Lettone o lettino: le conseguenze delle nostre scelte

Chiudi ii okki mamma! Così, blava! la voce di mio figlio mi coccola con le sue dita che sfiorano le mie palpebre prima di crollare insieme felici in un sonno profondo. Abbiamo condiviso il letto per molti giorni durante queste ultime vacanze di Natale io e il mio piccolo Pollicino. Da quando è nato dorme nel suo lettino, ma ogni tanto capita un trasbordo durante la notte, soprattutto in vacanza. Devo ammettere che addormentarsi con lui è un enorme piacere, ma è un piacere talmente effimero, che già nelle prima due ore dopo l’addormentamento mi pento enormemente. Certo non è come con il Vikingo e il suo girare il cuscino per averlo sempre fresco, che rendono una tortura anche l’addormentamento. Ma appena iniziano calci e botte, vorrei poter usare un teletrasporto e farlo materializzare lontano da me. Il mio problema è che una volta sveglia non c’è modo di riaddormentarmi, e passare le notti sveglia non è esattamente il modo per diventare una mamma migliore. Eppure ho una profonda ammirazione per chi riesce a praticare il co-sleeping con i figli.

Sembra quasi impossibile parlare del tema del sonno con altri genitori senza cadere nella tentazione di giurare che il proprio metodo sia l’unico sensato (e di conseguenza tutti gli altri sono sbagliati). Anzi direi che il tema del sonno è uno di quelli che scatenano in maniera più violenta i fans dei vari metodi. Ci si accapiglia, gli uni contro gli altri, con violenza all’unico grido di “tolleranza zero”.
Il problema è abbastanza evidente: ognuno è indubbiamente convinto che la propria scuola di pensiero sia l’unica possibile.
Ci sono due motivi principali per cui ci si convince di questa cosa.

La prima è ovvia: se il metodo che ho deciso di applicare con i miei figli ha funzionato, allora non è assolutamente possibile immaginare di applicare altro, in particolare per quei casi disperati in cui i figli (degli altri) non dormono.
La seconda è più sottile: anche nel caso in cui il metodo (o i metodi) applicati con mio figlio non abbiano funzionato, non posso fare a meno di avercela con quelli per i quali ha funzionato, perché non posso ammettere di avere sbagliato qualcosa che ha la gravissima conseguenza di farmi passare delle notti d’inferno.

Ovviamente non c’è soluzione. Io penso spesso che se il mio figlio numero due fosse arrivato per primo, starei stata una di quelle mamme pronte a giudicare gli altri. E per questo sarò sempre grata al mio piccolo amplificato, per avermi dato una gran bella lezione di vita (e continua a darmi lezioni ogni giorno).

In realtà lo sappiamo più o meno tutti che i bambini sono tutti diversi. Lo sappiamo che ognuno la pensa a modo suo. Eppure siamo alla continua ricerca di verità assolute a cui aggrapparci nel nostro mestiere di genitori: punti fermi intorno a cui girare, una bussola per orientarci nel groviglio dei dubbi. E quando la questione in gioco sono ore di preziosissimo sonno, si è pronti a tirare fuori gli artigli.
Già nei commenti al tema del mese si sono scatenati i primi contrasti (sempre educati per fortuna, e ringraziamo sempre voi lettori per riuscire a mantenere un tono di conversazione costruttivo). Eppure i sostenitori del co-sleeping (perché così dormono bene) e le vittime del co-sleeping (che non dormono ma va bene lo stesso), si trovano alleati a giurare che quella è l’unica cosa sensata. E i sostenitori del “ad ognuno il suo letto” (perché così dormono bene) si alleano alle vittime del “ad ognuno il suo letto” (che non dormono ma va bene lo stesso) e si difendono a spada tratta contro gli attacchi o attaccano a loro volta.

Io sto maturando la convinzione che alla fine il problema non è tanto nel fatto che i bambini sono tanto diversi tra loro, quanto piuttosto i genitori.

Ogni volta che parlo con un fan del co-sleeping ci si arena di fronte allo stesso punto: se si dorme insieme si dorme tutti male, a parte i pochi con figli che dormono immobili. La differenza è nel fatto che alcuni genitori lo ritengono il male minore, mentre altri lo ritengono insostenibile. Alcuni genitori si abituano a dormire nonostante i calci nel fianco, altri no. Per questi è molto più semplice accettare di alzarsi 3 o 4 volte a notte che avere calci nel fianco tutta la notte.
Non solo. I genitori che praticano il co-sleeping spesso dichiarano che in questo modo hanno risolto il problema di riuscire ad addormentare il bambino, che invece altrimenti richiederebbe anche delle ore. I genitori che non praticano il co-sleeping spesso sostengono di risolvere questa problematica molto prima insegnando al bambino ad addormentarsi nel proprio lettino (il che non significa necessariamente lasciandolo piangere da solo!). Per questi genitori il tempo speso a dover insegnare al proprio figlio ad addormentarsi nel lettino è il male minore, per gli altri evidentemente no.
Ecco in che senso siamo tutti diversi. Quello che come individui e genitori siamo disposti a sopportare per i nostri figli è molto, anzi moltissimo, ma non coincide necessariamente con quello che un altro individuo e genitore è disposto a sopportare per i propri figli.
E quel che è peggio è che ci convinciamo che un metodo piuttosto che un altro sia l’unico che possa aiutare un figlio non solo a dormire tutta la notte, ma anche a crescere sano e felice. Come se non dormire nel lettone potesse nuocere al suo rapporto con i genitori, o come se il dormire nel suo lettino nella sua stanza sia l’unica scelta per poter crescere un individuo indipendente.
In realtà l’indipendenza non è una cosa che si acquisisce dormendo nel proprio lettino o meno, così come l’affetto, la vicinanza e l’amore non sono cose che si comunica ai propri figli semplicemente condividendo un letto con loro. Queste sono cose che, in una famiglia, si comunicano ogni giorno, e la condivisione del letto va mediata con le urla che gli lancio perché poi di giorno sono stanca, e l’indipendenza data dal dormire da soli nel lettino va mediata con il modo in cui gli impedisco di esplorare il mondo che lo circonda. Persino un metodo Estivill, contro cui mi sono espressa a chiare lettere, se il bambino reagisce bene e i genitori riescono a comunicare la loro disponibilità e vicinanza in altro modo, non avrà necessariamente conseguenze nefaste sul suo sviluppo.

Finché un genitore riuscirà a mantenere un equilibrio tra le cose che azzecca e quelle che sbaglia, passi falsi e imbroccate agiranno in modo imperscrutabile a formare l’individuo che è nostro figlio, indipendentemente dalla scelta di condividere un letto o meno.
Quindi affrontiamo queste scelte con un po’ più di leggerezza, e pensiamo al fatto che c’è una sola cosa che è veramente importante: ottimizzare il numero di ore di sonno di tutti i membri della famiglia.

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35 thoughts on “Lettone o lettino: le conseguenze delle nostre scelte”

  1. Bravissima, io due figli stesso metodo: lettone a piacere e quando serve (malattie varie etc). Con il primo ha funzionato nel dargli sicurezza, dai tre anni dorme da solo tutta la notte e dal sesto va a letto e si addormenta da solo. Con il secondo nulla di tutto questo a funzionato. Ha nove anni, si addormenta solo se stai vicino, spesso arriva la notte e scaccia il papà, ma soprattuto se può gradisce molto addormentarsi e dormire con la mamma tutta la notte.
    Conclusione: i bambini sono tutti diversi e prima o poi crescerà anche lui.

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  2. “l’indipendenza non è una cosa che si acquisisce dormendo nel proprio lettino o meno, così come l’affetto, la vicinanza e l’amore non sono cose che si comunica ai propri figli semplicemente condividendo un letto con loro.”
    è verissimo.

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  3. E’ vero, sul sonno le mamme del parco che albergano in noi e nelle altre mamme si virulentano! a me piace molto quest’idea che i figli possano dare l’opportunità di spazzare via iniziali e teoriche granitiche certezze, metodi ecc. in favore di una nostra (e loro) personalissima esperienza che in mezzo a incertezze, fatiche, ripensamenti, notti insonni, si possa man mano adattare a noi e all’individuo concreto che abbiamo di fronte. E così arrivo al mio outing: dopo lunghe riflessioni e meditazioni, non ho mai nemmeno lontanamente pensato di praticare il co-sleeping per un’unica e “pedagogicissima” ragione: NON HO IL FISICO! 🙂

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  4. Noi siamo in un tunnel di terremoto+febbre altissima con tosse vomitosa che ci ha portato a rimettere Ida ( 4 anni) nel lettone.
    Le notti vanno benino…tanto non è mai stata una dormigliona (proprio come me e suo padre) ma ha sempre bisogno di qualcuno accanto, non sopporta che, anche di giorno, mi allontani, ecc…
    Ci metto anche che è malata e come sempre questo conta.
    Io non sono mai riuscita a farla piangere per dormire. Non è una cosa che mi piace.
    Mia sorella lo ha fatto, ma onestamente ho poi visto problemi (non gravi per fortuna) nelle mie nipoti che erano riconducibili a questo.
    Credo che una via di mezzo fra noi due sarebbe l’ideale.
    Se vi state chiedendo “Ma tuo marito che dice?”…non aspettatevi che vi descriva un padre severo che vorrebbe più rigore e notti più libere…quella al massimo sono io 🙂
    Fosse per mio marito Ida dormirebbe nel lettone fino alla maggiore età…per poi passare direttamente ad un convento di clausura 😀

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  5. daccordissimo pure io! I miei due figli han sempre dormito nei loro letti e con il secondo che fino ai 2 anni si svegliava ogni 5 minuti, non so quante volte mi sono alzata, passavo più ore avanti e indietro dal suo letto al mio che quelle che dormivo. Ho provato a portarlo nel letto, ma era come avere un polipo attaccato, impazzivo, tra i due mali era più sopportabile l’alzarsi continuamente. Sicuramente per altre madri sarebbe stato il contrario ma io quando dormo non sopporto mi si tocchi (ogni tanto manderei a dormire in un letto separato anche i marito hihihi). Poi ovvio la mattina se verso el 6 sgattaiolano nel lettone li lascio, ma prima di quell’ora, a meno che non ci sia una vera necessita, ognuno dorme nel suo letto.

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  6. @Serena e tutti, guardate è molto facile, tendenzialmente il genitore che sceglie il co-sleeping è uno/a che vuole dormire, e in quel modo ci riesce, in altri modi no. Vi prego non mettiamoci a psicanalizzare una cosa tanto banale. Come dice Lanterna, dove i bambini dormono nei primi anni di vita è, in una sitazione normale, del tutto irrilevante.

    Non metto in dubbio che ci siano situazioni patologiche che si manifestano ANCHE con il dormire tutti insieme per forza (mi viene sempre in mente quel film di Nanni Moretti 😀 )… ma una mamma ansiosa che non ha voglia di far crescere i figli “ammorba” tutte le attività dei bambini, non solo il sonno. Una situazione di questo tipo si riconosce da tante altre cose.

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  7. Splendido post, Serena, grazie. Noi siamo passati per varie fasi: addormentamento in braccio, nel lettino suo, nel lettone e poi trasportata, qualche notte di cosleeping col papà e io sul divano, addormentamento da sola al buio e ora nel suo letto ma con me accanto e una lucina accesa. Insomma pare che non abbiamo ancora trovato la formula giusta, o forse semplicemente TopaGigia non ha una formula unica. Comunque ci va di lusso, l’addormentamento è un pò complesso ma poi la notte si dorme, con al massimo uno o due risvegli, ma spesso notte filata fino a dopo le 7.
    Sulla “sensibilità” dei genitori a discutere di “metodi” sono perfettamente d’accordo con quello che dici, sembra quasi che la nostra generazione abbia bisogno di manuali d’uso per tutto e sulla cosa più soggettiva e stressante di tutte, il sonno, crollano le nostre capacità di osservazione e giudizio istintivo.

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  8. @Silvana io invece credo di poter leggere la tua descrizione al contrario. Il mio primogenito ha sempre dormito nel suo lettino. Non è mai stato un bambino semplice e ha iniziato a dormire tutta la notte (nel senso di 12 ore consecutive senza risvegli) all’età di 2 anni e mezzo. In molti sono pronti a giurare che il co-sleeping gli avrebbe dato più sicurezza, e invece per lui la sicurezza è una faticosissima conquista (nonostante abbia oggetti transizionali, non manchino coccole e canzoncine, e innumerevoli rassicurazioni). Quello che credo è che forse è vero il contrario: tendenzialmente il genitore che sceglie il co-sleeping può avere difficoltà a lasciare andare il figlio, a concedergli indipendenza, e anzi magari ad incoraggiarlo verso essa. Ovviamente non è detto che sia così, e sono certa che ci sono un sacco di genitori che praticano il co-sleeping e che non sono così, ma mettiamola in questi termini: se io fossi una mamma apprensiva e con poca voglia di lasciare crescere i miei figli, il co-sleeping sarebbe la scelta più naturale del mondo. Inoltre posso immaginare che un bambino che è emotivamente più insicuro per temperamento, può naturalmente scegliere il cosleeping come forma di rassicurazione. E’ un po’ chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina 😉

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  9. Silvana, apprezzo la tua esperienza che sicuramente è molto più vasta della mia, però mi viene il dubbio che quale sia la causa e quale l’effetto, non è che sia proprio chiaro. Per me è molto più probabile che un bambino dorma nel lettone PERCHÉ nella fase in cui si trova non è ancora pronto a staccarsi, piuttosto che non sia pronto a staccarsi perché dorme nel lettone. Prima o poi se ne vanno tutti, ognuno coi suoi tempi.

    Il post è bellissimo e mi ci ritrovo in pieno, ma già dopo tre minuti arrivano le teorie sui danni che l’uno o l’altro metodo possono fare ai bambini… pietà di noi!

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  10. Come dici tu: se il mio secondo fosse nato per primo, mi sarei convinta che Estivill era un illuminato. Infatti Ettore è un estivilizzato naturale: fin da piccolissimo, se lo lasciavi da solo, magari frignacchiava per 15 secondi e poi te lo trovavi secco.
    Noi ora adottiamo un mezzo cosleeping: i lettini nella stessa camera. Al mare, però, i bambini hanno insistito per dormire nella “loro” cameretta con i lettini carini, e progettiamo di separarli da noi in primavera (ovvero quando non sarà nemmeno più di tanto piacevole tenersi caldo nella stessa stanza, a volte nello stesso letto).
    E devo dire che vedere i figli che crescono mi ha aiutata a relativizzare: anche la configurazione di sonno, se il sonno c’è, mi sembra una di quelle cose che paiono importanti al momento e insignificanti nel lungo periodo.

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  11. Oh, non si può scrivere un commento meditato che da 0 commenti ne trovi tre postati contemporaneamente. Silvana, è interessante quello che dici sui bambini abituati al lettone che gestiscono meno bene la frustrazione, sembra il ritratto di figlio 2, quello del “co-sleeping o non arrivo viva al richiamo della vaccinazione”.

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  12. Sante parole. Io ho figlio 1 che è un frullatore e figlio 2 che è una pasticca contro l’ insonnia. Adesso. Cosa fossero prima me ne sono dimenticata. Cosa saranno domani non lo so. L’ importante PER NOI è che chiunque lanci il richiamo: e adesso tutti a farci le coccole nel lettone, nessuno in questa famiglia si rifiuta.

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  13. Condivido tutte le affermazioni dell’articolo, l’argomento addormentamento è molto difficile per molti, lo ricordo bene come madre di 2 bambini con i quali ho dovuto adottare 2 tecniche di addorentamento diverse proprio perchè richiedevano tempi e modalità diverse. Per questo motivo non credo esistano ricette preconfezionate, la conoscenza di un ventaglio di consigli può essere utile a scegliere il metodo adatto al genitore ed al bambino.
    Professionalmente parlando, sono neuropsicomotricista e seguo gruppi di educazione psicomotoria, mi capita di capire al volo se un bambino ancora dorme nel lettone o no. I bambini che lo fanno sono meno autonomi affettivamente e reagiscono con maggiore difficoltà alla frustrazione. La mia ipotesi è che il dormire e il mantenere un contatto così stretto non favorisce lo sviluppo di modalità comunicative più evolute: tempi di attesa dell’arrivo del genitore che accorre a fornire aiuto,l’uso modalità comunicative verbali (rassicurazioni e spiegazioni, canzoncine tranquillizzanti) e non verbali (coccole, l’uso di pupazzetti o di oggetti transizionali).

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  14. sono assolutamente d’accordo in tutto e per tutto. Il mio primo figlio ha quasi 5 anni e non c’è vewrso di toglierlo dal lettone (o fose…come giustamente di ci tu… noi genitori non siamo poi così convinti di farlo). Lui ha sempre manifestato il desiderio di dormire con noi. Non ha mai dato problemi a dormire dai nonni, si addormenta facilmente ma se ci siamo noi è il lettone che vuole!! Non ci sono cavoli.
    Il secondo non vuole nemmeno vederlo il lettone, dorme nel suo lettino da che è nato ancora meglio se nella sua cameretta. Non vuole luci rumori etc etc…fatica anche ad addormentarsi in braccio ma ancora gradisce la tetta…(ora ditemivoi come posso fare ma…incredibile…si fa…).
    Di base comunque è vero…siamo noi a decidere…a volere…!

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