Il ruolo dei genitori negli stereotipi di genere

– Scusa Vikingo ma mi spieghi perchè all’asilo non giochi con I. Mi sembra una bambina simpatica e dinamica, perché giochi sempre con A.?
– Non lo so perché
– Ma a cosa gioca I. normalmente?
– Lei gioca sempre a, come si chiama? “mamma-pappa-barn”!
– Gioca a mamma, papà e bambini?
– Si, e a me non piace. Voglio giocare con A. ad Harry Pottar!
– Ma come non ti piace Vikingo? Eppure a volte chiedi di giocare proprio a questo anche a casa, quando vuoi fare il bimbo piccolo e vuoi che papà ti prende in braccio, oppure quando vuoi fare il papà e il tuo pinguino è il figlio.
– Ah, si è vero! Però non voglio giocare a mamma-pappa-barn con I.

Ok, pace, si vede che I. non gli sta simpatica per qualche oscuro motivo. Però dico, l’avete notato anche voi? Io all’inizio non ci ho fatto molto caso, ma poi, bang, mi ha colpito come un caffé amaro a colazione: i bambini svedesi non giocano a “mamma e figlia”, giocano a “mamma, papà e bambini”. Notevole eh? A pensarci bene, perché no. Alla fine visto che anche il papà svedese mediamente si prende cura dei figli quasi quanto la mamma (che alla parità non ci sono arrivati nemmeno loro), mi sembra anche giusto che il gioco dell’accudimento includa anche i papà.
Anche perché una cosa dobbiamo mettercela in testa: i bimbi ascoltano quello che diciamo, ma fanno quello che facciamo. E allora è inutile dirgli che maschio o femmina possono fare le stesse cose se solo volessero, esclusi ovviamente gli impedimenti fisiologici quali rimanere incinta, allattare al seno e fare pipì in piedi senza bagnarsi i pantaloni (uhm, su quest’ultimo ho anche dei dubbi a dire il vero). Insomma, se a casa è sempre la mamma che cucina, lava e stira e sempre il papà che usa il trapano, pianta chiodi e guida la macchina c’è ben poco da dire. E ajvoglia a raccontare storie di bambine coraggiose, e vai con le favole di maschietti sensibili, e dagli contro la divisione rosa e blu per i vestiti. Per quanto possiamo impegnarci, il messaggio più forte resta quello del nostro esempio.

Qualche tempo fa quando sopraffatta dalla stanchezza mi sono rifiutata di arrampicarmi sull’albero con il Vikingo sono stata redarguita dal marito con una di quelle frasi che mi ha fatto andare su tutte le furie: “forza dai datti una mossa. Ti devi mettere in testa che hai due figli maschi!” Credo di averlo fulminato con lo sguardo, e lui ha immediatamente chiesto scusa e fatto il mea culpa.
Poi però ho fatto un po’ di autoanalisi.
Perché è vero che io con l’età sono diventata un tipo un po’ più posato. La bambina che si arrampicava, correva, e non si tirava indietro se c’era da menare le mani con i maschi, si è trasformata in una mamma che se ne sta volentieri sulla panchina a leggere un libro lasciando al padre il compito di seguire il Vikingo nelle sue manifestazioni atletiche. Saranno gli acciacchi dell’età, la mollezza delle membra dopo un paio di gravidanze, o semplicemente sono stata colpita da una profonda pigrizia o eterna stanchezza. Ma a me di correre e arrampicarmi non mi va proprio, e visto che il padre invece non vede l’ora, allora mi godo la mia staticità con buona coscienza, e non ci penso più.

Eppure quando GG mi ha lanciato quella frase li sono stata colta da un dubbio. Ma non è che i miei figli invece si fanno incantare da questa divisione di ruolo e arrivano a pensare mamma statica – papà dinamico, quindi donna statica – uomo dinamico?
Stesso discorso è capitato in un altro ambito in cui la pigrizia ha preso il sopravvento. Quello della guida. Io infatti odio guidare. Sto tanto bene sul sedile del passeggero a fare le mie chiacciere e i miei giochini con i figli, e non ho nessunissima voglia di mettermi al volante. Fortunatamente a Stoccolma non abbiamo la macchina, ma ogni viaggio in Italia delego volentieri la guida a GG. Finché un giorno, quando non so più per quale motivo mi sono messa al volante io, il Vikingo si è messo a ridere: “Ah ah ah! Ma tu mamma no poi guidare! Solo papà pò guidare!”
E allora permettetemi di mettere le cose in chiaro con mio figlio.
No, caro Vikingo, io so guidare. Io so anche usare il trapano, so cosa è un carburatore, so attaccare quadri ai muri, so maneggiare una sega, costruire solidissime capanne di legno, e sono perfettamente in grado di arrampicarmi sugli alberi. E’ solo che sono colta da pigrizia estremis, una malattia che colpisce le mamme stanche, ed è per questo che mi metto più volentieri a fare un puzzle con te, o a disegnare. Ti dico la verità che non ho nemmeno troppa voglia di cucinare, lavare e stirare, e infatti come avrai notato a casa nostra si cucina a turno e si lava a turno, e non stira nessuno. Però caro Vikingo, per essere certa di non confonderti, ti prometto che da oggi mi impegnerò, magari non tutti i giorni, ma ogni tanto a mettermi io al volante, per farti vedere che è una cosa che mamma se vuole può fare tanto quanto papà. Che la divisione dei compiti in base alla proprie preferenze è una cosa, ma non è un problema di poter o non poter fare. Non è un problema di uomini o donne. Perché usare un trapano è una cosa talmente semplice che sono capaci proprio tutti.

PS. La mia collega al lavoro V., che ha due figli con un’altra donna, mi comunica che i suoi invece giocano a “mamma-mamma-barn”! 😉

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67 thoughts on “Il ruolo dei genitori negli stereotipi di genere”

  1. Una precisazione per Massimiliano:

    Non per fare l’avvocata del Paese dove vivo, ma voglio sfatare il mito che la Svezia sia la culla di alcolismo e suicidi e delle peggiori malefatte sociali.

    Wikipedia riporta che i paesi con il piú alto tasso di suicidi sono i quelli dell’Europa dell’est, Corea del Sud, Giappone. la Svezia é ben al di sotto di Francia, Lussemburgo, Belgio.

    Le statistiche OECD 2005 (tra cui la Russia fralaltro non é inclusa), riportano che la Svezia ha un consumo d’alcol pro capite inferiore anche a quello dell’Italia. I piú sbevazzoni sono Lussemburgo, Francia e irlanda.

    In quanto all’aborto, la Svezia é al 5 posto, ma abbondantemente sotto il dato procapite per Russia, Ungheria, Bulgaria e Cuba.

    Le gravidanze tra teenagers hanno il top negli USA, Slovacchia, Nuova Zelanda. Italia e Svezia sono praticamente allo stesso livello.

    In quanto al rapporto tra paritá e durata della relazione (non solo matrimonio, ma anche convivenza che qui in Svezia é molto diffusa), ne ho giá parlato in una risposta ad un altro tuo commento, citando uno studio fatto qui a Umeå.

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  2. Ma dai…..
    mio figlio raccoglie abitualmente i fiori per me e per lamamma e mai ho neanche pensato in scarsa mascolinità… anzi.

    Se mio figlio gioca con la barbie (lo ha fatto perchè ha la maggiore femmina) va bene. Se prova le scarpe con il tacco… ok… va bene, se vuole andarci a scuola gli spiego che non è il caso perchè lo prenderebbero tutti in giro.
    Sbaglio?

    Ma mio figlio, con sorella femmina… a due anni (prima della scuola senza andare al nido con madre presentissima) ha iniziato a incolonnare macchinine. A usare il bastoncino del gelato come una spada.

    Istinto??? Non lo so… so solo che la tv non la guardiamo, stiamo ben attenti ai messaggi che diamo e io in casa sono iper-attivo.

    Il punto è non ha senso accanirsi ad evitare di evidenziare differenze che sono naturali.
    Poi… il mondo del lavoro che offre pari opportunità… è obsoleto!
    Le opportunità devono essere offerte esaltantdo le peculiarità degli individui.
    Infatti esistono posizioni più adatte al modo di ragionare femminile (parlo di ruoli prestigiosi, importanti, remunerativi) e altre per quello maschile.
    Magari anche agevolandoli ad avere una vita fuori dal lavoro ma questa è un altra storia.

    Insomma… le differenze ci sono ed è normale che ci siano. In natura è così… e non facciamo sempre i conti con quella.

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    • Mario per carità non c’è bisogno di stare dalla parte di nessuno, non è mica una guerra questa. Ci stiamo confrontando, e direi in modo decisamente civile, grazie a tutti quanti!
      Sono contenta che per te il fatto che tuo figlio raccoglie fiori, gioca con le barbie, e prova le scarpe con il tacco non ti fa pensare che sia meno maschio per questo. Ma ti garantisco che ci sono papà, ma anche mamme, che a vedere il figlio maschio giocare con una barbie, si fanno prendere un infarto. Insomma mi pare che siamo perfettamente d’accordo. E chiaramente non puoi prenderti cura di tuo figlio mentre è attaccato al seno della mamma, però puoi cambiargli il pannolino (e probabilmente tu lo hai anche fatto), e non c’è nessun motivo per cui tu padre non possa cambiarlo tanto bene quanto la mamma.

      Quando però scrivi che tuo figlio ha iniziato a incolonnare macchinine. A usare il bastoncino del gelato come una spada., lo dici pensando che questi siano giochi maschili. Io conosco molte bambine che incolonnano macchinine, e io stessa ho giocato a fare a spadate tutta la mia infanzia. L’unico aspetto che io contesto è che dando a questo genere di giochi una connotazione maschile, e ad altri giochi una connotazione femminile, rischiamo di ridurre di molto le possibilità di tutti: maschi e femmine. Che invece dovrebbero essere visti come bambini che a volte giocano a spadate, a volte si travestono da principesse, a volte pettinano le barbie indipendentemente dal loro sesso. Che poi siamo diversi non c’è dubbio, ma davvero questo dovrebbe precluderci alcune strade?

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  3. mio figlio potrà dire “che in casa per ragioni di orario molte delle faccende le sbrigava mamma, i risultati però erano pessimi, per questo un giorno mamma mi insegnò la teoria dei lavori domestici che lei faceva controvoglia, dopo avermeli insegnati si schiantò sul divano e ancora là sta!” hai solo 11 mesi ma mammina è pronta a insegnarti tutto quello si presume dovrebbe sapere.

    cristina

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  4. Hai ragionissima sulla questione che i bambini imitano i nostri comportamenti e non le nostre parole, ci sto riflettendo ma in altri contesti. Però effettivamente mi hai fatto riflettere sul fatto che anche io da qualche tempo mi sono tirata fuori da alcuni giochi di mio figlio, tipo caricare sassolini sul camion, o anche giocare a pallone.
    SBAGLIATO! Me ne sono accorta quando ho visto con che gioia mi accoglieva quando mi sono offerta di partecipare..
    Perciò mamme pigre: ALZIAMOCI E PARTECIPIAMO!
    Anche perché altrimenti, ci perdiamo qualcosa!

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  5. sai serena che non sono d’accordo?
    sto seguendo con attenzione questo tema mensile e ancora non mi sono fatta un’idea precisa, semplicemente perché io non ci ho mai riflettuto, e forse anche perché a me non mi ha mai sfiorato l’idea che non potessi fare qualcosa o dovessi farla per forza per il fatto che sono femmina.
    e partendo da questo credo che si arrivi a forzare troppo concettualmente se si analizza ogni minima cosa come in questo caso la stanchezza rispetto all’esempio di genere.
    cioè se a me piace guidare o fare subacquea non è che lo vivo come un’emancipazione o come una “prova di destrezza”. lo faccio e basta, sono abituata così, mia madre ci ha sempre scorrazzate a destra e sinistra con la macchina e mio padre ci ha insegnato a fare immersioni.
    così come se mi piace cucinare e lo faccio quasi sempre io in famiglia non è che lo sento come una costrizione di genere, infatti momo che mi vede creare in cucina ha una minicucinetta e traffica con pentoline e peperoni finti anche lui.
    cioè quello che volevo dire, che non so se è chiaro, è che forse ci pensiamo un po’ troppo e alla fine sembra una forzatura, tipo che se sei stanca ti devi imporre di arrampicarti sull’albero. un uomo se fosse stanco mangerebbe un panino, mica si metterebbe a spadellare per dare l’esempio. 😀

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    • @Caia no, no, per carità. E’ chiaro che se sono stanca me ne sto seduta e basta, e non mi metto ad arrampicarmi sull’albero per forza. Però prima di tutto se alcuni schemi e divisioni dei compiti sono ripetuti, allora è anche normale chiedersi da che dipendono. Come dicevo prima, se a me quella cosa non piace proprio, pazienza, ma se mi accorgo che alla fine forse ogni tanto potrei anche farla (e mica sarò sempre così stanca!!!) allora forse forzare un po’ la mano, tentare di rompere gli schemi, può essere un bel momento di crescita per me come persona e per i miei figli. Naturalmente qui stiamo parlando di ruolo nella differenza di genere, ma in realtà questo discorso è applicabile in generale. Il Vikingo qualche tempo fa mi ha chiesto il perché lo accompagno sempre io alle feste di compleanno degli amichetti invece che il papà. La verità è che il papà parla male lo svedese, è un tipo meno socievole e si annoia alle feste con gli altri genitori, mentre io mi diverto. Però ne abbiamo parlato e abbiamo capito che visto che per il Vikingo è importante si farà in modo che anche il papà lo accompagni ogni tanto, magari non sempre, ma qualche volta. Non si tratta mica di chissà quale sacrificio alla fine, e GG potrà imparare a conoscere gli altri genitori e bambini, e questo non farà che migliorare il suo rapporto con suo figlio.

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  6. E se provassimo invece a imparare dai nostri figli, che appunto – finche’ non arriva la “grande madre” collettiva a insegnare loro l’uniformita’ di genere – quando sono bimbi si comportano “naturalmente” da maschi o da femmine e percepiscono i modo intuitivo che c’e’ una bella differenza, quanto a gusti, attitudini, modi di vedere il mondo?

    In Svezia pensano di essere tanto piu’ evoluti perche’ le donne hanno molta piu’ parita’ sul lavoro e i maschi sono tutti molto piu’ bravi della media a fare i lavori in casa…

    … ma poi andiamo a vedere le statistiche sui suicidi, sulle depressioni, sull’alcolismo, sulle gravidanze precoci, sugli aborti, sui divorzi e allora cominciamo a vedere che la societa’ della perfetta eguaglianza di genere non e’ che abbia prodotto tanta piu’ felicita’.

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    • @massimiliano non so dove tu abbia preso le tue statistiche sui suicidi, sulle depressioni, sull’alcolismo, sulle gravidanze precoci, sugli aborti, sui divorzi in Svezia e come tu possa affermare che tutto ciò dipenda dal fatto che ci si sia spinti così oltre nell’uguaglianza tra i sessi. Per la precisione le statistiche sui suicidi dimostrano che NON ci sono più suicidi in Svezia che in altri paesi.
      Mi sembra più interessante discutere di un’altro concetto di quelli che proponi: imparare dai nostri figli, perché è proprio quello di cui stiamo parlando in questo mese. La domanda però è la seguente: tu padre di 3 figli maschi, come ti comporteresti se uno dei tuoi figli volesse giocare ad infilare perline, o si mettesse a raccogliere fiori in un prato? Ti sentiresti in difficoltà come padre? Pensi che sarebbe meno maschio per questo motivo?

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  7. Ma sai che solo 3 giorni fa ho detto a mio marito “senti, fra un po’ sarà il caso di mettere le gomme invernali alla macchina, voglio poi farlo io, così magari anche Sara capisce che non è roba solo da maschi!”.

    Ok, fare una cosa solo per dare l’esempio è ridicolo. Però anche non fare per pigrizia è dannoso. Io sapevo benissimo cambiare le ruote, ora non so nemmeno più bene dove devo mettere il crick. E così se mi trovassi con una gomma a terra, non sarebbe più tanto semplice aggiustarmi.

    Ecco, io non mi arrampico se non ho voglia, e non faccio le cose solo per darle l’esempio. Il papi le ha insegnato ad andare in bici, io non ci ho nemmeno pensato, non ho un buon rapporto con la bici. Generalmente se siamo tutti guida lui, non è una cosa che amo tantissimo, ma lei sa bene che se volessi guidare io lo farei, perché guido sempre io quando siamo sole e quando a una cena lui beve anche solo un paio di bicchieri di vino (che io non bevo perché non mi piace). In compenso io gioco più con lei, facendo la bimba, a palla, a calcio, a fare le capriole, il papi è più statico.

    Però a volte uno sforzo lo si deve fare. Per un fatto di necessità proprie. Per esempio mio marito in casa collabora, ma ha due limiti: cucinare e lavatrice. Se non si fa problemi a passare l’aspirapolvere, spolverare, pulire i vetri, lavare in terra, o non gli piace stirare o lavare i piatti ma all’occorrenza è capace, cucinare e fare lavatrici proprio non gli riesce. Non è la fine del mondo, anzi, in una coppia ci sta benissimo e lo accetto bene. Ma se un giorno non potessi o non ci fossi in casa per un po’ (e sono mille i motivi per cui potrebbe succedere) gli farebbe comodo riuscire a fare bene anche quelle cose. Così ha deciso di “sforzarsi” e imparare il minimo indispensabile (insomma, lui mi lucida i vetri ma non riesce ad assaggiare se la pasta è cotta!). E così non è un problema per me se cambia sempre lui le gomme, ma lo è se non so più farlo io perché mi sono adagiata sugli allori e non l’ho mai più fatto, ecco!

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  8. Mario: la questione che, andando al punto , non mi convince, é questa: tu parli di “ruoli complementari” maschio-femmina o padre-madre nella societá.
    Io accetto benissimo che in una coppia ci siano queste complementarietá, perché ognuno ha interessi diversi.
    Il problema é che ogni coppia é diversa, e quindi non puoi generalizzare dicendo che un compito é da femmina e l’altro da maschio, applicando la definizione all’intera societá e assegnando ruoli che tutti devono seguire loro malgrado.
    Esempio: a casa nostra io cucino, il mio compagno pulisce. Questo perché io detesto pulire e lui ha paura delle pentole. Mio figlio imparerá che cucinare é da femmine? Ma, a casa dei miei cognati, la situazione é l’opposta! Lei non tocca una padella e lui fa il gourmet.
    Come la mettiamo?
    Altro esempio: a casa nostra chi possiede una macchina e perció di solito guida, é il mio moroso. Questo non ha niente a che vedere con una presunta attitudine maschile o femminile alla guida, ma perché quando ci siamo conosciuti, io non avevo la macchina perché non mi serviva, lui sí perché gli é comoda per lavoro. Inoltre la mia patente italica non mi ha addestrato a guidare su ghiaccio, mentre lui da svedese del nord deve saperlo fare.
    Adesso io guido la sua macchina se serve, ma non ne voglio comprare una mia perché é uno spreco economico. Un’altra cosa che é quasi paradossale: noi genitori dipingiamo con Photoshop. Il moroso al lavoro, per lavoro. Io, a casa perché mi sto facendo un portfolio prima di poterci lavorare professionalmente. Sebbene sia il mio compagno ad usare il programma in modo professionale, secondo mio figlio é “mamma che dipinge”: si metterá in testa che é cosa da femmine nonostante entrambi i genitori lo facciano?
    Come vedi, queste sono questioni di circostanze peculiari, o di gusti personalissimi (come nelle faccende domestiche), e non sono riconducibili a differenze fisiologiche di genere. Sono sicura che in altre famiglie funziona diversamente. Come puoi pensare che debbano diventare regola universale?

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  9. PS: a casa mia da piccola le lampadine e i trapani li maneggiava mia madre, mio padre è sempre stato un disastro…evidentemente io ho ereditato da lui, quindi almeno in parte direi che si tratta di genetica non di genere!!! 😉

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  10. Mah, devo dire che io e le faccende manuali non andiamo molto d’accordo…con il trapano faccio danni, non ci provo nemmeno. Non perché sono donna ma, come sottolinea gentilmente mia madre, in quanto appartenente alla categoria “mani di ricotta”.
    Infatti sono negata anche per i cosiddetti hobby femminili. Devo dire con rammarico perché ammiro molto chi sa esprimersi con le attività manuali.
    Idem per le attività fisiche, sono super-pigra. Però mio marito è ancora più bradipo di me, quindi direi non c’è pericolo che mia figlia identifichi l’uomo-attivo con la donna-posata.
    Ultimo stereotipo, mi piace molto guidare e mi piacciono le macchine.
    Anche se non concordo pienamente con Mario sul fatto della complementarietà (io e mio marito per molti versi siamo intercambiabili) sono d’accordo che se a uno (e dico uno in senso neutro) non piace guidare o fare qualcosa non si deve obbligare.
    Si tratta di una questione di abilità e di preferenze: posso conoscere principi di idraulica ma non per questo mi metto a montare tubi, posso saper guidare anche se non mi piace. Non per questo mi sento meno emancipata…

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    • @Lorenza io sono perfettamente d’accordo con il concetto di complementarità, ma a volte penso che la rottura degli schemi potrebbe essere molto utile, non solo ai figli. Magari un giorno mi metto a fare buchi con il trapano, e scopro che mi piace, e che magari lo faccio anche meglio del marito pasticcione (è un esempio inventato, or anon andate a dire a GG che è un pasticcione, eh!!!) . Insomma a volte cadiamo in certe divisioni dei ruoili a casa non tanto per scelta ma anche per pigrizia mentale di rompere gli schemi. Ecco, sono contenta che i miei figli mi diano la spinta a mettermi in discussione. A chiedermi il perché di certi meccanismi.
      E a volte vale la pena forzare un po’ la mano non SOLO per dar l’esempio ai figli.

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  11. Ok… ma forse più che impegnarsi a insegnare l’uguaglianza dei sessi non varrebbe la pena educare alla differenza consapevole nel rispetto.

    I nostri figli sono nati già con un esempio di differenza complementare: la madre li ha messi al mondo, il padre ha tagliato il cordone ombelicale.

    Quindi, vedendo madre e padre come esempio di femmina e maschio nella società: ruoli complementari da rispettare per le loro peculiarità.

    Boh… forse straparlo,

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    • Mario forse non sono stata abbastanza chiara, e non so dove hai colto il fatto che qui si stia parlando di uguaglianza dei sessi. Uomini e donne non sono uguali così come non sono uguali svedesi e italiani, non sono uguali donne svedesi e donne italiane, non sono uguali uomini italiani e uomini francesi. Gli individui sono unici come individui, e appartengono ad una qualche categoria come cultura e regole sociali. La domanda è se le differenze siano innate o siano condizionate dalla cultura corrente. Io vivendo in Svezia, dove la cultura corrente è molto diversa da quella italiana sono più portata a pensare che la maggiorparte delle differenze tra i sessi siano culturali, altrimenti non si spiegherebbe quello che vedo intorno a me.

      Come genitore però voglio fare un passo oltre e chiedermi se alcune delle mie scelte individuali possono condizionare in qualche modo la visione degli stereotipi nei miei figli, in un senso o in un altro. Da questo punto di vista credo che sia bene precisare che il fatto che io non guido la macchina non è un problema di genere, ma una scelta. Che se io volessi la macchina potrei e saprei guidarla tanto bene quanto un uomo (e l’ho guidata tanto prima di trasferirmi in Svezia). Se insegnamo ai nostri figli a seguire il loro istinto e scegliere sulla base delle loro preferenze reali e non quelle che la cultura corrente gli permette, allora faremmo un passo avanti nel garantire uguali possibilità ad entrambi i sessi. Non pensi?

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  12. Invece mi dite perché mio figlio, con cui ho sempre giocato a pallone, con macchinine e robotini, ha da poco cominciato la scuola materna e l’altro giorno è venuto a casa dicendomi che io non posso fare gol perché sono una femminuccia? In famiglia non abbiamo mai fatto differenze: di fianco ad Ironman ha Hello Kitty e tra una puntata di Ben Ten e Galactik Football guarda Fragolina Dolce Cuore. I genitori non sono soli nell’educazione dei figli, ahimè.

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    • Lizzina sollevi un punto molto interessante. Come posso fare se io cerco di dare alcuni insegnamenti e a scuola e nel resto della società arrivano messaggi che mi contraddicono? Io penso che questo sia vero in tutti gli ambiti, non solo quello del genere, ed è una di quelle cose che ci mette alla prova, come ogni confronto che si rispetti. Quando tuo figlio torna a casa e ti dice che tu non puoi fare gol perché sei una femminuccia prova a chiedergli cosa gli fa pensare questo. Chiedigli se ti ha mai visto fare gol. Chiedigli se pensa che ci sia qualcosa che impedisce alla femmine di fare gol. Ponendogli delle domande si può arrivare a farlo pensare con la propria testa,e magari mettere in discussione quello che sente dire all’asilo, non perché glielo dici tu, ma perché in effetti non gli sembra sensato. E’ ancora piccolo, ma è un esercizio dialogico molto utile sin dall’inizio.

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  13. Mario, a parte il fatto che conosco donne che adorano guidare (il che dimostra che si tratta di differenze individuali e non di genere) e fermo restando quello che ho scritto sopra, qualche volta una piccola forzatura forse non è sbagliata. Io ho preso la patente facendo uno sforzo, perché in famiglia guidava solo mio padre e stava diventando troppo anziano per farlo. Mia madre aveva preso la patente a l’aveva messa in soffitta subito dopo, mia sorella tutt’ora non ce l’ha. Mi è costato fatica, ma mi ha dato grande libertà da donna adulta in moltissime occasioni. Quindi sì, qualche volta può valere la pena…

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  14. Ma che mamma e papà (maschi e femmine) siano veramente diversi (complementari) non ci vogliamo proprio credere, eh?

    Perchè tu mamma devi obbligarti a guidare quando non ti piace? SOlo per dar eun esempio ai tuoi figli?

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  15. Eh Serena, mamma-pappa-barn è di gran voga anche da noi, e la forma più interessante che prende è quando Orlando ci gioca col suo amichetto preferito, togliendo quindi ogni riferimento di genere dato che sono due maschi e un bambolotto a prendere a turno i diversi ruoli (e se subentra Miranda non fa mai la mamma, ma semmai la bambina, per ragioni di età). Cinque minuti dopo tirano fuori le spade laser, senza problemi.
    Mi solleva il fatto che nel tuo intervento sottolinei l’esistenza di preferenze personali rispetto e in contrasto al poter/non poter fare, perché credo che se dobbiamo trasformarci tutte in madri armate di motosega che gongolano al solo pensiero del cambio stagionale degli pneumatici, rischiamo di rimanere vittime degli stessi stereotipi che vogliamo combattere. Forse più che forzarci per mostrare che possiamo tutto, è importante dimostrare ai figli che è possibile cercare di trovare nella società (incluso il micronucleo sociale che è la famiglia) il posto che più ci si addice come individuo.
    Io, ad esempio, non ho problemi a delegare a qualcun altro (mio marito, ma non necessariamente, dato che per certe cose la sua pigriza batte la mia ;)) in situazioni in cui so che i miei 50 kg con massa muscolare non inesistente ma modesta possono rappresentare uno svantaggio. Se può essere visto come una compensazione, caratterialmente in famiglia sono più dominante, ho più facilità ad espormi e a polemizzare, e mi occupo volentieri di economia e burocrazia (cosa che già faceva mia madre), settori un tempo strettamente riservati al pater familiae.
    Per quanto riguarda la guida, sono fortunata a vivere in Svezia perché posso mettermi al volante senza rischiare di diventare un pessimo esempio per i figli, giusto a causa del caratterino sopra nominato. In Italia lascio volentieri che guidi la parte paziente, razionale e pacata della famiglia… 😉

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