La grammatica inglese dell’elogio

We give lots of praises here.” Noi dispensiamo molti elogi. La frase con cui la preside ci accolse cinque anni fa all’incontro di introduzione della scuola primaria dove sarebbe entrato quel settembre Boy-one. “I give lots of praises” ci hanno rassicurato, anno dopo anno, boy dopo boy, le insegnanti che si sono succedute alla guida delle classi, (no, non siamo stati particolarmente sfortunati, qui si cambia insegnante ogni anno).

L’elogio, e il suo fratello putativo, il premio, che sia un adesivo, un regalino, un certificato, è un po’ la colonna sonora dell’infanzia inglese. Del resto non a caso questa è la nazione che si è inventata gli Scout, l’istituzionalizzazione del distintivo da “good child” 🙂

Credo che il riferimento al movimento Scout possa essere la chiave per capire un po’ la cultura dietro questa pratica. Il distintivo diventa il riconoscimento che si è fatto qualcosa bene (hai messo in ordine il tuo banco in 5 minuti!), ma anche l’attestato che si è stati partecipi di un’attività (sei stato dal dentista oggi!), qualcosa che fornisce anche spunti di conversazione, fra i bambini (com’era il dentista? Ti ha fatto male?) o a casa, dove almeno si ha un appiglio per cominciare la classica chiacchierata “che è successo oggi all’asilo?” la cui risposta canonica da parte di ogni bambino è uno sguardo vacuo, come se quelle ore fossero passate invano.

Il dubbio sul “motivational sticker” si ripresenta periodicamente nel dibattito sia accademico sia pubblico: se l’uso di premi motivazionali fa parte delle raccomandazioni emanate da quello che fu, in governo Blair, il Dipartimento per Bambini, Scuole e Famiglie, col suo simbolo caratteristico dell’arcobaleno, un dipartimento allora scorporato e recentemente reincorporato nel Ministero dell’Istruzione, è anche vero che secondo alcuni esperti i premi diventano moneta inflazionata quando, per rispettare il principio di equità (abbiamo detto più volte che l’equità è uno dei valori più sentiti nella cultura anglosassone) si cerca di trovare del buono in ogni bambino, in modo da premiare un po’ tutti, per qualsiasi cosa. Se il premio perde il valore di “cosa speciale” diventa inutile, anche controproducente.

E l’elogio allora? E soprattutto, quando l’elogio si sposta dall’ambito strettamente comportamentale, il motivational sticker appunto, e passa all’ambito scolastico e accademico, che succede? Studi, fra cui alcuni recentissimi, un ultimo proprio questa settimana ha avuto una certa risonanza sulla stampa da noi,  sembrano suggerire che il sapere di essere apprezzati aiuta a migliorarsi. Quante volte anche per noi un’alta autostima ci ha dato la sicurezza di fare una cosa bene? E al contrario il sapere che tutti pensano si stia per sbagliare ci ha fatto prendere cantonate? La classica profezia che si avvera da sola. D’altro canto altri studi dicono che a volte gli apprezzamenti invece danneggiano l’autostima, specie se gratuiti: in un campione di 400 bimbi di 9 anni, l’aver detto a priori prima di un test: “ce la farai a fare questo test, tu sei bravo!” ha fatto diminuire il risultato finale del test del 20% (e la cosa è stata particolarmente vera per le bambine, interessante notare).

E come la mettiamo con il contrario, la critica? Gli anglosassoni approcciano la questione critica con i piedi di piombo. Certo, almeno a sentirli da fuori, ché se ti sintonizzi sulla loro lunghezza d’onda, se ti immergi nel significato profondo dell’understatement, allora capisci che sanno essere ferocissimi, e sai che se in riunione qualcuno reagisce ad una tua idea con un pacato “oh! questo è un punto di vista sicuramente interessante, ci penserò su dopo” è il momento di tornare al tuo cantuccio e leccarti le ferite 🙂
Ma a parte gli adulti, se c’è una cosa che si rifugge con i bambini è la critica, anche se ipotetica o potenziale: per dire, nelle classi di un corso sportivo, piscina o tennis che sia, non sei mai “principiante” sei “improver”, uno che sta migliorandosi. La piscina dove vanno i miei boys dispensa, a fine anno, attestati per il livello raggiunto, ma, anche per quelli che arrancano si trova sempre un attestato da dare: se non hai passato il test di livello ma, ad esempio, hai nuotato per 300 metri senza fermarti, eccoti pronto il tuo bell’attestato “Distanza percorsa: 300 metri!!!” corredato di distintivo, of course. Tutti contenti negli spogliatoi, nessuno che possa dire ho vinto io, nessuno che punta il dito, e i genitori arrivisti facciano meglio a mordersi la lingua e stare al gioco.

Ma torniamo agli insegnanti dei boys, all’ambito scolastico. Cosa posso dire, a distanza di 5 anni, con boy-one in quarta e boy-two in seconda, di questo regime del praise? Diciamo che ho appreso con piacere che dei due fratelli, è l’elogio quello in voga, piuttosto che il premio. E ho anche appreso con piacere, ma non doveva essere per me una sorpresa, per quanto dirò fra poco, che si coniuga alla lettera la grammatica dell’elogio: non vedo mai scritto sui quaderni dei boys qualcosa tipo “bravo!” (i voti qui non si usano, prima che me lo chiediate), ma il bravo è declinato nel dettaglio particolare (“hai usato molte frasi complesse!”, “hai usato termini appropriati!”, “si vede che ti sei impegnato molto!”, “la tua storia mi ha fatto ridere/pensare/commuovere!”, eccetera). L’elogio, opportunamente coniugato viene applicato sempre, anche se il lavoro non era proprio il massimo. E questo, come dicevo prima, non mi ha sorpreso più di tanto perché il mantra del commento costruttivo e positivo me lo porto dietro pure io, a valle, con i miei studenti all’Università, mantra su cui concordo (e per forza dopo tanti anni di indottrinamento! Hehe) ma ricordo anche le risate con la mia relatrice, nei bei tempi da studente in Scozia, quando mi diceva che a volte ti trovi davanti certi lavori che come fai a cominciare con l’elogio? Che devi dire? “Hai scritto il tuo nome senza errori!”?

Per quanto riguarda il premio invece, per i bimbi più grandi, dalla terza primaria in poi, quindi si suppone bimbi ormai immuni al fascino del motivational sticker, il meccanismo esiste ma assume un aspetto comunitario ed in un certo senso responsabilizzante. Per chi ha visto Harry Potter, sarà forse interessante sapere che la storia delle Case (Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso e Corvonero) non è un’invenzione della Rowlings: dal secondo ciclo della primaria, dalla terza cioè, i bimbi della scuola vengono suddivisi in Houses, che non sono residenziali ovviamente ma ne mantengono il termine, i cui nomi variano da scuola a scuola. Ed ecco che un compito fatto particolarmente bene, un atteggiamento particolarmente sportivo, una conquista di vario genere, da parte del singolo, vengono tradotti in “punti” per la comunità, per la casa. E un comportamento negativo viene tradotto nella sottrazione di punti, anche se vedo che si cerca di usare questo con parsimonia. I punti per una house sono moneta corrente che si può spendere ad esempio in un intervallo più lungo, in un libro in più da portare a casa dalla biblioteca, cose così, per tutti i membri della casa: il comportamento del singolo quindi impatta la comunità, e impatta il singolo come conseguenza del farne parte. Insomma, un piccolo microcosmo di democracy in action.

Comunque, ben vengano la grammatica dell’elogio, e anche l’analoga grammatica della critica, che vedo aiutano i miei boys ad accettare i propri errori in termini di “target”, obiettivi da raggiungere per la prossima volta e non limiti del momento, e allo stesso modo ad accogliere i propri successi come atteggiamenti in cui perseverare, e non qualità di cui vantarsi. Spero che questo li renda più pronti ad accettare i fallimenti che verranno comunque, perché verranno, e speriamo che vengano anzi! Ma sicuramente il “regime dell’elogio” mi pare stia impattando bene sull’autostima, perché, nel trovare sempre del buono e nel riconoscere lo sforzo, trovo incoraggi a tentare, senza timore di sbagliare; incoraggi a stimolare il pensiero individuale, la critica, il mettere in discussione anche quello che dice l’insegnante. E, cosa non ultima nella scuola a 360gradi di cultura anglosassone, in cui l’abilità accademica è solo una parte della storia, insieme ad arte, musica, intelligenza emotiva e sociale, aiuti a sperimentare cose nuove. Almeno nella primaria. Vedremo cosa succederà con le superiori, vi terrò aggiornati.

– di Supermambanana –

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17 thoughts on “La grammatica inglese dell’elogio”

  1. 😀 si, anche io passo giornate sane a raccogliere materiale per i miei post, i link che metto qui sono in genere quelli piu’ facilmente fruibili, ma se ti servono quelli accademici te li posso mandare, se mi passi la mail

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  2. Infatti, neanche a me son parsi tanto piagnoni e insicuri in effetti 😀
    Che poi il commento da acida professoressa viene da una che appena la figliola si prodiga in una qualsiasi robetta si spertica in elogi e nuovi modi di declinare quello che ha appena fatto neh…
    Pero’ se fossi ancora nel mio ufficio in UK da cui potevo accedere a riviste su riviste di ricerca, butterei vi…ehm passerei una bella giornata costruttiva a perdermi vi…ehm fare una bella bibliografia ragionata su questa cosa (ssseeeee…) 😉

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  3. @Sfolli, Rape’ ti ha gia’ risposto, ma io quello che noto non e’ un gongolamento, ma una spinta a provare nuove cose, come conseguenza dell’elogio, e visti da adulti, st’inglesi, non mi paiono poi cosi’ piagnoni e insicuri, a qualcosa servira’ 😛

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  4. @sfolli – Penso sia vero il contrario. Un’autostima radicata nell’infanzia sarà forte e avrà sempre meno bisogno di stimoli esterni.
    Noi esseri umani, nella prima età, tendiamo ad adeguarci a quello che gli altri pensano di noi. Quando convinci un bambino che è bravo anche se non lo è, farà di tutto per diventarlo.

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  5. Ok, ora io faccio l’acida professoressa con il maglione a rombi e la penna rossa ma…va bene l’elogio e va benissimo soprattutto la critica costruttiva, pero’ mi chiedo se quest’abitudine all’elogio non dia dipendenza, che poi da grandi se non vengono elogiati sempre non si sanno dare un’auto pacca sulla spalla, cosa per me abbastanza importante in quanto indice di autonomia e autoregolazione?

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  6. @piattini, concordo

    @close, ecco mi dai l’opportunita’ di sottolineare una cosa importante. Perche’ quando parlo della scuola dei miei figli in Italia mi capita a volte di avere reazioni un po’… piccate, del tipo eh ma che c’entra pure alla scuola di pincopallo di sotto la maestra genoveffa fa cosi’. Ecco, qui, sempre per il principio dell’equita’ e dell’uguale trattamento, le direttive sono a livello nazionale. Certo comunque ci sono maestri bravi e non, scuole piu’ organizzate e non, e zone meno fortunate, ma lo standard e’ comune, vedi sotto la reazione delle altre mamme UK e il “pure da noi e’ cosi'”. Le scuole sono periodicamente visitate da una commissione (che arriva con 24 ore scarse di preavviso a quanto so) di un organismo centrale, l’OFSTED, che controlla proprio che gli standard siano seguiti, guarda i libri, i registri, fanno persino quattro chiacchere (molto informali ma loro sanno cosa vogliono sapere) con dei bambini, per sapere dalla loro voce cosa succede. Il risultato di questa ispezione si traduce in un “voto” per la scuola, e questi voti, insieme al rapporto finale della commissione, sono disponibili sia a scuola a richiesta sia online sul sito della OFSTED. Tutto cio’ si propaga fin su su su all’universita’, i miei voti, i miei giudizi, persino il testo delle domande degli esami che metto su ogni volta, cosi’ i protocolli che usiamo per comunicare con gli studenti, sono costantemente oggetto di revisione sia interna (peer review da un dipartimento ad un altro) sia esterna con commissari nominati da altre universita’. Tutto per garantire, per quanto un meccanismo di “revisione” e non di “controllo” possa fare (che la liberta’ sempre e innanzitutto) che gli studenti non vengano svantaggiati solo per il fatto di aver scelto il posto x invece che y, o perche’ il professore quel mattino si era alzato storto e aveva dato un compito difficile.

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  7. a me piace molto l’idea dell’elogio dettagliato, perché è quello che ti fa capire anche in particolare cosa fai tu di buono. e anche il gioco di squadra, che qui ritrovo se le insegnanti sono brave nel senso di appartenenza alla classe (si fanno alcune gare tra classi, e questo motiva tutti ad andare bene per la comunità)

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  8. E’ davvero molto molto interessante, per me specialmente la parte in cui si spiega che il giudizio scolastico viene sempre articolato in due parti, una prima di elogio e poi una di critica. Da introiettare su molteplici fronti, e sempre senza mai sminuire la parte di elogio 🙂

    Sarei curiosissima di capire una cosa: la preside della scuola ha detto questa frase sul “praise” sapendo che era una cosa condivisa dal gruppo, nel senso che voleva far capire che la sua era una buona scuola secondo i parametri inglesi, oppure illustrava la filosofia della scuola ex novo? In altre parole: in UK questa cosa per cui l’educatore deve anche elogiare è un principio condiviso?

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  9. oh ma mi sa che ci tocca fare il charter UK di GC qua! 🙂

    Cowdog: l’elogio se sostanziato con la spiegazione funziona, questo e’ certo, e anche la critica funziona, se viene spiegata viene accolta molto tranquillamente

    Silbietta hehe, io trovo che l’enfasi sulla lettura sia un’altra bella cosa qui, e si, crea molta passione e cultura della lettura, che poi si mantiene anche da grandi

    Rape: vero che le case sono geniali? 🙂 anche boy-one, in quarta, e’ a caccia di punti

    Mela: questo e’ un altro punto importante, il rispetto della individualita’, e l’incoraggiare il talento peculiare, qui le scuole mantengono una registro di bambini “di talento”, il “Able GIfted and Talented Register”, definiti ufficialmente dal dipartimento dell’istruzione in Inghilterra come “bambini che hanno il potenziale di raggiungere livelli sostanzialmente al di sopra del loro gruppo di età”, la scuola ha il compito di venire incontro a questa esigenza, fornendo attivita’ extra, o anche semplicemente adattando i compiti e le attività in classe in modo che nessuno si senta annoiato (e dall’altra parte che nessuno si senta inadeguato), il progresso scolastico non è misurato rispetto alla classe o all’età ma all’individuo, tenendo in conto del suo profilo di quando ha cominciato la classe.

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  10. Bellissimo post che dovrebbe far riflettere molto sui metodi educativi italiani dove alla fine quello “bravo” è quasi uno da prendere di mira, uno a cui poter dire “perchè ti sforzi tanto? tanto alla fine promuovono tutti” che nell’età adulta si traduce in “perchè studi tanto? perchè ti impegni tanto? tanto alla fine conta chi conosci”. Perdonate la polemica, ma sono perfettamente d’accordo sul fatto che un bimbo elogiato/premiato sia spronato a far meglio e anche sul fatto che il suo non impegnarsi si ripercuota sulla società in cui vive, mi sembra molto più sbagliato insegnare ai nostri figli ad appiattire le loro personalità e le loro attitudini perchè “tanto siete tutti bravi uguale”… Eh no! Se un bambino è più bravo ad arrampicarsi e un altro a fare puzzle gli va detto, vanno elogiati nelle loro naturali peculiarità, credo che questo atteggiamento possa solo spingere a migliorarsi e perchè no anche ad una sana competizione “perchè è lui il più bravo a fare i puzzle? voglio esserlo anch’io!”, se si appiattisce tutto non c’è più lo stimolo del raggiungimento di un obiettivo che è da sempre quello che ci spinge a migliorarci.

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  11. Io lavoro in una quarta elementare. Da noi gli stickers si chiamano House Points, perché – come in Harry Potter – i bambini sono divisi in case. Lo sticker non solo è elogio e gratificazione ma li fa contribuire al gioco di squadra. I bambini ne vanno pazzi. Nel mio lavoro ne uso a volontà, soprattutto quando lavoro con piccoli gruppi. Se do 4 targets e i bambini li raggiungono tutti, do 4 house points. Forse inflaziono, ma che importa? Il fatto di sapere che con me, se fanno bene, vengono ricoperti di house points fa sì che non vedano l’ora di venire alle sessioni e ogni volta ottengo non solo un ottimo comportamento ma anche grande attenzione e dedizione. Insomma, per esperienza posso dire che funziona.

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  12. Che bel post completo e dettagliato!
    Io devo dire, dal basso della mia micro esperienza di appena un mese nella scuola primaria inglese che l’elogio e gli stickers stanno aiutando, e parecchio, la mia piccola peste nell’apprendimento soprattutto dell’inglese.
    Perchè quando si vede premiata per uno sforzo, anche piccolo è invogliata a continuare.
    E, non so se è merito di questa pratica ma non l’ho mai vista così appassionata nella lettura (e in un mese ha fatto dei passi da gigante non indifferenti).
    Il sistema delle case c’è anche qui e il punteggio viene dato anche in base alla puntualità nell’arrivare a scuola e al numero di assenze che vengono fatte durante il mese.
    Ecco.
    Se queste cose servono a spronare nello studio e a dare una mano nell’essere più disciplinati e consapevoli beh a me non dispiacciono affatto 🙂

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  13. grazie per questo bellissimo, documentatissimo post. supermambanana e’ sempre precisa e informata. avendo vissuto in inghilterra (eh gia’, abbiamo traslocato di nuovo) e avendo figli mezzi inglesi, di cui uno in parte gia’ cresciuto con la cultura dell’elogio, mi sono sempre domandata se questo approccio fosse giusto. con mio figlio ho avuto un’esperienza positiva alla nursery e alla pre-school, ma ho letto spesso opinioni discordanti, soprattutto da parte di chi non conosce questo sistema e crede che solo “i bravi” vengano premiati. personalmente credo che l’elogio funzioni, perche’ non e’, come dice giustamente supermambanana, un “bravo, ce l’hai fatta”, ma un riconoscimento per lo sforzo e un incoraggiamento a fare di meglio e di piu’.

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