Un paio di settimane fa siamo stati invitati ad andare a giocare a casa di C., un compagno di asilo del Vikingo. C. che ha anche 3 anni, ha due fratellini, uno di 1 anno e mezzo, e l’altro nato i primi di gennaio. La mamma di questi 3 fanciulli, di origine finlandese, è una di quelle che sembra finta. Sempre in orario all’asilo, non sembra mai avere fretta, l’abbiamo persino incontrata il giorno dopo l’uscita dall’ospedale, ossia 3 giorni dopo il parto, con il neonato nel marsupio, che accompagnava i due più grandi all’asilo. E naturalmente nevicava. La mamma di C. è insomma una di quelle che ti chiedi se ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in te o in lei.
La suddetta mamma, gentilissima ha pensato che C. e il Vikingo si sarebbero divertiti insieme, e nonostante abbia 3 figli, di cui l’ultimo partorito un paio di mesi prima, ha trovato il tempo di preparare con le sue manine un dolce per la merenda. Io vado a prendere il Vikingo un’ora prima del solito e ci rechiamo a casa di C. Sono stravolta dall’ennesima notte insonne dovuta agli ormoni dell’ultima fase di gravidanza e dai suoi incubi.
Il Vikingo è iper-eccitato per la novità, ed è praticamente irrefrenabile mentre corre a perdifiato per tutta la casa, ringhiando mentre sventola un puma in una mano e una tigre nell’altra. Facciamo merenda. I bimbi si siedono a tavola, ognuno con il suo piattino, il più piccolo viene tolto dal marsupio dalla mamma e messo seduto sulla sedia della baby bjorn, quella in cui il Vikingo, alla stessa età, si dondolava da solo incessantemente emettendo versetti di gioia ed eccitazione incontenibile, mentre sembrava di preparsi ad essere lanciato nello spazio. Il piccolino invece no. Se ne sta così immobile senza emettere un suono, a guardarsi la scena dei bimbi più grandi che fanno merenda. Poi il Vikingo e C. tornano a giocare nell’altra stanza. Io sono un pò nervosa, ma poi penso che se litigano per qualche gioco dovremmo riuscire ad intervenire prima che i nostri riescano a sferzare il colpo finale. Cerco di rilassarmi, e continuo a chiacchierare con la supermamma di C. A questo punto il figlio di mezzo, quello di 1 anno e mezzo, si nasconde sotto il tavolo. La mamma si scusa con me, e lo prende e lo porta in bagno. Il suddetto bimbino, si siede sul vasino e li sta per i prossimi 20 minuti. Intendo che non se ne va in giro per casa correndo tutto felice senza pannolino, distribuendo cacca e pipì sul pavimento. Resta seduto sul vasino e legge in silenzio il suo bel libro. Io penso che per noi fino ai 2 anni e mezzo il vasino era un inutile suppellettile del bagno. Nel frattempo il neonato mi guarda dalla sua sedia della babybjorn, facendomi dei bei sorrisi, per nulla preoccupato del fatto che la mamma e il resto della sua famiglia non stia li, e lui sia stato abbandonato con una emerita sconosciuta. Gli sorrido anche io. Alla fin fine ho il corpo invaso dai miei ormoni materni che combattono per compensare quella sensazione che la vita sia profondamente ingiusta.
La supermamma ritorna e le dico che il suo terzogenito è incredibilmente calmo. Lei conferma, e mi dice che il Vikingo invece sembra essere un pò esuberante. Mi piace “esuberante”. Quella bella parola le esce così, leggera, senza metterci nessun giudizio, lo dice come per dire “bello il mondo perchè è vario”. Poi mi racconta della sua preoccupazione per il fatto che C. stia un pò indietro con il linguaggio. “Confonde la t e la d” mi spiega. Io mi faccio un ripassino veloce a mente delle parole più frequentemente usate dal Vikingo nell’ultimo periodo: poppocamo (ippopotamo), aiupami (aiutami), tontosario (brontosauro), numemi (numeri), pappello (cappello), papone (sapone), tiatopo (triceratopo)….e penso che altro che t e d. Le consonanti sono un tuttuno, si sono mischiate e unite in una grande consonante: quella adatta a tutte le occasioni. Iniziano le prime discussioni tra il Vikingo e C. E’ fatta. So che il tempo è scaduto. E’ ora di lasciare il castello incantato prima che mio figlio si trasformi in un dragone inferocito e sostituisca l’idea romantica di bambino “esuberante”.
Richiamo il Vikingo all’ordine e gli do l’ultimatum: tra 5 minuti andiamo via. Ma è troppo tardi, il Vikingo è arrivato allo stremo delle sue forze e non ha più nessun autocontrollo. Ha scoperto che in casa c’è un gatto, e lo rincorre ovunque deciso ad accarezzarlo, ma la povera bestia è spaventatissima e si rifugia sotto il divano. Dico che è proprio arrivato il momento di andare e mi maledico per non aver agito prima ed essermi cullata troppo a lungo nella calma del castello incantato. Il Vikingo urla e scalcia. Non vuole andare via. Lo minaccio, tiro fuori il suo pupazzo a forma di granchio al quale reagisce immediatamente con il dito in bocca. Forse riusciamo ancora a salvare la faccia. Riesco faticosamente a vestirlo con il tutone da neve e il resto, e finalmente siamo pronti ad uscire.
Riprendo il controllo e mi affretto con i saluti e i ringraziamenti. La supermamma di C. mi dice che le ha fatto molto piacere averci come ospiti, e che magari qualche volta il Vikingo potrebbe andare a giocare li da loro, anche senza la mia presenza. Io la guardo, la ringrazio molto, penso -questa donna non sa di cosa sta parlando- e le dico “ma no dai, te ne hai persino tre. Come fai a gestirne un quarto?”. Lei mi risponde che ci è abituata e che non vede proprio il problema. Anzi, le farebbe molto piacere.
Ce ne andiamo via, non senza prima salutare dalla strada la famiglia felice al completo che agita le manine gioiose dalla finestra del loro salotto. E’ stato un bel paio di ore, in cui il Vikingo si è divertito, eppure mi sento come un senso di rabbia che cresce. A quel punto un’idea mi balena nella testa. Non mi sento nemmeno in colpa nel pensarla. Deve essere simile a quello che provano gli assassini quando stanno per mettere a punto il delitto perfetto. Eh eh eh! E se glielo lasciassi veramente? Giusto un paio d’ore, quanto basta per gettare scompiglio nel castello incantato….quasi quasi…
Effettivamente anche per me non c’è da chiedersi perchè dopo il primo invito non ne sono seguiti altri, così ora li invitiamo noi gli amichetti, almeno non temo che il prezioso vaso cinese vada in mille pezzi, quindi oltre che la faccia c irimetto anche il portafoglio, perchè a casa nostra ci sono più tubetti di attack che di fissan!!
Guarda che Alessia (un anno sabato) non dice niente! lei dice maaam, che all’inizio sembrava mamma, poi sembrava chiedere cibo (ogni volta che vede da bere o da mangiare sputa il ciuccio e dice “maaam”) e ora abbiamo capito che non vuole dire proprio niente solo sa dire quello e quello dice… perché è tutto maaam, il gioco, il gatto, il cibo, il niente… Aveva iniziato a fare ciao con la manina, ma presi dall’entusiasmo dobbiamo averla stressata troppo perché non lo fa più (al massimo ti guarda con la faccia inebetita). E anche lei è sveglia, fin troppo sveglia, non le sto dietro!
E comunque, con Sara ho imparato una cosa: ci sono bambini che parlano presto, altri che parlano tardi, alcuni iniziano subito benissimo altri alle elementari ancora sbagliano, ma nessuno, dico nessuno, una volta iniziato smette di parlare. E non hanno l’interruttore off ;o)
@Elisabetta, a sentire quello che dicono alcuni genitori i loro figli declamerebbero la divina commedia. Pure mia suocera sostiene che mia figlia (18 mesi) saprebbe contare, ora con tutto che è mia figlia…
Lei comunque dice mamma, papà e scarpe (mio marito sostiene che è tipico di noi donne che la terza parola sia proprio scarpe :-))
Adesso sta abbozzando una specie di ciao ma non va oltre, ed è una bambina piuttosto sveglia che si fa capire benissimo, ad esempio quando a fame trascina il seggiolone e quando è sazia si strappa il bavaglino e cerca di scendere da sola.
Non ti preoccupare quindi, l’importante è che le parli, le indichi le cose etc, già lo fai quindi vai benissimo!
Ciao
Che ridere questo articolo! MI ci ritrovo in pieno! Razionalmente mi dico sempre che ogni bambino ha i suoi tempi e che non sono tutti uguali….ma poi quando vado dalle mie amiche con i bimbi più piccoli della mia, torno sempre un po’ “sconfitta”. soprattutto per quanto riguarda il linguaggio. la mia 13 mesi non dice ancora nè mamma nè papà…..gli altri dicono, mamma, papà, nanna, ciao, ect…..
Eppure mi impegno tanto con lei. Io sono una persona abbastanza taciturna, ma da quando è nata mia figlia, non faccio altro che parlare con lei, descriverle tutto ciò che faccio, cantargli le canzoncine e lei neanche una parola!!! vabbè, mi consolo pensando che quando inizierà a parlare non la finirà più!
…cmq a me il Vikingo mi fa spaccare dal ridere…
e se ti può consolare il mio Gengivino di 7 mesi, quando sta sulla sdraietta, si dondola talmente forte e tira calci a raffica che puntualmente divelge l’archetto dove sono appesi i giochini!!!
e io a 7 mesi dal parto, e senza nessun fratellino, se viene qualcuno a cena compro allegramente pizza per tutti o preparo pollo al curry con salsa gia’ pronta!
i problemi arrivano gia’ da soli, perche’ andarseli a cercare?
Mamma mia, leggendo ho un po’ preso le parti della mamma perfetta e un po’ le tue. Mi sono rivista con Alessia uscita il giorno prima all’ospedale (è nata venerdì, ed era lunedì), con lei nel marsupio a portare Sara all’asilo sotto la pioggia. Ero stanca e arrabbiata, perché pensavo mio marito stesse a casa invece mi ha detto il giorno prima “non ho più ferie, non posso…” Eppure facevo wonder woman con tutti, sorriso a 32 denti, in fondo orgogliosissima di sembrare una super mamma che si aggiusta (per poi esplodere con mio marito mesi dopo perché mi sono sentita davvero sola ed ero terrorizzata dal non sapere come sarebbero andate le cose).
Poi sono passata ad essere la mamma della bimba (Sara, la grande) prepotente, che in casa d’altri vuole decidere tutto, sempre con la risposta pronta, e pronta a sbuffare e a dirmi che sono noiosa davanti a chiunque, senza che io sappia minimamente come prenderla.
E poi sono anche la mamma sicura, mia madre tutto ma non è stata per me un riferimento, e ora mi trovo allo sbaraglio, sempre a origliare i discorsi delle mamme su tutto, a guardare le altre pensando “anche io dovrei fare così”, mi sembra sempre di sbagliare tutto, se l’addormento in braccio la vizio, se la faccio piangere sarà complessata, se la sgrido troppo la freno, se la lascio fare diventa prepotente… mi sento in balia del vento, come una foglia che sa cosa vuole ma non ha la minima idea di quale direzione è giusta, e anche se lo sapesse tanto è il vento che decide…
Insomma, mi sa che “confusione” è la mia parola d’ordine. Io che devo fare tutto, anche i biscotti con le mie mani, con due bimbe piccole e dimostrare a tutti che ce la posso fare (e complicarmi la vita il più possibile, quindi) e che poi però mi sento persa davanti a un capriccio, giudicata in ogni secondo, e se i capricci sono davanti agli altri non è il come che mi turba, ma il “chissà cosa pensano quelli che mi vedono”.
Ma un manuale d’istruzione non c’è? Che se almeno il risultato non è buono puoi prendertela con chi l’ha scritto…