Io non credo che mentire sia grave. Perché non credo nella verità, o meglio, non la conosco quasi mai. Ricordate Platone e il mito della caverna? Sono più veri gli oggetti o le loro ombre?
Dunque, realisticamente, non credo ci sia tutta questa differenza tra mentire sapendo di mentire, e mentire pensando di conoscere la verità. La questione è puramente morale.
Le menzogne tuttavia hanno un risvolto inquietante, ed è per questo motivo che sono tendenzialmente sincera: se menti, il miglior modo per sembrare credibile, è convincere te stesso che quello che stai dicendo è vero.
E mentire a se stessi è piuttosto grave, dico nei confronti di se stessi. Prendersi in giro è una pessima abitudine con pessime conseguenze.
A volte ho l’impressione che ci sono delle persone che mentono a se stesse sulla propria relazione. Mentono a se stesse sul fatto che, in alcuni casi, quando si diventa genitori, ci si sente un po’ abbandonati dal proprio compagno/a, e che a volte, forse spesso, ci si chiede “Chi è questa persona con cui ho fatto un figlio?”. Non è grave, quando succede di avere dubbi. Però non è facile ammettere che i dubbi capitano anche a noi, non perché il nostro matrimonio non sia speciale, ma perché gli altri non sono meno speciali di noi e fanno il meglio che possono, sì, anche quando si lasciano.
Credo che sarebbe un mondo molto migliore, se riuscissimo a empatizzare anche senza vivere i problemi sulla nostra pelle. Sarebbe un mondo migliore, se avessimo più immaginazione.
Altre volte, vedo persone che ammettono con riluttanza, in certi contesti, di non essere in coppia. Delle volte lo faccio anche io. Magari non mentono a se stessi, ma mentono agli altri.
Perché ci si vergogna di stare da soli?
Perché stare da soli non è socialmente accettabile. Credo che sia una questione di controllo sociale della sessualità e in ultima istanza, controllo delle nascite per non sprecare le risorse, che non sono infinite.
Ti fanno credere che la coppia sia l’entità dove realizzare se stessi. In realtà a volte capita, altre volte no. Io per esempio ho passato più tempo in coppia che da single, ma più resto single, meno mi sento sola. Certo, la gestione familiare non è particolarmente comoda, con la metà delle forze. Ma ho più amici. Apprezzo anche di più la compagnia di me stessa, e quando e se avrò qualcuno accanto, sarà qualcuno la cui compagnia è migliore della mia, che è ottima. Capite? Wah, se succederà sarà stupendo.
Qualche giorno fa, sono andata con le bimbe dal biciclettaio.
Mi sono presentata con un: “Salve, vorrei ritirare la bici che mio marito ha portato ieri”.
Le bimbe mi hanno chiesto perché ho mentito. Io ho detto che mi era venuto facile, dire che il loro babbo è mio marito, che non ci ho pensato, o che non volevo spiegare qualcosa di cui non mi sentivo orgogliosa. Ma il loro babbo non è mio marito, e non lo è mai stato, per scelta. Il padre delle mie figlie è un mio buon amico, non mio marito. Me l’hanno fatto notare.
Per loro non è strano, non essere in coppia: è un’opzione come quella inversa. Il fine è la felicità nostra e di chi abbiamo attorno: il mezzo, per loro, è a propria discrezione e fantasia. E trovano che il mio modo sia accettabile.
Io credo che il mondo sarebbe migliore, se avessimo tutti la loro immaginazione.
MI fai tornare in mente un episodio di tanti anni fa, avevo 21 anni e stavo partire per la Francia come ragazza alla pari : per organizzarci con la signora ci siamo scambiate una serie di telefonate e in una di queste, mi ha detto “Je vous passe mon mari”, Le passo mio marito. Solo quando sono arrivata lì dopo un po’ di tempo, entrando in discorso, ha precisato che erano conviventi e non sposati e che in francese avrebbe dovuto dire “mon concubin”. Teoricamente avrebbe potuto dire anche “mon compagnon” “mon partenaire”, ma anche in italiano “il mio partner” lo trovi nelle riviste dal parrucchiere ma detto a voce fa sorridere. Due miei colleghi invece usano sempre la parola “padre” e “madre”: lo dirò alla madre, ne parlerò col padre. Che è un modo scherzoso per dire la stessa cosa, passerà il babbo ne parlerò col babbo.
Sullo sguardo sociale di cui parla ElenaElle, mi torna in mente un post su FB che ho scritto qualche giorno fa, in cui esprimevo la mia sincera ammirazione per i genitori single. Avevo i bambini malati e il marito via per tre giorni. Non che non lo pensassi prima, ma lì mi è uscito dal cuore: come fanno i single? Inutile dire che chi non ha mostrato di gradire il post, erano proprio i miei amici single. Forse la solidarietà da chi è comunque in un’altra situazione non fa mai davvero piacere. Che ne pensi?
Close, mah, non saprei. Che cosa hanno obiettato di preciso i tuoi amici single?
Fino a un po’ di tempo fa credevo che nessuno avrebbe mai capito le mie difficoltà. Poi ho imparato ad approcciarmi agli altri in modo empatico e ho capito che non esiste un problema, in assoluto, più grosso di un altro, ma modi diversi di affrontarli. Dunque se io mi interfaccio con questo tipo di problema tutti i giorni, ma questo non significa che, se tu devi affrontarlo, che ne so, una volta all’anno, il problema per te sia minore. Insomma, quello che stai dicendo non mi offende: mi metto nei tuoi panni e comprendo la difficoltà, non ho necessità di misurarla con la mia, di difficoltà ?
Non hanno commentato nulla… rileggendo il post a distanza di giorni ho notato che a parte un padre single, solo amici in coppia l’hanno considerato (o come si dice, “mipiacciato”). Non c’è veramente stata una discussione, ma ho interpretato questo silenzio come la loro personale sensazione che tanto comunque non saranno mai capiti.
Non so, magari è così davvero, ma la mia amica psicologa una volta mi ha detto di evitare i metapensieri (penso che lui pensi). Da allora, interpreto il silenzio come mancanza di qualcosa da dire, in maniera neutra. 🙂
Devo dire che da una parte c’è la fatica (molta) ma dall’altra i genitori single scoprono risorse infinite, sia interiori sia nelle persone che stanno intorno. Poi le difficoltà sono relative: alla fine i miei figli sono sani, sereni, pure belli. Io ho un lavoro che mi gratifica e che ho scelto. Insomma non mi sento una vittima. Certo soffro di alcune incomprensioni soprattutto con alcune maestre che non hanno la delicatezza a volte di evitarmi inutili pensieri, ma poi anche il loro lavoro è duro e stressante e allora chi sta peggio?
Ecco, empatia è la parola chiave. E rispetto di se’ stessi, di ciò che si è.
Fantastiche le tue bambine!!! Certo che noi dobbiamo pure sopravvivere ed a volte non si ha proprio voglia di dare spiegazioni, soprattutto ad estranei! Anch’io sono per non mentire, non ne faccio una questione morale ma proprio come te di credibilità, in particolar modo nei confronti delle mie figlie e di chi mi ama…
Io non sono single ma sposata, certe solitudini, però, le provo e le ho provate e, per quanto non facciano piacere, non le nascondo, almeno a me stessa… osservo, ascolto, analizzo e poi dico “certo che la mia relazione è proprio imperfetta!!!” Sono per l’onestà d’intenti e di pensieri…poi, a volte, qualche aggiustatina ci sta!!! 😉
(specie quando te lo dice gente a cui davvero non riesci a invidiare nulla)
A me semplicemente infastidisce lo sguardo “sociale” di pena mista a elogio quando dico che vivo sola coi miei figli. Mi sembra che ogni volta nella faccia che mi trovo di fronte ci sia scritto: come fai a cavartela completamente sola? Perché a questa conclusione sono giunta anche io: un conto è essere separati potendo contare su un ex compagno comunque presente e su una rete familiare vicina e solidale. Altro conto è essere come me: sola, con una madre anziana e distante, con un ex che ha deciso di vivere a 1000 km da qui e comunicare con noi solo per posta ordinaria una volta al mese.
Poi però c’è il mondo delle amiche, immenso, solidale, presentissimo.
E poi ancora tanta autoironia, che mi salva dal dire cose brutte quando la maestra mi chiama per dirmi che il bambino non era contento di vedere la baby sitter all’uscita anziché la mamma…