Dal primo di febbraio GG è entrato in congedo parentale. Questo significa che io dal primo febbraio sono passata dallo stato di mamma-in-maternità allo stato di mamma-in-cerca-di-occupazione. Sia io che GG abbiamo passato gli ultimi mesi a progettare cosa avremmo fatto in questi 6 mesi (si, hai capito bene, sto parlando di 6 mesi di congedo parentale per il papà).
Certo, io devo cercare un lavoro, questo è chiaro. Ma nel frattempo posso portare avanti progetti, idee, sogni.
Mi vedo a girare nei caffé di Stoccolma, con dietro il mio portatile, seduta a scrivere, a leggere, a svuotare la testa dei problemi della quotidianetà tipici della maternità per riempirli di cose nuove.
Naturalmente GG non vuole essere da meno (eh eh! Illuso!). Abbiamo entrambi tante di quelle aspettative di cose da fare che non ci basterebbe una vita.
Non fraintendetemi, la maternità me la sono goduta. Forse questa seconda l’ho anche assaporata meglio, più consapevole del fatto che il tempo passa veramente in fretta e poi i figli crescono e improvvisamente ti accorgi che non sono più fagottini caldi da tenere tra le braccia.
Però io arrivo ad un punto in cui ho bisogno anche di altro.
Il primo febbraio abbiamo festeggiato. Gelato per tutta la famiglia.
Il Vikingo ha ovviamente chiesto il perché stavamo festeggiando, e così ha scoperto che papà non andrà a lavoro nei prossimi mesi, e quindi ha subito concluso che allora lui non doveva andare all’asilo.
Poverino che delusione!
Nei nostri programmi dei prossimi mesi, non è prevista la sua presenza dal lunedì al venerdì.
Nei nostri programmi dei prossimi mesi, lui starà all’asilo, mentre noi ci godremo i nostri progetti.
Egoismo? Si. Forse. Sanissimo egoismo di genitori al limite delle forze.
Del resto l’ha detto anche lui, disegnando il calendario del mese di febbraio (il Vikingo ha deciso che questa volta il calendario lo disegnava lui). E mentre seguivo il tratto incerto della sua mano disegnare un quadrato rosso, due quadrati rossi, tre quadr….“eh, no Vikingo. Dopo due giorni rossi ne devi fare cinque blu, ricordi?”
Sapete che cosa ha risposto? “no mamma. Abbiamo bisogno di vacanze! Li faccio tutti rossi.”
Che parolina dolce. Vacanze.
La mia prima settimana in qualità di mamma-in-cerca-di-occupazione l’ho passata con il Vikingo a casa con febbre alta e tosse, con complicazioni di asma.
Dopo due giorni siamo andati a fare un giro all’Ikea, perché sembrava stare meglio. Come non detto. La febbre è continuata per altri 5 giorni. Silvia mi ha pure cazziata, dicendo che devo finirla di fare la madre svedese che porta i figli in giro con la febbre, e che devo tenerlo a casa a letto.
No, dico. Ma qualcuno di voi ha idea di cosa significa stare una intera settimana con il Vikingo in casa? La collezione di DVD non basta. Perché lui è sempre stato uno che con 38 di febbre salta due ore sul divano.
Il Vikingo con la febbre deve uscire di casa. Per la salute mentale di chi sta a casa con lui.
Insomma anche se il mio periodo roseo da (dis)occupata alla ricerca di cosa fare da grande non è partita con il piede giusto, e anche se so che le prossime settimane saranno anche più pesanti (e magari di questo vi parlerò tra qualche giorno), ho voglia di fare una riflessione sul mio bisogno di vacanza. Ovvero sul bisogno di vacanza dalla maternità.
La maternità è un lavoro che ti riempe ogni momento della giornata. Non dico solamente nel senso pratico della quantità di cose da fare, ma del fatto che il lavoro di mamma è un lavoro ventiquattrooresuventiquattro settegiorniasettimana.
Niente pause. Ma soprattutto niente vacanze. Anche perché mediamente in vacanza ci si va con i figli.
Io in questo momento ho un gran bisogno di vacanza. Ma non nel senso di stare in panciolle tutto il giorno (oddio, magari anche un po’ quello). Il mio più grande bisogno è quello di poter riempire la testa di altro.
Progetti miei, cose mie, me stessa.
Ho solo un filino di senso di colpa materno.
Che poi quando vedo Pollicino stendere la manina verso di me, o il Vikingo addormentarsi sul pavimento (i leoni non dormono nel letto mamma. Loro dormono per terra) diventa anche un po’ più di un filino di senso di colpa.
Perché nel mio sogno di vacanze, oggi, i miei figli non ci sono.
Poi lo so che invece mi mancherebbero.
Ma oggi, il mio sogno di vacanza prevede solo me stessa.
Per me, la maternita’ in questo momento è come una droga: mi sento stanca a volte, impegnata mentalmente sempre, eppure non riesco a staccarmi da lui, da quella sua faccetta paffuta e dalle sue risate argentine. Penso, sapendo di sbagliare, che nessuno possa occuparsene come faccio io e quando mi prendo qualche ora per i fatti miei (per fortuna – e per scelta – ho mamma e suocera vicine)non vedo l’ora di tornare perché alla fine mi manca, penso che mi sto perdendo qualcosa e sono molto più serena se lo porto con me, qualsiasi cosa faccia.
Sara’ che mi riempie di sorrisi ogni mattina quando si sveglia nella sua culletta, sara’ che se ne sta buono quasi sempre anche al ristorante,sara’ che mi intenerisce quando se ne sta nella sua sdraietta a giocare con le manine, ma anche nei momenti più faticosi mi sento legata a lui a doppio filo e non riesco ad allontanarmene.
Probabilmente, con il tempo vivrò la cosa con meno coinvolgimento e troverò un nuovo equilibrio…
Quando c’è indigestione é indigestione anche se di una cosa bellissima come la maternità! E quindi ben venga un po’ di tempo per noi stesse perché siamo donne, amanti, amiche, bambine, compagne ecc. ecc. e non solo mamme.
E sono pienamente d’accordo con Anna, la famiglia é un insieme di persone e ognuno deve stare bene ed essere sereno, perché altrimenti non c’è serenità per nessuno.
Personalmente non sono capace di far la mamma a tempo pieno. Anche se corro dal mattino alla sera preferisco lavorare. Quando ero a casa in maternità a un certo punto sono sklerata e la conseguenza immediata é stata che la mia bimba più grande aveva delle afte sotto la lingua.
La pediatra ci aveva detto che duravano una settimana. Mi son messa tranquilla e il terzo giorno le afte sono scomparse.
E avrei mille altri esempi di conseguenze sulle mie figlie della mamma stressata.
A volte bastano anche solo 10 minuti al giorno ma solo per noi stesse. Un bagno caldo, una crema idratante…
Cecilia
concordo con piattinicinesi, “percorso” è la parola che più sto usando in questo periodo, e comunque, anche se ai sensi di colpa ci sono abbonata già da un pò, abbiamo bisogno di spazi solo per noi, che siano per noi stesse o per la coppia, che poi ognuno se li ritaglia come può (e avendo i nonni lontani e spesso impegnati ultimamente mi viene sempre più in mente l’ipotesi di una babysitter…), una mamma, e un papà, soddisfatti e non “strafatti” possono solo che essere un bene per i pargoli, no?