Voi avete sentito parlare, immagino, di decrescita felice. Secondo me è l’equivalente socioeconomico del pensiero positivo. Vi ricordate il pensiero positivo? Il succo era: se pensi bene, vivi bene e sei felice, ma chi ti ammazza a te? L’universo è per forza dalla tua parte, non scherziamo.
Poi magari ti veniva il cancro e oltre a subire le chemio ti toccava pure sentirti in colpa, perché certo, eri tu che non eri stato abbastanza positivo e quindi tutta colpa tua che ti era venuto il cancro. Versioni moderne dei cari vecchi: cornuto e mazziato d’antan.
Va bene, ma che c’entra la decrescita? Beh, con la decrescita cercano di convincerti che sì, adesso le cose girano male, ma sai che bella occasione quella di essere licenziata a… mettiamo 57 anni, e che statisticamente un altro lavoro non lo troverai più (manco a 20, se per questo, ma non divaghiamo)? Pensa a quante prospettive ti si aprono, quante cose belle puoi fare per te, stai a casa e sferruzzi cose creativissime e prima o poi il tuo negozietto su Etsy ti renderà miliardaria.
Ti metti l’orto, cominci ad autoprodurti le saponette alle essenze di calcedonio e diventi una guru della saponetta fatta a mano. Guarda come su tutte le testate, nazionali e non, esaltano i giovani imprenditori che in tempo di crisi si danno all’agricoltura alternativa nel latifondo di famiglia, che stava lì a far crescere le erbacce e invece adesso, una rete anticinghiale intorno, e ci cresce il tubero miracoloso. Che ogni volta che ne leggo uno, di questi articoli trionfanti scritti da un precario sottopagato, mi dico che in fondo non c’è situazione che non si presti a un po’ di sana propaganda sul migliore dei mondi possibili in cui stiamo vivendo, e noi stolti che non ce ne accorgiamo.
Ti metti a fare yoga, adesso che hai tanto tempo da perdere, e raggiungi il nirvana. Ti iscrivi alla newsletter delle maniache della pulizia e santifichi la vita familiare pulendo il bagno in 4 minuti netti calcolati con l’ovetto timer da cucina. E avrai armadi in perfettissimo ordine grazie all’impacchettamento delle magliette che messe rigide e verticali occupano meno spazio e vedi a colpo d’occhio tutto il contenuto dei cassetti. Costruirai giochi creativissimi, biodinamici ed ecologici per i tuoi bambini. Tuo marito ti farà sua ripetutamente nel fienile (che la decrescita felice va di pari passo con la campagna, le attività agricole e un fienile quindi diventa d’obbligo) e di tutte queste belle cose informerai il mondo su Pinterest, Instagram, Facebook, il blog e svariati altri mezzi. Ti scopriranno, avrai una tua trasmissione in prime-time e alla fine guadagnerai più che pria facendo cose che davvero danno un vero senso alla tua vita, altro che la rat-race.
Io da tre anni circa ho questa fortuna enorme. Che visto che l’Italia va come va, nessuno ci investe, nessuno ci scommette una lira secca e quindi il mio lavoro da interprete va a ramengo. Io e i colleghi, anche di altre lingue, ci vediamo ridurre drasticamente gli incarichi, disseccare le fonti di reddito e in compenso il tempo libero aumenta, così abbiamo più tempo per deprimerci ed inventarci altre strade, che, prima che ti portino uno stipendio, la banca ha già messo all’asta casa tua per rientrare del mutuo (questo topos letterario del mutuo, fateci caso, ogni tanto mi riemerge).
Solo, che dire, a me il mio lavoro piace, è uno degli aspetti della mia vita da cui ricavo identificazione e gratificazione e stavo molto meglio quando potevo pagare una persona con maggior vocazione di me per spalare il grosso del letame da casa mia, mentre io facevo le tre di notte su una traduzione o correvo dietro ai treni per raggiungere quel centro congressi fichissimo per controllarmi con calma i microfoni e le cuffie col tecnico prima dell’inizio del congresso o della riunione degli azionisti.
Per cui, non mi parlate di decrescita felice, che io sono infelicissima. Ma siccome a esser pessimisti siamo buoni tutti, mentre l’ottimismo richiede uno sforzo di volontà serio, fatemi fare una lista di cose che davvero mi sono migliorate, nonostante la mia scarsa propensione a cercarmele.
1) Ho tagliato il doposcuola ai figli e me li spupazzo in proprio. I vantaggi sono che la mattina sono efficientissima per usare bene tutto il poco tempo libero che mi rimane per fare cose essenziali, ma che con loro intorno proprio non ci riesco. Risparmiamo dei gran soldi. Migliora la socializzazione, si fanno gli scambi figli con altre mamme e così a volte hai un sacco di bambini intorno e a volte hai un pomeriggio libero, per quella volta che lavoro.
2) I soldi che risparmio col doposcuola li spendo in attività pomeridiane. Per carità, che bello che mio figlio adora il calcio e adesso che è grande ha due allenamenti alla settimana in capo al mondo, e che bello che ce lo posso portare. Però adesso faccio più trasporti, con più bambini e spendo di più per la macchina.
3) Ho rimesso mano alla pasta madre e, devo dire, ancora si riproduce e lievita. A volte viene bene, a volte no. Mi conveniva comprare il pane buono dal fornaio gioielliere, con quello che spendo in farine biodinamiche macinate a pietra dal mugnaio gobbo dell’alto Piemonte, e che poi butto perché la lievitazione mi si è ammosciata. Ma la pasta madre è una fede e il gruppo facebook relativo mi sostiene molto e mi costa meno del terapeuta. La manualità dell’impastare, capitemi, è meglio delle pallette antistress di design.
4) Usciamo di meno, e questo non fa bene all’ economia. Diciamocelo, se il settore ristorazione e divertimenti crolla, lasciando a casa milioni di dipendenti, sarà anche colpa mia.
5) Ho meno lavoro, pago meno tasse, ma quella volta che ho un incarico con orari complessi diventa un disastro organizzare tutto, perché non ho più tutto il sistema pronto all’azione che avevo prima. Mi metto a strisciare davanti agli amici, e questo non mi fa molto bene né all’autostima, né ai contatti sociali.
6) In compenso sono sul pezzo e disponibile per rimediare alle varie emergenze che ultimamente non sono mancate. Se devo passare le mattine a lavorare da scuola, con i filtri scolastici che mi bloccano la quasi totalità dei siti che mi servono, in modo da essere presente se i bambini dovessero aver bisogno di sostegno, che la scuola non può più permettersi causa tagli, sono lì. Pronta prontissima. Finora ho conosciuto una madre, linguista applicata, che un giorno alla settimana fa da volontaria per aiutare i bambini con lo spelling, un’altra, ex economa, che fa leggere quelli più debolucci e la scuola ci offre il caffè per tirarci su fino alla campanella. Le casalinghe per vocazione invece hanno un sacco da fare e a scuola le vedi poco.
7) Vedo meno gente, non mi piace questa situazione, mi sto ripiegando su me stessa. Declino inviti ad andare per locali, invito poco, per fortuna l’amica C., che è un treno, è stata licenziata e qualche mattina passa di qui a farmi coraggio e costringermi a buttar via roba che continuo ad accumulare. Perché hai voglia a dire il decluttering, ovvero lo sgombro sistematico di tutte le varie cose che ci accumuliamo in casa e che creano caos fisico e mentale, io nei momenti di crisi mi aggrappo alla roba, che Mastro Don Gesualdo in confronto era un figlio dei fiori tutto lov&peace.
8) Mi sto costringendo a prendermi cura di me, mettermi qualche vestito invece dei soliti jeans, cercare di mettermi il rossetto quando esco. Cose che quando lavori sono una routine e neanche ci devi pensare troppo. Adesso lo sto facendo come terapia. Non ho ancora capito se funziona, in compenso mio marito sospetta che mi sia fatta l’amante. O anche due o tre, perché insomma, cosa avrò mai da fare a casa tutto il giorno?
9) Ho imparato a lavorare all’uncinetto con un filmino di youtube. Da allora sferruzzo e uncinetto che è una meraviglia. Ho sempre in borsa una palletta di Baby Alpaca e l’uncinetto ergonomico. Spendo un sacco di soldi in quei covi di perdizione che sono i negozi di filati. Per produrre poi robe che era meglio se me le compravo già fatte ai saldi. Però, anche qui, la manualità, la coordinazione occhio mano, come sono antistress signora mia.
Quello che non capisco invece è che il tempo non mi basta mai, perché ne passo troppo a cercarmi qualcosa di retribuito da fare. Però sono contenta di godermi almeno i miei figli in questa meravigliosa età di mezzo, sono contenta che riesco, lentamente ma inesorabilmente, a sistemare delle cose che mi si trascinavano in casa da tempo, sono contenta di potermi gestire il tempo. Sono depressissima, ma non tanto da non capire che enorme fortuna che io stia vivendo in tempi interessanti. E ho una dispensa piena di marmellate, che sarebbero di più se avessi tempo di farmi passeggiate nei campi con i bambini a raccogliere le bacche di sambuco che di questi tempi abbondano.
Sarà sicuramente colpa mia che non penso abbastanza positivo. Non ci voglio credere sul serio. O forse semplicemente tutte le persone che con la decrescita sono felici davvero lo hanno scelto e non gli è capitato tra capo e collo. Perché alla fine il segreto della felicità è avere possibilità di scelta.
Niente, la decrescita mi ha costretta a confrontarmi con me stessa. Non puoi prendere una work-o-holic che adora il suo lavoro e convincerla che le stesse energie le può usare per fare meglio le cose che non le sono mai piaciute. Decisamente, la decrescita infelice mi sembra molto più plausibile come descrizione.
Ma, cerchiamo di vedere il lato positivo di tutto ciò: potrebbe semplicemente essere un principio di winterblues. Vado a impastarmi una pagnotta per colazione, che un po’ di sano lavoro manuale cura tutte le paturnie.
– di Mammasterdam–
Grazie Shaula, mi riempi il cuore di onestà.
Non ho perso il lavoro ma sono stata un anno in maternità e mi ritrovo perfettamente in ciò che hai scritto. Ero diventata un’esperta di torte decorate con pasta di zucchero, ho ricamato il corredino e fatto maglioncini e sciarpe con i ferri. Per fortuna sono riuscita anche a liberarmi di tante cose inutili che avevo in casa. Ora sono tornata in ufficio. Sono più stanca, corro come una matta e ho grandi sensi di colpa. Ma non mollo. Stare a casa non faceva per me. Anche se ogni tanto confrontarsi con se stesse, forzatamente, fa indubitabilmente bene!
Spiacente. Che brutto post e che brutta la tua insoddisfazione messa qui in condivisione.
Dati da fare, “spreca” il tempo a inventarti/cercarti le traduzioni, i lavori che veramente ti soddisfano. Sono triste per te.
Io sono in piedi e sto applaudendo a piene mani a quest’articolo.
Davvero.
Condivido molto, credo tutto di quello che hai detto: la decrescita felice è una scelta, spesso elitaria e, diciamolo, anche un po’ borghese: il consumo critico-bio-e consapevole ha dei costi che in pochi possono permettersi.
E soprattutto per decrescere devi essere arrivato prima ad un punto da cui puoi scendere…io non ho mai cominciato quella crescita, sto qui, in un equilibrio precario e faccio quadrare i conti, e davvero non so cosa eliminare, tagliare o convertire del nostro stile di vita.
Che poi io sono felice così, per carità, con due bimbi sotto i tre anni se lavorassi anche io dovrei prendere davvero tanti soldi per pagare nido, baby sitter e aiuti in casa…e il lavoro di educatrice di nido, cioè il mio, non è tra i più pagati.
E ritengo questo tempo un privilegio, e sto tirando fuori un sacco di cose positive e opportunità, per me e la mia famiglia.
Comunque c’è chi si può permettere la decrescita felice, e c’è chi, cassaintegrati, disoccupati, esodati e compagnia, invece tira a campare. Purtroppo non sempre serenamente. Questo è il risultato della crisi.
Io l’ho tentata la via della sobria abbondanza, in una cohousing in una casa in campagna.
Al di là delle gioie e difficoltà che comporta la vita comunitaria, vivere in campagna si è rivelato per molti aspetti, molto costoso, anche per noi che conservavamo almeno un lavoro fuori (mio marito).
Quelli che han tentato la via dell’agricoltura non hanno purtroppo avuto il successo che tanti articoli e stampa narrano…non è facile vivere di agricoltura, soprattutto se biologica, soprattutto se sei piccolo : sono sempre meno quelli che possono comprare prodotti bio, e spesso arrivano con il suv.
Noi, ora che siamo tornati in centro, muoviamo per fortuna pochissimo la nostra panda a metano. bici, piedi e treno sono i nostri mezzi.
Scusate la lungaggine, ma mi avete dato un ottimo “la” e non ho potuto fare a meno di cantare, grazie!
mi spiace ma questo articolo mi ha profondamente delusa. mi sarei aspettata di meglio da questo sito… anche perché si vede che l’autrice avrebbe la capacità di andare oltre le caricature, quando conclude parlando di libertà di scelta. spero di trovare il tempo per commentare meglio, per sfatare alcuni miti sulla decrescita infelice e per darvi qualche spunto per non farvi intortare con facili strumentalizzazioni. il dibattito sul cambiamento di paradigma economico è ampio, la descrescita felice ne è solo una parte, chissà perché la piú famosa e allo stesso tempo la più fraintesa… forse perché la piú facile da snaturare? cercherò di spiegarmi il meglio possibile, ma mi ci vorrà tempo. ve lo anticipo perché questi temi sono il mio lavoro e mi stanno particolarmente a cuore.
marta
Complimenti Barbara per questo pezzo. Concordo appieno che il trucco è la possibilità di scelta – cosa che ad esempio, i poveri che qualcuno sostiene che sono felici proprio perchè sono poveri (gli africani, eh, che loro sì che possono essere poveri e felici, poi gli piace ballare quandi sono a posto) e le loro vite non sono intaccate dal consumismo, non hanno e non possono avere.
Vero, tutto, purtroppo.
IO TI ADOROOOOO!!!!
No vabbè questo articolo è uno dei più divertenti, veri e dissacranti degli ultimi tempi.
Tieni duro, anche a me toccherà tra breve e odio l’idea (però l’idea di esser presa nel granaio…mmmmmm 😉 )
bellissimo post, mi è piaciuto davvero. credo anch’io che tante scelte di oggi non siano affatto libere, nè in un verso nè nell’altro. è sempre il discorso della volpe e l’uva, e poi diciamolo, se tutti facessero la scelta della decrescita torneremmo a una forma di economia primitiva, oltre al fatto che tutte le mamme blogger che scrivono libri su quanto è bello campare in 5 con 5 euro al giorno perchè fanno il baratto e il pane in casa, se hanno un PC e una connessione per scrivere i loro blog e i loro libri, sono sane, hanno l’acqua corrente in casa e l’elettricità (che servono per fare il sopracitato pane), ecc. è perchè qualcuno non ha fatto la loro stessa scelta. e anche perchè qualcuno che lavora paga le tasse e permette di avere l’assistenza sanitaria, la scuola, e altri servizi a loro e ai loro figli. insomma società significa che ognuno contribuisce per un pezzetto al bene comune, e in una società moderna e benestante (lo siamo ancora?) ognuno dovrebbe poterlo fare secondo le proprie capacità e aspirazioni. piuttosto incazziamoci perchè le istituzioni non ci permettono di trovare quella via di mezzo, fra lavoro, famiglia e tempo libero che ci farebbe vivere tutti più sereni a appagati.
e per quanto riguarda l’autoproduzione, finchè si tratta di fare in casa cose buone da mangiare, lo faccio anch’io che lavoro (per fortuna esistono gli elettrodomestici che ci permettono di fare cose di altissima qualità con poco sforzo), ma se si tratta di detersivi o altri prodotti… ma perchè un detersivo fatto in casa dovrebbe essere meglio di un detersivo prodotto da un’industria chimica? e poi, siamo davvero sicuri di risparmiare? ne vale davvero la pena? io penso che il miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente debbano essere ricercati con il progresso, con la tecnologia e con la ricerca scientifica, non certo con un ritorno a un passato che abbiamo idealizzato ma non è mai esisitito.
Ovazioneeee!!!! Condivido ogni parola. Ma perché ce la contano? Che, per carità se è il tuo più grande sogno vivere in campagna, far l’orto, star sola per giorni ecc ecc, magari sei la persona più felice del mondo (io ho anche conosciuto quelli che eterni insoddisfatti, i son trasferiti nella magnifica campagna toscana, per poi impazzire dopo il primo inverno in solitaria eh….per dire). LA libertà di scegliere, l’autodeterminazione questa sconosciuta. E , per me , tra le altre cose pure un po’ di sana indipendenza economica, o no? Finché è una scelta, va bene. Finché è sana perché ti permette di trovare o mantenere un equilibrio, va benissimo. Ma io non credo proprio che sia sempre così, ci vedo tanta retorica, ma anche tante maschere (e qualche caso positivo, intendiamoci). I abbraccio, Vale
Sì, Barbara, ti sei tenuta benissimo 😀 (Fammi stare zitta, va’, che siamo in pubblico). Grande! In pubblico questo posso dirtelo.
Bene. Allora Scialba Dalla Zozza ce lo scrive il manualetto della decrescita felice in Olanda? 😀
Ti piace come mi sono tenuta sul turpiloquio spontaneo?
Uno dei migliori post che tu abbia mai scritto, Barbara. Schietto, serissimo anche se intriso della tua meravigliosa ironia, pieno di spunti di riflessione. Grazie Ba’.