Voi avete sentito parlare, immagino, di decrescita felice. Secondo me è l’equivalente socioeconomico del pensiero positivo. Vi ricordate il pensiero positivo? Il succo era: se pensi bene, vivi bene e sei felice, ma chi ti ammazza a te? L’universo è per forza dalla tua parte, non scherziamo.
Poi magari ti veniva il cancro e oltre a subire le chemio ti toccava pure sentirti in colpa, perché certo, eri tu che non eri stato abbastanza positivo e quindi tutta colpa tua che ti era venuto il cancro. Versioni moderne dei cari vecchi: cornuto e mazziato d’antan.
Va bene, ma che c’entra la decrescita? Beh, con la decrescita cercano di convincerti che sì, adesso le cose girano male, ma sai che bella occasione quella di essere licenziata a… mettiamo 57 anni, e che statisticamente un altro lavoro non lo troverai più (manco a 20, se per questo, ma non divaghiamo)? Pensa a quante prospettive ti si aprono, quante cose belle puoi fare per te, stai a casa e sferruzzi cose creativissime e prima o poi il tuo negozietto su Etsy ti renderà miliardaria.
Ti metti l’orto, cominci ad autoprodurti le saponette alle essenze di calcedonio e diventi una guru della saponetta fatta a mano. Guarda come su tutte le testate, nazionali e non, esaltano i giovani imprenditori che in tempo di crisi si danno all’agricoltura alternativa nel latifondo di famiglia, che stava lì a far crescere le erbacce e invece adesso, una rete anticinghiale intorno, e ci cresce il tubero miracoloso. Che ogni volta che ne leggo uno, di questi articoli trionfanti scritti da un precario sottopagato, mi dico che in fondo non c’è situazione che non si presti a un po’ di sana propaganda sul migliore dei mondi possibili in cui stiamo vivendo, e noi stolti che non ce ne accorgiamo.
Ti metti a fare yoga, adesso che hai tanto tempo da perdere, e raggiungi il nirvana. Ti iscrivi alla newsletter delle maniache della pulizia e santifichi la vita familiare pulendo il bagno in 4 minuti netti calcolati con l’ovetto timer da cucina. E avrai armadi in perfettissimo ordine grazie all’impacchettamento delle magliette che messe rigide e verticali occupano meno spazio e vedi a colpo d’occhio tutto il contenuto dei cassetti. Costruirai giochi creativissimi, biodinamici ed ecologici per i tuoi bambini. Tuo marito ti farà sua ripetutamente nel fienile (che la decrescita felice va di pari passo con la campagna, le attività agricole e un fienile quindi diventa d’obbligo) e di tutte queste belle cose informerai il mondo su Pinterest, Instagram, Facebook, il blog e svariati altri mezzi. Ti scopriranno, avrai una tua trasmissione in prime-time e alla fine guadagnerai più che pria facendo cose che davvero danno un vero senso alla tua vita, altro che la rat-race.
Io da tre anni circa ho questa fortuna enorme. Che visto che l’Italia va come va, nessuno ci investe, nessuno ci scommette una lira secca e quindi il mio lavoro da interprete va a ramengo. Io e i colleghi, anche di altre lingue, ci vediamo ridurre drasticamente gli incarichi, disseccare le fonti di reddito e in compenso il tempo libero aumenta, così abbiamo più tempo per deprimerci ed inventarci altre strade, che, prima che ti portino uno stipendio, la banca ha già messo all’asta casa tua per rientrare del mutuo (questo topos letterario del mutuo, fateci caso, ogni tanto mi riemerge).
Solo, che dire, a me il mio lavoro piace, è uno degli aspetti della mia vita da cui ricavo identificazione e gratificazione e stavo molto meglio quando potevo pagare una persona con maggior vocazione di me per spalare il grosso del letame da casa mia, mentre io facevo le tre di notte su una traduzione o correvo dietro ai treni per raggiungere quel centro congressi fichissimo per controllarmi con calma i microfoni e le cuffie col tecnico prima dell’inizio del congresso o della riunione degli azionisti.
Per cui, non mi parlate di decrescita felice, che io sono infelicissima. Ma siccome a esser pessimisti siamo buoni tutti, mentre l’ottimismo richiede uno sforzo di volontà serio, fatemi fare una lista di cose che davvero mi sono migliorate, nonostante la mia scarsa propensione a cercarmele.
1) Ho tagliato il doposcuola ai figli e me li spupazzo in proprio. I vantaggi sono che la mattina sono efficientissima per usare bene tutto il poco tempo libero che mi rimane per fare cose essenziali, ma che con loro intorno proprio non ci riesco. Risparmiamo dei gran soldi. Migliora la socializzazione, si fanno gli scambi figli con altre mamme e così a volte hai un sacco di bambini intorno e a volte hai un pomeriggio libero, per quella volta che lavoro.
2) I soldi che risparmio col doposcuola li spendo in attività pomeridiane. Per carità, che bello che mio figlio adora il calcio e adesso che è grande ha due allenamenti alla settimana in capo al mondo, e che bello che ce lo posso portare. Però adesso faccio più trasporti, con più bambini e spendo di più per la macchina.
3) Ho rimesso mano alla pasta madre e, devo dire, ancora si riproduce e lievita. A volte viene bene, a volte no. Mi conveniva comprare il pane buono dal fornaio gioielliere, con quello che spendo in farine biodinamiche macinate a pietra dal mugnaio gobbo dell’alto Piemonte, e che poi butto perché la lievitazione mi si è ammosciata. Ma la pasta madre è una fede e il gruppo facebook relativo mi sostiene molto e mi costa meno del terapeuta. La manualità dell’impastare, capitemi, è meglio delle pallette antistress di design.
4) Usciamo di meno, e questo non fa bene all’ economia. Diciamocelo, se il settore ristorazione e divertimenti crolla, lasciando a casa milioni di dipendenti, sarà anche colpa mia.
5) Ho meno lavoro, pago meno tasse, ma quella volta che ho un incarico con orari complessi diventa un disastro organizzare tutto, perché non ho più tutto il sistema pronto all’azione che avevo prima. Mi metto a strisciare davanti agli amici, e questo non mi fa molto bene né all’autostima, né ai contatti sociali.
6) In compenso sono sul pezzo e disponibile per rimediare alle varie emergenze che ultimamente non sono mancate. Se devo passare le mattine a lavorare da scuola, con i filtri scolastici che mi bloccano la quasi totalità dei siti che mi servono, in modo da essere presente se i bambini dovessero aver bisogno di sostegno, che la scuola non può più permettersi causa tagli, sono lì. Pronta prontissima. Finora ho conosciuto una madre, linguista applicata, che un giorno alla settimana fa da volontaria per aiutare i bambini con lo spelling, un’altra, ex economa, che fa leggere quelli più debolucci e la scuola ci offre il caffè per tirarci su fino alla campanella. Le casalinghe per vocazione invece hanno un sacco da fare e a scuola le vedi poco.
7) Vedo meno gente, non mi piace questa situazione, mi sto ripiegando su me stessa. Declino inviti ad andare per locali, invito poco, per fortuna l’amica C., che è un treno, è stata licenziata e qualche mattina passa di qui a farmi coraggio e costringermi a buttar via roba che continuo ad accumulare. Perché hai voglia a dire il decluttering, ovvero lo sgombro sistematico di tutte le varie cose che ci accumuliamo in casa e che creano caos fisico e mentale, io nei momenti di crisi mi aggrappo alla roba, che Mastro Don Gesualdo in confronto era un figlio dei fiori tutto lov&peace.
8) Mi sto costringendo a prendermi cura di me, mettermi qualche vestito invece dei soliti jeans, cercare di mettermi il rossetto quando esco. Cose che quando lavori sono una routine e neanche ci devi pensare troppo. Adesso lo sto facendo come terapia. Non ho ancora capito se funziona, in compenso mio marito sospetta che mi sia fatta l’amante. O anche due o tre, perché insomma, cosa avrò mai da fare a casa tutto il giorno?
9) Ho imparato a lavorare all’uncinetto con un filmino di youtube. Da allora sferruzzo e uncinetto che è una meraviglia. Ho sempre in borsa una palletta di Baby Alpaca e l’uncinetto ergonomico. Spendo un sacco di soldi in quei covi di perdizione che sono i negozi di filati. Per produrre poi robe che era meglio se me le compravo già fatte ai saldi. Però, anche qui, la manualità, la coordinazione occhio mano, come sono antistress signora mia.
Quello che non capisco invece è che il tempo non mi basta mai, perché ne passo troppo a cercarmi qualcosa di retribuito da fare. Però sono contenta di godermi almeno i miei figli in questa meravigliosa età di mezzo, sono contenta che riesco, lentamente ma inesorabilmente, a sistemare delle cose che mi si trascinavano in casa da tempo, sono contenta di potermi gestire il tempo. Sono depressissima, ma non tanto da non capire che enorme fortuna che io stia vivendo in tempi interessanti. E ho una dispensa piena di marmellate, che sarebbero di più se avessi tempo di farmi passeggiate nei campi con i bambini a raccogliere le bacche di sambuco che di questi tempi abbondano.
Sarà sicuramente colpa mia che non penso abbastanza positivo. Non ci voglio credere sul serio. O forse semplicemente tutte le persone che con la decrescita sono felici davvero lo hanno scelto e non gli è capitato tra capo e collo. Perché alla fine il segreto della felicità è avere possibilità di scelta.
Niente, la decrescita mi ha costretta a confrontarmi con me stessa. Non puoi prendere una work-o-holic che adora il suo lavoro e convincerla che le stesse energie le può usare per fare meglio le cose che non le sono mai piaciute. Decisamente, la decrescita infelice mi sembra molto più plausibile come descrizione.
Ma, cerchiamo di vedere il lato positivo di tutto ciò: potrebbe semplicemente essere un principio di winterblues. Vado a impastarmi una pagnotta per colazione, che un po’ di sano lavoro manuale cura tutte le paturnie.
– di Mammasterdam–
premetto che scrivo mentre il mio tremessenne riposa, quindi scusatemi se non do il massimo. poi scrivere di aspetti così complessi non è facile e io tendo a collegare tutto e incasinarmi di più, quindi provo ad essere concisa, senza rispondere ad una/o ad una/o, e vediamo se riesco a comunicarvi quale secondo me sono i punti fondamentali.
seconda premessa: apprezzo l’ironia dell’autrice. quello che non mi aspettavo è che sia rimasta sull’onda dei media e non abbia lasciato trapelare la distorsione di fondo che si sta facendo nel parlare di decrescita. mi avrebbe fatto piacere vedere un po’ di approfondimento del tema da parte sua prima, per andare contro QUESTO modo di presentare la decrescita felice e non contro un movimento che non si conosce.
ora, credo che un punto fondamantale, che molti commenti hanno infatti individuato, sia che si deve necessariamente passare da una rivoluzione culturale e legislativa prima di tutto. e in effetti il sistema economico è dato da questo: cultura e leggi. le scelte individuali operano in questo contesto, e lo modificano, ma lo modificano non semplicemente esistendo, lo modificano a forza di lotte politiche, fatte di attivismo culturale e di esempi che stimolino una legiferazione che li sostenga. il movimento della decrescita felice direi (non sono parte del movimento) che mira a questo. altri puntano sulla ricerca, altri sulla pratica dura e pura, … ad ognuno il suo. chi si fa l’orto in casa o chi è abbastanza ricco da permettersi di scegliere davvero non decresce, così come non decresce chi perde il lavoro, si fa la sua vita. inoltre, in un sistema economico come il nostro, capitalistico-finanziario se vogliamo, meno consumi portano alla crisi, la crisi porta a meno consumi, … decrescere semplicemente consumando di meno è stupido e dannoso. inoltre la decrescita intelligente non può essere fatta solo col buon senso, perché la riduzione dei consumi che comporta il buon senso non ha nulla a che vedere con la riduzuzione nell’utilizzo di risorse che si auspica la decrescita. ed ecco il secondo punto: per parlare di decrescita seriamente bisogna smettere di pensare che risorse uguale mezzi finanziari, che consumo uguale soldi, eccetera. per questo chi parla di decrescita, di post-crescita, … cerca anche di elaborare nuovi indicatori di benessere che siano slegati dal pil, che non prevedano una monetarizzazione di tutto insomma.
vediamo se riesco a riassumere. decrescita vuole dire uscire dalla crescita esponenziale del pil in cui siamo intrappolati. poi vuol dire stabilizzarsi su un consumo di risorse compatibile con la popolazione e con l’ecosistema. la decrescita felice si propone di iniziare con buoni esempi accompagnati da attivismo culturale e politico. chi diminuisce i consumi, in termini monetari, a causa della crisi, e chi li diminuisce perché è ecofreak (e qui ci sono anche io!) non decresce felicemente. la felicità di cui si parla, anche quando presentata in termini individuali, è necessariamente collettiva/sociale. chi viene licenziato ha tutt’al più l’opportunità di rallentare i ritmi, se lo crede, e abbracciare il movimento, con o senza autoproduzione, con o senza lavoro, con o senza orto, uomo o donna che sia. ovvio che non si possa tornare tutti alla vita contadina, ma in questo momento quello è il settore che offre più opportunità/spunti assieme ai servizi alla persona. per gli atri settori anche gli esperti hanno tentennamenti e la strada del ripensamento e della ridefinizione del sistema economico è lunga.
sono prolissa. scusate.
Ecco, l’hai scritto tu stessa in fondo all’articolo: la felicità deriva dal poter scegliere. Io ad esempio adorerei farlo, ‘sto downshifting, e smettere di lavorare per dedicarmi a casa, figli, marito ed orto (e magari du pecorelle che ci piglio pure la lana). E invece mi tocca fare altro e non sono felice. Per niente.
io pasta madre e uncinetto no, che l’uncinetto lo saprei anche fare. in compenso ho preso residenza in biblioteca comunale. Per 13 posti a milano prossimamente ci ammazzeremo in 4000.E non mi dicano “apri la tua start up”, che ne abbiamo già una basta e avanza.E poi che stress risparmiare, andare per mercatini. Di felice non c’è proprio nulla..
Posso dire che capisco, ti capisco e la penso esattamente come te???
E in più, della pasta madre me ne frego perché odio cucinare e anche quando ho tutto il temo del mondo mi va bene un panino!!!
Il bicchiere mezzo pieno alla fine, e’ sempre pieno solo a metà e se non hai di che riempirlo tutto, quando vorresti, tanto felice non puoi essere, malgrado quello che vorrebbero farci credere.
Questo articolo potrei averlo scritto io!
Abbasso il mito della decrescita felice, e senza sensi di colpa!
Marta, il tuo commento è interessante e sono convinta di quello che dici, ovvero quello che vogliono farci passare per decrescita felice è solo una montatura dei giornali e della rete, di fatto un business di blog, siti e libri per eco-mammine, e che in realtà ci sia ben altro oltre questo. A me sembra proprio un modo di reinventarsi la crisi: resto disoccupata? ma no voglio solo occuparmi della mia famiglia e della mia casa! le istituzioni non ci danno i mezzi per conciliare lavoro e famiglia? ma no, è il lavoro che è troppo stressante, è meglio stare a casa! la vita è troppo cara e uno stipendio solo non basta? ma no, meglio eliminare i viaggi, il cinema, il teatro, i corsi di lingua e di nuoto, e perchè no qualche cena al ristorante, che sono solo imposizioni del consumismo e allora uno stipendio basta e avanza! mi dispiace ma io non ci credo, l’epoca che viviamo ci offre troppe belle opportunità per buttarle via con la scusa del consumismo. meglio avere 2 stipendi, poco tempo ma viverlo in pieno e offrire ai nostri figli quelli che sono strumenti ed opportunità per una vita piena e intellettualmente appagante. sono sicura che non è questo che vuole realmente la decrescita, però non ho ancora capito in cosa consista davvero. Perchè se mi parli di ridurre i consumi inutili e gli sprechi, di non comprare più del necessario, di mangiare il più possibile fatto in casa, di fare la raccolta differenziata e regalare gli oggetti che non ci servono più ma possono servire a qualcun altro, di andare a piedi e in autobus quando possibile… bè queste sono scelte intelligenti e ovvie, non decrescita. se poi il problema sono i ritmi lavorativi… credo che sfondi una porta aperta con molti di noi. ma anche questo non riguarda la decrescita in senso stretto, ma una politica che qui da noi non è affatto lungimirante vista la assoluta mancanza di misure per la conciliazione.
riguardo alla scelta di passare la domenica nei centri commerciali, è un problema fondamentalmente culturale. e per risolverlo non è decrescita che serve, ma un grosso cambiamento culturale che dovrebbe partire dalle scuole e – ancora una volta – dalle istituzioni. certo è che se uno ai propri figli non può dare stimoli culturali (perchè diciamolo chiaro e tondo: costano) e non glieli offre nemmeno la scuola, come si può pensare che da adulti questi avranno voglia di fare altro che non un giro al centro commerciale?
non so, ma io sono convinta che più che una decrescita felice ci vorrebbe una crescita intelligente, e per poterlo fare servono istituzioni che investano nell’educazione e nella cultura, nell’innovazione, nel lavoro e nelle pari opportunità. per il resto, capire cosa sia veramente questa decrescita felice mi interessa molto, e sono pronta a sfatare tutti i miei pregiudizi.
trovo che Barbara in questo post sia ironica e realistica al punto giusto, ed è forse questa ironia che molti non hanno apprezzato (o capito?) anzi mi costringe a farmi delle domande che ultimamente ho le paranoie sui massimi sistemi del mondo: la scelta, sta tutto lì, e – come ha detto qualcuno – decresci principalmente se puoi permettertelo e su questo ci sono i fraintendimenti.
Se tiri la carretta e il tuo problema è arrivare a fine mese, quando perdi il lavoro non hai alternative ed è su questo che mi piace l’ironia di Barbara.
poi, altra cosa: noi non siamo per nulla abutuati a questi nuovi stili di vita, gli strumenti per vivere in modo diverso (più consapevole, meno consumista) ce li stiamo creando noi perchè chi è nato negli anni 70 ha solo visto novità, nuovi consumi, nuove strade, etc. Abituarsi (per scelta o per necessità) ad uno stile diverso non è per nulla scontato nè piace a tutti.
Non hai deluso le mie aspettative, hai scritto esattamente, circa insomma, quello che penso.
Mi conforta molto sapere di saperti dalla stessa mia parte, le previsioni ci vedevano in contrasto.
Io grattugio saponette e impasto pasta madre perché mi piace. Impacchetto armadi interi perché mi soddisfa e ho scelto quasi tutto quello che faccio perché non avrei potuto essere diversa da come sono. Mi sono ritrovata tra gli ortaggi delle mie conserve e gli uncinetto per i miei cappellini.
Non trovo l’articolo fuori luogo, ne apprezzo l’ironia e la carica emotiva, mi complimento, perché spiattellare tutto così e farlo leggere da altri, può essere di aiuto a molti. A tutt* quelli che si sentono sbagliati o fuori luogo, per esempio.
Lo dico da sempre, io ho scelto, sarò pure snob e borghese, ma sono poco ecologica e molto razionale, se una cosa costa meno, la provo, per esigenza principalmente, non di certo per ideologia. Che ho un casino di pensieri già di mio.
Vado al mulino perché costa meno, riciclo avanzi fantasiosamente perché mi hanno insegnato che il cibo non si butta e mangio poca carne perché mia figlia si riempie di macchie. Decrescita? Io cresco me stessa all’interno dei miei desideri, consumo quello che penso sia giusto e non mi fermo a pensare se gli altri approvino o no il mio modo di vivere.
Dunque, io risparmio dove posso e faccio da me quello che riesco: raramente è difficile, spesso è gratificante e bon. PEACE XD
il fatto è, Marta, che quello che c’è nell’articolo è quello che un certo mercato, che si rivolge alle mamme, e alle mamme blogger in particolare secondo me, se posso dirlo senza esserlo, che vuole convincerti che questa della decrescita sia una scelta che “conviene”, nel senso più bieco ed terra terra della parola. Per cui, siiii, apriti il blogghino, fai le crostatine, metti le fotine, e vedi che ci guadagni. E te la vendono come scelta etica cosi ti sciacqui pure la coscienza. Questo è quello di cui si parla qui, non dell’estremizzazione di chissa che (almeno per come lo leggo io). Della, se vuoi, banalizzazione della scelta a scopo markettaro.
Credo che non sia messo invece in discussione il concetto di decrescita come scelta etica e consapevole. Consapevole, specialmente.
ecco, forse per iniziare precisiamo che:
la decrescita macroeconomica non ha a che fare con la crisi, semmai la crisi rappresenta un’opportunità per rimettersi in discussione, ma non come individui…. come società.
siamo una società talmente individualizzata che anche quando si parla di decrescita si finisce sempre a scaricarla sull’individuo. se sei povero ed infelice, è colpa tua, paiono dire. ma quando si parla in questi termini, non si sta parlando di descrescita…
la libertà di scelta poi, non è tra lavorare e ritirarsi nella campagna toscana, è nel tipo di lavoro, nei ritmi, nello stile di vita meno legato al consumo… in un articolo recente si parlava del fatto che le piazze sono sempre tenute peggio e la scelta su come passare il tempo libero cade più facilmente sui centri commerciali… un esempio di limitazione.
quello di cui si parla nell’articolo non è la descrescita felice, ma è un’estremizzazione di qualcuno dei suoi principi, tra l’altro dei più criticati. se il tema del mese è il denaro, il post è di questo che parla: della diminuzione delle risorse finanziarie, e va bene, ma non parla di descrescita felice.
capisco che nei media è così che la descrescita viene presentata ma proprio per questo bisognerebbe evitare di perpetrare l’errore perché, scusate la provocazione, ma anche la donna non è che venga ben presentata dai media… e anzi, le due presentazioni direi che si rinforzano a vicenda! vedasi l’articolo su ruolo femminile e downschifting, che un po’ forse ricade nello stesso errore.
non ostacolate il dibattito per favore, nutritelo! non cavalcate l’onda dell’autoproduzione o delle sue critiche senza inserirle nel contesto sociale e macroeconomico, non cadete preda delle strumentalizzazioni, non anche voi!
ps: io ho vissuto in campagna vera (non quella idilliaca che ti raccontano in quei siti) per 26 anni (poi mi sono spostata a Roma), i miei lavoravano, ma nel contempo ci si occupava della campagna e della sua gestione, perchè gestire l’orto è un lavoro improbo, la vigna ancor peggio, gli uliveti che te lo dico a fa’
altro che poesia.
poi bello, per carità, bellissimo, ma lo apprezzo molto più ora che ci vado il weekend che quando ci vivevo, e i miei compagni di scuola non li vedevo quasi mai perchè “è lontano”
molti dei siti e articoli sulla decrescita felice sono truffe, nel senso che come dici tu o sono persone ricche di famiglia, oppure sono persone che DICONO di non lavorare ma invece hanno addirittura un posto fisso.
io preferisco essere infelice ma reale.
(e comunque, noi flybabies siamo l’ANTITESI della maniaca della pulizia, ma rifiutiamo lo schiavismo di “o perfetto o niente”. Non tutti apprezzano questo approccio e ci perculano sul timer. Their bad)
Grazie per il tuo punto di vista! A volte ci facciamo irretire dall’immagine edulcorata della decrescita felice e non ne vediamo le difficoltà e i rischi. Io adesso sono in una fase di lavoro dipendente, odiatissimo e che mi tiene via di casa almeno 40 ore a settimana. Rimpiango i tempi in cui facevo ricerca (sottopagata e senza futuro) in proprio, mi gestivo la casa e la figlia (all’epoca sola una), e trovavo il tempo per mille attività che adesso ahimè occupano to do list lunghissime che non riesco mai a spuntare. Certo, nel ricordo ho rimosso i risvegli alle 4 del mattino per poter scrivere mentre la pupa dormiva, il bisogno di trovare del tempo per confrontarmi anche con altri adulti e parlare “di cose serie”, nel ricordo vedo solo il senso di libertà e di pienezza che gestire in proprio la mia esistenza, a dispetto della fatica, mi dava. E lo vorrei ancora. Sì, lo vorrei, anche se concordo con te, la decrescita non è per tutti, è ok se è una scelta che senti profondamente tua. E vorrei aggiungere, se sei una persona ben organizzata capace di incastrare gli impegni.
@Shaula: Io sono in piedi e sto applaudendo a piene mani il tuo commento. Grazie…
Bel post, come sempre su questo blog.
Penso che la decrescita sìa veramente felice quando non sìa imposta, ma derivi da una scelta spontanea.
Qualche esempio che mi viene in mente: decidere di non cambiare l’auto, perchè quella che si ha va benissimo, anche se ha 20 anni. Invitare gli amici a cena a casa, preparando da sè il pasto, magari con le verdure del proprio orto (magari, ancora, fatto sul balcone, come si usa oggi).
Cose così. Certo che se ti trovi in braghe di tela, la situazione è molto diversa! Magari però, adesso che ci penso, se sei felicemente decresciuto in tempi di vacche grasse, trovandoti poi in tempi di vacche magre sarai un po’ avvantaggiato. Chissà.
My 2 cents (anzi, one cent: così decresco e sono felice!) 😉