Questo post non bastava per parlare dell’interruzione volontaria di gravidanza oggi in Italia.
Proprio nel momento in cui la legge n.194 del 1978 sembra attaccata dalle censure di incostituzionalità e dalle ipotesi di nuovo referendum da parte dei movimenti pro-life, si sente la necessità di mettere in luce le carenze di questa normativa. Perché dopo averla difesa, dovremmo vigilare sempre sulla sua reale ed efficiente operatività.
La legge 194 è di per sé una buona legge. Prevede però un istituto, contemplato da quasi tutte le leggi sull’aborto, in ogni Paese, ma che da noi è divenuto il punto debole che provoca la disapplicazione della legge: l’obiezione di coscienza.
L’art. 9 così si esprime: “Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. […]
L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e n necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento.
Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione
anche attraverso la mobilità del personale.
L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.
L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge,[…]“
In Italia si registra un numero tanto elevato di medici e personale delle professioni sanitarie obiettori di coscienza, da paralizzare sostanzialmente l’interruzione volontaria di gravidanza nelle strutture pubbliche, rendendo lunghissime le attese per praticarla.
Ci sono ospedali pubblici (e addirittura,in alcuni periodi, intere province) in cui il 100% dei medici è obiettore di coscienza e, dunque, è estremamente difficile garantire l’effettività del diritto all’IVG anche mediante la mobilità del personale.
I medici non obiettori, visto il loro numero esiguo e la loro coscienza (che non obietta, ma è sana e vigile!) sono costretti a dedicarsi esclusivamente all’attività di interruzione di gravidanza che, psicologicamente e professionalmente, per un ginecologo è estremamente pesante. I ginecologi non obiettori, soprattutto nelle strutture pubbliche, dove sono indispensabili, finiscono per essere considerati degli “operai dell’aborto”, dato che devono dedicarsi praticamente solo a questo, e così hanno maggiori difficoltà di carriera rispetto agli altri medici. Si tratta di una condizione professionale ingiusta e frustrante. Sono poi esposti continuamente al lato più doloroso della loro professione, ricavandone un fardello psicologico non indifferente da gestire.
Questa situazione spinge chi può a rivolgersi alle strutture private per evitare le lunghe attese. Perché, se si pensa a quanto realmente costi ad una donna decidere una interruzione di gravidanza, si capisce che attendere un mese per ottenerla è una tortura che si aggiunge al dolore.
E chi non può rivolgersi alla struttura privata o magari si fida di più dell’ospedale pubblico? Aspetta. Gira. Cerca. Chiede. Come se non fosse un diritto, il suo, ma un favore da ottenere.
Con l’avvento dell’aborto farmacologico, la così detta “pillola abortiva” RU 486, si sono create ulteriori questioni.
Prima si era addirittura posto un problema di compatibilità tra questo trattamento farmacologico e la legge n.194, risolto poi in modo positivo alla luce dell’art. 15 della legge stessa. Poi però l’uso della RU 486, considerata da molti più sicura per le donne e sicuramente meno invasiva, continua ad essere osteggiato.
Mentre un’IVG con metodo chirurgico prevede un’ospedalizzazione obbligatoria di poche ore, per la somministrazione del farmaco è necessario un ricovero di tre giorni.
Questo lo rende meno accessibile alle fasce più deboli della popolazione, soprattutto alle ragazze più giovani e alle lavoratrici meno tutelate.
C’è poi l’ultima frontiera dell’obiezione di coscienza. Quella contro la così detta “pillola del giorno dopo“, ovvero la contraccezione d’emergenza. L’obiezione dei medici nella prescrizione e addirittura dei farmacisti nella vendita è stata negata anche nel Rapporto sulla salute delle donne del 2008, in cui si legge: “La pillola del giorno dopo non è un farmaco abortivo, ma anticoncezionale, e come tale non può essere motivo di obiezione di coscienza da parte degli operatori sanitari, compresi i farmacisti“.
La prescrizione di questa forma di contraccezione, che in altri Paesi è di libera vendita, deve essere effettuata a richiesta della donna, può essere effettuata anche alle minorenni (in quanto, appunto, è una forma di contraccezione) e non c’è alcuna norma di legge statale che preveda l’obiezione di coscienza.
L’associazione Vita di Donna ha rilevato però che nel 50,9% dei casi il medico nega la prescrizione della pillola del giorno dopo. In Italia, infatti, ricorre alla contraccezione di emergenza solo il 2,5 per cento delle donne tra i 15 e i 49 anni.
I medici si appellano ad una norma del codice deontologico professionale, la così detta clausola di coscienza, secondo la quale
“Il medico al quale vengano richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico, può rifiutare la propria opera, a meno che questo comportamento non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona assistita e deve fornire al cittadino, ogni utile informazione e chiarimento“.
Il Comitato nazionale di Bioetica, riconoscendo questo diritto anche al farmacista, ha precisato che l’obiezione “deve essere esercitata in modo responsabile, in maniera tale da non interrompere l’iter che conduce alla libera risoluzione del paziente, e alle sue successive opzioni di assumere un farmaco, sotto la responsabilità morale e giuridica del medico.
Presupposto necessario per l’eventuale riconoscimento legale dell’obiezione di coscienza è, dunque, l’affermazione del diritto di ognuno di ottenere le prestazioni dovute per legge.”
Ma rendere questo diritto così difficile nel suo concreto riconoscimento è legittimo? Girare per medici ed ospedali a elemosinare una prescrizione in tempi brevi, perché altrimenti il trattamento è inefficace, è dignitoso?
L’obiezione di coscienza è un diritto degli operatori sanitari, su questo non si discute. Ma se oltre il 70% dei ginecologi italiani (con regioni in cui si tocca l’81%) si dichiara obiettore, qualcosa non funziona: la legge non è operativa, il diritto di scelta non è concreto, le persone (donne e uomini) non sono tutelate.
Se poi l’obiezione di coscienza viene invocata anche al di là della legge, per opporsi anche alla prescrizione di farmaci contraccettivi, allora ancora di più qualcosa non funziona ed è più grave, perchè la clausola di coscienza confligge gravemente con il diritto alla contraccezione d’emergenza che potrebbe prevenire le interruzioni di gravidanza.
Rendere estremamente difficile ottenere un proprio diritto è come non riconoscerlo. La coscienza dei medici non si può scontrare così gravemente con la salute delle donne.
Questo video “Chiedo solo,l’applicazione della legge” fa parte della campagna “Il buon medico non obietta” della Consulta di Bioetica:
Sul disservizio dovuto alla % di obiettori, segnalo la notizia di marzo 2012: ginecologo dell’ospedale Federico II di Napoli muore in un incidente stradale, per due settimane quell’ospedale non ha operato Ivg perché si trattava dell’unico non-obiettore della struttura.
Sul ritorno alla clandestinità: leggevo che sono in aumento le segnalazioni di emorragie e perfino morti per abuso di Cytotec, un farmaco anti ulcera che ha come effetto collaterale l’aborto spontaneo.
Non ho fonti scritte da citare, ma provando a controllare credo che si possa risalire abbastanza facilmente alla relazione obiezione di coscienza > possibilità di essere promosso. Ricordo denunce circostanziate fatte dal PCI negli anni ’80 sul fatto che un ginecologo che voglia fare carriera deve presentare l’obiezione. Il picco di attenzione c’è stato nei primi anni ’90 quando una donna calabrese è morta girando per gli ospedali in cerca di un ginecologo non obiettore.
Secondo me l’unica soluzione è creare un movimento di opinione che chieda la penalizzazione professionale dei ginecologi obiettori, in termini di orario di lavoro, ferie e stipendio. Contrastando quindi la tendenza attuale a premiare gli obiettori e ad isolare i non obiettori. Nessuno sarà obbligato a fare qualcosa che va contro la sua coscienza, ma dovrà assumersene la responsabilità.
@MAria Angela:
Credo che il figlio di 6 mesi sia della madre che ha dovuto abortire al quinto mese (in una gravidanza precedente a quella che le ha dato la bambina che non dorme la notte).
Poi sai… quando ti fanno partorire dopo 5 mesi di gravidanza, in un reparto pieno di bambini vivi… e il tuo non e’ vivo, o una volta nato non lo sara’ a lungo… chiamarlo “feto” non e’ una cosa molto strana. Dopotutto mi sembra un buon compromesso.
Io sono assolutamente pessimista e tendo ad essere radicale come Silvia.
Secondo me ci sono pochi discorsi da fare, certa gente se non la tocchi nel portafoglio non la smuoverai mai di un millimetro.
Saro´ volgare, ma l´unica soluzione che vedo e´ una riduzione dello stipendio per chi non pratica aborti. Dopo tutto si tratta di persone che decidono di non dare parte del servzio che la struttura per cui lavorano e´ tenuta a offrire. Diciamo un bel 15% in meno rispetto ai colleghi non obiettori. Se non 20%, numero che si potrebbe dedurre dalle statistiche (210 IVG su 1000 nati vivi, che equivale piu’ o meno al 20%). La percentuale potrebbe partire da una media nazionale e anche aumentare se nella struttura particolare ci sono piu’ IVG della media.
Il 15% in meno non riduce nessuno alla fame, ma attribuisce il giusto prezzo a un ideale. E siccome, come disse qualcuno, ogni unomo ha il suo prezzo, e alcuni hanno anche lo sconto, forse si comincerebbe a vedere quanto sono forti questi principi morali.
sarò io che non capisco, ma… una che ha un bambino di 6 mesi, un anno prima andava in giro a cercare qualcuno che le prescrivesse “la pillola del giorno dopo”? cioè al 3° mese di gravidanza? (“madre” seduta a destra).
e l’altra, che chiama sempre solo “feto” il bambino che si tiene nella pancia per cinque mesi? solo perchè è malato e non ha speranza di vita oltre un paio di mesi?
scusate l’intervento un po’ fuori bersaglio, ma trovo questo video davvero malfatto e psicologicamente poco realistico.
Scusate la domanda, ma leggendo in giro mi pare di capire che un medico possa essere obiettore nella struttura pubblica, salvo poi “ravvedersi” (o “corrompresi”, a seconda di come la si guarda) in una clinica privata. E’ vero?
Questo fatto lo trovo agghiacciante, proprio tipico di un’Italia che non ha speranza. Non sono un avvocato, ma questi medici li perseguirei per qualche reato tipo falso ideologico o simili. Comodo obiettare in ospedale (così si fa carriera, perché è palese che sia così) e poi guadagnarci pure sopra. Forse chi invoca il giuramento di Ippocrate dovrebbe farci un pensiero…
@Close,
quello che dici è in parte giustissimo, ma anche molto emotivo.
Le mie perplessità nascono dal fatto che il pezzo così come è stato scritto e molti dei commenti che seguono sono “ideologici” e non tentano di spiegare qual è la reale portata del problema.
Dico “ideologico” perché:
1) Gli aborti vengono pur sempre effettuati e mi sembra che non ci siano esempi noti di donne che hanno dovuto partorire un bambino non voluto.
2) Non ci sono studi che paragonano le difficoltà che le donne hanno ad accedere a servizi abortivi, paragonate alle difficoltà che tutti gli altri hanno ad accedere in generale ai servizi di sanità pubblica (e anche quello è un sacrosanto diritto)
Inoltre bisognerebbe approfondire l’incidenza di dottori obiettori che lavorano in privato (sicuramente alcuni casi esistono, ma quanti sono? Boh).
Un’altra cosa da sapere è cosa spinge così tanti operatori sanitari ad obiettare e se c’è un qualche meccanismo perverso all’interno della sanità pubblica che favorisce un tale comportamento, questo va certamente corretto. Magari si scopre che tutti agiscono secondo coscienza, ma anch’io ne dubito.
@Lorenzo,
non è un accanirsi a colpi di cifre, ma mi sembra che si stia facendo poco o niente per cercare di capire che le dimensioni e le cause del problema. Non si fa altro che gridare “Obiettore! Vergogna! Liberticida!”. Con le emozioni e le ideologie non si arriva da nessuna parte. Io per primo sono d’accordo che se un servizio è legale dovrebbe essere reso disponibile (ma quante cose sono legali e in teoria disponibili, ma non ci sono o sono deficitarie per mancanza di fondi, personale ecc.? Pensiamo, di nuovo, alla saluta pubblica e all’istruzione, ecc. ecc.)
@ellagio,
cosa intendi con il “rimpallo da uno specialista a un altro”?
Tra l’altro, sì è vero che gli aborti sono leggermente diminuiti (ma niente se paragonato alla drastica diminuzione rispetto agli anni 80), ma anche questo è un fatto abbastanza diffuso. La domanda da porsi è se sono diminuiti perché sono diminuiti o perché non c’è accesso al servizio.
Cito dal documento che ho postato ieri (pag 5, Conclusioni):
“- Si conferma la tendenza storica alla diminuzione dell’IVG in Italia, che diventa ancor piu? evidente se si scorporano i dati relativi alle donne italiane rispetto a quelli delle straniere.
– Si sottolinea come il tasso di abortivita? in Italia sia fra i piu? bassi tra i paesi occidentali; particolarmente basso e? quello relativo alle minorenni, agli aborti ripetuti, e a quelli dopo novanta giorni di gravidanza.
– Si configura in questo ambito una specifica situazione italiana: il panorama dei comportamenti relativi alla procreazione responsabile e all’IVG in Italia presenta sostanziali differenze da quelli di altri paesi occidentali e in particolare europei, nei quali l’aborto e? stato legalizzato. Siamo in un paese a bassa natalita? ma anche basso ricorso all’IVG – dunque l’aborto non e? utilizzato come metodo contraccettivo – e insieme un paese con limitata diffusione della contraccezione chimica. Altri paesi (come Francia, Gran Bretagna e Svezia, ad es.) hanno tassi di abortivita? piu? elevati a fronte di una contraccezione chimica piu? diffusa, e di un’attenzione accentuata verso l’educazione alla procreazione responsabile.
In generale, il tasso di abortivita? sembra collegarsi non soltanto ai classici fattori di prevenzione (educazione sessuale scolastica, educazione alla procreazione responsabile, diffusione dei metodi anticoncezionali, facilita? di accesso alla contraccezione di emergenza), ma anche a fattori culturali piu? ampi.”
@ellegio che vuol dire prescrizione d’emergenza? Non lo è per tutti? si chiama farmaco d’emergenza…
@ Supermambanana
Mi domando come vengano fatte le stime per gli aborti clandestini. In ogni caso sono d’accordissimo che ci vorrebbe un giro di vite sugli obiettori che poi operano ivg privatamente. Questi sono la feccia della categoria
(A chi interessasse, i non-giornalisti delle Iene hanno girato un documento su questa piaga http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/228281/gauthier-aborti-clandestini.html)
@Andrea
Cerco di seguirti nelle tue perplessità statistiche: la percentuale di obiettori del 70% o fino al 90% secondo i documenti del MInistero non influenzano l’erogazione del servizio ivg, ma questo è possibile solo perche’ chi non obietta viene praticamente messo a fare solo quello, chiamato da una regione all’altra per coprire il serivizo, e paga un prezzo personale sulla SUA salute. E’ la denuncia della LAIGA http://www.laiga.it/
Senza contare il problema in prospettiva: l’aumento vertiginoso degli obiettori degli ultimi anni è probabilmente dovuto all’ingresso di giovani ginecologi che hanno capito l’andazzo e hanno deciso di obiettare in massa. Quando i vecchi saranno andati in pensione il problema del disservizio esploderà, e allora forse (forse) qualcuno si attiverà per mettere dei paletti alle assunzioni.
@ tutti
Posso concordare sul fatto che non si può costringere nessun medico ad operare contro la propria coscienza, né che si possa costringere i soli medici ginecologi a sapere che per loro non ci sarà la possibiltà di obiezione.
Ma siamo passati ormai all’estremo opposto: già negli anni ’80 si denunciava che chi sabota la legge viene premiato con meno lavoro e più possibilità di carriera, e chi invece permette di applicarla viene caricato di lavoro in più, ostacolato nella carriera e sicuramente ostracizzato dai colleghi.
Basterebbe solo questo a gridare vendetta ad un diritto negato in primis ai ginecologi stessi.
Ma è indicativo di un clima generale italiano, che non riguarda solo le donne.
Non credo di fare paragoni impropri pensando al passato lassismo verso il servizio di leva militare e agli inviti “dall’alto” ad evadere le tasse (oggi c’è Bossi, ieri Berlusconi, ecc.). Il singolo viene incoraggiato ad aggirare qualunque legge ritenga ingiusta, piuttosto che ad attivarsi per cambiarla.
A completare il quadro, come ricordava Lorenzo Gasparrini, sono davvero troppe le testimonianze degli operatori che umiliano le donne dando per scontato che siano delle puttane senza coscienza, e dei movimenti pro-life che entrano nei reparti e aggrediscono verbalmente o peggio le donne presenti per fare un’ivg. Ricordo che la regione Lombardia è fra quelle che hanno autorizzato la presenza di banchetti dei “movimenti per la vita” (o meglio per la morte della madre, mi sento di aggiungere io) nei reparti di ostetricia.
@supermamb: lì nel solito rapporto c’è anche la percentuale che cerchi. Nel 2009, 210 ivg ogni 1000 nati vivi, in diminuzione. Ovviamente la natura fa molto peggio, la percentuale di aborti spontanei entro il primo trimestre è altissima.
Sono abbastanza sicura che agli obiettori che operano privatamente un ritorno all’aborto clandestino non può che sembrare auspicabile, comunque.
scusate se ritorno con un mio tormentone, l’aborto clandestino, ma uno dei motivi della 194 era anche arginare questa cosa diventata ormai insostenibile. Dati governativi dicono che nell’83 gli aborti clandestini fra le italiane erano stimabili a 100mila. Nel 2005, ultimo anno di cui si hanno notizie (OT: perche’ non si raccolgono piu’ dati, o per altro? Se la prima, perche? boh), sono scesi a 15,000 all’anno. Che sono sempre 41 al giorno, eh, ma insomma. La percentuale di obiettori, a occhio, dovrebbe far aumentare questo numero, e insomma questo sono sicura che neanche gli anti abortisti o gli obiettori vorrebbero, o no? O anche qui ci si nasconde sotto la sabbia?
(Andrea, sui numeri, andrebbe anche fatto entrare nell’equazione una piu’ efficace, nonostante i rematori contro, campagna di informazione, prevenzione ed educazione sessuale, bisognerebbe guardare il numero di aborti in proporzione alle gravidanze, ma chi ce la fornisce questa statistica?)
(@Barbara: Per la pillola del giorno dopo, in alcune città c’è la possibilità di avere una prescrizione di emergenza.)
@ellegio e dopo il licenziamento magari una bella denuncia per falso in atto pubblico e provocata sospensione di servizio o come cavolo si chiama.
@Andrea, capisci anche tu che se il 70 percento dei medici è obiettore, un problema ci sta. Che poi se ti serve un ginecologo, un anestesista e due operatori tra infermieri e assistenti e la metà di ogni categoria obietta, beh la probabilità di essere assistita in modo completo e quindi sicuro crolla. E infatti ci sono i racconti di chi il medicinale ha dovuto somministrarselo da sola, cosa veramente inqualificabile.
@Silvia, salto un pò di palo in frasca, ma diciamo che voglio star tranquilla e tenermi a casa un pezzo di carta con gli estremi della non validità dell’obiezione per la pillola del giorno dopo da mostrare al medico di pronto soccorso (ma io ho la fortuna di abitare vicinissimo a una sede AIED, quindi questo pericolo dovrei scamparlo) o al farmacista. Cosa mi conviene mostrare per evitare il rischio di beccarmi una denuncia per lesioni personali?
Sinceramente, non capisco questo accanirsi l’un l’altro a colpi di cifre. Il problema dell’obiezione dei medici è soprattutto di chi dovrebbe ricevere assistenza medica. Non deve accadere neanche una volta che una donna che ha deciso per l’IVG si senta rispondere “io non posso assisterla perché sono obiettore” (nella realtà accade ben di peggio, con donne insultate e sottoposte a uno stress psicologico di cui certo non hanno bisogno; ma questo le statistiche non lo dicono, quindi chissenefrega). Semplicemente, come accadeva nel caso dell’esercito, l’obiettore deve essere destinato ad altri compiti, e fine lì. La sua scelta è rispettata, e il servizio erogato.
Se non succede, è per il solito vecchio motivo: le credenze personali, in nome di una libertà di opinione mal capita, assurgono a diritto di non rispettare il dettato della legge. Quando quelle credenze, poi, trovano rispondenza in poteri in grado di gestire direttamente una carriera, quelle motivazioni assurte indebitamente a diritti diventano vere e proprie prassi esecutive consolidate dall’indifferenza altrui.
Tipico italiano, direi.
Tutti i ginecologi sono in grado di operare, anche se la consuetudine porta nel tempo a una sorta di specializzazione. Non è richiesta nessuna qualifica extra. Oltretutto l’aborto non è un intervento particolarmente complicato, e si fa anche in day hospital. Mi rendo conto che 100000 sembra un numero enorme, ma se in ogni regione ci sono una decina di ospedali in cui si fanno ivg, vuol dire che in ogni ospedale se ne faranno 500 l’anno, che è un numero sopportabile anche con un solo operatore (sto facendo i conti con l’accetta, è per capire l’ordine di grandezza). Il problema è che quell’unico medico alla fine fa solo quello, pur non dovendo lavorare 12 ore al giorno.
Il numero di aborti in Italia comunque non è rimasto stabile, negli anni è diminuito. Di contro, l’obiezione di coscienza ha allungato i tempi pre operatori, il rimpallo di donne tra uno specialista e l’altro (non basta mica presentarsi e dire che si vuole abortire, contrariamente a quello che molti pensano).
Quanto a quello che fanno i medici nel privato, lasciamo perdere. Sarebbe un altro post. Tra l’altro penso che una prima verifica di chi opera privatamente essendo obiettore nel pubblico sarebbe doverosa, in un paese civile. Seguita magari da un licenziamento in tronco.
@ellegio,
grazie per aver trovato l’informazione relativa a quanti vanno in privato.
A essere sincero il numero non mi scandalizza più di tanto… quanti sono in generale quelli che vanno privatamente per farsi fare un’operazione o un trattamento di qualche tipo? Se mi avessero detto il 10% non mi avrebbe particolarmente sorpreso (anzi avrei pensato che erano di più).
I vari documenti postati indicano che nonostante l’obiezione sia aumentata negli ultimi 10-15 anni (anche se ora è stazionaria), ciò non ha influito nel numero di aborti che è rimasto pressoché uguale (e più o meno in linea con gli altri paesi europei e con gli Stati Uniti). Questo potrebbe dire o che il numero sarebbe aumentato, ma non ha potuto, o che il numero sarebbe comunque rimasto lo stesso. Presumo che qualcuno questa domanda se la sia già posta e abbia provato a dare una risposta.
Sarebbe anche interessante sapere chi è che obietta… intendo dire, il 75%-80% di ginecologi è certamente una cifra notevole, ma tutti questi ginecologi sarebbero stati in grado di effettuare aborti? (non so se essere ginecologo = poter operare o se serve una qualifica extra). Lo stesso dicasi per il personale “accessorio” quali anestesisti, infermieri, ecc. Tutti quelli che obiettano erano direttamente coinvolti in aborti o lo erano solo potenzialmente o affatto?
Diciamo che se solo 1/4-1/5 dei medici preposti effettua aborti non capisco chi possa fare questi 100000 aborti negli ospedali pubblici (dubito che siano tanti questi martiri dell’aborto che lavorano 12 ore al giorno 7 giorni a settimana).
Inoltre non bisogna fare l’errore di pensare che chi vuole abortire, ma trova difficoltà perché non trova il dottore, il letto, o quello che è, sia la persona più sfigata che ci sia… la sanità italiana è piena di casi dove se vuoi fare una cosa nel servizio pubblico ci vediamo tra nove mesi (ma magari sei già morto), se vai nel privato ci vediamo oggi pomeriggio (e l’ho visto personalmente con i miei occhi anche in casi di malattie gravi o di operazioni necessarie per alleviare dolori molto forti).
Per capire l’ampiezza del problema bisognerebbe analizzare il comportamento di chi vuole abortire, se deve andare vicino o lontano, se deve aspettare, se non riesce a effettuare l’aborto in tempo, ecc. e paragonarlo a quella che è la media nazionale all’interno degli ospedali italiani per tutta una serie di interventi di simile difficoltà, durata e costo.
Mi sono sempre dimenticato di aggiungere che naturalmente se uno è obiettore nel pubblico non è che può andare nella clinica privata e fare aborti a gogò… non so se ci sia una legge in merito e se non c’è ci dovrebbe essere.