Italiano arrestato per un rimprovero al figlio. Ma sarà vero?

Ieri è avvenuto il processo al turista italiano arrestato a Stoccolma per aver rimproverato troppo duramente il figlio dodicenne. Ne ho lette di cotte e di crude in giro su vari siti, e ho deciso di commentare questa notizia perché ci sono un sacco di cose da dire. Non sarò imparziale.

Iniziamo dai fatti.
La versione degli accusatori è di aver visto un uomo rincorrere un ragazzino, strattonarlo, tirarlo per i capelli, schiaffeggiarlo e sbatterlo addosso al muro. Uno dei testimoni, ha dichiarato che non aveva nemmeno capito che si trattasse del padre, vista la veemenza dell’attacco. Ha dichiarato inoltre che quando lui si è avvicinato correndo, il padre si è spaventato e ha fatto un passo indietro. Un testimone gli ha detto che in Svezia non è consentito picchiare i bambini, e il padre gli ha risposto “va bene, è tutto tranquillo ora” e poi ha proseguito attraversando la strada verso il ristorante, e lo ha visto dare ancora un paio di schiaffi al bambino.

La versione dell’accusato è che lui non ha assolutamente schiaffeggiato il figlio, ne ha usato nessuna forma di violenza. Ha semplicemente rimproverato il bambino che faceva i capricci e che si rifiutava di entrare nel ristorante insieme a tutti gli altri. Ha dichiarato inoltre che si era spaventato perché il figlio stava scappando e sarebbe potuto finire sotto una macchina. Certamente le urla, il gesticolare esagerato che caratterizza noi italiani, e la differenza di lingua ha preoccupato i testimoni più del necessario. In altre occasioni ha dichiarato che forse è vero che ha preso il figlio per i capelli, ma per pochissimi secondi soltanto. Si è comunque difeso dichiarando che le accuse che gli sono state mosse sono infondate.

Ecco, ora capite il perché i fatti non sono affatto semplici da capire.
Leggendo dai giornali italiani, ad esempio Repubblica qui si avverte immediatamente un senso di ingiustizia nel racconto che viene fatto della faccenda. L’italiano viene immediatamente descritto come un politico, di 46 anni, buon padre di famiglia a detta di amici e parenti, dei testimoni dell’accusa invece veniamo a sapere solo che sono di nazionalità libica (ma c’entra qualcosa?). In reatà un’altra cosa salta subito agli occhi, ossia che il giornalista che ha scritto l’articolo non sa che Stoccolma è la capitale della Svezia e non della Norvegia, come sembra implicare da riferimenti al sistema giudiziario norvegese 😛
Sono andata a cercare informazioni sui quotidiani svedesi, e ho trovato nome e cognome dei testimoni, senza alcun riferimento alla loro nazionalità (come dire che è irrilevante?)

Inoltre gli italiani riportano la notizia come un attacco esagerato della polizia svedese contro un povero padre che pur deve farsi obbedire dal figlio. E quelli svedesi la riportano come un attacco di violenza nei confronti di un bambino, e della differenza di cultura tra il sud e il nord Europa.

Ora come genitore, per di più italiana residente in Svezia, ho l’obbligo di interrogarmi su questa vicenda, che per me va oltre il fatto che questo padre ignorasse il fatto che in Svezia è vietato picchiare i bambini rischiando la galera.
Provo ad ordinare i miei pensieri e i miei dubbi in semplici punti, e poi voi mi dite cosa ne pensate e come avete letto questa notizia:

1. quando si visitano altri paesi bisognerebbe conformarsi agli usi e costumi dei paesi che si visitano (oltre che, ovviamente, rispettarne le leggi). In Svezia non si urla e gesticola per strada come dei disperati a meno che non sia successo qualcosa di veramente grave.

2. Paura che un dodicenne scappando via finisca sotto una macchina? Ma veramente? Si trovavano a Lilla Nygatan nella parte vecchia della città, in una strada a traffico praticamente nullo. Stiamo parlando di un dodicenne, non di un treenne!

3. Se un padre arriva al punto di dover rincorrere il figlio dodicenne che non vuole entrare nel ristorante, forse dovrebbe interrogarsi sul suo ruolo di padre e sul rapporto che ha instaurato con il figlio. E se deve prenderlo a schiaffi e tirargli i capelli per farlo ragionare, forse si spiega perché il figlio stesse scappando.

4. Ho vissuto in Svezia abbastanza a lungo per dire che per quanto urlare per strada o rimproverare energicamente i figli non sia una scena normale, gli svedesi mediamente si fanno i fatti loro, e nessuno si sognerebbe di chiamare la polizia solo per questo, e la polizia avrebbe forse anche altro da fare. Io credo che se dei cittadini si prendono la briga di intervenire, denunciare e testimoniare in tribunale vuole dire che quello che hanno visto era ben al di sopra di un comportamento normale. E il fatto che fossero libici e non svedesi, semmai mi fa pensare ancora di più che quello che hanno visto fosse sopra le righe e ben più di un rimprovero energetico come vuole farci credere il padre (e sto assumendo in modo totalmente pregiudiziale che in Libia alzare le mani sui bambini sia mediamente più tollerato che in Svezia, ma magari mi sbaglio alla grande).

5. Le reazioni che ho letto su facebook e blog italiani mi lasciano come sempre abbastanza sconvolta. Di fronte a tanti “era ora!” ho letto moltissimi “che esagerati sti svedesi!”
Ma veramente gli italiani pensano che convincere un figlio dodicenne ad entrare in un ristorante a suon di schiaffi sia cosa buona e giusta?

6. Ma se un adulto della compagnia avesse espresso l’opinione di voler mangiare in un altro posto, come avrebbe accolto tale signore questa presa di posizione? Oddio, ci sarebbe mica stata una sparatoria in quel di Stoccolma? O forse i bambini hanno meno diritto di esprimere desideri degli adulti.

7. La legge di non alzare le mani sui bambini in Svezia è stata fatta nel 1979. Nel codice c’è scritto: “i bambini hanno diritto alla cura, la sicurezza, e una buona crescita. I bambini devono essere trattati con rispetto per la loro persona e individualità e non possono essere sottoposti a punizioni fisici o maltrattamenti di altro tipo.” (tradotto da me, quindi perdonate le imprecisioni).
Inizialmente molti genitori usavano punizioni corporali sui figli, e solo con il passare degli anni il cambiamento è entrato veramente nella cultura generale, e ora la Svezia può vantare delle statistiche invidiabili in Europa (e ancora purtroppo non nulle).

8. Se pure quel padre avesse ragione, ed effettivamente il suo rimprovero al figlio è stato forse un po’ troppo irruento, ma non violento, questa vicenda ci dovrebbe far riflettere sulle differenze culturali tra due nazioni europee, e sul fatto che una stessa scena possa essere vissuta come normale da alcuni, ed estrema da altri, tanto da preoccuparsi per la salute del bambino in questione.

9. Magari questo evento porterà qualche genitore in più a chiedersi cosa sia giusto o meno. E allora sarà stata comunque positiva (meno che per i diretti interessati, si intende).

Voi che ne pensate? Come avete reagito di fronte a questa notizia? E come hanno reagito le persone intorno a voi? Parliamone.

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170 thoughts on “Italiano arrestato per un rimprovero al figlio. Ma sarà vero?”

  1. Sandro, a me pare che tu ti sia erto a giudice di tutta Europa e del NordAfrica, per il fatto che un giudice svedese ha condannato un italiano alla stessa pena prevista per i suoi connazionali. Ovviamente a non risentirci.

  2. closethedoor, quando vedo belle persone come te ergersi a giudice di una conversazione nata perché ognuno potesse esprimere la propria opinione, capisco che è inutile perdere tempo con chi ha già capito tutto della vita…stare a questionare con gli stupidi ed i saccenti presenta il rischio, per quanto remoto, di abbassarsi al loro livello, e io non ne ho nè tempo nè voglia. se ti fa stare meglio giudicare tutti ed affibiargli complessi di inferiorità o superiorità che appartengono più a te che agli altri, fà pure. io ho una vita reale e pratica, me ne torno a quella. a non risentirti

  3. Per CloseTheDoor:
    “sarei curiosa di sapere se ci sono stati effettivamente casi di genitori svedesi che sono stati condannati ad una multa per aver dato *uno schiaffo* al figlio. Sarei pronta a giurare di no.”

    Si, ci sono stati casi di questo tipo.
    Ogni tanto ne leggo sul mio giornale locale.
    Non si tratta solo di ‘uno schiaffo’, comunque, ma di genitori che picchiavano i figli (piú sulla falsariga di ‘prendere per i capelli e dare ceffoni ripetutamente’).
    Certe volte sono i figli a denunciare, altre i vicini.

  4. @Close, a me l’hai chiarita perfettamente: non si finisce in galera per un ceffone, suppongo neanche in Svezia. Se il figlio di Colasante si fosse buttato di corsa per starda, lui l’avesse riacchiappato e avesse avuto una reazione esagerata dandogli uno schiaffo, MA SE FOSSE STATA UNA REAZIONE AL PANICO, se avesse chiesto scusa al figlio, ai passanti e poi eventualmente al giudice, non credo sarebbe finito in galera.
    Siamo umani, può capitare un momento di sbandamento, magari di fronte a un grosso stress. A me con mia figlia non è mai capitato, con mio nipote si per esempio. Ma in quei casi si tratta di un gesto immediato che rompe una situazione emotiva troppo forte da sopportare, non diversi gesti continuati e ripetuti come nel caso di Colasante.

  5. Ecco, Barbara ha espresso in modo cristallino un pensiero che condivido, sul ruolo dello Stato e sulla necessità di comprendere appieno la logica della legislazione svedese.

    Riguardo alla reazione per fatti gravi: vorrei chiarire, a scanso di malintesi, che non considero il ceffone o lo strattonamento da parte dell’insegnante un’azione *educativa*.

    La considero una reazione comunque scomposta e inappropriata se vogliamo, ma dettata dall’affetto e dalla preoccupazione dell’insegnante che vede lo studente comportarsi molto male.

    In nessun modo mi sognerei di dire che un insegnante si può sentire in diritto di schiaffeggiare a freddo uno studente che commetta un’infrazione, perché in questo caso parliamo di un “sistema”.

    Un gesto isolato da parte di una persona mite potrebbe a lungo termine diventare “educativo” se e solo se viene avvertito come una forma di amore, per l’appunto, filiale.

    Portando avanti il paragone, se un giorno scoprissi che mia figlia si droga sono sicura che mi verrebbe da mettergli le mani addosso per la rabbia e l’impotenza, certamente peggiorerei le cose, ma sono sicura che avrei quella reazione.

    Ecco, in un caso come questo l’educatore manifesta la propria impotenza. Quindi sì è sicuramente un segnale di fallimento. Ma siccome le persone sanno essere contorte, potrebbe – il condizionale ci vuole – essere percepito come il segno che “ci tieni”.

    In quel caso, sarebbe un approccio distorto da parte della giustizia vedere solo il maltrattamento. Ma dato che secondo me poliziotti carabinieri e magistrati italiani sono in genere persone di buon senso, penso la stessa cosa dei poliziotti e giudici svedesi: e quindi riflettendoci, concludo che la ragione della condanna a Colasante stia proprio nella ragione che lui ha addotto per aver picchiato il figlio, ossia un capriccio da niente di un adolescente.

    Spero di non aver fatto troppa confusione.

  6. D. sulla questione dell’eventuale schiaffo da parte di un insegnante devo risponderti. Secondo me (e credo anche secondo la legge italiana) l’autorità di un insegnante è limitata all’ambito scolastico. Se un ragazzo si droga o guida ubriaco non è mia responsabilità nè mio diritto di insegnante intervenire (e meno male, aggiungerei!). Diverso è se il ragazzo compie azioni inopportune, illegali o addirittura pericolose (per sè o per gli altri) in ambito scolastico. Allora l’insegnante e/o il responsabile scolastico hanno il diritto e il dovere di intervenire, eventualmente con sanzioni disciplinari fino alla sospensione o con denuncia alle autorità in caso di comportamenti illegali. Non sono consentite punizioni corporali, la famiglia va informata e coinvolta, non si può agire direttamente sui voti di rendimento (non ti posso mettere 2 se chiaccheri) e non si può bocciare sulla base di un episodio di cattivo comportamento.
    A me questa posizione piace, a dire la verità. Non sento, in quanto insegnante, il bisogno di poter dare un ceffone nè, in quanto genitore, quello di sapere che mia figlia possa essere schiaffeggiata da qualcuno solo perchè sta in cattedra.

  7. Sono ovviamente d’accordo con quello che dicono Lorenza e Serena, ma penso si fosse già capito 🙂
    Vorrei solo fare una riflessione sulla questione dello Stato che tutto sa e tutto controlla. Il nostro sistema legislativo, come quello di credo quasi tutte le democrazie, ha leggi restrittive (Silvia aiuto! perdonatemi se dico imprecisioni) ovvero si basa sul principio “puoi fare tutto, tranne ciò che è vietato”. Questo ovviamente deriva dal concetto di libertà individuale in democrazia. Se non c’e’ una legge che ti vieta di nutrire tuo figlio da vegano, questo può provenire sia dal fatto che lo Stato ti permette di farlo, oppure da un cosiddetto “vuoto legislativo”: finora nessuno si è neanche sognato di nutrire il figlio di un anno solo con frutti caduti a terra dagli alberi e la comunità non ha pensato di avvertire i genitori che potrebbe non bastargli.
    Le leggi servono perchè la mia libertà potrebbe invadere quella degli altri, intesi sia come singolo individuo che come comunità nel suo insieme (due esempi: decido che voglio bastonare il mio vicino oppure decido di non pagare le tasse), e questo naturalmente comporta dei compromessi e dei difficili equilibri. A seconda della propria cultura, ogni Paese mette il limite dove ritiene più giusto. Evidentemente l’Italia valutà di più la libertà educativa in famiglia e pensa che una episodica punizione corporale non sia lesiva della persona figlio (figlio, SOLO figlio, perchè un insegnante non può alzare le mani sugli alunni in nessun modo), mentre la Svezia ha messo avanti il principio di uguaglianza fra gli individui, derivandone che se non posso picchiare un adulto non posso picchiare neanche un bambino, nessun bambino. Anche in Italia non si può esagerare ovviamente, i maltrattamenti sono puniti dal codice penale, ma la pena dipende soprattutto dalle lesioni conseguenti le percosse (il che a mio avviso vuol dire tutto e niente, se si considerano anche le lesioni psicologiche visto che ognuno reagisce in modo diverso) e, facendola breve, la legge consente il ceffone episodico ed educativo.
    Secondo me prendere atto di una legge diversa da quella del Paese in cui vivo significa anche rispettarne la cultura più profonda, della quale la legge è solo espressione pratica.
    Quindi non si tratta di Stato alla Grande Fratello che tutto vede e tutto controlla, ogni Paese ha una posizione legislativa sui metodi educativi permessi e non permessi, semplicemente quella svedese è più stringente.

  8. comunque (lo so e’ deformazione professionale) io credo che dovremmo mettere ordine agli argomenti e considerarli separatamente:

    1) e’ giusto picchiare i bimbi, anche per motivi considerati educativi?

    2) e’ opportuno per un Paese avere delle leggi che vietino di alzare le mani sui bambini, anche propri?

    3) e’ stato giusto in questa particolare occasione (non residente, proveniente da una societa’ in cui non e’ reato) applicare la legge in modo cosi’ letterale?

    (tanto per chiarire, le mie risposte sono 1.No, 2.Si e … 3.ni 🙂 )

  9. Personalmente credo che alzare le mani su un adolescente (o pre-adolescente) sia sempre un fallimento. Capisco che si possa perdere le staffe, che i ragazzi possano essere irritanti, ma a quell’età si dovrebbe disporre di strumenti di comunicazione, non di coercizione.
    Che sia uno schiaffo o prendere per i capelli non conta, se si arriva a usare la forza fisica per mettere un punto fermo in una discussione si è perso in partenza, vuol dire che non si hanno altri mezzi per “vincere” il confronto.
    Posso capire che possa succedere, però andrebbe inquadrato come un errore (di cui scusarsi sempre), magari comprensibile in un momento di stress ma non da considerare come mezzo educativo. A maggior ragione in situazioni di pericolo, dove è importante far capire che il genitore ha avuto paura per l’incolumità del figlio, o in caso di comportamenti negligenti, dove si dovrebbe invece far capire la delusione di vedere un atteggiamento immaturo.
    I miei genitori a 12 anni non si sognavano di picchiarmi, ricordo invece che se facevo qualcosa che loro ritenevano sbagliata si mettevano in gioco l’autonomia e la fiducia che mi veniva concessa e questo mi dava molto più senso di responsabilità di quanto avrebbe potuto darmi uno schiaffo.

  10. volevo esprimere il mio accordo con la posizione di PERFECTICONVERSATIONIS che ha ben chiarito il concetto che volevo faticosamente esprimere …. sin dall’inizio !

    lei dice:

    “Anche se non siamo tutti d’accordo, io sono convinta che l’arresto del padre (non di un padre massacratore, ma di un padre magari non sempre controllato) sia peggiore di gran lunga del ceffone o della tirata di capelli. Ma peggiore ancora è lo stato che vuole diventare psicologo, pedagogo, medico… si arriva a degli estremi di ingerenza da grande fratello (non quello televisivo, quello orwelliano) o di totalitarismo strisciante che sono molto più gravi di uno schiaffo (dato o ricevuto)” ….. concordo pienamente

    ….. inoltre è illuminante l’esempio che fa della reazione ad un comportamento grave di un ragazzo …. che vedo ha fatto cambiare qualche idea !!!

    Per i popoli nordici esprimere un sentimento in modo esagerato” è disdicevole ….. da nascondere …. perchè ?? Certo a volte è doloroso avere reazioni EMOTIVE che possono portare anche a comportamenti non totalmente corretti e delegare tutte le responsabilità educative, repressive e ….. affettive ….. allo STATO MAMMA !!!

    Credo che si tratti di una forma di deresponsabilizzazione quella di credere fortemente in uno stato che tutto sa e che tutto può !!!!

    Ma mi chiedo: questo è giusto …. ci rende liberi … ?? non è una forma di totalitarismo anche se camuffato in una pulita ed educata socialdemocrazia ????

    • Ragazzi però vi ricordo che queste considerazioni le state facendo a posteriori. Mettiamoci un attimo nei panni della polizia a cui arriva la segnalazione di maltrattamento a minore in strada. Testimoni sul luogo gli parlano di percosse ripetute, tirate di capelli, violenza esagerata. Io credo che la reazione della polizia sia stata l’unica possibile, ossia di prelevare il padre in questione. Poi il discorso passa nelle mani del giudice, che agisce sulla base della legge nel paese in cui si trova. Tra l’altro proprio perché normalmente non si procede all’arresto e al fermo di 3 giorni in questi casi, il giudice ha ridotto la pena in soldi, per compensare il carcere già fatto dal Colasante. Insomma, è facile dire a posteriori, ma a priori mica tanto. Poi il fatto che non sia stato condannato per le percosse a me fa comunque rimanere il dubbio che queste ci siano state, perché altrimenti non mi spiego la reazione delle persone presenti.

      Per quanto riguarda il ragazzo di cui parla D. io invece non sarei per nulla d’accordo a mollargli uno schiaffo, né credo che questo potrebbe sortire effetti più positivi di un atteggiamento diverso non basato sulla violenza fisica. Semplicemente perché credo che i limiti si possono e devono far capire anche senza bisogno di schiaffi.

  11. D.

    non so se lo hai notato, ma fai caso come tu e Marco – in questo thread quelli che sembrano difendere, passami il termine, la possibilità della reazione fisica – passate sempre a parlare di “uno schiaffo”, Marco parla di uno schiaffo “simbolico”. Non è un caso se la stampa italiana ha parlato di padre arrestato “per uno schiaffo”: è un margine di violenza tollerato anche da noi, anche in un rapporto di coppia.

    Mi interessa esplorare qual è l’entità della violenza che può essere tollerata: sinceramente sarei curiosa di sapere se ci sono stati effettivamente casi di genitori svedesi che sono stati condannati ad una multa per aver dato *uno schiaffo* al figlio. Sarei pronta a giurare di no.

    Per questo avevo posto la questione nei termini descritti dal tribunale, ossia “prendere per i capelli, spingere la persona contro il muro, e prendere a sberle”.

    Sono d’accordo che tutto vada commisurato alla gravità della situazione. Se sorprendessi uno dei miei studenti che si droga o che cerca di violentare una ragazzina molto probabilmente reagirei anche io così, ma per il capriccio di un dodicenne che si allontana dal gruppo mi sembra una cosa spropositata, anche se sei un genitore poco controllato.

    In ogni caso grazie delle tue riflessioni, mi hanno effettivamente aperto una finestra sul caso dei comportamenti gravi che potrebbero suscitare reazioni del genere e che sarebbe forse una stortura censurare con l’arresto.

  12. Close, ti irriterò forse, ma ti rispondo: dipende.
    Normalmente un insegnante dovrebbe evitare ogni violenza verso i propri allievi, proprio perché il ruolo non è solo educativo, ma anche professionale. Quindi un insegnante che colpisca per stizza andrebbe sanzionato (magari con una certa gradualità, una multa, la sospensione del lavoro…insomma, prima del carcere si può fare molto).
    Ma poniamo, per fare un esempio, un caso limite: un insegnante scopre che uno studente che ha a cuore ha fatto un gesto gravissimo (si è drogato, ha guidato in stato di forte ubriachezza, ha tentato di stuprare una compagna, ha spinto un compagno disabile a fare qualcosa di pericoloso… mettici tu cose davvero gravi) se questo insegnante, davvero interessato al bene del proprio studente, ritenesse di dover dare uno schiaffo per sottolineare la gravità del fatto, la sua assoluta inammissibilità, per sottolineare un confine superato, io questo schiaffo lo benedirei. E sono certa che lo benedirebbe, nel corso del tempo, anche il ragazzo stesso.

  13. @D “l’arresto del padre (non di un padre massacratore, ma di un padre magari non sempre controllato) sia peggiore di gran lunga del ceffone o della tirata di capelli” ecco su questo posso essere di fondo d’accordo, e l’ho anche scritto sopra, nel senso che una legge che sia giusta deve anche tener conto che la pena deve essere di tipo formativo non punitivo, e non deve essere peggiore, per chi ha subito il torto, del torto stesso. Non abbiamo informazioni su come sono arrivati all’arresto, se e’ stata una decisione ponderato oppure “in automatica” (cosa che spesso devo dire ho da puntualizzare con culture nordeuropee, in un certo senso gli inglesi sembrano piu’ propensi alla considerazione del contesto, meno pedissequi, che non e’ necessariamente una furbata all’italiana, che detesto, ma un modo di pensare con la propria testa – ed ecco che anche io ho il mio bello stereotipello, eh? proprio difficile liberarsene….mmmm…).

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