Raccontare le storie di famiglia

Nella mia famiglia di origine si è curata poco la memoria. Quella delle storie dei nonni, quella dei racconti di famiglia: semplicemente non si racconta. E così ho passato molti anni, finché non ho chiesto esplicitamente, conoscendo solo le vicende delle persone vive e mai delle generazione precedenti.

L’unico che raccontava così, senza particolare motivo, per il piacere di raccontare, era mio nonno paterno: già ottantenne quando io avevo dieci anni, ogni sabato pomeriggio (quando passavo a trovarlo, anche un po’ controvoglia perché volevo andare a giocare o, più tardi, uscire con gli amici prima possibile) si perdeva in meravigliosi ricordi delle sue serate romane degli anni ’20 e ’30. Nonno era del 1901 e aveva visto una Roma che era proprio tutta un’altra cosa: da ragazzo viveva a Trastevere e i suoi racconti preferiti erano quelli dei pomeriggi del sabato nelle sale da ballo, dove lui e i fratelli venivano fatti entrare gratis perché erano giovani e bravi ballerini e quindi animavano le danze. Insomma i suoi erano racconti dei soli momenti gioiosi. Erano sempre gli stessi, ma almeno erano piacevoli.

Nella famiglia di mamma, invece, i racconti erano davvero inesistenti: ritenuti del tutto superflui. Mi ricordo che solo ben oltre i vent’anni, assolutamente per caso, scoprii che il padre di mio nonno era stato un cuoco piuttosto rinomato e il suo ristorante, proprio davanti al Teatro dell’Opera, era stato di moda agli inizi del secolo scorso. In quel momento sentii un legame con il passato: nella famiglia materna cucinare non era mai stato considerato un passatempo piacevole, ma solo un compito, e invece io iniziavo a divertirmi come una matta a cucinare proprio negli anni dell’università. Certo, un caso, ma per un momento avvertii una continuità, un’appartenenza familiare.

A me l’assenza di racconti è mancata molto e me ne sono resa conto da adulta.
Noi non abbiamo un paese d’origine, a cui tornare d’estate o nelle feste, che ti fa sentire di appartenere a un luogo familiare. Noi siamo romani: nati e cresciuti a Roma, sia i nonni che i genitori dei nonni. Ci manca il tornare da qualche parte. Abbiamo il disincanto dei cittadini fin troppo radicato nelle generazioni: non ci serve un passato personale, abbiamo quello della storia intorno. Però, in assenza di storie di famiglia, io ho avvertito più di una volta che non sapevo bene dove collocarmi.
Per esempio mi ricordo tutti gli anni di scuola, in cui a Natale sparivano tutti per tornare ai paesi dei nonni. E noi invece, da buoni cittadini, avevamo sviluppato, almeno una generazione prima, una famiglia mononucleare o poco più.
Pochi parenti, pochi racconti, poche storie e una memoria familiare parziale e difficile da ricostruire.

Da questa mia esperienza di assenza, mi rendo conto che i bambini hanno bisogno di storie anche molto vicine a loro, oltre alle favole e alle storie della letteratura. I bambini hanno bisogno dei ricordi collettivi, della memoria di famiglia, dei racconti di casa, delle vite e delle vicende di quelli poco prima di loro. I nonni, i bisnonni chi sono o chi erano? Dove vivevano? Che lavoro facevano? Come sono arrivati qui dove viviamo noi? Da dove venivano?
Le storie di famiglia non hanno bisogno di essere eccezionali, per i bambini sono affascinanti anche nella loro normalità. Servono a trovare un posto nella storia.
Da bambini è una scoperta rendersi conto che i nonni sono stati giovani, hanno avuto dei genitori, che a loro volta erano giovani. E’ difficile anche immaginare i genitori da piccoli. Sentir raccontare gli episodi di famiglia, magari buffi o strani o soltanto quotidiani, è fonte di grande stupore e divertimento, ma è anche un modo per trovare il proprio posto nella continuità, per capire che sono parte di un cammino.
I racconti veri, di casa, poi, sono una chiave per leggere il passato al di là delle ricostruzioni patinate da fiction, di cui si nutre l’immaginario televisivo. Storie semplici e reali, con nomi e cognomi uguali al proprio.

Raccontate, raccontate le storie di casa, la vita dei nonni e portate i bambini a vedere i paesi o le strade che hanno fatto la storia di famiglia. Regalate loro questi piccoli viaggi nella memoria. Tirate fuori le foto, quelle ancora di carta, se le avete.

Quando il mio papà è morto, tra le sue cose ho trovato una busta piena di foto. Erano quelle di nonno, dai tempi delle sale da ballo in poi. Sono state lasciate lì per tanto tempo. Io da bambina non le ho mai viste. Le ho viste per la prima volta a 35 anni e ne sono rimasta affascinata. Ora le tengo per mio figlio, perché le veda molto prima e possa fare domande. Non saprò rispondere a tutte: di molte persone non so più chi siano e non so a chi chiedere. Ma non importa, troveremo insieme una spiegazione e ricostruiremo una storia. La nostra.

Prova a leggere anche:

Previous

La risposta del cavolo

Ma Babbo Natale esiste veramente?

Next

12 thoughts on “Raccontare le storie di famiglia”

  1. Davvero interessante. Quella del tramandare di generazione in generazione è sicuramente una buona abitudine. Purtroppo però i racconti orali si perdono facilmente e, calcolato che ognuno di noi ha 4 nonni, 8 bisnonni, 16 bisavoli ecc., pensiamo di quante persone molti non solo non conoscono i racconti e la vita, ma nemmeno l’esistenza! Per questo sul nostro sito (non a fini di lucro) raccogliamo le storie delle famiglie italiane. Per portare a chi ci sostituirà nel futuro la nostra memoria.

    Reply
  2. Che bello, che vero, mi sono un po’ commossa… Ricordo che quando mia nonna, classe 1900, stava molto male e per quello stava a casa con noi, mia mamma si faceva raccontare e trascriveva le filastrocche e le storielle di quando era bambina. Chissà che fine hanno fatto. E ricordo quando ho scoperto l’album di fotografie dei miei genitori e mi sono indignata perché per quasi trent’anni era rimasto nascosto in un cassetto e non mi era mai stato fatto vedere!
    Mi è sempre piaciuto sentire le storie di famiglia, ascoltate un po’ annoiata e un po’ sognante di un passato che allora sembrava così lontano. Oggi mi sento più vicina agli anni ’30 del Novecento che non ai ragazzini con le braghe a cagarella… (sorry for the French!). Vorrei scriverle da qualche parte per raccontarle anche io alle mie figlie, tra qualche anno, ma lo so che tanto non lo farò mai, tanto i racconti orali sono belli e speciali perché i dettagli veri si perdono per strada e si arricchiscono di bocca in bocca e di volta in volta, no?

    Reply
  3. “Le storie di famiglia non hanno bisogno di essere eccezionali, per i bambini sono affascinanti anche nella loro normalità. Servono a trovare un posto nella storia.”
    Verissimo.

    A me spiace non aver preso nota di tutti i fatti che oggi mia figlia considera fatti davvero eccezionali: dal lavaggio delle lenzuola con la cenere ai lavatoi, al mio camminare sui granelli di mais sparsi sull’aia, chicchi sgranati a mano da mia nonna! Le ho risparmiati certi racconti dei tempi di guerra, perché sono faticosi anche per un adulto, però hai ragione, raccontate, raccontiamo e bisognerebbe tenere un diario per annotare … per non dimenticare, per tramandare.

    Bello questo post, eccezionale nella sua semplicità.

    Reply
  4. Ricordo che nella vecchia casa dei nonni paterni c’era uno scrigno dove erano conservate foto vecchie e la corrispondenza del tempo. Leggere la cartolina che mio nonno scrisse dalla Russia in tempo di guerra mi commosse…
    Spesso mi fermavo per ore a guardare quelle foto…
    Da qualche giorno i miei bimbi prima d’addormentarsi mi chiedono una storia “papà ci racconti quello che facevi da piccolo?”. Faccio ricorso alle piccole avventure giovanili… ho un repertorio mica male. Un scrigno pieno!
    Il viaggio nella memoria è appena iniziato!

    Reply
  5. che storia! io ho avuto due nonni che ho letteralmente adorato e che mi hanno raccontato un sacco di cose della loro vita. anche storie non facili e a me questa cosa piaceva tantissimo, poi c’erano pure i nonni delle amiche e passavo pomeriggi in estate ad ascoltare tutti i loro racconti. i miei figli hanno tre nonni e di tre non se ne riesce a fare uno, anche in quanto a memoria, ma questa è un’altra storia…allora io sai cosa faccio? gli racconto dei miei di nonni, di come la nonna di cui ho preso il nome mi insegnava le cose, di come era brava a cucire, del carattere di ferro che aveva, del tempo che trascorrevo con loro. purtroppo non colma l’assenza nè quella che sento io, nè quella che sentono loro probabilmente, però in effetti a loro serve per sapere da dove vengono e il perchè e il per come. E il posto dove loro sono felici di tornare è dove io raccoglievo le more insieme ai miei bellissimi vecchi.

    Reply
  6. Anch’io privata di ricordi, sto cercando di alimentare la memoria dei miei figli: loro hanno quel posto del passato in cui tornare, è la casa dei nonni… Proprio l’altro giorno mi hanno detto che il nonno ha mostrato loro tutte le foto di me piccola, che infinita tenerezza…

    Reply
  7. Io invece ho la fortuna opposta, una famiglia di affabulatori e talmente sparsa per il mondo che c’ è sempre qualche storia da ripetere. E noto come ai miei figli, specialmente il grande, in molti momenti la richiesta di una storia per dilazionare il momento del sonno (e io ci casco sempre) sia quella di; raccontami una storia di te da piccola, di papà, dei nonni, del bisnonno austroungarico. La mia gran fortuna è stat che negli ultimi tempi di vita di mia nonna mamma si sia fatta insieme a lei l’ albero genealogico e così ha capito come mai eravamo imparentati a mezzo paese. Tutta gente che lei a suo tempo ha conosciuto, ma io manco saprei chi sono. Ci rifacciamo con il gruppo oriundi ed emigranti, che molto più attivamente di me setacciano archivi online, come quello di Ellis Island, per scoprire come la loro famiglia sia arrivata in America. Però ecco, se adesso non me lo facevi notare tu per contrasto, io non l’ avrei mai notato.

    Reply
  8. Sono totalmente d’accordo con te, le storie di famiglia sono importantissime. TopaGigia già chiede in continuazione, sia le marachelle mie e di mia sorella da piccole sia chi erano i bisnonni e che cosa facevano. Le mie storie di famiglia sono molto affascinanti, le vite dei miei 4 nonni sarebbero davvero da romanzo, ma c’era un grandissimo timore di raccontarle, sconvolte e segnate dalla guerra. Però anche questo è importante, per capire come la storia influenzi le vite dei singoli, per imparare dagli errori e possibilmente non commetterne più di così atroci.

    Reply

Leave a Comment