La routine secondo Tracy Hogg da 0 a 6 mesi: That’s EASY!

tracy hoggCi sono diversi studi che mostrano che i bambini, di qualsiasi genere e tipo ed età, traggono giovamento dal seguire una routine organizzata durante la giornata. E infatti persino negli asili e nei nidi, si sta molto attenti a seguire delle routine precise.
Tracy Hogg basa tutto il suo metodo su una routine di eventi da ripetersi sempre nello stesso ordine durante la giornata. Non è certo l’unica a proporre di seguire una routine regolare, persino il terrore di tutti i bimbi, il “terribile” Estivill sostiene che ai bambini piace sapere cosa aspettarsi, e consiglia di ripetere sempre la stessa procedura prima della nanna.
Certamente ci sono quei bambini che vi si adattano più facilmente e quelli che sembrano fare di tutto per andare al loro ritmo, e a volte risulta difficile trovare una routine che vada bene per tutti. E questo è forse il vantaggio del metodo di Tracy Hogg, la sua flessibilità e possibilità di adattamento al temperamento del bambino, e nel limite del possibile alle esigenze della famiglia.

La routine proposta da Tracy Hogg infatti, non è una tabella di marcia con orari precisi da rispettare, ma una ripetizione di eventi in un ordine prestabilito, che permette a bambino e mamma di sapere con esattezza quale è il prossimo passo (parlo di mamma, e non di papà, perché sto assumendo che i primi mesi ci sia il papà con il bimbo, ma in realtà è una assunzione totalmente scorretta e se dovesse passare di qui qualche papà, chiedo venia per questa generalizzazione).
Per aiutare i genitori a ricordarsi come procedere, Tracy Hogg ha introdotto l’acronimo E.A.S.Y. (ossia facile in inglese)
E. come EAT, ossia mangiare, è il punto di partenza. Come dire che con la pancia piena si ragiona meglio. Prima cosa che si fa appena svegli è quindi quella di allattare il piccolo.
A. come ACTIVITY, ossia attività. Una volta riempita la pancia, abbiamo bisogno di un po’ di movimento per aiutare la digestione prima di poter tornare nel bel mondo dei sogni. Il tipo di attività (e la durata) dovrà naturalmente essere commisurata all’età del bambino.
S. come SLEEP, ossia dormire. Un sano sonno ristoratore prima di ricominciare tutto da capo.
Y. come YOU, ossia tu, mamma, che ti dedichi interamente al tuo piccolo, ma che hai bisogno di prenderti cura anche di te stessa. E infatti mi viene da chiederti: ma ti sei pettinata stamattina???

Ovviamente la domanda nasce spontanea: si, ma quanto dura ogni parte? Se siete tipe come me, in cerca di certezze nella vita, allora la risposta non vi piacerà, perché è una di quelle che lascia troppe zone grigie. Infatti la risposta è: quanto basta. Perché in realtà la verità è che ogni bambino è diverso e ci sono quelli con un orologio biologico dentro di quelli che non si scardinano neanche con le bombe. Il trucco infatti non è quello di imporre un ritmo al bambino, quanto quello di trovare un ritmo insieme al bambino, prendendo in considerazione prima di tutto i suoi bisogni, e usare l’eventuale margine per tenere conto anche dei propri bisogni di adulti.

Partiamo quindi dai suoi bisogni.
Mediamente i bambini al di sotto dei 3 mesi hanno bisogno di essere allattati ogni 3 ore circa, mentre i bambini al di sopra dei 3 mesi possono essere allattati ogni 4 ore circa. Il tempo tra l’inizio di una poppata e l’inizio della successiva è quello che segna la durata di un ciclo EASY.
Attenzione, avete notato che ho usato le parole: circa e mediamente? Potrei aggiungere più o meno a proposito del passaggio da 3 a 4 ore, perché non è certo una cosa che uno cambia da un giorno all’altro, ma un processo che avviene più o meno spontaneamente intorno ai 3 mesi, circa.

Ma insomma come funziona questa routine EASY?
Facciamo un esempio pratico. Supponiamo che Luigino (7 settimane) si sveglia alle 7 del mattino, e venga allattato. Diciamo che la poppata dura ad esempio 30-45 minuti (a proposito, lo allattate da entrambi i lati o da una parte sola? Leggete qui: Ecco perché allatto da un lato solo). Poi si tira su e gli si fa fare il ruttino. Si fanno un po’ di coccole e poi ci si organizza per il cambio del pannolino. Nel momento topico lui vi annaffia con la sua pipì santa. Voi iniziate con i vostri sproloqui preferiti, tamponate la pipì alla meno peggio, gli mettete un nuovo pannolino, lo cambiate interamente, mentre gli cantate una canzoncina. Attaccate la giostrina, e intanto vi cambiate voi (se siete fortunate). A quel punto guardate l’ora e vi accorgete che siete arrivati alle 8.30 circa. Non era esattamente quello che avevate pensato quando avete letto la A di Activity, vero? A questo punto dovete fare attenzione ai segnali che vi lancia vostro figlio (leggete il post sul sonno secondo Tracy Hogg). Appena inizia a sbadigliare, è il momento di togliere tutto e portarlo nella sua stanza. Abbassate le luci, tenetelo in braccio e cantate la ninna nanna. Poi gli date un po’ pacche sulla schiena pat pat e sh sh sh lo mettete a dormire. Il tempo di addormentamento in media dura almeno 20 minuti. Sempre in media, perché ci sono bimbi che si addormentano in 10 minuti e quelli che hanno bisogno di 45 minuti. Rimanete li con lui finchè non è andato nel mondo dei sogni.
A questo punto se tutto va bene dormirà per 45 minuti circa. Questo significa che avete 45 minuti di tempo per voi (si, sto parlando di Y come You!) Ho detto se tutto va bene. Ma in questo post facciamo questa ipotesi, dai (altrimenti andatevi a leggere: Tracy Hogg risolve i vostri problemi di sonno).
Quando si sveglierà saranno circa le 10, e quindi è arrivato il momento di iniziare un nuovo ciclo EASY.

La routine di un neonato da 0 a 3 mesi circa sarà quindi, più o meno, approssimativamente, forse, simile a questa:

7:00 Sveglia e poppata
7:45 Attività (cambio di pannolino e poco più)
8:40 inizio addormentamento
9:00 lui dorme e te ti riposi
10:00 Sveglia e poppata
10:45 Attività (cambio di pannolino e poco più)
11:40 inizio addormentamento
12:00 lui dorme e te ti riposi
13:00 Sveglia e poppata
13:45 Attività (cambio di pannolino e poco più)
14:40 inizio addormentamento
15:00 lui dorme e te ti riposi
16:00 Sveglia e poppata
16:45 Attività (cambio di pannolino e poco più)
17:40 inizio addormentamento
18:00 lui dorme e te ti riposi
19:00 Sveglia e poppata
19:45 attività (bagnetto serale?)
20:00 nanna per la notte
22:00 poppata in semiveglia

Durante la notte il neonato deve essere allattato nel sonno (sempre ogni 3 ore circa), o comunque al minimo di interazione possibile. Se dovete cambiargli il pannolino fatelo tenendo la luce bassa, al semi buio, e cercate di non fargli fare nessun genere di attività. Non cantate ninna nanna, non accendente musichette, non fate nulla che possa svegliarlo interamente. Se il neonato di poche settimane non si sveglia da solo per mangiare, bisogna svegliarlo al massimo dopo 4 ore, per evitare che si indebolisca troppo. Questo èvero soprattutto nelle prime settimane, prima che l’allattamento riesca ad ingranare per bene. Può succedere che alcuni bambini sono troppo deboli per svegliarsi da soli, e meno mangiano più diventano deboli. E poi a voi vi vengono le paranoie sul vostro latte che invece non c‘entra proprio nulla. Quindi svegliatelo per mangiare!
Questa raccomandazione vale anche di giorno. La flessibilità del metodo di Tracy Hogg permette di anticipare una poppata di mezzora se si sveglia un po’ prima e non si riesce a farlo riaddormentare, oppure ritardarla se dorme un po’ più a lungo. Il passaggio da una fase alla successiva è infatti dettato in qualche modo dai segnali che lancia il bambino che sono ben diversi in caso di fame, sonno o dolori.

Che succede intorno ai 3-4 mesi? Succede che il bambino è più grande, riesce a mettersi più latte nello stomaco in meno tempo, e inoltre non ha più bisogno di mangiare troppo di frequente, e riesce a rimanere sveglio un po’ più a lungo. Come conseguenza la routine EASY si modifica leggermente su cicli di 4 ore circa.

La routine di un neonato da 3 a 6 mesi circa sarà quindi, più o meno, approssimativamente, forse, simile a questa:

7.00 poppata
7.30 attività
8.30 sonnellino di circa 1 ora e mezza/2 ore
11.00 poppata
11.30 attività
13.00 sonnellino di circa 1 ora e mezza/2 ore
15.00 poppata
15.30 attività
17.00 sonnellino solo se mostra di avere sonno mezzora/45 minuti circa
19.00 poppata
20.00 a letto per la notte
21.00 poppata ravvicinata in semiveglia
23.00 altra poppata ravvicinata in semiveglia

La routine EASY può essere applicata fin dai primi giorni di vita del bimbo, se la montata lattea ha funzionato bene. Altrimenti lasciate stare EASY e attaccate il piccolo al seno più possibile finché non arriva la montata. A quel punto entrate a regime con EASY.

Tanto lo so che adesso state li con l’orologio in mano a controllare i vostri orari. Allora vi rimetto qui un po’ di parole chiave: circa, mediamente, più o meno, approssimativamente, ad occhio e croce, o come diciamo a Roma: famo a capisse.

L’ultima cosa che sento di dovervi dire: la routine verrà stravolta più o meno sempre, ma anche qui dipende dai bambini:
– ogni volta che si ammala
– ogni volta che mette i denti
– ogni volta che viaggiate
– ogni volta che avete una visita
– ogni volta che uscite a cena
– ogni volta che ha un salto di crescita (leggete sui salti di crescita)
Però se il bambino è abituato a seguire la routine EASY sarà facilissimo ritornare a regime una volta passato il fattore di disturbo.
Tutto chiaro?

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307 thoughts on “La routine secondo Tracy Hogg da 0 a 6 mesi: That’s EASY!”

  1. Mi spiace Elisa, dissento totalmente. E’ vero, siamo fuori tema, ma voglio rispondere solo a un paio di cose.
    Non penso che sia piacevole nè per il genitore nè per il bambino dovergli stare continuamente dietro quando si trova in un ambiente che non è organizzato intorno a lui. Penso sia molto più rilassante e piacevole per tutti se il bambino comprende e ha dei limiti che sa anche adattare alle varie situazioni.
    La cassa del nostro stereo non si è rotta, ma non per questo è stata un’esperienza piacevole e ogni volta che mio nipote capita qui io tremo. I vetri, appunto come dicevo prima, stavano in uno scaffale normalmente bloccato da un fermo, ma per qualche motivo il fermo quel giorno non ha funzionato. Ecco, penso sia molto più semplice risolvere il problema alla radice che trovare scorciatoie o vie intorno.
    Dico “perchè no”, o meglio “perchè mamma non vuole”, che è un pò più morbido e mi prendo le mie responsabilità, a mia figlia se non è in grado di comprendere altro. Ora che comincia a capire io comincio a spiegare meglio. La base del mio ragionamento è che ci sono cose che non può fare perchè è molto piccola, e altre che non potrà fare mai, ma che se rispetta questi limiti (per i quali c’è un motivo valido) per tutto il resto ha molta più libertà. Penso che le convenga… Non sono d’accordo sul fatto che l’obbedienza comporti coercizione, premi o punizioni, e se credi che facendoti ascoltare tuo figlio comprenda le tue ragioni e si comporti come tu gli stai chiedendo, stai presupponendo che sia sempre d’accordo con te, e in bocca al lupo per l’adolescenza… Io non pretendo l’obbedienza a bacchetta, vorrei far capire a mia figlia che se le pongo un limite c’e’ una buona ragione e ho comunque il suo bene come primo fine. Neanche io voglio che mia figlia si comporti bene per fare contenta me (anche se sotto una certa età è il loro unico interesse), voglio che abbia la possibilità di andare a casa di amici ed essere la benvenuta, che all’asilo possa giocare bene rispettando gli altri, insomma che si comporti in modo socialmente accettabile. Ma ti assicuro che mia figlia non è affatto una bambolina, anzi…
    Ecco, sono contraria al distrarre un bambino da una cosa che non vogliamo che faccia. Non come metodo unico, intendo. Non so perchè ma mi sa tanto di presa in giro…
    I capricci non sono semplicemente espressioni di bisogni non ascoltati. Quelle sono richieste equilibrate, il capriccio è una reazione esagerata a un rifiuto, reazione il più possibile fastidiosa e spesso scollegata al rifiuto particolare atta a smuovere il genitore a fare qualunque cosa perchè la reazione smetta.
    Infine, e spero di ritrovarci in un post più in tema, non credo che nessuno di noi qui abbia preso la Hogg (o chiunque altro) per oro colato. Anzi, a dir la verità il suo è l’unico libro che ho letto in cui si dice espressamente di adattare il metodo ad eventuali esigenze particolari (vedi il caso di TopaGigia e il suo primo sonno pesante) e di applicarlo solo se pensiamo che possa andare bene per il nostro menage familiare.

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  2. I capricci sono espressioni di bisogni non ascoltati. I capricci sono una categoria poutpourri in cui ficcare tutte le reazioni che ci sconcertano. Occorre fidarsi dei bambini. Prova a pensare se con te si facesse lo stesso: “Se non diamo dei limiti a questa Barbara, a lasciarla a sé stessa, rischiamo problemi di comportamento”. Non lo troveresti offensivo? I limiti si pongono per forza, la vita li impone, le frustrazioni ci sono per forza. Noi siamo qui per aiutare i nostri bambini a imparare a gestirle, ma sono piccoli, non possono mica nascere già allenati. Ci vuole pazienza e ci vogliono attenzione, rispetto ed amore. Il gioco è fatto, anche se è un gioco duro. Ti avviso che io i problemi veri ho cominciato ad averli verso i 18 mesi del primo. E benedico di avergli lasciato mostrare tutto quello che gli imponevo per pregiudizio.
    Forse siamo fuori argomento, e ringrazio per lo spazio e l’accoglienza, già che ci sono, ma magari così date una riletta più critica alla Hogg, tenete solo quel che vi può servire senza diventare addestratrici di cuccioli d’uomo. Che dite?

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  3. @Elisa, penso che ti spieghi benissimo e penso anche che in fondo in fondo le nostre case si assomiglino. Partiamo da principi forse diversi ma il punto di arrivo penso sia molto simile. E’ chiaro che i limiti devono essere commisurati all’età e alla capacità del bambino di comprendere quello che gli viene detto, ma appunto io prima usavo il “mamma non vuole”, ora piano piano comincio a spiegare più a fondo il perchè un oggetto non si possa toccare (e vorrei che TopaGigia capisse anche che c’e’ sempre un perchè, se non ci sono rischi o limiti di proprietà privatissima ha accesso a tutto) o si debba maneggiare con attenzione. Colgo anche al volo le occasioni in cui sbaglio io: un giorno mi è caduto un piatto ed è andato in mille pezzi, le ho detto “hai visto? mamma non è stata abbastanza attenta e il piatto si è rotto. Mamma ha fatto un guaio (parola che lei già capiva e ripeteva). Ora mamma deve pulire tutto e fare attenzione perchè si può fare male e abbiamo un piatto in meno. Mamma chiede scusa a papà e TopaGigia che non possono entrare in cucina finchè non è tutto pulito”. Lei avrà capito metà delle cose che ho detto ma ripetendole un giorno magicamente capirà, e io avrò messo delle buone basi.
    Però quando dici “un bambino accolto nei suoi bisogni (bisogni che per essere accuditi richiedono un sacrificio dei nostri, purtroppo va da sé) quel bambino sarà molto più diposto ad ascoltare le nostre ragioni quando sarà in grado di comprenderle” io non ne sono molto convinta. E penso che se questa teoria viene applicata male sei nell’anticamera del capriccio cronico…

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  4. Ho dimanticato, scusate, interruttori, se si può lascio un po’ fare, poi si cambia gioco. Idem per i rubinetti raggiungibili. Se non mi va che ci giochi, chiudo la porta e propongo dell’altro. A volte lascio fare con tanti stracci per terra (gioco bellissimo). Con calma e pazienza parlo della necessità di risparmiare l’acqua, la luce… Ho fiducia che impareranno.

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    • Molto interessante questo discorso sul settare i limiti, anche se insisto che è totalmente fuori tema su questo post. Visto l’interesse vi annuncio che ci sarà proprio un post su questo argomento nel corso di questo mese, quindi stay tuned su genitoricrescono! 🙂
      A parte lo spot pubblicitario, credo che la posizione di Elisa non sia diversa da quella di molte di noi, indipendentemente dal metodo scelto per il sonno. A proposito di metodo per il sonno, ho scritto proprio oggi un post per ovs, in cui, mi sembra, di esprimere proprio quello che dice Elisa (appunto perché non siamo molto distanti come opinioni): http://ovskids.oviesse.com/2010/11/mamma-che-sonno/

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  5. Anna,
    io i copriprese non li ho. Mio figlio di 4 anni sa infilare le spine nelle prese, ha imparato come si fa e lo fa bene con accortezza. Il fuoco, non è mica scemo, non lo tocca. Gli ho fatto vedere com’è, gli ho fatto avvicinare la mano perché sentisse il calore e l’ha ritratta da solo. Bisogna vigilare, certo, spiegare. Non lascio in giro cose velenose, ecco. Ma non faccio una scena quando temo che il piccolo tocchi una presa. Faccio finta di niente e a lui una cosa che non gli viene negata interessa subito di meno. Le prese del muro gliele lascio toccare, le sue dita mica ci entrano. Evito che possa venirgli in mente di giocare a tirar dentro e fuori una spina. Spiego, se è il caso, che cosa può succedere e me lo porto come se niente fosse a fare dell’altro. Lui non ci pensa più e tutti contenti.
    Ai bambini fa davvero bene imparare a fare da soli. Ed è giusto che possano esplorare e sentire casa loro come propria. Che diresti a tuo marito, Barbara, se ti dicesse: “questa sentila come casa tua, MA non si tocca questo e quest’altro perché non voglio, e non mi va di fare la fatica di spostarlo perché tu non lo veda”? A me verrebbe da dirgli: “va bene, ma almeno non dirmi che è casa mia”. Mettiamoci sempre nei loro panni, è la cosa più illuminante.
    Ciao

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  6. Cara Barbara,
    vedo ora il tuo commento. Come puoi immaginare, non sono d’accordo con te, ma non penso ci si debba fermeare a questo. Proviamo a vedere se poi siamo così tanto lontane. Il problema dei danni dei bimbi in casa d’altri si risolve semplicemente standogli dietro. Poi gli incidenti possono succedere lo stesso (si è rotta la cassa rovesciata?), ma si limitano parecchio con un po’ di attenzione. Tua sorella mi sembra un po’ sbadata coi suoi vetri a disposizione di un piccolo come il suo. Se comunque riesce a non dire mai no (ma siamo sicuri che sia possibile?) ed è contenta, vuol dire che questo va bene per lei. Magari un po’ di attenzione che non faccia danni.
    Credo che ciascuno di noi debba valutare bene che cosa sono i limiti per lui e cercare poi un modo rispettoso per spiegare questi limiti ai propri bimbi. A volte si può anche scoprire che il limite che ci sembrava tanto necessario ci appare, di fronte alla reazione del nostro bambino, ridicolo, spostabile. E allora si rivede il proprio modo di vedere e si va avanti.
    In quali circostanze sei disposta ad accettare da qualcuno un “no perché no”, ché questo, se non ne capisci i motivi, è “mamma non vuole”. Io in poche: immagino casi in cui io sia in pericolo e non me ne sia accorta, qualcun altro lo sia e io non me ne renda conto. Altrimenti mi aspetto una spiegazione condivisibile, se no mi risento.
    Perché dovrebbe essere diverso per un bambino? Nel caso in cui io vedo che la spiegazione non è alla loro portata perché sono ancora troppo piccoli, preferisco eliminare il problema rimuovendo temporaneamente l’oggetto desiderato, evitando la situazione difficile. Per una questione di rispetto cerco di non pretendere da loro quello che a me starebbe stretto. E cerco di rispettare anche non imponendo le mie aspettative.
    Quando si dice “no, perché mamma non vuole” ci si aspetta di essere obbediti. Io non voglio essere obbedita, voglio essere ascoltata. C’è una certa differenza. Tra l’altro per farsi obbedire (che presuppone la non comprensione o accettazione di quello che si impone, se no non ci sarebbe bisogno dell’obbedienza) sono necessari continui rinforzi, spesso minacce o premi, talvolta punizioni, sgridate, ricatti morali. Tutta una serie di strumenti di violenza psicologica.
    Ho imparato, a essere mamma, quanto potere io abbia sui miei figli. Posso in pratica far loro di tutto e loro alla fine mi ameranno lo stesso perché sono la loro mamma, finiranno per giustificare anche le mie azioni sbagliate, magari con la scusa che li dovevo educare, peggio “correggere”. Il potere di condizionamento che abbiamo è spietato, sento il dovere di starci accorta. Non voglio che i miei figli facciano quello che fanno per farmi contenta o per sentirsi amati o giudicati dei “bravi” bambini. Voglio che si sentano amati a prescindere. E vedo che il resto viene di conseguenza. Non sempre è facile, ma per chi lo è? Per te lo è, Barbara?
    Quando allora mi ritrovo di fronte una che pare un’agnellina come la Hogg, ma che sento che è invece dell’altro, a me si rizzano le antenne. Perché, sempre pensando a quello spietato potere che mi ritrovo ad amministrare, preferisco essere un po’ più cauta che un po’ meno.
    Che dici?

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  7. @elisa: sono d’accordo con quanto dici, ma come fai con quelle cose che non si possono spostare più in alto? le prese di corrente (ok, ci sono le copriprese ma le tolgono), il fuoco dei fornelli (ok ci sono i cancelletti ma le ca se non sono tutte delle ville), gli interruttori della luce (acceso-spento, acceso-spento, acceso-spento), i rubinetti etc

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  8. Cara Serena,
    lo sento bene che non sono per sbaglio finita in un covo di torturatori. Proprio per questo mi sento di invitarvi a riflettere su rischi che apparentemente non sembrano tali.
    Per la questione del soprammobile e affini (questi benedetti limiti) la risposta è l’età. Un bambino di 5 anni capisce cose che uno di 2 non può. I limiti si calibrano in base all’età. E, per mia esperienza, insegnare non i limiti per sé stessi, ma il rispetto dell’essere umano che tutti siamo, paga di più: un bambino accolto nei suoi bisogni (bisogni che per essere accuditi richiedono un sacrificio dei nostri, purtroppo va da sé) quel bambino sarà molto più diposto ad ascoltare le nostre ragioni quando sarà in grado di comprenderle. E quindi quando sarà in grado di capire che le cose si rompono (magari ne avrà anche fatto esperienza perché capita ed è meglio che capiti con qualcosa a cui non teniamo troppo, no?) e che a certe cose si tiene (anche qui avrà fatto esperienza di come ci si possa affezionare alle cose), ecco che allora ascolterà quello che vogliamo dirgli quando gli chiediamo di stare attento. Se si sarà sentito limitato senza capirne il motivo, cercherà magari di soddisfare la sua curiosità e avrà in più una frustrazione da sfogare. E non avrà imparato il rispetto per sé stesso perchè non si sarà sentito rispettato…
    Non so se riesco a spiegare il mio punto di vista.

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  9. Eccomi qua, convinta sostenitrice del “mamma non vuole” o “a mamma questo non piace”. Elisa ti prego prendi il mio eventuale tono polemico con lo stesso spirito del tuo. Io sostengo il “mamma non vuole” e non sposto gli oggetti fragili perchè penso sia più facile e utile. Non potrò mai ricordarmi di spostare tutto, e se TopaGigia una volta per caso dovesse arrivare alla foto dei miei nonni da giovani e dovesse distruggerla… beh, ci piangerei parecchio. E poi voglio che sappia che la casa è anche sua, che può andare dappertutto ma ci sono cose che non deve toccare (il fuoco) e altre che può toccare ma con attenzione (gli oggetti a cui tengo). Adesso che ha 18 mesi comincio a spiegarle perchè non li può prendere, ma prima non era possibile, e l’unica arma era “mamma non vuole”.
    Certo, lo ammetto, io questo lo posso fare perchè lei difficilmente si caccia nei guai, ma due giorni fa ha preteso di aiutarmi a passare l’aspirapolvere e le è caduto su un piede (grandi pianti, grande dolore, nessuna conseguenza). Io però non voglio che l’aspirapolvere diventi off-limits, voglio che impari a maneggiarlo con attenzione.
    Mio nipote (14 mesi) è uno a cui i genitori rendono gli oggetti inaccessibili. Qualche tempo fa è venuto a casa nostra e ha buttato per terra una cassa dello stereo. Mia sorella ha messo i fermacassetti ovunque, un giorno uno è rimasto inavvertitamente aperto e lui ha rotto non so quanti bicchieri, rimanendo miracolosamente illeso. Lui non ha mai sentito un “no”. Io preferisco il mio metodo, TopaGigia non ha mai fatto danni a casa di altri.
    Volevo riflettere anche su un’altra questione, se mi permettete: i giocattoli. Mi piace moltissimo il principio montessoriano “il gioco è una cosa seria”, nel senso che ai bambini (piccoli) non gliene frega proprio niente di giocare. Loro vogliono imitarci, imparare, crescere, sentirsi importanti a fare quello che fanno gli altri. Trovo che una delle frasi più deleterie sia “lasciami finire di cucinare e vai a fare qualche gioco in camera tua”, che agli occhi del bambino significa “tu piccolo demente levati dalle scatole, tieniti occupato con qualcuna delle tue cosine inutili e lasciami fare le cose serie in pace”. Quindi dire a un bambino “non puoi toccare quello che c’e’ in quello scaffale perchè non sono giocattoli” non farà altro che far esplodere il suo interesse: lui non sta cercando giocattoli, sta cercando roba seria, “da grandi” per fare cose sereie e da grandi in quel momento…

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  10. condivido con voi solo alcune considerazioni che mi sono venute in mente:

    io credo che serena intenda con “problemi della crescita” nei bambini che non dormono a sufficienza, una crescita neurologica e non solo fisica (nel senso di peso e altezza) e in effetti si sa che il cervello dei bambini si forma durante le ore di sonno.

    Secondo me è “inutile” passatemi il termine parlare di questo o quel metodo, ci sono genitori che si sono trovati benissimo col metodo estivil (idontlikeit), altri benissimo con quello che dice la Hogg, altri che hanno seguito il loro istinto altri che hanno delegato a babysitter o nonni. Lo so che sono ripetitiva su questo punto, ma ognuno di noi è unico e diverso, sia come genitore che come figlio e c’è chi preferisce fare di testa proprio, chi preferisce avere qualcuno che gli detti le regole o chi si informa sulle regole e magari le adatta (io ad esempio per il problema gelosia del fratellino avevo bisogno che qualcuno mi dicesse, in questo caso GC con la play therapy, prova a fare così così e così, perchè io non ci uscivo da sola, forse una volta nelle famiglie allargate c’erano + persone presenti attorno alla mamma e la bambino e si tramandava un metodo di generazione in generazione)

    Anche io ho letto e seguito in parte il metodo della Hogg, mi piaceva l’idea di rassicurarlo e poi rimetterlo giù ma per dirvela tutta, ha imparato si a dormire nel lettino però vuole qualcuno vicino per addormentarsi, lo so che non gli ho insegnato l’autonomia di addormentarsi da solo però ha sempre dormito tutta la notte a parte qualche risveglio quindi pazienza, prima o poi riuscirà ad addormentarsi senza nessuno nella stanza…

    anche io faccio giocare mio figlio in cucina e i cassetti con pentole e strumenti vari sono una meraviglia, ma non ho spostato niente: quando prendeva il coltello con la punta o la mezzaluna gli dicevo che quelli erano cose per adulti e non si poteva giocare e addesso quanto apre il cassetto toglie le cose pericolose, le mette sul tavolo e con le altre ci gioca. E secondo me anche questo metodo “la mamma non vuole” (o dire cose simili) dipende da come si è e da com’è il bambino. Non voglio relativizzare sempre tutto ma mi sembra impossibile dare regole per tutti i bambini del mondo, ognuno se le adatta come si sente.

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  11. “Mamma non vuole” lo dice proprio, la Hogg, e nei termini che ho citato. Con gentilezza va fatto notare al bambino che il soprammobile non si tocca per quel motivo. E come fa a capirlo un bambino che è meglio che non ci giochi e non lo spacchi? Poi, quando non ci dà retta, che facciamo? Lo puniamo, lo sgridiamo? Non è meglio lasciar perdere “mamma non vuole” per cose del genere e mettere il soprammobile tre ripiani più su?

    Figurati se non lascio che i miei figli esplorino. Il piccolo ormai si apre da solo le ante della cucina, tira fuori e gioca: che giochi magnifici le pentole e le ciotole! Ho tolto le cose che si possono rompere, quelle che possono far male. Sono io a doverci pensare e lo faccio.

    Mi sorprende sempre che, quando ci si mette a difendere i diritti dei propri bambini, si debba passare per “lassiste”. Quelle che non pongono limiti, che non danno le regole. In realtà io vedo che pongo regole tutti i giorni, in continuazione. Solo cerco di non mettere limiti irragionevoli. E quanti di quelli che mi veniva da porre per istinto lo erano! La Hogg dà anche buoni consigli. E non ho dubbi che una mamma che la legge col cuore saprà scartare quelli sbagliati e tenere quel che di buono ha pur scritto. Ma, proprio perché sembra così condiscendente con i piccoli, a me pare più pericolosa per chi cerca una giustificazione a porre sul suo piccolo una sagoma già predisposta, quella del “bravo” bambino che fa cose accettabili e il più possibile facili da gestire.

    Non sto dicendo che fare la mamma sia votarsi al martirio. I miei bisogni cerco di accoglierli meglio che riesco, senz’altro mi sforzo di non censurarli e riconoscerli, esprimerli almeno. Ma credo concordiamo tutte che fare la mamma significa rivoluzionare per forza di cose la propria vita, non si può più tornare indietro. Per qualche anno ci sarà sempre qualcuno che è più importante di noi. In questo non c’è scelta. E allora, sul sonno ad esempio, meglio informarsi sulla fisiologia del sonno infantile che sui metodi per forzare questo sistema a rientare nelle nostre aspettative. La maggior parte dei bambini ha un sonno frammentato, è una garanzia di sopravvivenza (un bambino che si sveglia ogni ora non soccomberà facilmente alla SIDS), di crescita buona (il latte materno più nutriente si produce di notte, a dormire la notte filata se ne prende di meno). Ma arriva un pediatra spagnolo a dirci che quel furbacchione fa il nostro e il suo male, che se non dorme non cresce. Madri degeneri che non si rassegnano a NON far piangere il proprio figlio giusto un pochino! Tiro in ballo Estivill perché il suo libro è l’unico in cui finora ho trovato che a non dormire non si cresce bene e conosco tantissimi bambini che non dormono e son ben pasciuti. Mentre ci sono studi scientifici che provano i danni del pianto prolungato sullo sviluppo neurologico. Magari neanche le mamme, oltre a Estivill, lo sanno, ma il loro sano istinto le spinge a non far piangere i propri bambini.

    Lo so che è difficile, che è dura, ma chi l’ha mai detto che fare un bimbo e accompagnarlo nella sua crescita è facile?

    Non prendetevela per la foga della polemica, vi prego, non è contro nessuna di voi. Solo di natura mi viene da mettermi sempre dalla parte dei bambini e i miei figli, tra l’altro, mi hanno mostrato che alla lunga è sempre la strada migliore e la più remunerativa. Ciao

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    • Elisa guarda che qui non se la prende nessuno, ci mancherebbe. Questo sito è sempre aperto a qualsiasi punto di vista e nessuno è mai stato messo alla gogna per aver espresso critiche (purché costruttive, ed espresse in modo civile, si intende).
      E’ interessante l’esempio che fai dei sopramobili. Io non l’ho mai interpretato alla lettera, nel senso di lasciare li qualcosa di prezioso per rischiare di vederlo rompere dal mio ciclone preferito 😉
      Quello che credo la Hogg volesse dire con questo esempio è di insegnare ai figli che ci sono dei limiti. Dargli la possibilità di esplorare e sperimentare, ma anche che si sono delle cose che non vanno toccate. Ora non so come fai tu a dare i limiti a tuo figlio, Tracy Hogg suggerisce di dire “mamma non vuole”, io sceglierei un’altra frase, ma ci deve essere un modo per insegnargli che qualcosa è offlimits, sia esso un gingillo di vetro su uno scaffale, il cassetto dei coltelli in cucina, il fuoco del caminetto. Da quello che dici fai anche tu lo stesso.
      In ogni caso, questo post è scritto per spiegare nei dettagli il funzionamento del metodo EASY, e non discute tutti i precetti della Hogg. Ad esempio io sono totalmente in disaccordo con lei per quanto riguarda lo svezzamento. La Hogg stessa parla spesso dell’importanza di cambiare la propria vita e di mettersi in ascolto delle esigenze dei figli, quindi anche in questo non vedo nessuna contraddizione con quello che scrivi te. Qui in questo post si parla dell’importanza di una routine, e a quanto ne so io, la Hogg non dice mai di lasciare un bambino a piangere, anzi parla proprio di aggiustare la routine per soddisfare le sue esigenze. I bambini che non dormono a sufficienza invece (che è diverso dal dormire poco perché hanno bisogno di dormire poco) hanno problemi nella crescita e questo non lo dice solo Estivill. Non a caso la privazione del sonno è una delle tecniche di tortura più terribili.
      Contro Estivill ho già detto tutto nell’apposito post, e non voglio aggiungere altro qui, che sarebbe fuori tema.

      Vorrei tranquillizzarti anche sul fatto che qui siamo tutti dalla parte dei bambini, e basta leggere un po’ di post in giro per il sito per rendertene conto 😉

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  12. Io credo che in qualsiasi teoria ci sia del buono, ovviamente spetta ad ognuno di noi trovarlo. Tutti i genitori sono alla ricerca di risposte e persone come la Hogg, Estivill e altri cercano di darle. L’uomo poi è nato libero e come tale ha la possibilità di scegliere cosa fare, soprattutto quando si parla di figli e di educazione. Ciò che per me è importante, per un altro può non esserlo. Se tu Elisa ti senti realizzata e soddisfatta anche passando notti in bianco va benissimo, anzi sei fortunata!!! Noi ultimamente non dormiamo perchè la mia piccola di sette mesi si sveglia ogni ora. Abbiamo notato che di giorno siamo molto più nervosi tutti e la vita familiare risulta sconvolta. Partendo quindi dall’esigenza di dormire abbiamo cercato delle risposte, che stiamo valutando e ponderando in base a come è nostra figlia e a come si svolge la nostra vita quotidiana, nel rispetto di chi agisce e pensa in modo diverso. Ho amiche che praticano la teoria della mamma marsupio e amiche che invece fanno piangere i propri figli, personalmente non mi sento vicina a nessuna delle due scelte (ed è per questo che trovo la Hogg più ragionevole), ma non mi sogno assolutamente di dire loro che stanno sbagliando. Perciò come diceva chi sicuramente era più saggio di noi “A CIASCUNO IL SUO”

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  13. @Elisa,
    sul discorso degli oggetti però vorrei spezzare una lancia in favore della Hogg per spiegare lo spirito con cui secondo me vanno affrontati i manuali.
    Io ero tentata di togliere tutti gli oggetti potenzialmente pericolosi dalle mani della piccola, influenzata in questo da mia madre.
    Ho colto però il suggerimento della Hogg di non privare i bambini di stimoli sensoriali e ho adottato una soluzione di compromesso (anche perché casa mia è piccola, e dove la mettevo la roba! :-)): ho tolto molte cose ma non tutte. Ad esempio in cucina ho tenuto 2 cassetti bassi con oggetti innocui e i 2 più alti con quelli pericolosi. Le ho sempre detto che i suoi cassetti erano quelli sotto e quando lei cercava di aprire quelli alti li chiudevo dicendole di no perché non erano giocattoli.
    A mio parere questo è insegnare, non ammaestrare, anche perché un bambino non sa che con un coltello si può tagliare ed è giusto insegnargli che a volte ci si deve fidare.
    Dare delle regole non vuol dire insegnare “quello che mamma vuole”, detto così sembra che le regole siano ordini arbitrari senza senso (tipo: mamma vuole che tu ti vesta di rosa). Dare delle regole secondo me vuol dire trasmettere i valori che riteniamo giusti, e questi concordo con te che vadano scoperti insieme.
    Ma d’altra parte credo fermamente sia sotto la nostra responsabilità di genitori tutelare la salute fisica del bambino (vestirsi, mangiare, non farsi male) e in questo campo c’è meno spazio di manovra perché non posso far imparare a mio figlio che il fuoco brucia lasciando che metta una mano sui fornelli oppure farlo uscire senza scarpe perché non vuole mettere le scarpe.
    Quello che sto cercando di dire in sintesi è che i manuali non sono bibbie e non risolvono i problemi (magari!), però offrono una prospettiva diversa dalla tua spingendo a riflettere. Io mi sono accorta che a volte mi comportavo in un certo modo perché mi veniva spontaneo, ma magari non pensavo che si può anche fare diversamente.

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  14. Se ha funzionato bene e senza forzature non credo sia stato merito del metodo, ma del modo con cui l’hai fatto tuo. Che il tuo Thor avesse bisogno di riposo era balenato anche a te, solo che al primo figlio i consigli di tutti sembrano più savi dell’intuito di mamma persino alle mamme. La Hogg ti ha dato allora l’opportunità per trovare una vostra routine. Figurati se mi oppongo. Ricordo il sollievo con cui specillavo le sue 2 paginette con l’interpretazione del linguaggio del corpo: finalmente delle regole di decodifica! Ma poi, più proseguivo, meno mi convinceva. La faceva troppo facile lei! E quando ha cominciato a dire che non si dovevano spostare le cose che i bimbi non dovevano toccare, ma ci si doveva mettere a dire al piccolo esploratore “no, no, che mamma non vuole”, beh, allora ho capito chiaramente dove andava a parare: l’addestramento appunto. Io le cose le sposto eccome, io evito i motivi di frustrazione più che posso, cerco di mettermi nella testa dei miei bambini io, che ho quasi 40 anni, e non pretendo certo che siano loro di 4 e 1 che entrino nella mia. Chi è l’adulto che deve essere responsabile e chi il bambino che sta imparando, sperimentando? Quindi per me non esiste quello che ” mamma vuole o non vuole”, le regole da imprimere in quelle adorate testoline cocciute il prima possibile se non poi è troppo tardi e occorre rimediare a fatica, ma piuttosto quello che si impara insieme, la bellezza di vedere come le cose “giuste” le imparano da soli. Basta fidarsi e permetterglielo.

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  15. Il mio bimbo che non dorme e non ha mai dormito, allattato esclusivamente al seno, era oltre le curve percentili massime. Sempre cresciuto a meraviglia, sempre stato un simpatico cucciolo sorridentissimo. Certo andava e va seguito. Per me non ho molto tempo. Ma per quel che posso permettermelo non ho rimpianti, anzi.
    Il mio primo era tutto diverso, se non dormiva era nervoso, piangeva. Ma si dava da solo ritmi regolari e faceva bei pisolini lunghi. Io ho scelto di usare un mio metodo, quello della fiducia e dell’ascolto. Ogni bambino è diverso, ognuno ha i suoi bisogni. La Hogg può indurre a diventare più attente delle mamme che magari da sole avrebbero trascurato alcuni bisogni (non offendetevi, vi prego, non sto parlando di voi, non vi conosco nemmeno, sto discutendo il sistema, non la vostra personale applicazione), ma non ti risolve veramente i problemi quotidiani con un bimbo ad alto bisogno e neppure ti insegna veramente ad avvicinarti alle esigenze di tuo figlio. Perché? Perché le ha già stabilite lei queste esigenze nel corso della sua lunga carriera di addestratrice. Ma, se a voi sta bene così, se quello che fate funziona e capite che state rispettando in tutta onestà i vostri cuccioli, non datemi retta. Ognuno deve fare quello che sente in base al suo bambino, alla sua vita con tutti i suoi problemi. E’ sempre questione di compromessi. E sono perfettamente d’accordo che non porre limiti per partito preso e trascurare in questo modo i propri bisogni è deleterio e finisce per ricadere in sofferenza sui più piccoli. A volte però riconoscere i propri bisogni e capire che li si sta sacrificando in nome di bisogni più importanti e che questi bisogni spariranno presto col tempo, ecco questo aiuta.
    Vi vorrei però far riflettere su questo: che il metodo Hogg può anche rivelarsi frustrante per chi, dovendo tener conto di un bambino che non rientra negli schemi, in un certo senso fallisce. Non staresti meglio, Lorenza, a pensare che i risvegli di tuo figlio e le sue richieste di stare vicino a te e non da solo sono la cosa più normale del mondo e non un tuo fallimento personale di fronte a chi ha applicato una teoria priva tra l’altro di qualsiasi fondamento scientifico? Un bambino che piange quando sente la mamma lontana mica è “viziato”. Risponde a un sano istinto di autoconservazione: se lo lasciasso nel tuo lettino solo in natura non avrebbe grandi possibilità di sopravvivere ai rischi che lo corcondano e ai predatori. Lui mica lo sa che la tua casa è un posto sicuro e garantito, ha bisogno di te per sentirsi al sicuro. Dal mio punto di vista vedi allora che i bambini che protestano e si ribellano all’addestramento sono quelli con gli istinti più sani e non dei disgraziati votati a crescere poco.
    E scusatemi se sorrido a pensare che sto pregiudicando la crescita del mio gigantone.

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    • Elisa scusami credo di essermi spiegata male, non intendevo dire che TUO figlio sta crescendo male, ma che in generale i bambini che dormono meno di quanto hanno bisogno crescono male. Se tuo figlio non ha bisogno di dormire più di quanto faccia non c’è nulla da aggiungere certamente. Per il resto sfondi una porta aperta. Ogni bambino è diverso e ogni genitore è diverso, e noi non facciamo altro che dire e ripetere questa cosa, e che non ci sono metodi giusti o sbagliati universalmente. Questo post è ad uso di chi ha deciso di provare a seguire questo metodo.
      Dissento però su un punto. Il Vikingo ha sempre lottato contro l’addormentamento, e come ho scritto su altri post noi siamo stati salvati da questo metodo perché proponeva una routine semplice da seguire, ma allo stesso tempo sufficientemente flessibile da essere aggiustata alla situazione specifica. Il metodo ci ha aiutati a leggere e rispondere ai suoi bisogni, perché nella confusione di messaggi che lui lanciava trovavamo impossibile districarci. Ha sonno? Ma no, non vedi che è tutto contento e lancia urla di gioia? Me lo sono sentito dire un milione di volte. Poi ho scoperto che lui quando è stanco per riuscire ad isolarsi inizia a correre. Da neonato si agitava, muoveva braccia e gambe in modo convulto (proprio come descrive la Hogg), e più era stanco più si agitava e tutti a dirmi che non era stanco, che era contento. Insomma forse per alcuni genitori le cose non sono così chiare come per altri. E allora è facile dire che lui si ribella all’addestramento, solo che non è l’interpretazione giusta del problema. E in quel caso usare un metodo può essere un buon sostegno.

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