualche oscuro motivo. Però dico, l’avete notato anche voi? Io all’inizio non ci ho fatto molto caso, ma poi, bang, mi ha colpito come un caffé amaro a colazione: i bambini svedesi non giocano a “mamma e figlia”, giocano a “mamma, papà e bambini”. Notevole eh? A pensarci bene, perché no. Alla fine visto che anche il papà svedese mediamente si prende cura dei figli quasi quanto la mamma (che alla parità non ci sono arrivati nemmeno loro), mi sembra anche giusto che il gioco dell’accudimento includa anche i papà.
Anche perché una cosa dobbiamo mettercela in testa: i bimbi ascoltano quello che diciamo, ma fanno quello che facciamo. E allora è inutile dirgli che maschio o femmina possono fare le stesse cose se solo volessero, esclusi ovviamente gli impedimenti fisiologici quali rimanere incinta, allattare al seno e fare pipì in piedi senza bagnarsi i pantaloni (uhm, su quest’ultimo ho anche dei dubbi a dire il vero). Insomma, se a casa è sempre la mamma che cucina, lava e stira e sempre il papà che usa il trapano, pianta chiodi e guida la macchina c’è ben poco da dire. E ajvoglia a raccontare storie di bambine coraggiose, e vai con le favole di maschietti sensibili, e dagli contro la divisione rosa e blu per i vestiti. Per quanto possiamo impegnarci, il messaggio più forte resta quello del nostro esempio.

Qualche tempo fa quando sopraffatta dalla stanchezza mi sono rifiutata di arrampicarmi sull’albero con il Vikingo sono stata redarguita dal marito con una di quelle frasi che mi ha fatto andare su tutte le furie: “forza dai datti una mossa. Ti devi mettere in testa che hai due figli maschi!” Credo di averlo fulminato con lo sguardo, e lui ha immediatamente chiesto scusa e fatto il mea culpa.
Poi però ho fatto un po’ di autoanalisi.
Perché è vero che io con l’età sono diventata un tipo un po’ più posato. La bambina che si arrampicava, correva, e non si tirava indietro se c’era da menare le mani con i maschi, si è trasformata in una mamma che se ne sta volentieri sulla panchina a leggere un libro lasciando al padre il compito di seguire il Vikingo nelle sue manifestazioni atletiche. Saranno gli acciacchi dell’età, la mollezza delle membra dopo un paio di gravidanze, o semplicemente sono stata colpita da una profonda pigrizia o eterna stanchezza. Ma a me di correre e arrampicarmi non mi va proprio, e visto che il padre invece non vede l’ora, allora mi godo la mia staticità con buona coscienza, e non ci penso più.

Eppure quando GG mi ha lanciato quella frase li sono stata colta da un dubbio. Ma non è che i miei figli invece si fanno incantare da questa divisione di ruolo e arrivano a pensare mamma statica – papà dinamico, quindi donna statica – uomo dinamico?
Stesso discorso è capitato in un altro ambito in cui la pigrizia ha preso il sopravvento. Quello della guida. Io infatti odio guidare. Sto tanto bene sul sedile del passeggero a fare le mie chiacciere e i miei giochini con i figli, e non ho nessunissima voglia di mettermi al volante. Fortunatamente a Stoccolma non abbiamo la macchina, ma ogni viaggio in Italia delego volentieri la guida a GG. Finché un giorno, quando non so più per quale motivo mi sono messa al volante io, il Vikingo si è messo a ridere: “Ah ah ah! Ma tu mamma no poi guidare! Solo papà pò guidare!”
E allora permettetemi di mettere le cose in chiaro con mio figlio.
No, caro Vikingo, io so guidare. Io so anche usare il trapano, so cosa è un carburatore, so attaccare quadri ai muri, so maneggiare una sega, costruire solidissime capanne di legno, e sono perfettamente in grado di arrampicarmi sugli alberi. E’ solo che sono colta da pigrizia estremis, una malattia che colpisce le mamme stanche, ed è per questo che mi metto più volentieri a fare un puzzle con te, o a disegnare. Ti dico la verità che non ho nemmeno troppa voglia di cucinare, lavare e stirare, e infatti come avrai notato a casa nostra si cucina a turno e si lava a turno, e non stira nessuno. Però caro Vikingo, per essere certa di non confonderti, ti prometto che da oggi mi impegnerò, magari non tutti i giorni, ma ogni tanto a mettermi io al volante, per farti vedere che è una cosa che mamma se vuole può fare tanto quanto papà. Che la divisione dei compiti in base alla proprie preferenze è una cosa, ma non è un problema di poter o non poter fare. Non è un problema di uomini o donne. Perché usare un trapano è una cosa talmente semplice che sono capaci proprio tutti.

PS. La mia collega al lavoro V., che ha due figli con un’altra donna, mi comunica che i suoi invece giocano a “mamma-mamma-barn”! 😉

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67 thoughts on “Il ruolo dei genitori negli stereotipi di genere”

  1. Mario, mi sembra la conferma di quello che abbiamo detto e ripetuto qui e negli altri post: libertà di compiere le scelte più adatte ad ognuno, che può anche voler dire avere diversi bisogni e desideri nelle diverse fasi della vita.

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  2. Ecco… liberiamoci… come dice Serena.

    Faccio un esempio pratico anche se non a tutti piacicono.

    Mia moglie dopo 15 anni di sudata, brillante e felice carriera (dirigente in una multinazionale di successo) ha scelto, insieme a me e dopo non poche perplessità e consapevolezza di sacrifici economici futuri, di cambiare vita dedicandosi alla famiglia.

    Non vi dico i commenti di amici, colleghi, parenti.

    Mia moglie ora è casalinga abbiamo appena avuto il terzo figlio e siamo una famiglia felice.

    Io ritengo mia moglie una donna “veramente” emancipata.

    Ciao,
    M

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  3. In Italia esiste, a mio parere, un potente freno al cambiamento ovvero un solido sostenitore dei tradizionali ruoli di genere: la chiesa cattolica. Sbaglierò, ma molte delle argomentazioni alla “è così e basta” espresse dall’avvocato Fiorin mi ricordano proprio le tesi ecclesiastiche sulle differenze tra uomo e donna e su quale sia il posto più appropriato per entrambi, in società ed in famiglia.
    Lo dico non per svalorizzarle, ma per inserirle in un contesto.

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  4. Anche se pare che abbiamo perso il nostro interlocutore più interessante (lo dico assolutamente senza sarcasmo, da sempre penso che sia molto più interessante confrontarmi con chi la pensa diversamente da me), vorrei riflettere su un punto, e forse tornare a bomba sul tema del mese e cioè le differenziazioni di genere in età infantile.
    Anche se non sono d’accordo (nel senso che sono certa che i controesempi siano a migliaia) con il fatto che in genere le femmine siano più portate al dialogo e all’empatia e i maschi più allo spirito “di branco” e alla praticità, mi chiedo se una eventuale effettiva tendenza in questo senso non sia in parte dovuta anch’essa all’educazione che riceviamo in tenera età. Mi spiego meglio: giocare con un bambolotto permette al bambino (inteso in senso neutro, ovviamente) di immedesimarsi con l’adulto, di simboleggiare la cura e ripetere a livello di gioco (e quindi di allenamento) le azioni che vede fare all’adulto. Quali azioni i nostri figli ci vedono fare? Principalmente quelle di cura verso di loro: cullare, coccolare, nutrire, vestire, lavare. Se alle bambine viene permesso, o meglio se sono incoraggiate, a svolgere queste attività, matureranno con facilità la percezione che queste cose fanno parte della loro vita, che sono cose importanti e che sia un bene farle. Se ai maschi viene negata questa attività, matureranno la percezione che siano cose che non li riguardano e che siano inutili. Giocare con le macchinine o con gli attrezzi svilupperà la loro manualità, il loro spirito di osservazione pratico e li rivolgerà verso l’importanza di risoluzione di un problema pratico.
    Io sono convinta che questo abbia un peso molto importante nella crescita di un individuo, ed è per questo che sono contraria alle differenziazioni di genere nelle attività in tenera età. Voglio che mia figlia sperimenti le cose che la interessano di più, che esplori il più possibile, per trovare se stessa e poter essere felice da adulta, e che abbia gli strumenti (mentali, attitudinali e pratici) per realizzarsi come meglio potrà.

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  5. “Scusami, Massimiliano, ma sta cosa la vedi te con il tuo campione statistico. A me, col mio campione statistico non risulta affatto.”

    Ottima idea!
    Non mi giudicare sdegnoso, ma credo che sia il caso di tornare entrambi ai propri campioni (io ne ho tre, guarda un po’….)

    Le ragioni le ho spiegate in quell’altro thread sugli stereotipi di genere, in cui mi sembra che c’eravate piu’ o meno sempre voi a dibattere.

    Quindi rinnovo i saluti e i migliori auguri per voi e per i vostri campioni (non statistici, quelli veri).

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  6. “Risposta: esiste un’esperienza del reale, per la quale la maggior parte degli uomini si sente poco portata per i compiti di cura, e invece investe molto – sul piano sia razionale che emotivo – nella realizzazione di se stessi nel lavoro, nella vita sociale. Correlativamente, la maggior parte delle donne si sente portata per i compiti di cura, e si sente piu’ facilmente realizzata nella dimensione domestica, mentre si trova a disagio a svolgere lavori professionali in cui si deve investire emotivamente e impegnarsi molto per affermarsi, e per prevalere nella carriera.”

    Scusami, Massimiliano, ma sta cosa la vedi te con il tuo campione statistico. A me, col mio campione statistico non risulta affatto. Frequento forum di genitori/mamme, in cui devo ancora trovare una donna contentissima di fare le faccende domestiche. Tutte dicono che c’é da fare questo e quell’altro perché é necessario, ma non perché si sentono felici. Non ne ho trovata nemmeno una felice di pulire, ti giuro.
    Io personalmente mi sento molto piú giú se quello che faccio per lavoro o hobby non mi riesce, mentre non mi tange minimamente se qualcuno osserva che la mia casa é disordinata.

    Inoltre, mi sembra che tu tenda a considerare le “preferenze” che riporti, come qualcosa insito nella natura biologica di uomini e donne, mentre non prendi nemmeno in considerazione le pressioni culturali che portano a questa situazione, che ci sono, basta solo vedere le pubblicitá, i tipi di giochi per bambini, eccetera. Anzi, tu prendi solo in considerazione le pressioni culturali opposte, che a mio parere sono invece piú deboli.
    E sospetto anch’io che la tua visione sia alla fin fine una visione di comodo, dal momento che tu sei maschio e vuoi che la societá favorisca te e releghi alla donna ruoli marginali socialmente ed intellettualmente.

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  7. Caro Massimiliano,
    mi spiace dirlo ma molte delle tue affermazioni sono basate sugli stereotipi che generazioni di donne hanno cercato e cercano di abbattere.
    Quando tu parli di “esperienza del reale” vuol dire semplicemente che in certi paesi, tra cui l’Italia, la donna spesso DEVE (e ribadisco deve, non può) scegliere tra lavoro e famiglia, ma non perché ama stare a casa a fare la calza ma perché è costretta da vincoli esterni. Non è detto che se un fenomeno è frequente sia “giusto” o vada bene a tutti, altrimenti non avremmo avuto l’evoluzione della società, la diffusione del concetto di uguaglianza e saremmo ancora al medioevo.
    Estremizzando, se seguo il tuo ragionamento potremmo dire che, nei paesi dove le donne sono segregate o sottoposte a procedure invalidanti quali l’infibulazione, l'”esperienza del reale” mostra che sono contente di questo. Ti posso assicurare che non è così.
    Non so che base di esperienza tu abbia, ma le donne che conosco io non sono per niente contente di rinunciare al lavoro per la famiglia. Magari non lo dicono perché ci si sente ancora in colpa ad ammetterlo, si viene tacciati di egoismo, ma le donne non lavorano perché lo stipendio del marito non basta, lavorano perché è un modo di realizzarsi e perché sono brave quanto gli uomini.
    Io sono stata allevata da genitori “vecchio stampo” come una persona, non mi è mai stato precluso nulla in quanto donna. Ho studiato con buoni risultati e ho una professione di responsabilità. E una famiglia, che gestisco insieme a mio marito su base paritaria. Non è Un’eccezione alla regola un’anomalia un po’ esotica, non sono un’aliena o una virago.
    Le donne non sono geneticamente “portate per il lavori di cura”, è la società che glielo impone, fin da piccoli quando nella pubblicità vedi la bimba (e solo la bimba) che cura il cicciobello malato o usa l’aspirapolvere giocattolo, mentre i bambini giocano con i gormiti o gli alieni.
    Concordo con chi ha detto che questa suddivisione è troppo comoda per gli uomini, che poi si sentono destabilizzati se (poverini!) qualcuno mette in dubbio questo schema.
    Scusa il tono ma alle donne vengono date colpe di ogni genere e avere anche quella del disagio dell’uomo che ha perso i pantaloni mi sembra troppo

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  8. Scusate, ma in effetti alcune domande mi erano sfuggite:

    “Tu padre di 3 figli maschi, come ti comporteresti se uno dei tuoi figli volesse giocare ad infilare perline, o si mettesse a raccogliere fiori in un prato? Ti sentiresti in difficoltà come padre? Pensi che sarebbe meno maschio per questo motivo?”

    Risposta: no, non mi farebbero problemi ne’ le perline ne’ i fiori.
    Ma ora, dimmi tu: perche’ senti il bisogno di mettere in chiaro con tuo figlio che saresti capace di usare trapani e arrampicarti sugli alberi, e non lo fai solo per pigrizia? Pensi forse che tuo figlio si sentirebbe in difficolta’ se percepisse di avere una madre che non sa fare certe cose? O la difficolta’ e’ tua?

    “gli uomini diventano instabili affettivamente se fanno le faccende a casa (implicitamente: fare faccende é psicologicamente pericoloso per un uomo), e le donne diventano nevrotiche perché lavorano come gli uomini (implicitamente: le donne non saranno mai in grado di fare altrettanto bene come gli uomini) ??”

    Risposta: esiste un’esperienza del reale, per la quale la maggior parte degli uomini si sente poco portata per i compiti di cura, e invece investe molto – sul piano sia razionale che emotivo – nella realizzazione di se stessi nel lavoro, nella vita sociale. Correlativamente, la maggior parte delle donne si sente portata per i compiti di cura, e si sente piu’ facilmente realizzata nella dimensione domestica, mentre si trova a disagio a svolgere lavori professionali in cui si deve investire emotivamente e impegnarsi molto per affermarsi, e per prevalere nella carriera.

    Questo – attenzione – non significa che le donne non siano capaci di dirigere un’azienda, o che gli uomini non siano capaci di stirare e lavare piatti.
    Significa che nella maggior parte dei casi gli uomini riescono a realizzarsi meglio nel lavoro, e le donne si realizzano meglio nei compiti domestici.
    Oggi esiste una pressione culturale per cui gli uomini sono indotti a sentirsi inadeguati se non collaborano in casa, e le donne a sentirsi inadeguate se non fanno carriera.
    Lo vediamo anche nel piccolo di questa discussione, in cui leggo di donne che sentono il bisogno di mettere in chiaro che loro saprebbero arrampicarsi sugli alberi, oppure donne che non appena si affronta il tema in modo (dicamo cosi’) nonn convenzionale, cominciano subito a sospettare che gli uomini “non le ritengano capaci”.
    E questo non e’ solo un caso abbastanza evidente di “coda di paglia”, ma e’ anche il tipico effetto della pressione culturale di cui sopra.

    “Quello che ti stiamo (alcune di noi, per carità) cercando di dire è che tu, come nessun altro, hai il diritto di relegare le persone ad un ruolo sociale predestinato sulla base di quello che fa più comodo a te.”

    Questa e’ un’osservazione che si inserisce un paradigma che a mio avviso e’ da rifiutare, e cioe’ che gli uomini per natura abbiano sempre prevaricato le donne, e quindi che le donne abbiano diritto a ribellarsi per realizzare la loro personalita’ (finendo poi di fatto per copiare i modelli maschili).

    In definitiva, e’ il paradigma del “femminismo dell’uguaglianza”, quello di Simone de Beauvoir.

    Ecco, io credo che un compito importante per gli uomini del nostro tempo sarebbe quello di riprendere l’iniziativa, ma non per imporre alle donne – tantomeno alle loro donne – un ruolo sociale subalterno, una specie di ritorno al focolare.

    No, si tratta di recuperare quell’autorevolezza (non autoritarismo) di sapere dire alle loro donne: “guarda che sono tutte cazzate, non e’ la realizzazione di te stessa nel lavoro che ti rendera’ felice, e il mio compito, sia chiaro, non e’ quello di aiutarti a diventare come me, e tanto meno quello di diventare io come te”.
    Fermo restando che poi ci sono davvero, e ci sono sempre state, donne che hanno talento per realizzarsi sul lavoro e nella vita sociale, e anche uomini che invece sarebbero stati portatissimi per fare i casalinghi, se il ruolo sociale non avesse imposto loro di fare diversamente (e questi sono i piu’ sfigati, perche’ nella realta’ – chissa’ perche – e’ molto facile trovare uomini che sarebbero ben felici, se potessero, di sposarsi una moglie- casalinga-devota, mentre invece e’ tuttora piuttosto difficile trovare donne che siano contente di trovarsi un compagno da mantenere con il loro lavoro, mentre lui aspetta a casa badando ai figli….).

    Ma un conto e’ avercelo davvero questo talento, e un conto e’ inseguirlo solo per adeguarsi al paradigma e al modello sociale dominante. Questo crea solo frustrazione e infelicita’.

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    • Grazie Massimiliano per aver risposto alla mia domanda. Io sospetto che dietro a questa tua crociata ci sia un senso di disagio nei confronti dell’emancipazione sia degli uomini che delle donne. E questo mi sembra anche leggittimo. Ti avverto che non sei solo però, ci sono moltissimi uomini e donne che stanno subendo lo stesso stravolgimento dei loro punti di riferimento. Da’ molta più sicurezza pensare che le cose abbiamo un loro posto, definito e immutabile: le donne sono così, gli uomini cosà, pur accettando come fai tu, una qualche variazione, una palla matta che salta fuori dal gruppo, che doversi orientare in un nuovo ordine delle cose. Tu hai un concetto di causa ed effetto molto discutibili, e questo non perché lo dico io, ma perché certe cose sono provate e studiate, e non sono dedotte a naso sull’osservazione di pochi individui.
      In particolare quando dici che:

      esiste un’esperienza del reale, per la quale la maggior parte degli uomini si sente poco portata per i compiti di cura, e invece investe molto – sul piano sia razionale che emotivo – nella realizzazione di se stessi nel lavoro, nella vita sociale. Correlativamente, la maggior parte delle donne si sente portata per i compiti di cura, e si sente piu’ facilmente realizzata nella dimensione domestica, mentre si trova a disagio a svolgere lavori professionali in cui si deve investire emotivamente e impegnarsi molto per affermarsi, e per prevalere nella carriera.

      di quale esperienza reale parli? Gli uomini sono gratificati dalla loro carriera e nella vita sociale perché gli è stato insegnato ad (o permesso di) esserlo? Le donne sono portate per i compiti di cura e si sente realizzata nella dimensione domestica perché gli è stato insegnato che quello è il suo destino? Io poi tutte queste donne gratificate dai lavori domestici non le conosco, ma forse è perché io e te frequentiamo ambienti diversi. Nell’ambiente che frequento io ad esempio ci sono molti uomini che si sono rotti le scatole della rincorsa al successo in ufficio, e vorrebbero poter stare a casa a godersi i figli.
      Per rispondere alla tua domanda, io non mi sentirei in difficoltà se mio figlio pensasse che io non sapessi usare un trapano, tutt’altro. Il fatto è che per me un trapano è semplicemente un trapano, e non c’è nulla di particolarmente interessante o difficile nel saperlo usare. Conosco moltissime donne in grado di usarlo. Io mi sentirei in difficoltà se il mio non usare un trapano portasse mio figlio a pensare erroneamente che tutte le donne non possono usare un trapano se ne hanno voglia o bisogno. E’ un problema di causa ed effetto, un meccanismo che può confondere facilmente un 5enne (che ad esempio pensa che le mele crescono in cassette di legno invece che sugli alberi, perché così le ha sempre viste). Ma un adulto dovrebbe essere in grado di andare oltre le limitazioni di quello che vede, e riuscire a superare le apparenze.
      Ecco, superare le apparenze, rompere gli schemi, provare a pensare fuori dal mucchio e vedere che succede, se funziona lo stesso, se c’è una ragione per cui non può funzionare. Facciamo un esperimento collettivo. Liberiamo gli uomini dalla schiavitù del lavoro e della carriera, e liberiamo le donne dalla schiavitù dle lavoro domestico e della cura degli affetti, facciamo un bel calderone e occupiamoci tutti di tutto, a seconda delle nostre inclinazioni personali. Vediamo che succede: sono certa che non possiamo fare molti più danni di quelli che il sistema attuale ha fatto finora.

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  9. Massimiliano arrivo dopo qualche giorno in questo forum, mi son letta tutti i commenti e davvero non saprei da dove cominciare qua. Questi discorsi sono chiaramente frutto di una concezione della societa’ che non e’ ancora maturata, probabilmente in Italia in generale. Quando si parla dei bei tempi andati c’e’ qualcosa sotto che sta impedendo una crescita dell’individuo e della collettivita’. Facendo una metafora, e’ come se uno volesse bloccare nel tempo un bimbo a, che so, i cinque anni, che per me sono l’eta’ piu’ bella. Certo e’ magnifica come eta’, ma vivere una vita sana fermi sui cinque anni e’ innaturale. Cosi’ come sarebbe innaturale pretendere che la collettivita’ come maxi-organismo si fermi e non cerchi di evolversi. Certo diventare grandi comporta difficolta’, comporta mancanza di sicurezze (a cinque anni se fai un sogno cattivo puoi chiamare e farti fare le coccole, ma poi devi imparare a gestirti da solo i tuoi sogni cattivi; o a cinque anni la pappa compare magicamente sul tuo piatto ogni volta che hai fame, ma poi capisci che devi gestirti da solo anche li’), e a fronte della maggioranza degli esseri umani che diventano maturi e crescono ci sara’ anche quella piccola percentuale che non ce la fa, che ha problemi, di varia natura. Ma concludere, a partire da questi casi, che diventare grandi e’ una iattura, che sarebbe bello restar sempre bambini, mi pare un bel salto nel ragionamento, e sicuramente non segno di maturita’ psicologica. La societa’ ha fatto passi avanti in moltissimi ambiti, dal tecnologico allo psicologico, e per sua natura questi cambiameni portano piu’ consapevolezza, maggiore interiorizzazione, ma tutto cio’ e’ positivo, non e’ destabilizzante se si e’, come maxi-organismo, in fase di crescita, desiderare un ritorno al passato e’ la cosa contronatura qui, allo stesso modo che desiderare di non diventare mai adulti. La tua descrizione del maschio italiano, poi, mi pare ancora di transizione, rispetto ad altri paesi: non e’ che in Inghilterra ad esempio (dove vivo io da ormai 15 anni) ci sia l’idea dei maschi sono “richiesti di essere collaborativi per dimostrare di essere dei bravi maschietti emancipati e moderni”, cioe’ non e’ che (come spesso capita in Italia) il maschio passa da una situazione di accudimento in casa dei genitori ad una situazione in cui viene messo con il paiolo in mano e il grembiule davanti e gli si dice di trottare. La situazione qui dove vivo io mi pare si sia evoluta da una fase precedente in cui e’ l’uscire di casa e il gestirsi da soli che viene prima, una situazione in cui il paiolo in mano non viene messo dalla mogliettina bisbetica, ma lo si impugna da soli una volta presa la decisione di vivere da soli, e poi una volta che si va a vivere insieme la situazione diventa piu’ una partnership, si gestisce insieme una casa nuova e ognuno fa la sua parte. Spero di essermi spiegata, non e’ ne’ questione di imponimento ne’ questione di voler dimostrare emancipazione, perche’ e’ una cosa naturale, come sarebbe naturale nel tuo studio (sei avvocato?) che due soci alla pari si gestiscano le cose insieme. Quando poi nascono i bimbi non si fa altro che continuare nella societa’. Non ci vedo nulla di innaturale in tutto cio’ sinceramente, fa ancora parte della maturazione collettiva di questa societa’. Parlando per assurdo, immagino che lo stesso tipo di discorsi possano essere avvenuti quando si e’ stabilito come collettivita’ che la schiavitu’ non era accettabile socialmente. Ovviamente era una situazione di comodo prima, sia da parte degli schiavi (sto parlando per assurdo eh?) che avevano una vita regolata e con ruoli ben specifici, sia da parte dei padroni, che anche vedevano la loro vita gestita con ordine e cura, e per i primi tempi deve esser stato difficile da entrambe le parti capire che la cosa era innaturale. Ora, penso, sia un dato di fatto. Abbiamo perso qualcosa di positivo di quei “bei tempi andati”? Sicuramente si, ma abbiamo anche guadagnato molto come collettivita’. E’ stato facile il passaggio? Sicuramente no, ma andava fatto, per il bene della collettivita’ stessa. Ci sono state ‘casualties’? Sicuramente si, ma, again, non si puo’ negare che sia stato un passo importante. Ecco, arriveremo anche qui a considerare un dato di fatto certe cose, io ho fiducia – nella collettivita’, piu’ che nei singoli, ma ho fiducia, perche’ l’istinto di crescita e sviluppo e’ cio’ che spinge avanti piu’ di ogni altra cosa.

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  10. @Massimiliano, fammi capire bene. Il tuo ideale di famiglia è composto da un padre che lavora e guadagna un sacco di soldi e mantiene tutti, una madre che si occupa dei figli, del marito e della casa (e degli animali di casa, degli eventuali anziani che vanno curati, dei vicini appena trasferiti eccetera) e possibilmente delle relazioni sociali della coppia (perchè il marito è troppo occupato dal lavoro per poter organizzare cene con gli amici), e di figli che crescono emozionalmente equilibrati a suon di calci in culo (parole tue) da parte del padre che interviene solo quando c’è bisogno di un’autorità forte mentre il ruolo della madre è di essere sempre disponibile, aperta, empatica, comprensiva e coccolante.
    Ti svelo un segreto: ci abbiamo già provato e non funziona. Non funziona perchè è troppo comodo per alcuni (gli uomini) e annientante per altri (le donne). Se avesse funzionato bene come pensi tu, e le donne avessero lo spirito di sacrificio innato che tu pensi stiamo negando per puro spirito di belligeranza, ora non staremmo discutendo di queste cose. E invece sai a cosa portava il tuo sistema? A metà della società senza una vita propria, fatta di realizzazione personale secondo le proprie aspirazioni. Ad una forte discriminazione fra i sessi, per cui le donne non guidavano, non votavano, non avevano il diritto a chiedere il divorzio anche se tradite. E i loro uomini che finivano per non avere rispetto in loro in quanto persone, proprio perchè loro stesse erano state educate a non averne.
    Quello che ti stiamo (alcune di noi, per carità) cercando di dire è che tu, come nessun altro, hai il diritto di relegare le persone ad un ruolo sociale predestinato sulla base di quello che fa più comodo a te.

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  11. il libro di cui parlavo si intitola “fare i genitori” di Maria grazia vallorani psicoterapeuta. Parla dei processi mentali e delle tappe evolutive dei bambini e di come i genitori possono comprenderli.
    Nel primo capitolo parla della funzione dei genitori e il passo che mi ricordavo è il seguente:

    ..i 2 genitori hanno funzioni simili ma anche diverse e specifiche come diversa è la loro identità di femminile e maschile.
    la funzione materna è + vicina all’inconscio, all’istinto e al sentimento, (…)la funzione paterna è + vicina la conscio, alla parte della consapevolezza, della razionalità.(…)E’ una funzione di guida, di regola, di forza che protegge ma anche stiola la crescita, (…) è la funzione del padre che riesce a sbloccare l’unione simbiotica madre-figlio. (…)Anche la madre può avere la funzione paterna quando aiuta il figlio a staccarsi da sè e il padre funzioni materne quando accoglie, nutre e contiene. Ma nella sostanza sono specifiche del proprio genere, di padre e di madre, di maschile e femminile, hanno a che fare con l’identità di maschile e femminile su cui si conformerà il figlio…

    Mi ricordavo che avevo letto una cosa inerente a quanto stiamo dicendo, poi è discutibile come tutte le cose dette fino ad ora.

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  12. “Gli uomini vengono richiesti di essere collaborativi per dimostrare di essere dei bravi maschietti emancipati e moderni, e le donne vengono richieste di dimostrare di saperci fare sul lavoro esattamente quanto i colleghi uomini.

    Pero’ poi alla fine si creano tanti problemi: gli uomini diventano instabili affettivamente, e le donne diventano nevrotiche.”

    cioé, fammi capire: gli uomini diventano instabili affettivamente se fanno le faccende a casa (implicitamente: fare faccende é psicologicamente pericoloso per un uomo), e le donne diventano nevrotiche perché lavorano come gli uomini (implicitamente: le donne non saranno mai in grado di fare altrettanto bene come gli uomini) ??

    non capisco il nesso logico.
    Non capisco neppure il nesso tra “c’e’ molto piu’ individualismo, egoismo e irresponsabilita’: ci si separa per inseguire il desiderio individuale e il miraggio della “realizzazione di se stessi”, e una maggiore paritá di genere o ridistribuzione dei ruoli che dir si voglia.

    E, siamo sicuri che questo sia un fenomeno solo moderno?
    Chi mi dice che cinquanta o cento anni fa non ci fosse lo stesso problema?
    non é che di gente menefreghista, anaffettiva, instabile psicologicamente, nevrotica, non ce ne sia sempre stata?
    hai dati precisi? hai prove scientifiche a riguardo?

    Affrontare un discorso dicendo: “é cosí perché é cosí e io lo so, perché ne ho visti tanti di casi”, ha lo stesso peso di noialtri/e che portiamo esempi contrari a controprova (e di esempi ne abbiamo tanti anche tra questi commenti!).
    Non é una posizione scientificamente corretta pensare di avere il diritto di portare le proprie evidenze sperimentali, e negarlo contemporaneamente a chi ha posizioni diverse (ció quando dici che non vuoi “sentire i nostri esempi particolari”).

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  13. Allora, sui divorzi (che e’ il campo che conosco meglio, ci ho scritto molto sopra), il punto non e’ tanto nell’accettabilita’ sociale, quanto nel fatto che oggi il divorzio e’ considerato un diritto individuale, non piu’ come un rimedio a una situazione di grave crisi familiare.

    La conseguenza e’ che c’e’ molto piu’ individualismo, egoismo e irresponsabilita’: ci si separa per inseguire il desiderio individuale e il miraggio della “realizzazione di se stessi”, senza riguardo alle conseguenze nefaste che si producono nei confronti del partner e soprattutto dei figli.

    Si e’ diventati incapaci di donarsi all’altro: vero per le donne, ma anche per gli uomini.
    Una situazione orrenda, soprattutto per i figli.

    Per il resto, vi avevo chiesto di non farmi gli esempi particolari che vi riguardano: lo so anch’io che esistono anche padri iperprotettivi e donne autoritarie.
    Questo e’ particolarmente vero oggi, in cui l’attesa sociale e’ esattamente questa. Gli uomini vengono richiesti di essere collaborativi per dimostrare di essere dei bravi maschietti emancipati e moderni, e le donne vengono richieste di dimostrare di saperci fare sul lavoro esattamente quanto i colleghi uomini.

    Pero’ poi alla fine si creano tanti problemi: gli uomini diventano instabili affettivamente, e le donne diventano nevrotiche.

    Credetemi, non sara’ il vostro caso, ma io di donne che si ritrovano sole e disperate a cinquant’anni, e di uomini che a quarant’anni sono completamente incapaci di assumersi responsabilita’ perche’ non hanno avuto un padre in casa che li pigliasse a calci in culo quando occorreva, ne ho visti tanti…. ma tanti.

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    • @Massimiliano per qualche motivo continui a non rispondere alla mia domanda. Te la riscrivo qui per comodità, in caso ti fosse sfuggita:

      Tu padre di 3 figli maschi, come ti comporteresti se uno dei tuoi figli volesse giocare ad infilare perline, o si mettesse a raccogliere fiori in un prato? Ti sentiresti in difficoltà come padre? Pensi che sarebbe meno maschio per questo motivo?

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  14. Mamminscania e Serena: a questo punto facciamo la verifica sperimentale e vediamo se i nostri figli/e tra 20 anni saranno diventati dei disadattati sociali con una disastrosa educazione sentimentale.
    Poi ci ritroveremo qui a discuterne.

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  15. Non sono molto d’accordo sul fatto che la figura paterna debba essere necessariamente autoritaria. A parte il fatto che i miei genitori erano esattamente l’opposto (ma questa sará sicuramente la famosa eccezione…).
    Perché sostieni che una madre non puó avere un ruolo di autoritá genitoriale nell’educare i figli ad una vita sociale? Tu sostieni che io come madre non sarei in grado di punire o lodare mio figlio, in quanto donna? E perché un padre non é adatto a mostrare tenerezza e protezione? (che poi, se ci penso, a a casa nostra é il mio compagno quello piú iperprotettivo: “e tagliagli l’uva a metá sennó si soffoca, attento che cadi, attento che prendi freddo, mentre io lo lascerei fare senza troppi problemi)
    Inoltre, non é che i padri di oggi collaborino in casa “per farsi apprezzare”: lo fanno perché é necessario e giusto, perché chi sporca pulisce, perché i figli si fanno in due, eccetera.
    In quanto alla mancata educazione sentimentale: da dove si dimostra che é il risultato di una cultura paritaria? Non potrebbe essere invece il risultato di una cultura consumistica in cui ai figli si danno cose invece di tempo e attenzioni?
    Siamo sicuri che la cultura patriarcale dei bei tempi andati abbia invece creato persone sentimentalmente equilibrate?
    Guardando la generazione dei miei nonni, generazione in cui le coppie stabili erano piú numerose, vedo che la causa della stabilitá non dipende dal fatto che le coppie allora fossero intrinsicamente piú felici, ma dal fatto che fosse socialmente inaccettabile: 1) essere zitelle/i 2) divorziare.
    Attualmente, separarsi se la relazione non soddisfa é diventato piú semplice, per cui molti di piú ricorrono a questo mezzo. Non penso proprio che l’aumento dei divorzi sia ricollegabile alla paritá di genere, ma al fatto che semplicemente oggi sia legittimo.
    Al g

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