All’asilo nido tradizionale, comunale o privato, ci sono alcune alternative che merita valutare in quel delicatissimo momento in cui si affida la nostra creaturina in mani estranee.
I MICRONIDI sono essenzialmente dei nidi tradizionali ma di dimensioni più ridotte. Possono accogliere al massimo 10 bambini ed hanno l’obbligo di strutture e locali più limitati rispetto ad un vero e proprio asilo nido. Devono comunque garantire il servizio mensa ed il riposo dei bambini (con apposite attrezzature e locali), il personale deve avere la stessa qualificazione di qualsiasi asilo nido. Possono gestire un micronido le aziende, per i figli dei loro dipendenti, con ubicazione nei locali aziendali o nelle immediate vicinanze.
Da un punto di vista di programmi didattici e di servizi, a parte la minor recettività, non vi è nessun elemento particolare che caratterizza i micronidi, dal punto di vista dei genitori che affidano i bambini: sicuramente il numero limitato dovrebbe essere indice di maggior cura ed attenzione.
Sono,però, rilevanti da un diverso punto di vista e cioè quello imprenditoriale: con un locale anche di soli 100 mq e con un accordo con un catering specializzato, non è difficile iniziare un’attività di soddisfazione e, senza dubbio, piuttosto redditizia. I micronidi, dunque, sono nati per sviluppare l’imprenditoria in questo settore e, tutto sommato, se gestiti da persone competenti, possono essere un buon modo per moltiplicare l’offerta soprattutto dove quella dei Comuni è carente e quella dei nidi di dimensioni tradizionali privati piuttosto cara. Un micronido, infatti, ottimizzando le sue risorse (per esempio l’imprenditore che lo avvia, spesso ha titolo per essere puericultore ed educatore e vi lavora in prima persona), può offrire rette competitive.
I NIDI IN FAMIGLIA, CASA NIDO o, secondo la terminologia in uso nel resto d’Europa, TAGESMUTTER (dal tedesco: mamma di giorno), sono invece qualcosa di completamente diverso. Una mamma (o, perchè no, un papà), dopo aver seguito dei corsi professionali istituiti dai Comuni, accudisce ed educa bambini da 0 a 6 anni (ma la maggior richiesta è per la fascia di età fino ai 3 anni) presso la propria abitazione, normalmente insieme ai suoi bambini. La stessa attività può essere svolta anche da una persona professionalmente competente (una baby-sitter per esempio), ma non necessariamente genitore, sempre presso la propria abitazione. L’orario è flessibile perchè concordato tra la mamma che affida il bambino e chi lo accudisce ed il costo contenuto rispetto ad un asilo tradizionale. Sarà la mamma a decidere per quante ore e per quanti giorni affidare il bambino alla Casa Nido, corrispondendo solo la cifra relativa alle ore concordate. La normativa varia da Comune a Comune, ma in genere è necessario disporre di una stanza dedicata ai bambini con 4 mq di spazio per ciascuno e, al massimo, si possono ospitare 5 bambini. Oltre ai vantaggi di orario e costi, ci dovrebbe essere un vantaggio legato all’ambiente familiare e domestico, che evita il trauma da distacco ed il rapporto di fiducia tra chi affida e chi accudisce i bambini. Il Nido in famiglia è il punto d’incontro tra donne che vogliono tornare a lavorare dopo la maternità: chi sceglie di affidare i propri bambini per tornare al suo lavoro e chi un lavoro se lo crea, accudendo i bambini in casa insieme ai propri.
Eppure nel nostro Paese questa iniziativa stenta a decollare, al contrario del resto d’Europa: le mamme italiane sono diffidenti nei confronti di un altro genitore e preferiscono affidare i bambini ad un’istituzione. Le obiezioni maggiori riguardano: il timore che la tagesmutter non sia preparata come un’educatrice professionale (ma i corsi sono obbligatori e piuttosto seri: in media 250 ore di formazione); il dubbio che chi accudisce i bambini insieme ai propri possa fare delle preferenze o comunque si creino gelosie; l’inadeguatezza dei locali in un normale appartamento. E così alcuni Comuni italiani, dopo aver stanziato fondi per favorire l’iniziativa, li dirottano su altri progetti perchè le richieste sono poche.
Secondo noi i timori non sono fondati e, comunque, merita informarsi per vagliare l’alternativa: si tratta di un modo di educare i bambini fondato sulla solidarietà tra genitori e sull’incontro di esigenze lavorative. Quindi un concetto sano e dinamico.
Ciao a tutte! Navigando su internet mi sono accorta che questo blog parlava proprio di me sul link inserito da Silvia. Sono Katiuscia Levi, e dal 2006 coordino l’attività della nostra associazione Scarabocchiando, che cerca di rispondere alla crescente domanda di aprire un proprio nido famiglia in casa. Abbiamo associati in diverse parti d’Italia, ma la cosa che più ci interessa è continuare a crescere insieme mettendo sempre al centro delle nostre scelte i bimbi, non come problema ma come risorsa per le nostre famiglie, e come consiglia Caty: l’unione fa la forza!
Noi attualmente siamo circa duecento famiglie in regime di solidarietà familiare, con circa venti nidi famiglia attivati, funzionanti e costantemente monitorati: perché non ci venite a trovare sul sito?
Ciao, a presto ed i migliori auguri per tutto!
Katiuscia.
ciao volevo partecipare alla discussione presentando la mia situazione. siamo di grugliasco in provincia di torino.abbiamo un bimbo di 5 anni che abbiamo “dovuto” inserire in un asilo nido privato a due anni perchè troppo indietro in lista d’ attesa x l’asilo comunale…ora la situazione si ripete perchè è arrivato un altro piccolo di soli 7 mesi… come si può pretendere di convincere le coppie ad avere figli se poi non esistono i servizi x poterli gestire.noi dobbiamo lavorare fortu-sfortunatamente e di aiuti nenche parlarne… i nonni invecchiano…e i problemi potete immaginarli tutti. l’ idea del micronido o del nido in famiglia ci piace molto ma non riusciamo a trovarne. qualcuno ci può aiutare? grazie e saluti
Io ho 21 anni e sarei interessata anch io ad aprire / lavorare in un nido famiglia…
Io sono di Milano…
Ciao Mic, ho letto ke ti interesserebbe aprire un nido famiglia, be’ anke io sono interessata a questa attivita’ma non so da ke punto cominciare e dove girarmi; anke io faccio la baby sitter da tantissimi anni e ormai sono specializzata. Magari insieme l unione fa la forza, ke ne pensi….?
Proponi a qualcuno che ha la casa grande di condividere l’attività… magari qualche collega di università.
Infatti!!se pensi che in svezia lo stato ti paga parte della casa se sei novello sposo e ti sposi entro i 30 anni e se hai un figlio ma vuoi continuare a studiare ti paga l università e ti aiuta con il bambino su base economica.
ma lasciamo perdere…io cmq lavoro tutti i giorni da lun a venerdì con 17 ore settimanali e al mese prendo 370euro se nn salto nemmeno un giorno, se no mi leva quasi 20 euro al giorno..
se non fosse che amo questo lavoro non so come avrei fatto tutti questi mesi…ma da giugno ciao!!
casa mia cmq è 50mq e non ha nemmeno una stanza da dedicare agli eventuali bambini…noi ci viviamo in 4!!è un mini…non cedo mi darebbero l autorizzazione…:(
Mic, è vero, il lavoro in nero è sempre mal pagato, se è saltuario, poi, le cose vanno anche peggio.
La mia “socia” Serena potrebbe dirci molto sulle campagne per l’emersione di quel poco di lavoro nero che c’è in Svezia, mediante la possibilità di detrarre parte delle spese sostenute dal reddito, in modo da incentivare l’assunzione solo in regola.
Ma purtroppo qui in Italia il problema del lavoro nero è uno di quelli che nessuno vuole davvero affrontare.
Nel palazzo davanti a dove abito, una ragazza ha iniziato da appena un anno a svolgere l’attività di tagesmutter, non so di preciso con che numero di bambini, ma, per quello che so, la sua abitazione non è nè grande, nè è dotata di spazi particolari. Eppure vedo le mamme sue “clienti” che vanno a prendere i bambini, che sono rimaste quelle per tutto l’anno.
Quindi vorrà dire che un buon lavoro con i bambini ripaga di spazi magari un po’ sacrificati, che poi sono quelli di tutte le case.
Perchè non diventare la prima tagesmutter che organizza per le mamme un “gruppo di lettura” collettiva di genitoricrescono?
In bocca al lupo.
Salve.
io mi sto informando giusto in questi giorni perchè vorrei fare questo lavoro in attesa di laurearmi in pedagogia e poter ingrandire l’attività fino ad arrivare ad un mio progetto di nido un po speciale.
ma purtroppo non ho gli spazi adeguati in casa mia.
Posso però dirvi che faccio la baby sitter da 12 anni(in nero ovviamente)e i genitori trovano sempre un modo per ritardare il pagamento o non darti il concordato o fregarti nella tua buona fede con un forfettario che alla fine è un pagamento a ore sottopagato!
attualmente io prendo 4euro l’ora per tutti i pomeriggi.doveva essere un tot al mese con forfettario che così non è stato.
e anche quando mi davano 8 euro l ora era per 3 bambini e io a fine mese dovevo richiedere i soldi e mettere la macchina tutti i giorni(facevo un pieno al mese) e di rimborsi non ne vedevo…
sinceramente faccio questo lavoro si per i soldi ma soprattutto perchè adoro lavorare con i bambini!
non metto in dubbio che sia difficile sopratutto qui in italia costruire qualcosa, ma io ci provo!
almeno con un nido in famiglia tu hai comunque un entrata “sicura”diciamo…mentre se fai la baby sitter in nero…vieni sempre fregata!io cerco almeno di mettermi in regola come baby sitter, ma non c’è modo di farlo!quando si tratta di pagare sono tutti uguali!
vi sapro dire come è andata…
Gloria, grazie della tua testimonianza, soprattutto perchè, vista la difficoltà ad intraprendere questa attività, è decisamente rara! Poche le tagesmutter e poche le famiglie che lehanno frequentate.
Ci confermi che l’esperienza da parte dei genitori che affidano i bambini è/sarebbe ottima, mentre la catastrofe è per la mamma che decide di fare questo lavoro.
I Comuni, purtroppo, parlano molto più volentieri con le cooperative che con le mamme… e sul perchè credo sia inutile dilungarmi… (anche perchè il bello è che quella che non ha pagato gli stipendi avrebbe dovuto essere una coperativa DI mamme!!).
La mia è esperienza diretta ma “datata”. Leonardo è andato in un nido famiglia ormai 5 anni fa. Le cose così funzionavano:
-Le ore disponibili erano solo al mattino o al pomeriggio (la mamma ospitante decideva quale fascia oraria coprire), comunque non più di 5.
-La retta era pagata in parte dal comune a seconda del reddito familiare (mod. isee). La mamma ospitante pagava anche lei la retta per suo figlio (follie!)
-La merenda era nostro compito portarla, insieme a pannolini, salviette, ecc.
-La mamma ospitante aveva un corso semi-pedagogico prima dell’inizio dell’attività
-La casa doveva garantire uno spazio dedicato solo ai bambini, in particolarmodo che fosse garantito lo spazio nanna.
-La mamma ospitante doveva ottenere un rimborso dalla cooperativa appaltatrice del servizio per il comune di materiale didattico e arredamento.
-La madre ospitante ha fatto causa insieme alle altre mamme con la cooperativa che non ha elargito gli stipendi.
Al di là dei problemi tecnici, io e Leonardo siamo stati ultrafelici di quella esperienza, che lo ha portato più serenamente verso la scuola materna e a me ha dato modo di farmi una nuova amica (mi frequento ancora con la mamma del mininido).
Il comune dovrebbe parlare con le mamme, basta fare di testa loro. Devono stare a sentirci!
Ed ecco qui che anche Il Tempo si occupa dell’argomento. A quanto pare nel Lazio le uniche che fanno veramente questo lavoro sono costituite in un’associazione
http://iltempo.ilsole24ore.com/2009/09/02/1065088-nidi_famiglia_quando_fare_mamma_diventa_lavoro_comodo_conveniente.shtml
Ma allora sembrerebbe trattarsi di una via di mezzo tra tagesmutter e micronido.
Insomma in Italia per ora sembra chee il modello tagesmutter classico si sia diffuso solo in Trentino-Alto Adige: ovvero, consentitemelo, nella regione con la mentalità meno italiana d’Italia (non mi fraintendete, lo dico con ammirazione ed un po’ di amarezza per quello che potremmo essere e non siamo)
Lo capisco benissimo che ti fa arrabiare! Se pensi che facendo anche la baby-sitter in nero si guadagnerebbe molto di più.
Se vedi il sito dedicato all’attività di tagesmutter del Comune di Roma sembra tutto rose e fiori, l’occasione d’oro per la mamma per conciliare famiglia e lavoro, poi ecco che nella pratica ci si scontra con infiniti problemi.
A questo punto mi piacerebbe trovare qualcuno che concretamente fa questo lavoro per sentire come va nella pratica…
In effetti credo che sia una questione di combinazione dei due fattori. Alcune preferiscono la struttura “convenzionale”, altre ne approfitterebbero volentieri anche per il costo nettamente inferiore, ma magari non ne hanno di comodi.
La retribuzione di 700 euro è quella netta (parlo sempre per Torino perchè non so se in altre realtà è diversa) per un totale di 4 bambini escluso il proprio (per il quale si paga la retta :-S).
Posso dirti che a me, ma anche ad altre mamme che conosco l’idea di proseguire anche una volta sistemati i propri bimbi non dispiaceva affatto anche perchè tra le maggiori spese scolastiche e non ed il maggior tempo a disposizione è logico voler rientrare in qualche modo nel mondo del lavoro e rendersi economicamente utili al resto della famiglia sfruttando la propria esperienza come mamma e rendendola, in qualche modo, un lavoro. Purtroppo anche questa prospettiva è resa molto complicata e soprattutto non molto conveniente. Si tratta di grandi responsibilità, ti sempre giusto che, a parità di ore lavorate, una persona delle pulizie prenda più di una che guarda 4 bambini in contemporanea ed abbia più tutele?!
Scusami, ma questa cosa mi fa arrabbiare
In Italia di burocrazia ci moriremo! In questo Stato borbonico quasi nulla è relativamente facile da fare. E questo, purtroppo, è il nostro punto di partenza.
La mia fonte sulla scarsa diffusione delle tagesmutter era proprio un’intervista ad un assessore di Torino, quindi in realtà i dati non coinciderebbero con i tuoi. Immagino che siano vere tutte e due le interpretazioni: sicuramente il sistema non decolla, un po’ perchè i numeri della richiesta non sono altissimi e quindi non “fanno gola” ed un po’ perchè la possibile offerta è ostacolata dalle complicazioni.
Quanto all’entità dei guadagni c’è da dire che, se per esempio una mamma ha un solo figlio, dispone di altri 4 posti per bambini “paganti” ed il reddito aumenta (tu, ovviamente hai al massimo 2 posti). La tagesmutter non è comunque un lavoro ben pagato: è un modo per andare in pari pur restando a casa.
Il micronido è cosa ben diversa quanto a guadagni, ma necessita di un’organizzazione imprenditoriale e di strutture (quindi di investimenti).
E’ ovvio poi che la tagesmutter mamma non ha più convenienza svolgere questo lavoro quando i figli hanno superato i 3 anni: visto che iniziare è complicato, per un lavoro che durerà al massimo 4 o 5 anni (ipotizzando due figli), è quasi più ovvio rinunciare.
Comunque ti confermo che, almeno qui da noi, l’idea è vista anche con sospetto dalle mamme che cercano un posto dove tenere i propri figli. Sui perchè potremmo andare avanti per molto.
Grazie di questa tua preziosa testimonianza
Posso dirti di essermi informata in prima persona per la gestione in casa mia sia di un micronido sia di un nido in famiglia e di aver desistito per numerosi motivi.
Credo che ci siano zone in Italia (tipo il trentino) in cui, con leggi e tutela differenti, il servizio sia reso decisamente più allettante, ma a Torino se si vuole proseguire “il mestiere” anche quando i propri figli hanno superato il limite dei 3 anni occorre disporre di un titolo di studio idoneo (cosa che non possendendo mi imponeva una maturità aggiuntiva); 6/700 euro al mese per assumersi la responsabilità (e la fatica) di gestire ben 4 pargoli, per 5 ore al giorno, nella propria abitazione con limiti riguardo al menù, alle uscite, alle attività, alle pesone che possono frequentare il proprio appartamento, le ferie …. mi sembrano veramente un pò pochino.
Numerosi altri limiti nonchè il versamento di una quota associativa mi hanno spinto a pensare che “soli è meglio”.
E’ un vero peccato!
Non credo che, come dici tu, sia un problema di mamme perchè penso che, avendone l’opportunità, molte ne approfitterebbero volentieri. L’anno scorso, quando avevo fatto il colloquio per diventare tagesmutter, mi avevano detto che (almeno a Torino) la domanda è maggiore rispetto all’offerta e non so perchè non stento a crederlo!