L’anno 0 di un neonato inizia decisamente prima della sua nascita: nella mente di mamma e papà, anche se a volte inconsapevolmente, nella mente di tutta la famiglia, spesso, e poi nel lungo viaggio di 9 mesi dentro la pancia di mamma.
Quei nove mesi servono (dovrebbero servire?) a prepararsi, ad abituarsi all’idea di accogliere questa nuova persona in casa con noi, ed anche ad affrontare il momento del distacco, quello che segna la nascita vera e propria e l’inizio dell’anno 0.
Pensando a come presentare quello che ho scritto sulla nascita delLaPulce, ero molto preoccupata, perché temevo che presentando la mia esperienza di parto, potesse passare in qualche modo il messaggio che ci sono parti buoni o belli e altri parti. A seconda del punto da cui osservo il mio parto posso esserne molto felice o sentirmi sfortunata.
Allora ho pensato che prima di tutto occorra chiarire una cosa: con il parto nasce una persona, che sarà unica e inimitabile. E’ giusto che ogni parto sia diverso, abbia i suoi tratti caratteristici, i suoi momenti di luce e i suoi momenti bui, come li ha ciascuno di noi. Il parto può essere un’occasione bella o tragica, fortunata o tremendamente sfortunata. Possiamo però provare ad accettarne l’unicità, senza appesantirne il carico già gravoso.
Quello di cui parlerò è quanto abbiamo vissuto io e LaPulce, che rappresenta la sua overture al suo primo anno di vita (a cui avevo dedicato il mio pensiero qui).
Come accade spesso, mi sembra, da quanto ho letto e sentito, l’ultima parte di gravidanza è segnata sia dalla paura del parto (per tutto quel che comporta in termini di dolore, di rischio) sia dall’insofferenza verso la pancia, il suo peso, le sue scomodità. Ero preoccupata, in ansia…. si avvicinavano i termini per una possibile induzione, e sembrava proprio che le cose non sarebbero riuscite a seguire un corso naturale. Eppure, quello che mi sconcertava più di tutto era che non riuscivo a rispondere ad una domanda che mi avevano fatto al corso preparto: “che parto vuoi?”
Che domanda, mi dicevo, che vuoi che ti risponda? Voglio urlare dal dolore per 24 ore di travaglio senza dilatazione, che l’anestesista sia in ferie, che non arrivi il ginecologo, che dopo 36 ore dobbiate farmi un cesareo d’urgenza e che vi dimentichiate la placenta dentro così che debba poi essere riaperta …. ma che domanda è?!?!
Pensavo e ripensavo, ma non ne venivo a capo.
Eppure … anche se il “sacco si è rotto” a 41+3 e, diversamente da come avevo immaginato, ho passato la notte di travaglio in ospedale da sola (anziché a casa, con le candele e le tisane) e ho dovuto accettare che gli eventi fossero diversi da come avevo sperato … a un certo punto ho capito.
Ho capito che immaginando e pensando alle cose che ritenevo importanti per il distacco tra me e laPulce avevo immagazzinato abbastanza riserve di energia fisica e mentale perché …
… la contentezza di essere entrata in travaglio naturalmente mi facesse dormire durante le contrazioni!
… avessi la forza di fare a meno dell’ epidurale (che temevo rallentasse la fase espulsiva), anche se alla fine c’è stata l’induzione con l’ossitocina.
… si sviluppassero le endorfine naturali che sono riuscite a farmi superare il dolore delle contrazioni – nonostante io sia una che marcia solo di testa! – (grazie a chi mi ha suggerito il libro di Verena Schmidt)
… diventasse un momento speciale per me, MrWolf e laPulce (punti compresi …augh!).
… perché, insomma, potessi scegliere il modo migliore per dire addio alla mia pancia e “benvenuta nel mondo” alla mia Pulce.
Sono stata fortunata e ho potuto scegliere ma alla fine, credo davvero che mi sia stato d’aiuto aver cercato, inconsapevolmente e inconsciamente, di rispondere alla domanda “che parto vuoi, Silvietta?”
grazie Cecilia!
che bella esperienza la tua: una consapevolezza davvero rara e poi è bello vedere come dal confronto tra la prima e la seconda nascita metti in rilievo la crescita del rapporto con il tuo corpo. NOn avrei mai creduto che si potesse chiedere di “rallentare”. bello, proprio bello.
grazie
a presto
silvietta
Ciao,
davvero molto bello questi argomento e i post che ne sono seguiti.
Ho partorito due volte, la prima volta é stata inconsapevole come credo tutte le prime volte. Un sacco di sogni e la convinzione che volevo un parto naturale a tutti i costi, niente epidurale, niente aiuti. Poi lo scontro con la realtà, un travaglio lungo, una dilatazione lenta e grazie a Dio l’epidurale!
Memore di tuto ciò avevo paura anche per il secondo parto.
Invece…..tutto un altro mondo!!!
Premetto che nel frattempo avevo fatto un viaggio di consapevolezza di me e del mio corpo. Il secondo parto é stato in acqua. Poco si sa ancora su questo tipo di parto che io ora ritengo, almeno per me, il più naturale che ci sia.
Nella vasca sei sola e l’ostetrica ti guida da fuori, ti sostiene.
Durante tutto il travaglio attivo sapevo esattamente dove si trovasse la mia bimba e parlavo con lei, le ho chiesto di rallentare quando non ce la facevo più e l’ho accolta io quando é sgusciata fuori. C’era una allieva ostetrica che ha pianto per la commozione! Ha commentato che il parto dovrebbe essere sempre così.
E’ stato bellissimo, ho veramente dato alla luce la mia bambina!
L’ho accolta io e ho partorito con lei in un dialogo costante.
(dicevo addirittura io dove posizionare i sensori per il monitoraggio perché sapevo esattamente dove era).
Sono consapevole che non é da tutti, io stessa non ne sarei mai stata capace con la prima bimba.
Però, mi permetto anche di dire che anche i medici devono fare la loro parte. Nell’ospedale dove ho partorito sono state le ostetriche a battersi per il parto in acqua, i medici erano contrari e posso capire i loro motivi. Cosa succederebbe se una donna si facesse prendere dal panico? Devono ripescarti dalla vasca e magari portarti d’urgenza in sala parto. In cui momenti lo sappiamo tutte non si riesce ad essere sempre lucide e i medici devono fare il loro lavoro che é quello di pensare esclusivamente ai rischi.
Non voglio difenderli ma cercare di analizzare le posizioni.
Da ultimo mi permetto di dire che il parto é un momento che segna per sempre sia mamma che bimbo, un momento delicatissimo!
Se ci sono stati dei traumi é importante non sottovalutarli, anzi andarci a fondo per superarli!
Grazie
Cecilia
Grazie Michela, una testimonianza preziosa e una consapevolezza rara! grazie davvero. Chissà che qualche ginecologo non legga e decida di rifarsi ai consigli “del tempo che fu” delle levatrici, che dicono che se lasciata a se stessa la donna sa scegliersi la posizione più consona per la posizione del feto e per la propria costituzione …. con affetto, eh? 😉
Che parto vuoi?
io me l’ero chiesto tante volte e ce l’avevo chiaro in testa che parto volevo…lo sentivo dentro come sentivo dentro la vita che si muoveva.Volevo sentire chiaro e forte mio figlio che attraverso di me sarebbe venuto al mondo e, nonostante la tanta paura di soffrire, mi spaventava molto di più l’idea di non sentire nulla. Mi spaventava l’idea di vivere anestetizzata l’emozione più travolgente della mia vita…un senso di gratitudine estremo verso qualcosa di più grande.
Eppure ho dovuto lottare, farmi valere,litigare, quasi con il personale medico per partorire accovacciata come sentivo che era meglio per me…era forse sconveniente? O più semplicemente non troppo comodo per loro? Continuavano a farmi spingere come una tartaruga riversa sul guscio, su un lettino scomodo in una posizione innaturale…
Poi, finalmente, con il supportodel mio amore,D.,e di due ostretiche giovani (e senza figli!) sono riuscita ad alzarmi tra una contrazione e l’altra con una forza estrema,quasi imperiosa, ignorando i fastidiosi consigli di un ginecologo inutile quanto insensibile, e mi sono seduta sulle ginocchia di D..Mi sono isolata dal resto del mondo, pensavo solo a spingere, a concentrandomi sul dolore che guidava il mio corpo…e così abbiamo accolto in terra su un telo verde la cosa più bella che io e D. avessimo mai fatto insieme!
Sono stata fortunata perché ho avuto il parto che volevo,naturale, senza scorciatoie, senza troppi interventi esterni, ma sono anche stata determinata:ho lottato contro una struttura che dovrebbe, come non fa, metterti al centro ed accompagnarti discretamente nel momento più sacro della vita.
grazie Lorenza per i complimenti!
e grazie a te e a Silvia per ricordare il ruolo fondamentale di un/a bravo/a ostetrico/a: per quanto io rivendichi con forza l’importanza della mia consapevolezza non posso non pensare che senza Quella Ostetrica e il suo sorriso forse … sarebbe stato tutto diverso!
Cara Ondaluna, grazie di ricordarti ancora le mie parole di allora … dico sempre le stesse cose, eh 😉 ?!? battute a parte che qua non ci stanno…. Mi spiace sempre sapere le persone ferite. E’vero, ci sono aspetti inevitabili nella vita. E a volte, solo il tempo può rimarginare certe ferite.
Per tutto il resto, spero che man mano le donne diventeranno sempre più consapevoli del proprio ruolo, anche nel parto, e che questa consapevolezza si possa formare anche leggendo esperienze come la tua e quella di Caia e meditandoci su (“come mi sentirei, se capitasse a me?”)… per questo, ancora una volta, grazie a te e a Caia che date voce anche alle esperienze meno fortunate.
un abbraccio.s.
Giusto Lorenza, l’osterica/o è il professionista di riferimento in un parto.
Nell’ospedale dove ho partorito, sede universitaria di facoltà di ostetricia, ci sono diversi ostetrici giovani e uomini (un po’ fuori dallo schema classico, se tenete conto che si usa sempre il termine “ostetrica” al femminile): uno di questi ci tenne un’interessantissima serie di incontri pre-parto dove ci spiegò con cura ed attenzione tutte le diverse scelte possibili e tutti i casi (di emergenza) in cui non avremmo più potuto scegliere noi, ma si sarebbe passati ad una “gestione medica” del parto. Al di fuori di quei casi, ci invitava ad un dialogo aperto e costante con l’ostetrico/a che si sarebbe occupato/a di noi il giorno del parto, per cambiare idea anche in corso di parto!
Mi ricordo di aver apprezzato molto quel ragazzo e tutte le informazioni che riuscì a darci con grande professionalità.
Ciao a tutte,
complimenti a Silvietta, che belle parole! Mi hanno trasmesso tanta dolcezza e serenità, avrei voluto leggerle anch’io prima del parto, ero abbastanza terrorizzata…
Nel mio caso devo dire che il medico (privato) mi ha chiesto cosa pensassi di fare; io gli ho detto che volevo un parto naturale ma non a tutti i costi, cioè non volevo rischiare di avere un travaglio lunghissimo e finire poi con un cesareo d’urgenza. Lui allora mi ha indirizzato a un’ostetrica molto brava, che è riuscita a farmi evitare l’ossitocina con i metodi “tradizionali”, cioè l’olio di ricino. Orribile a dirsi e del tutto empirico, ma in 6 ore la peste è nata!
In quell’occasione l’ostetrica mi disse che i ginecologi sono medici, quindi ragionano con il concetto di curare, mentre le ostetriche fanno nascere i bambini ed è diverso perché la gravidanza non è una malattia. La cosa mi ha fatto riflettere molto e mi ha portato ad avre un rapporto più diretto con i medici, dai quali ora pretendo più confronto.
Quante cose inaspettate da un parto! 🙂
Mi si addolcisce il ricordo nel pensare che queste parole, carissima Silvietta, le scrivesti a me poco prima di partorire. Sei stata preziosissima, allora. Mi hai dato tanto conforto, e mi hai aiutato ad iniziare lo steso viaggio di consapevolezza che hai fatto tu. Purtroppo per me le cose sono andate diversamente: non ho potuto scegliere. e non solo per questioni legate alla burocrazia medica, ma per ragioni cliniche che mettevano a rischio la vit di mia figlia. Io non ho scelto, nonostante mi fossi preparata per bene ad un buon “distacco”; la vita ha scelto per me come dovesse andare. E’ andata bene per me e per la piccola, ma certe cicatrici, come suggerisce la rabbia di Caia, sono molto lente a rimarginarsi. Io ne porto una profonda, che avrà bisogno di tempi molto lunghi: dentro e fuori di me.
Caia1 grazie di quello che condividi, non sei affatto fuori tema!!!
Quello che racconti esiste ed è purtroppo parte della vita di molte – come dice Silvia, forse qui sono stati citati solo casi “fortunati” (è per quello che sento di dovermi giustificare – in fin dei conti, ho partorito solo una volta e sono stata fortunata … che voglio raccontare??)
… solo che medita e rimedita sono arrivata a dirmi che si, sono stata sicuramente fortunata – in altre circostanze, avrei avuto un epilogo ben diverso! – ma nel contempo, non possono non riconoscere che quella santa domanda ha davvero tirato fuori il meglio da me …
… e allora la domanda che mi pongo è: ma se tutti, fin da prima della nascita, medici, infermiere, ostetriche, madri, si preparassero a far si che possa essere un momento di “passaggio” in cui non si incita a “sopportare” un dolore – come dici tu benissimo – gratuito ma si accompagna ogni donna a dare il meglio di sé e ad esserne davvero consapevole, allora, costruita una tale consapevolezza (e le circostanze per cui è reale) non sarebbe più semplice accettare quelle circostanze in cui di fronte alla vita e alla morte siamo costrette a rinunciare a qualcosa che sognavamo?
insomma: consapevolezza a sostegno della persona anche di fronte alle circostanze avverse… a volte basta poco, basta dire una cosa con il sorriso (nel mio caso, l’ho vissuto – anche se può sembrare una piccola cosa – quando mi hanno spiegato dell’ossitocina: una spiegazione di quello che stava accadendo, un abbraccio, e via …)
grazie dei complimenti: vanno tutti a Silvia e Serena, senza di loro probabilmente avrei smesso da scrivere da un po’!
😀
No, no, che fuori tema.
E’ noto e frequente che la possibilità di scegliere o solo di interloquire con i medici, per capire e valutare, per la madre, è spesso negato e trascurato.
Per quello che sento, io, Silvietta e Mammaemigrata siamo quasi una minoranza fortunata.
sicuramente in molte occasioni gli eventi precipitano e decidono per noi, ma credo più spesso la scelta anche quando ci sarebbero tutte le condizioni, non viene data, in favore di una mercenaria pratica che esula da tutto ciò che di intimo, carnale e naturale c’è nella nascita.
purtroppo io sono ancora troppo incazzata (e scusatemi il francesismo) per parlare del mio parto e purtroppo l’argomento mi tira fuori di tutto.
certo, alla fine si è rivelato un evento tutt’altro che tragico, momo grazie al cielo è nato sano. ma tutto il resto?
è davvero giusto mettere da parte tutto il resto?
secondo me no.
perché è vero che il parto è un gioco tra vita e morte, e di fronte alla morte tutto è sopportabile, ma il dolore gratuito non lo merita nessuno, men che meno un bambino e una donna nel momento più delicato e struggente della vita.
bah, scusate, sono andata fuori tema, ma è la prima volta che in qualche maniera ne parlo.
compimenti silvietta per la tua rubrica!!!
come sempre silvia e serena sono piene di bellissime sorprese!
un bacio
sono d’accordo con voi, gli eventi si susseguono e non c’è proprio modo di avere il controllo, però da donna estremamente razionale ho apprezzato quel richiamo, quella domanda, perchè primo, come dice silvia, mi ha messo al centro del mio parto e poi, soprattutto, perchè mi ha costretto a sforzarmi per mettere dalla stessa parte mente e corpo …
Anche a me le alternative sono state poste e mi è stata quanto meno data l’ “illusione” di poter scegliere. Poi in realtà, alla fine, gli eventi accadono e si susseguono senza la possibilità di esercitare troppo controllo.
Però, che qualcuno ti abbia chiesto “come vuoi partorire?” dandoti la sensazione di poter davvero dire la tua, è comunque rassicurante. Innanzi tutto da la sensazione chiara che il parto (quando va tutto bene) non è un atto medico, ma naturale ed effetto di una scelta. Che magari poi viene contraddetta per le necessità del momento, ma non importa: questa diventa questione di flessibilità.
E poi, in qualche modo, l’idea di scegliere, ti mette al centro del tuo parto.
Il problema è che spesso non te lo chiedono mica che parto vuoi!!!!! Oppure, magari te lo chiedono, ma senza fornirti abbastanza dati per poter scegliere… Io con Invasato sono stata fortunata perchè il mio ginecologo era in ferie, e se invece fosse stato presente, non mi avrebbe lasciata partorire in acqua solo per colpa di qualche perdita… invece il ginecologo suo collega, un tedesco che da 20 anni pratica i parti in acqua, mi ha detto “proviamo, se poi le perdite sono troppo importanti però, la dovrò far uscire”… mi ha lasciato la scelta… così come quell’ospedale ti incoraggia a mangiare qualcosina, a bere spesso, non ti obbliga al clistere e nemmeno a rasarti le parti intime. Te lo chiedono “vuoi questo? vuoi quello? vuoi il pallone per rilassarti un po’ la schiena? vuoi appenderti alla corda? vuoi l’anestesia? anche se non la vuoi, guarda che l’anestesista è a disposizione, casomai dovessi avere troppo male. Vuoi farti un bagno? Vuoi camminare o preferisci stare seduta?”. Il fatto è che, come dici, tu puoi avere un’idea di base, ma poi quel giorno lì, non puoi assolutamente sapere come andrà, anche se sei al secondo, terzo, decimo parto! E l’importante è tenersi stretta quell’idea, ma anche poter essere rassicurata dal fatto che le alternative ci sono!