“Moglie buoi dei paesi tuoi” era quello che ripetevano i nonni ogni volta che presentavo loro un fidanzato nuovo di zecca ma uguali a quelli che lo avevano preceduto: moderatamente biondo, alto, slavato, glabro, umidiccio – insomma, il classico uomo che si può incontrare al di là delle Alpi.
I nonni scuotevano la testa, i miei genitori abbassavano le loro facendo spallucce: la ragazza è fatta così, refrattaria al fascino mediterraneo. E in effetti non riuscivo a considerare gli uomini all’interno della mia bolla prossemica come potenziali compagni di vita. Perché questo accadesse avevo un alibi, anzi, ne avevo molti.
Il primo: un buon psicanalista avrebbe spiegato che c’era un problema di fondo se collezionavo fidanzati Cimbri, irlandesi d’Irlanda, milanesi per caso e un marito polacco che vive in India (non tutti nello stesso momento, o almeno non sempre). Uno psicanalista come si deve avrebbe detto che il mio era un problema di insicurezza che mi faceva preferire amori lontani a quelli a portata di mano: almeno, se la storia finiva, avevo la scusa delle differenze culturali (psicanalista, non ti scomodare: ci ero arrivata da sola).
Il secondo: sempre per via di quel problema di insicurezza di cui sopra, mi è sempre sembrata buona cosa trovare fidanzati che per ragioni geografiche e culturali mi somigliassero il meno possibile. Se io stessa fatico a volermi bene, come faccio ad appassionarmi a un uomo che mi somiglia?
Il terzo: cari nonni, muti dovete stare. I vostri fratelli e sorelle sono sparsi per il mondo, Zia Clotilde ha sposato un ungherese, Zia Rina è scappata in Germania con un ufficiale dell’esercito tedesco in ritirata, vostro figlio vive da cinquant’anni con un’austroungarica e vostra nipote se n’è andata nell’altro emisfero, in un posto così lontano che se lo cerchi nell’atlante geografico devi voltare pagina (e voglio tacere della nipotina Oltremanica che, se tutto va bene, non torna più). Alla fine si tratta di perpetrare la tradizione familiare.
Da questo mischione di razze e transumanze sono nati dei figli di cui, ogni tanto, io e mio marito tentiamo di decrittare paturnie e comportamenti. Ecco allora che sotto gli zigomi slavi della quindicenne compare lo spirito tzigana della nonna paterna, la pedanteria del novenne rivela una certa ostinazione austriaca e il profilo etrusco della primogenita nasconde riservatezze nordiche. E quali dovrebbero essere i paesi miei, a questo punto, non lo so più.