Obiezione di coscienza: dall’aborto alla contraccezione

Questo post non bastava per parlare dell’interruzione volontaria di gravidanza oggi in Italia.
Proprio nel momento in cui la legge n.194 del 1978 sembra attaccata dalle censure di incostituzionalità e dalle ipotesi di nuovo referendum da parte dei movimenti pro-life, si sente la necessità di mettere in luce le carenze di questa normativa. Perché dopo averla difesa, dovremmo vigilare sempre sulla sua reale ed efficiente operatività.

La legge 194 è di per sé una buona legge. Prevede però un istituto, contemplato da quasi tutte le leggi sull’aborto, in ogni Paese, ma che da noi è divenuto il punto debole che provoca la disapplicazione della legge: l’obiezione di coscienza.

L’art. 9 così si esprime: “Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. […]
L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e n necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento.
Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione
anche attraverso la mobilità del personale.
L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.
L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge,[…]

In Italia si registra un numero tanto elevato di medici e personale delle professioni sanitarie obiettori di coscienza, da paralizzare sostanzialmente l’interruzione volontaria di gravidanza nelle strutture pubbliche, rendendo lunghissime le attese per praticarla.
Ci sono ospedali pubblici (e addirittura,in alcuni periodi, intere province) in cui il 100% dei medici è obiettore di coscienza e, dunque, è estremamente difficile garantire l’effettività del diritto all’IVG anche mediante la mobilità del personale.
I medici non obiettori, visto il loro numero esiguo e la loro coscienza (che non obietta, ma è sana e vigile!) sono costretti a dedicarsi esclusivamente all’attività di interruzione di gravidanza che, psicologicamente e professionalmente, per un ginecologo è estremamente pesante. I ginecologi non obiettori, soprattutto nelle strutture pubbliche, dove sono indispensabili, finiscono per essere considerati degli “operai dell’aborto”, dato che devono dedicarsi praticamente solo a questo, e così hanno maggiori difficoltà di carriera rispetto agli altri medici. Si tratta di una condizione professionale ingiusta e frustrante. Sono poi esposti continuamente al lato più doloroso della loro professione, ricavandone un fardello psicologico non indifferente da gestire.

Questa situazione spinge chi può a rivolgersi alle strutture private per evitare le lunghe attese. Perché, se si pensa a quanto realmente costi ad una donna decidere una interruzione di gravidanza, si capisce che attendere un mese per ottenerla è una tortura che si aggiunge al dolore.
E chi non può rivolgersi alla struttura privata o magari si fida di più dell’ospedale pubblico? Aspetta. Gira. Cerca. Chiede. Come se non fosse un diritto, il suo, ma un favore da ottenere.

Con l’avvento dell’aborto farmacologico, la così detta “pillola abortiva” RU 486, si sono create ulteriori questioni.
Prima si era addirittura posto un problema di compatibilità tra questo trattamento farmacologico e la legge n.194, risolto poi in modo positivo alla luce dell’art. 15 della legge stessa. Poi però l’uso della RU 486, considerata da molti più sicura per le donne e sicuramente meno invasiva, continua ad essere osteggiato.
Mentre un’IVG con metodo chirurgico prevede un’ospedalizzazione obbligatoria di poche ore, per la somministrazione del farmaco è necessario un ricovero di tre giorni.
Questo lo rende meno accessibile alle fasce più deboli della popolazione, soprattutto alle ragazze più giovani e alle lavoratrici meno tutelate.

C’è poi l’ultima frontiera dell’obiezione di coscienza. Quella contro la così detta “pillola del giorno dopo“, ovvero la contraccezione d’emergenza. L’obiezione dei medici nella prescrizione e addirittura dei farmacisti nella vendita è stata negata anche nel Rapporto sulla salute delle donne del 2008, in cui si legge: “La pillola del giorno dopo non è un farmaco abortivo, ma anticoncezionale, e come tale non può essere motivo di obiezione di coscienza da parte degli operatori sanitari, compresi i farmacisti“.
La prescrizione di questa forma di contraccezione, che in altri Paesi è di libera vendita, deve essere effettuata a richiesta della donna, può essere effettuata anche alle minorenni (in quanto, appunto, è una forma di contraccezione) e non c’è alcuna norma di legge statale che preveda l’obiezione di coscienza.
L’associazione Vita di Donna ha rilevato però che nel 50,9% dei casi il medico nega la prescrizione della pillola del giorno dopo. In Italia, infatti, ricorre alla contraccezione di emergenza solo il 2,5 per cento delle donne tra i 15 e i 49 anni.
I medici si appellano ad una norma del codice deontologico professionale, la così detta clausola di coscienza, secondo la quale

Il medico al quale vengano richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico, può rifiutare la propria opera, a meno che questo comportamento non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona assistita e deve fornire al cittadino, ogni utile informazione e chiarimento“.

Il Comitato nazionale di Bioetica, riconoscendo questo diritto anche al farmacista, ha precisato che l’obiezione “deve essere esercitata in modo responsabile, in maniera tale da non interrompere l’iter che conduce alla libera risoluzione del paziente, e alle sue successive opzioni di assumere un farmaco, sotto la responsabilità morale e giuridica del medico.
Presupposto necessario per l’eventuale riconoscimento legale dell’obiezione di coscienza è, dunque, l’affermazione del diritto di ognuno di ottenere le prestazioni dovute per legge
.”
Ma rendere questo diritto così difficile nel suo concreto riconoscimento è legittimo? Girare per medici ed ospedali a elemosinare una prescrizione in tempi brevi, perché altrimenti il trattamento è inefficace, è dignitoso?

L’obiezione di coscienza è un diritto degli operatori sanitari, su questo non si discute. Ma se oltre il 70% dei ginecologi italiani (con regioni in cui si tocca l’81%) si dichiara obiettore, qualcosa non funziona: la legge non è operativa, il diritto di scelta non è concreto, le persone (donne e uomini) non sono tutelate.
Se poi l’obiezione di coscienza viene invocata anche al di là della legge, per opporsi anche alla prescrizione di farmaci contraccettivi, allora ancora di più qualcosa non funziona ed è più grave, perchè la clausola di coscienza confligge gravemente con il diritto alla contraccezione d’emergenza che potrebbe prevenire le interruzioni di gravidanza.
Rendere estremamente difficile ottenere un proprio diritto è come non riconoscerlo. La coscienza dei medici non si può scontrare così gravemente con la salute delle donne.

Questo video “Chiedo solo,l’applicazione della legge” fa parte della campagna “Il buon medico non obietta” della Consulta di Bioetica:

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93 thoughts on “Obiezione di coscienza: dall’aborto alla contraccezione”

  1. @Close
    Che esistano le testimonianze che che queste siano autentiche non lo metto minimamente in dubbio. La questione è se il problema esiste, se è endemico o localizzato.
    Dubito tuttavia che ci possano essere 125000 aborti l’anno se il problema fosse endemico.
    Se è localizzato, bisogna sapere dove, in quali ospedal e sotto quali condizioni.
    Senza numeri alla mano non si può fare nessun discorso, in quanto non sappiamo neanche se il problema esiste.
    Che ci sia il caso singolo, non ne dubito, ma questo è semplicemente quello che gli inglesi chiamano “anecdotal evidence”, ovvero un caso personale che difficilmente può essere generalizzato.

    Ripeto, magari il problema esiste, ma questo lo possiamo vedere solo con le statistiche alla mano e non con storie personali (per quante siano).

    @Silvia:
    nel post dici: “In Italia si registra un numero tanto elevato di medici e personale delle professioni sanitarie obiettori di coscienza, da paralizzare sostanzialmente l’interruzione volontaria di gravidanza nelle strutture pubbliche…”
    e anche:
    “I medici non obiettori, visto il loro numero esiguo…”
    Mi sembra che sei abbastanza categorica in quello che affermi. Non dico che non sia vero, ma l’affermazione andrebbe dimostrata.

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  2. Leggo ora che la legge 194 è stata giudicata costituzionale. Sono sollevata, ma il problema del suo sabotaggio è grave e reale.

    @ Andrea

    Non sono a conoscenza di casi di gravidanze indesiderate perché la donna non ha trovato il modo di fare un’Ivg, presumo perché se la cosa si verificasse effettivamente, partirebbero le denunce per richieste di mantenimento ai medici obiettori… Leggendo le testimonianze invece è chiarissimo che le donne vengono rimpallate da un ospedale all’altro e da un medico all’altro fino a sfiorare il termine legale, momento in cui si trova il fantomatico non obiettore oppure la donna si mette paura e chiama un privato. Magari capace di dirle, come nel documentario de “Le Iene”, che lui normalmente “quelle cose non le fa”

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  3. Nel post non si sostiene affatto che abortire sia impossibile, ma soltanto che, in molte province italiane, se non vuoi aspettare un mese, l’aborto te lo paghi. Tutto qui.
    E magari l’aborto lo fai anche perchè non hai trovato un medico che ha prescritto in tempo la contraccezione d’emergenza.

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  4. @ Supermambanana
    @ Marcello

    Come saprete sicuramente, fino a qualche tempo fa chi si rifiutava di fare il servizio di leva veniva condannato alla prigione. Poi si è creato l’istituto dell’obiezione di coscienza, ma l’obiettore veniva penalizzato con mesi in più di permanenza. Quest’ultima scelta secondo me era di un compromesso accettabile se si stabiliva che ogni cittadino aveva il dovere di difendere il territorio dello Stato.
    Dovrebbe succedere la stessa cosa qui, cioè il ginecologo che vuole esercitare la professione senza fare ivg dovrebbe poterlo fare ma impegnandosi con un carico di lavoro aggiuntivo. Invece è il contrario: chi non obietta ha un carico di lavoro abnorme e sicuramente viene ostracizzato dagli obiettori, talvolta con esiti grotteschi (nel blog di Loredana Lipperini si possono leggere testimonianze terribili di donne che hanno avuto aborti terapeutici senza nessuna epidurale perché… gli anestesisti erano obiettori. Per esempio).

    Ora data la drammaticità della situazione attuale penso che l’unica soluzione sia limitare le prossime assunzioni negli ospedali pubblici a ginecologi che si dichiarano non obiettori e di vietare le diagnosi prenatali (con relativi rimborsi) alle strutture dove i medici obiettori raggiungono o superano il 50%.

    IL problema reale è l’interesse economico: bisognerebbe limitare l’obiezione alle strutture private, mentre sono proprio queste ad assicurare il servizio ivg. A pagamento appunto.

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  5. Premesso che se c’è un problema derivante dal numero di obiezioni, andrebbe risolto in un modo o in un altro in quanto se la legge c’è, mi sembra giusto poterla sfruttare.

    Tuttavia mi piacerebbe leggere delle statistiche in merito… Come ho detto precedentemente, al 2007 (e per i 14 anni precedenti) ci sono stati circa 125 MILA aborti l’anno (prima di allora i numeri erano di molto superiori).

    Non so nulla delle dinamiche dell’obiezione e di come impediscano l’attuazione della legge. So solo che in tanti se ne lamentano. Ma allora come mai ci sono così tanti aborti? Mica vanno tutti nelle strutture private… Alla faccia dei preti e del Vaticano che (dicono) mettono i bastoni fra le ruote…

    Nel Regno Unito (che insieme alla Scandinavia ha il più alto tasso tra l’Europa occidentale e l’America) ce ne sono stati poco meno di 200MILA nel 2011. OK, sono di più, ma non in numero tale da poter far davvero pensare che in Italia l’accesso all’aborto venga impossibilitato come l’articolo invece asserisce. magari succede in alcune strutture, ma globalmente?

    Sì, se il problema c’è va affrontato, ma mi chiedo, il problema esiste veramente ed è della magnitudine che in molti vogliono far credere? C’è nessuno con statistiche alla mano?

    PS1

    Anche se mandassi a fare il podologo a tutte i personale che obietta, credo che al massimo ci si ritroverebbe con ospedali senza personale, piuttosto che con una sfilza di gente disposta a fare aborti.

    PS2

    Per quanto riguarda l’obbligatorietà a fare aborti, io direi di lasciarla alla Cina comunista…

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  6. Che tema complesso… Ero completamente ignara di questo genere di problematiche e mi pare tutto così assurdo. Concordo con Silvietta, se scegli una professione sai bene o male cosa essa comporta; hai la (relativa) possibilità di seguire la tua coscienza lavorando in ambito privato, quindi non ti mettere tra una persona e un diritto, no? Perché in effetti forse è illusorio pensare che due diritti come questi possano convivere. A un diritto in genere corrisponde un dovere, o facciamo come due poli dello stesso segno che si respingono.

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  7. questa pero’ non e’ una discussione sull’aborto, ne’ sulla legge 194, per quella rimanderei agli altri post a tema. Questa e’ una discussione sull’obiezione di coscienza, e di come di fatto questa stia impattando su un diritto gia’ acquisito. L’obiezione di coscienza e’ imprescindibile, nessuno la puo’ negare a nessuno, perche’ e’ insita nel diritto umano di professare il proprio credo o il manifestare il proprio pensiero, credo che tutte le nazioni lo abbiano sulla carta (UK si, ne sono certa). Pero’ il medico obiettore in questo caso deve avere come suo onere quello di fare in modo (contattando un collega, organizzando in altro modo le cose, non so) che il trattamento cui il paziente ha diritto venga effettuato senza che il paziente venga penalizzato in alcun modo.

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  8. @Marilena mi sono fatta anch’io la tua stessa domanda e ho approfondito un pò. Questi dati riguardano gli ospedali pubblici, dove (in teoria) la legge 194 ci dà il diritto di richiedere un’IVG senza dover pagare e senza motivazioni particolari (Interruzione VOLONTARIA di Gravidanza, appunto). Data la situazione, e il trattamento disumano che in genere gli ospedali riservano alle donne che richiedono l’IVG, chi può permetterselo si rivolge ad una struttura privata, dove c’è tutto un altro mondo. I trattamenti sono meno invasivi possibile e il trattamento è umano. Questi centri resteranno, quella che si sta mettendo in discussione è la possibilità di abortire in strutture pubbliche, alla portata di tutti. Ma il motivo secondo me non è solo economico, quanto più filosofico e sociale: non si vuole che lo stato operi le IVG, chi vuole “peccare” in privato può farlo, ma lo stato no. Mi spiego? Il problema è che poi da lì si passa a non effettuare neanche gli aborti terapeutici e infine la contraccezione d’emergenza, ma tanto a chi obietta che gli frega?

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  9. @close
    al di là delle considerazioni etiche o filosofiche sulla vita, il feto come individuo, ecc ecc. su cui possiamo dissertare all’infinito, io capisco benissimo un medico che si rifiuta di eseguire ivg. Ho anche puntualizzato di non essere essere antiabortista.
    Il mio intervento è stato relativo a quanto affermato da Serena e quotato da altri: “Il lavoro del ginecologo (pagato dallo stato) include l’aborto tra tutte le pratiche di cui deve occuparsi”.
    Trovo che non sia solo una posizione drastica ma addirittura più estremista di chi vorrebbe riportare l’orologio indietro di 70 anni. Mi stupisce molto che venga condivisa con questa leggerezza.

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  10. @ Marcello

    La richiesta di considerare il feto un individuo con gli stessi diritti della madre ha portato negli USA all’approvazione da parte della House of Representatives alla fine del 2011 del provvedimento HR 358 altrimenti noto come “Let women die”.
    Se il HR 358 passasse anche in Senato, il diritto del medico a non intervenire per, appunto, non sopprimere una vita umana, verrebbe esteso anche alle situazioni in cui è la madre a trovarsi in pericolo di vita.
    Quindi non c’è nessun punto fermo nella discussione, anzi sono fermamente convinta che almeno una parte dei vari promotori italiani dei comitati pro-life puntino a questo: riportare le lancette dell’orologio a 70 anni fa, anzi forse perfino più indietro, ad un’epoca in cui la donna non aveva nessun controllo sulla propria vita sessuale e riproduttiva e sulla propria sopravvivenza psicofisica in caso di gravidanza indesiderata.

    Preciso che credo che nessuno parli volentieri del tema aborto, io per prima sono piuttosto a disagio, il mio sogno sarebbe che un giorno si possa ragionare anche sulla crudezza dell’intervento stesso… Però l’idea di permettere l’aborto solo a determinate condizioni (l’aborto terapeutico, l’aborto in caso di stupro o di rischio per la vita della madre), come dicevo nell’altro post lascia scoperte delle zone d’ombra dove la donna è l’unica ad attraversare un’esperienza fortissima e detestata, si troverà da sola ad allevare un figlio e quindi sarà l’unica a pagare un errore o una violenza, e si rivarrà sul figlio. Individuare come soluzione quella di tornare a rendere l’aborto illegale è senza dubbio la soluzione più stupida, quella che invece di permettere una sofferenza ne scatenerà altre con una reazione a cascata, come un domino.

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  11. No, marcello, io non voglio eliminare l’obiezione di coscienza, voglio solo dire che se un ospedale preventiva di praticare N aborti l’anno deve mettersi nelle condizioni di poterlo fare senza oberare un numero limitato di individui costretti a fare turni alienanti, mi pare una conduzione di una impresa oculata, non c’entra niente con l’obiezione, o sbaglio io?

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  12. Marcello, in effetti il rimborso a chi non trova assistenza nella struttura pubblica, potrebbe essere sensato, magari dopo un certo periodo d’attesa (ad esempio, se dopo due settimane dalla richiesta non si viene chiamati in ospedale per eseguire l’IVG), ma questo non scoraggerebbe i medici obiettori: non pagano mica di tasca loro. Magari potrebbe incentivare le ASL ad assumere meno obiettori, ma, a parte che non si può vincolare l’obiezione nel tempo (quindi il medico prima non obietta, poi, appena assunto, magari diventa obiettore), si sa che le ASL non sono certo gestite con mentalità imprenditoriale!

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  13. @simplymamma: sì, ho capito che il problema riguarda anche l’interruzione di gravidanza a scopo terapeutico. Prima di leggere quest’articolo ignoravo che l’obiezione di coscienza dei medici fosse tanto diffusa da creare un disservizio (per usare un eufemismo)

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  14. @marcello l’obiezione è obiezione. io ero in uno stato psichico e fisico rischioso per la mia salute (come ho descritto sopra) ma lo stesso in ospedale (e in un capoluogo non in un piccolo ospedale di paese) ho avuto difficoltà; avrebbero agito solo i pochissimi non obiettori se li avessi trovati di turno.

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