Sono passati 12 anni, eppure ricordo ancora perfettamente il mio primogenito da neonato. E’ difficile dimenticarlo, perché lo sento ancora nelle ossa, nei muscoli, nei legamenti del gomito, nel nervo sciatico. Non ho dimenticato nemmeno un dolore, la stanchezza infinita delle notti insonni durate molti anni e dei giorni in movimento continuo. Sono ritornata subito in forma dopo la sua nascita, tra allattamento e passeggiate. L’unico modo per ottenere un attimo di calma infatti era quella di camminare. Lo avvolgevo stretto in una coperta, lo mettevo in passeggino che urlava, e iniziavo a camminare. Se camminavo abbastanza in fretta, dondolando la carrozzina con forza, allora succedeva il miracolo: si addormentava. Ma non mi era concessa sosta. Anche dopo addormentato dovevo continuare a camminare. Se mi fermavo si svegliava e dovevamo ricominciare da capo con urla strazianti per delle intere mezz’ore.
Ora prima che qualcuna inizi a dirmi che dovevo prenderlo in braccio invece, e a parlarmi di contatto fisico come se fosse un miracolo, vi dico subito che con lui funzionava raramente. Prenderlo in braccio non serviva mai a calmarlo se non momentaneamente, e in compenso mi ha regalato diverse infiammazioni muscolari e dei legamenti. Il suo problema era una tendenza all’eccitazione per qualsiasi stimolo esterno. Una luce, un rumore, un brusio, per lui tutto era fonte di eccitazione che gli impediva di abbandonarsi al sonno. Persino le proprie mani che agitava in modo perpetuo di fronte ai suoi occhi erano un motivo di eccitazione. Per questo un altro trucco che funzionava era quello di fasciarlo stretto, in modo da impedirgli di agitare le braccia.
Gira da qualche giorno un video su Facebook che sta generando molto clamore. Si tratta di una culla con incorporato un motorino che la mantiene in movimento oscillatorio continuo. Si tratta anche di una fasciatura, un capo di abbigliamento che stringe il neonato quanto basta per tenergli le braccia ferme lungo il corpo. Poi c’è una specie di coperta, o fascia, che lo tiene ancorato ai lati impedendogli di girarsi.
La maggior parte dei commenti che leggo sono estremamente negativi. Si accusano le madri di non volersi prendere cura dei figli. Gli si dice che un bambino che piange deve venire preso in braccio. Si prevedono fantomatiche ritorsioni sullo sviluppo psicofisico del bambino tenuto lontano dal contatto materno di cui ha bisogno per crescere.
Eppure dopo anni di mommy blogging, e in un momento storico in cui sta riprendendo una presa di coscienza femminile sulle condizioni della donna, ci si potrebbe aspettare di aver fatto qualche passo avanti. E invece pare proprio di no. Stiamo ancora qui a dover spiegare che la culla che dondola, il tiralatte, il biberon, la fascia, l’allattamento prolungato, il passeggino, il ciuccio, altro non sono che strumenti. E come tali non sono il diavolo in persona, non sono il male assoluto della genitorialità a prescindere. E’ l’uso che si fa di tali strumenti che ne definisce i vantaggi o gli svantaggi. E quando dico vantaggi o svantaggi penso alla coppia madre-figlio non ai vantaggi per il bambino.
Voglio dirvi un segreto che ho scoperto dopo tanti anni a contatto con genitori grazie a questo sito, e articoli e libri letti sull’argomento: il benessere del bambino passa attraverso il benessere della madre. I vantaggi dell’allattamento sono inconfutabili, ci sono centinaia di pubblicazioni scientifiche che ne evidenziano gli effetti benefici a breve e lungo termine, però se la madre è depressa e mentre allatta il figlio lo odia con tutte le sue forze, i vantaggi dell’allattamento se ne vanno in fumo. Diventano parole vuote, che perdono ogni significato. E tutto ciò è applicabile ad uno qualsiasi degli strumenti che esistono e che possono agevolare, alleggerire, aiutare, sostenere la neomadre (e non dimentichiamoci del neopadre). La culla elettrica con la fascia incorporata, magari permette ad una madre come lo ero io, di riposare un’ora, di farsi una doccia, di bersi un caffè, o anche semplicemente di dormire la notte. E allora perché demonizzare uno strumento invece dell’uso che se ne fa? Perché continuare a puntare l’indice contro le madri ancora una volta?
La natura è estremamente furba e per garantire la sopravvivenza della specie umana, ha dotato i neonati di resilienza, ossia capacità di adattamento, rendendo sostanzialmente quasi ogni stile genitoriale sufficientemente buono. Eppure c’è una tendenza diffusa tra i genitori all’assolutismo. Ammetto che a volte ci casco anche io. Una cosa mi viene bene, e tendo subito a pensare che è venuta bene per merito mio, perché ho lavorato con i figli in un certo modo. E la tendenza alla generalizzazione mi fa pensare che dovrebbero fare tutti come me, e i loro problemi con i loro figli sparirebbero in un attimo. Ma bastano già due figli per far ridimensionare la voglia di assolutismo. Uno dorme, l’altro no. Uno mangia tutto, l’altro solo 3 cibi a rotazione. Uno è solare e allegro, l’altro è timido e chiuso. Uno va bene a scuola l’altro fa dannare le insegnanti. La verità è che è la generalizzazione sulla base delle esperienze personali ad essere il male della genitorialità. E invece la relazione tra madre e figlio è una cosa speciale e unica. Ogni coppia è a se stante. E anzi, non si tratta nemmeno di coppia visto che c’è almeno un padre o altre figure di riferimento che gravitano intorno alla relazione, senza contare la relazione con fratelli e sorelle.
Quello che è giusto per una famiglia potrebbe essere completamente sbagliato un’altra famiglia. Eppure questa voglia di generalizzazione e assolutizzazione è molto forte in tutti i genitori, e lo è spesso persino in gente che si occupa di sostegno alla maternità, o in gente che si occupa di sostegno alle donne e che combatte per le cause del femminismo. Ci penso spesso al perché, e sono arrivata alla conclusione che sia una forma di difesa personale. Ci si sente spesso sbagliate come madri, e se per caso o per bravura una cosa ti viene bene pensi che sia merito tuo e che sbaglino le altre madri, perché questo è quello che pensi di te stessa tutto il resto del tempo. E pensare che questa volta specifica stiano sbagliando le altre ti fa sentire un po’ più giusta e in gamba e ti risolleva l’autostima. Credo sia abbastanza istintivo, però vorrei davvero che la gente la smettesse di giudicare e insultare le madri solo perché sognano una culla che si dondola elettricamente, o perché usano il ciuccio o qualsiasi altro gadget del momento: è solo uno strumento. Si può scegliere di usarlo bene o male, e prima di saltare alla gola a qualcuna poi si può provare a discutere cosa significa usarlo bene e cosa significa usarlo male, e se ne discutiamo in modo empatico potremmo scoprire che esistono sfumature nella vita dei neo genitori. Esistono tante sfumature quante sono le famiglie e i componenti della famiglia, e basterebbe davvero semplicemente smettere di giudicare sempre tutto e tutti e usare un briciolo di empatia invece. E se una madre per assurdo usasse la culla autocullante come uno strumento per evitare di prendersi cura del proprio figlio, è molto probabile che la stessa madre avrebbe estrema difficoltà ad occuparsi del proprio figlio, anche senza la culla in questione. La maternità non è una gara a chi soffre di più. Non è una gara a chi fa più pappe fatte in casa, a chi allatta più a lungo, a chi si alza più volte a notte con serena rassegnazione per il bene del figlio. La maternità è una maratona ad ostacoli, e di ostacoli ce ne sono già tanti, senza bisogno di aggiungere commenti e giudizi gratuiti a farci sentire più inadeguate di quanto già ci sentiamo da sole. Proviamo a metterci tutte lungo la strada, ad incitarci a vicenda, ad offrirci un bicchiere d’acqua, e a ricordarci che alla fine, passo dopo passo, tutto sommato stiamo andando tutte nella direzione giusta.
Non so voi, ma a me é capitato piú spesso di ricevere i giudizi piú trancianti o i consigli piú categorici (DEVI fare cosí e colá) da persone che hanno avuto pochissimi o zero contatti coi miei figli.
Di solito era questo che mi mandava piú in bestia.
Magari mi lamentavo (per ricevere solidarietá :D) del secondogenito di 3 anni che si svegliava pimpante nel cuore della notte, una fase che é durata alcuni mesi. Mi venivano suggerite cose tipo “devi spiegargli che al mattino tu vai al lavoro e se non dormi arriverai in ritardo”; “mettilo nel lettino cosí si addormenta”. Ovviamente, chi avesse conosciuto minimamente il pargolo avrebbe realizzato immediatamente che concetti come “arrivare in ritardo” gli erano sconosciuti, oppure “metterlo nel lettino” significava semplicemente che da quel lettino lui sarebbe sceso nel giro di dieci secondi ridendo e ballando.
Chi invece li conosceva di piú aveva la tendenza non solo ad offrire consigli o considerazioni piú sensate, ma anche a mostrare un atteggiamento meno cattedratico.
Sono perfettamente d’accordo con te, I prodotti per bambini non sono giusti o sbagliati a priori, ma dipende dall’uso che se ne fa! Tutto può essere utile o dannoso….l’unica cosa certa è che nulla è davvero indispensabile. La sdraietta di cui tu parli è una novità, cara ed ancora poco diffusa ma pensiamo al girello ad esempio che c’era già quando io ero piccina, ben 40 anni fa. Potremmo fare un esperimento e postare un bel articolo sul suo utilizzo proprio qui e sono sicura che ne nascerebbe una feconda ed accesa discussione. Se si vuole litigare o accendere gli animi basta parlarne! La stessa cosa vale per ciucci, marsupi, sdraiette, ovetti e chi più ne ha più ne metta. Sono tutti buoni pretesti per sputare verità e sentenze, per giudicarsi a vicenda soprattutto tra mamme. Da parte mia negli ultimi sei anni (l’età della mia prima figlia) invece di acquisire certezze sul come allevare un figlio le ho perse quasi tutte con il passare del tempo e con l’aumentare del numero dei figli. Gli unici ad avermi insegnato qualcosa sino proprio loro, I miei bambini. Tutti e 3 diversi, unici con bisogni unici. Sono passata dalla primogenita per la quale abbiamo oscurato I lampadari e che ancora adesso si tappa le orecchie quando si canta ‘tanti auguri a te’ durante le feste di compleanno, al secondo che ha passato I primi 6 mesi in fascia e che ancora dorme con me a 3 anni, alla terza che a 4 mesi si è fatta un’otite perforante senza lamentarsi e si consola da sola ciucciandosi la manina. Ora provo solo tanta solidarietà per quelle donne che decidono di avventurarsi in quell’esperienza meravigliosa, terrificante e destrutturante che è la maternità, ma in effetti per arrivare a questo punto ho dovuto imparare un bel po’ di lezioni da quei maestri che sono I miei figli.
se l’oggetto di cui si parla è lo stesso che ho visto io, l’ho criticato (l’oggetto) per 2 motivi:
1. tiene il bambino a pancia in giù (ripeto, non so se parliamo dello stesso oggetto);
2. chissà quanto costa e sono molto scettica sul fatto che funzioni.
insomma mi sembra l’ennesimo must have che non serve a niente e fa solo spendere soldi ai neogenitori.
davvero voi spendereste tanti soldi (non penso che costi poche decine di euro) per una cosa che usate al massimo 2-3 mesi? e davvero pensate che qualsiasi bambino messo lì smetta di piangere e dorma beato?
😀
detto questo, sono d’accordo con tutto ciò che dice l’articolo. con il terzo figlio ho perso tutte le certezze accumulate con l’esperienza degli altri due. quando pensavo che i figli degli altri non dormissero o avessero il sonno leggero perchè i genitori fossero ansiosi – senza ovviamente giudicarli per questo, ci mancherebbe -mi è capitato un terzo figlio (quello cioè con cui non hai alcun tipo di ansia) che si sveglia ad ogni scricchiolio o sussurro piangendo disperato. adesso capisco quando mi dicevano che avevo avuto 2 bambini buonissimi (da piccoli :-D), pensavo che volessero solo farmi dei complimenti. invece è così, e la vendetta è un piatto che viene servito freddo… con il terzo figlio!
sono daccordo con voi, la maternità tocca nervi scoperti e spesso “invisibili”.
anche io stessa da quando sono mamma seppur ferita a morte da alcuni giudizi altrui, mi scopro sempre giudicante nei confrnti delle altre!
Io quando dico che la Pupyna non è una bambina che va stimolata, anzi: va attivamente calmata, la gente mi guarda come fossi tocca. Mio suocero in cuor suo pensa che sto facendo male alla bambina e quando sta con lei si mette attivamente all’opera per stimolarla più che può. (Grazie a interventi come questo l’ultima volta che i miei suoceri sono venuti in Olanda ho sfiorato la mastite, perché ancora adesso, a dieci mesi, nelle giornate piene di emozioni o quando scopre cose nuove Gaia si agita tanto da non riuscire ad alimentarsi, altro che dormire.) Quindi quando leggo che non sono la sola ad aver affrontato tutto ciò mi sento meglio.
Parentesi personale a parte: c’è che il corpo della madre è visto come un bene comune, un servizio alla collettività, e quindi la gente si permette di mettere bocca.
Daniela non sai come ti capisco! Quando dicevo che con mio figlio neonato non potevo entrare in un supermercato perché c’erano troppi stimoli e veniva eccitato troppo, venivo presa per una pazza. Coraggio!
Sul corpo dell madre visto come bene comune, hai perfettamente ragione! La madre viene descritta come una donna del duecento, idealizzata al massimo, portatrice di amore, esperta massima del bene dei figli grazie ad un fantomatico istinto materno che dovrebbe sempre guidarla nel fare le scelte giuste. E’ tutta una gabbia.
Grazie Serena per questo bell’articolo. Secondo me, oltre a sentirsi sbagliate come madri, ci si sente vittime come figli. Abbiamo un irrisolto con i nostri genitori, con la figura materna. Spesso questo influisce molto sulle nostre scelte genitoriali e sul modo in cui guardiamo a quelle degli altri.
Cara Tullia, come dicevo a CloseTheDoor immagino anche io che in alcune (o molte) persone ci possa essere questa componente di conflitto con la propria figura materna, e certamente può pesare molto sull’autostima della neomadre o del neopadre. Ad esempio se come neomadre mi prefiggo l’obiettivo di essere diversa da mia madre in un certo comportamento specifico, questo mi porterà certamente a idealizzare questo comportamento, e renderlo ai miei occhi totalmente imprescindibile. L’aspetto che mi spaventa di più è quello a carico di chi si occupa professionalmente del sostegno alla maternità. La comunicazione dei temi legati alla maternità dovrebbe essere quanto di più lontano dalla polarizzazione ideologica che invece purtroppo continuiamo a vivere anche da parte delle strutture di supporto. Questo per me è veramente un danno enorme.
Mi sono resa conto che l’acrimonia veramente incredibile con cui si stigmatizzano tutte (tutte!) le scelte delle madri e dei genitori in genere, è dovuta nel 99% dei casi al fatto che ciascuno sta dicendo quelle cose al proprio genitore. Forse gliele ha già dette, forse no, ma in una buona parte dei casi non è con me veramente che quella persona sta parlando, ma qualcun altro.
Anche grazie a GC ho imparato anziché a rispondere subito per le rime, a far parlare la persona della propria esperienza personale e questo cortocircuito viene fuori subito. Ovviamente non mi riesce sempre (!) ma diciamo che in generale, quando hai chiarito che la tua esperienza personale magari è opposta, il dialogo riprende su basi diverse.
Non lo so se sono d’accordo con la percentuale del 99%, ma è probabilmente vero che ci può essere qualcosa di irrisolto nella relazione con i propri genitori che condiziona il nostro sentirci sicuri a nostra volta in quel ruolo. Del resto alcune delle critiche più severe fatte alle neomadri vengono spesso dalle loro stesse madri o suocere. Pensare che grazie a noi tu abbia modificato un tuo comportamento mi emoziona moltissimo. Grazie :*
non so se è vero quello che dici, sicuramente lo è per alcuni ma non credo sia l’unico motivo. quello che percepisco però da genitore è che ci si sente sempre il dito puntato addosso. è una moda quella di sparare a zero contro i genitori da parte della società in generale, di chi non ha figli e dice che i bambini di oggi sono maleducati, dai giornali che dicono che la genitorialità è in crisi, da certi psicologi che scrivono libri sulla crisi dell’autorità dei genitori, dagli insegnanti che scaricano sui genitori qualunque responsabilità, dai nonni che quando nasce il tuo primo figlio non fanno altro che fare confronti e insegnarti “come si fa”, trattandoti come se fossi una bambina a tua volta anche se hai più di 30 anni e sei laureata, e forse c’è come l’esigenza di difendersi a priori, mettendo le mani avanti: “Gli altri sbagliano e io no”. non so se anche voi avete questa percezione, a me certi discorsi iniziano a stufare, non ne posso più di sentire discorsi sui genitori di oggi che sono la rovina del mondo, penso però che siamo molto lasciati a noi stessi proprio da questa società che ci critica e che dovremmo essere più uniti fra di noi, e rispettarci indipendentemente dal modo in cui decidiamo di occuparci dei nostri figli.