L’umiliazione come mezzo per educare?

E’ da qualche giorno che gira sui vari social media la notizia di alcuni genitori, ovviamente americani, che per condannare l’uso improprio di facebook da parte dei loro figli, hanno pubblicato sul loro profilo una foto con il ragazzino in questione che tiene un cartello sul quale è scritta una frase tipo “Siccome voglio postare foto di me con alcol, non sono ovviamente pronto ad utilizzare social media e mi prendo una pausa finché imparerò cosa posso postare e cosa no. Ciao ciao!”
La spiegazione è che l’umiliazione di fronte ai loro coetanei è l’unica cosa che questi ragazzi riescono a capire. Inoltre in questo modo capiscono, provandolo direttamente, che ci sono conseguenze per quello che condividono sui social media, e che è quindi necessario riflettere su queste conseguenze prima di scegliere se pubblicare o meno qualcosa.
Io vi confesso che sono molto perplessa nei riguardi di questo genere di azioni, e per quanto continuo a pensare che bisogna ritrovarsi nei panni di quei genitori per potersi permettere di giudicare, non riesco a darmi pace. Possibile che non ci siano modi migliori? Possibile che sia necessario umiliare i propri figli adolescenti di fronte ai loro coetanei per riuscire a far passare il messaggio? E quali sono le conseguenze di queste azioni sul rapporto del ragazzo nelle relazioni con i suoi amici? E nella relazione con i suoi genitori?
Ho molte domande e poche risposte, o almeno quelle che ho non mi piacciono affatto. Voi che ne pensate?

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57 thoughts on “L’umiliazione come mezzo per educare?”

  1. secondo me il dilemma sta nel termine EDUCAZIONE. riuscire a GESTIRE, con ogni mezzo necessario, NON E’ educazione. Farsi obbidire a forza NON è educazione. Perchè ricordiamoci che, quando i rapporti di forza saranno passati (ad esempio, i figli cresciuti), o quando la paura del genitore non dovesse essere più presente (ad esempio, nel caso di assenza del genitore), alla fine, quello che emrge, è la volontà e la coscienza della persona. Dunque, prima o poi, i nodi vengono al pettine. Un conto è farsi obbedire e usare la forza, un conto è educare.

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  2. Devo dire che sono sufficientemente confusa, o meglio combattuta su questo tema. Ho visto genitori usare l’umiliazione per avere la meglio su figli decenni particolarmente vivaci ed oppositivi in un rapporto do forza per sua natura asimmetrico, dimostrando così però la loro netta inferiorità ed inadeguatezza. Insomma se l’unico modo per gestire un bambino ‘difficile’ è schiacciarlo, annientarlo allora qualcosa davvero non va. Per quanto riguarda I social media non credo che rispondere ad un comportamento inadeguato con un altro comportamento altrettanti nocivo (umiliazione in mondo visione ed indelebile nel tempo) possa essere la soluzione.
    Ricordo però accaduto quando facevo le superiori, un ragazzo di quarta era stato fermato dai Carabinieri con del fumo. Aveva una lunga chioma di ricci rossi di cui andava evidentemente fiero e il giorno dopo il fattaccio arrivò a scuola completamente rasato. In quel modo tutta la scuola venne a conoscenza dell’accaduto e della conseguente punizione esemplare. Tra noi ragazzi in parte si compativa il nostro compagno ma si ammirava anche quel padre che aveva avuto il coraggio di rendere pubblico il fattaccio non avendo paura di mandare in giro il figlio con un metaforico cartello con su scritto ‘sono un imbecille’. Insomma tutto sommato secondo me non fu male come lezione, ma parliamo di un diciottenne non di un bambino ….e soprattutto, haimè, di un’altra generazione essendo passati vent’anni.

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  3. Io ho da poco letto l’articolo su un genitore americano che ha punito il figlio bullo, costringendolo a correre con lo zainetto in spalla fino alla scuola, ( due chilometri), anche sotto la pioggia, per una settimana.

    A parte la durezza e brutalità di questa punizione, immagino l’umiliazione del figlio nel dover fare questa cosa davanti a compagni di classe e insegnanti ( e al restare bagnato in classe). in aggiunta il padre ha messo online il filmato così che, per molti anni a venire, i compagni di classe, gli amici e gli insegnanti potranno vedere quel video. una cosa mortificante.

    Non posso non chiedermi se non siano stati proprio la durezza educativa e la mancanza di rispetto e attenzioni verso i sentimenti e i bisogni del figlio a creare le carenze empatiche alla base dei problemi di bullismo di questo bambino.

    In fondo il figlio tratta gli altri proprio come il padre tratta lui: senza rispetto e senza attenzione ai loro sentimenti.

    E’ il fallimento della comunicazione ma anche la rinuncia a un’educazione che mira a far riflettere e capire e non solo a spaventare e mortificare.

    Ho sempre notato che gli amici che ho sempre stimato, sia a scuola che nella vita, erano persone con un rapporto di grande dialogo con i loro genitori, un rapporto affettuoso e oserei dire alla pari.
    Tra loro i genitori e i miei amici c’era un confronto onesto e non prevaricante.

    Queste persone andavano bene a scuola, ( mai nessun problema), difendevano gli altri dai bulli, erano amichevoli e molto maturi. ho incontrato diverse persone così e avevano tutte dei genitori positivi con cui poter parlare di tutto e con cui stabilire insieme i limiti e le regole.

    Sono convinta che questi risultati siano irraggiungibili con un’educazione umiliante e punitiva che per me tira fuori il peggio del ragazzo invece del meglio.

    la penso così.

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    • Del resto si impara più per imitazione ed emulazione, che ascoltando discorsi e teorie, nel bene e nel male. In effetti il pensiero di sconfiggere il bullismo, bullizzando il bullo è agghiacciante, il tutto reso pubblico sui social media, ai danni di un ragazzino. E’ una vicenda assurda.

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  4. Close, forse lo hai fatto di recente, per cui le cache di google sono ancora da smaltire? Io se googlo il mio nome trovo linkedin, trovo le mie pagine ufficiali, ma non mi trovo su facebook, ne trovo altre su FB con il mio stesso nome e cognome ma non il mio profilo.

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  5. @ Supermambanana
    Una cosa sui parametri di privacy di Facebook: io ho settato la non rintracciabilità nei motori di ricerca ma ho provato a cercarmi su Google e mi sono trovata lo stesso, insieme ai miei commenti nei gruppi pubblici 😉 Diciamo che c’è una non rintracciabilità parziale, nel senso che si trova il link alla mia pagina FB, ma poi se ci clicchi sopra dicono che non c’è nessun risultato. Forse questo è dovuto al fatto che oltre a GOogle ci sono altri motori di ricerca che non rispettano le restrizioni?

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  6. @ Silvia
    Nella logica della punizione di cui stiamo parlando trovo invece che parlare solo della foto “holding liquor” potrebbe invece preservare la figlia da una umiliazione ancora maggiore, cioè che si dica in giro che ha bevuto alcolici a X anni. Nel biglietto si dice che ha fatto la bravata di fotografarsi con una bottiglia. E’ diverso (e questo secondo me ti rimarrebbe addosso come un marchio d’infamia molto peggiore) che ha bevuto/iniziato a bere a X anni.

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  7. Non so, forse sono un po’ “all’antica” o poco sveglio, ma nel gesto di questi genitori io vedo la ratifica del loro totale fallimento nel comunicare con la figlia. In sostanza, hanno affidato a un social network sia l’effetto della loro punizione correttiva (supponendo che lo sia), sia la comunicazione di questa punizione, facendo partecipare la propria figlia come un’attrice, una figurante, una comparsa.
    Immagino che questo loro gesto avrà, nella realtà, l’effetto di un qualsiasi altro messaggio in un social network: niente.
    I miei figli sono ancora troppo piccoli, e anche se il settenne già naviga e gioca meglio di noi, non s’è posto il problema dei social network – né di altre forme di comunicazione con i coetanei che non siano le parole quando se li trova davanti.
    Per quanto riguarda in genere le forme di punizione, non credo che le umiliazioni – pubbliche o meno – siano efficaci, perché dimostrano alla fine una cosa che il figlio sa già: il potere è nelle mani dei genitori. Quindi, in sé e per sé, l’umiliazione non può insegnare nulla, al massimo serve a “ricordare” una certa condizione. Ma se io come genitore devo arrivare a far ricordare a mio figlio questa ovvietà, è evidente che i miei errori sono cominciati da molto prima.
    Se a quella età la ragazza posta sue foto mentre consuma alcolici in uno spazio pubblico, dispone di scarso senso critico per le proprie azioni. E a quella età non imputerei questo stato di cose alle sue sole forze e/o a quelle della “società”. Sul loro profilo facebook, quei genitori che hanno scritto?

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