Io partorisco da sola

partorire da sola

Quando si parla di parto, le donne si sentono spesso sopraffatte dalla quantità di scelte da fare. Il ginecologo, la struttura ospedaliera, se fare o meno l’epidurale, tanto per fare alcuni esempi. Molto di quello che condiziona le nostre scelte è dovuto alle scelte fatte dagli altri. E così ci si adegua spesso senza sapere bene perché magari dando per scontate certe dinamiche. L’intervista di oggi è ad una donna che ha fatto una scelta un po’ contro corrente, quella di partorire da sola.

Per quanto riguarda il mio parto non ho avuto grandi dubbi, anzi direi che ne ho avuto uno solo.

Ho deciso senza pensarci molto dove avrei partorito (dove sono nata io, una struttura pubblica), che tipo di parto avrei fatto (naturale e senza antidolorifici), come mi sarei preparata al parto (yoga preparto, nuoto e ginnastica preparto a casa). Ho fatto un corso preparto e avuto la fortuna che mi regalassero un ottimo libro sul parto, in cui ho trovato quasi tutte le risposte di cui avevo bisogno. Tranne una.

Il mio dilemma era: chi ci sarà con me in sala parto?

Il padre di mio figlio ha vissuto la maternità in modo molto diverso da me, perso nei suoi conflitti interiori ha fatto [pullquote]Il mio dilemma era: chi ci sarà con me in sala parto?[/pullquote]di tutto per rendermela impossibile (ma non c’è riuscito), non mi ha aiutata mai, nemmeno a portare la spesa (quelle poche volte che c’era), e ha rifiutato di informarsi almeno un po’ su cos’è un parto. Quando a due settimane dal termine mi ha detto che aveva tutto chiaro, che io sarei stata ricoverata 3 giorni prima del termine e avrei miracolosamente partorito a termine ho capito che decisamente lui in sala parto non sarebbe entrato.

Quindi? Chi ci sarà con me in sala parto?

Assistere ad un parto non è esattamente una passeggiata, ma diverse persone si sono gentilmente offerte. In particolare mia madre, la mia migliore amica (che è sempre lei da quando andavamo a scuola) e addirittura mio fratello. Ho ringraziato e mi sono data del tempo per pensarci.

Mi sono domandata, ma io, di cosa ho bisogno per partorire bene?

Non avevo paura, ero pronta, sicura di farcela, in grado di gestire il dolore. Io avevo bisogno di due cose: di concentrarmi e di essere aiutata.
[pullquote]Io avevo bisogno di due cose: di concentrarmi e di essere aiutata.[/pullquote]
Per la seconda, per l’aiuto, c’è il personale medico. Sapevo che la struttura dove avrei partorito era buona (non all’avanguardia ma buona) e non aveva il bisturi facile, ho individuato una brava ostetrica di cui ho avuto subito fiducia e non mi sono più posta il problema. Sarei stata aiutata a partorire, o meglio, il mio corpo sarebbe stato aiutato.

Rimaneva l’altro problema, concentrarmi. Ossia il profilo psicologico del parto. Ecco, io mi ero preparata per nove mesi, ero in sintonia con il mio bambino e con l’idea di dover partorire, io sapevo di aver bisogno di concentrarmi solo ed esclusivamente su di lui, su di me, sul parto.

Man mano che l’idea si chiariva capivo che non volevo interferenze, non volevo altre emozioni, non volevo dover pensare a nessun altro. Solo io e il mio bambino.

Come molte donne io tendo a pensare molto agli altri, a farmi carico dei problemi più o meno espressi degli altri. [pullquote]non volevo interferenze, non volevo altre emozioni, non volevo dover pensare a nessun altro. Solo io e il mio bambino.[/pullquote]Sapevo che se qualcuno avesse assistito al mio parto mi sarei fatta scrupolo: di non gridare, di non impressionare, di non spaventare. Avrei provato vergogna e imbarazzo. Non solo, tutto il vissuto che mi legava a quella persona sarebbe entrato con noi in sala parto, tutte le emozioni positive e negative che avevamo condiviso. Ma io non avevo bisogno di nulla di tutto ciò.

Io volevo essere libera da qualsiasi fardello, dovevo solo partorire il mio bambino, e non volevo pensare a nient’altro e a nessun altro, non volevo blocchi, inibizioni, condizionamenti.

Io e il mio bambino, e basta.

Così sono entrata in sala parto da sola, ma sorridendo. Per alcuni periodi sono stata anche completamente da sola, passeggiando su e giù, usando movimenti appresi e istintivi per superare le ondate di dolore.
E’ stato un parto abbastanza veloce, sono entrata alle 10 e all’una era nato. Poche spinte, tre credo. Tanto dolore.

Ho urlato senza ritegno. Non ho urlato tanto, chiariamoci, ma qualche urlo profondo e potente mi è uscito, non ho fatto nulla per trattenerlo. A posteriori so di aver impressionato anche le ostetriche, che pure ne vedono di ogni tipo. Si moriva di caldo, mi sono tolta il camice. Insomma ero completamente senza inibizioni.

Anche io, come tante, ad un certo punto ho pensato di non farcela. La stanza si era riempita di donne, donne di cui non ricordo il viso, solo le loro voci pacate, umane, gentili. Ad un certo punto ho detto all’ostetrica non ce la faccio, non posso. Figuriamoci, mi ha detto lei, qui l’esperta sono io e tu stai andando benissimo, alla prossima concentrati e nasce. Niente compassione, niente gravame emotivo. Due parole. Ho ritrovato la fiducia, mi sono concentrata e alla successiva è nato.

Concludendo, secondo me non esiste il modo giusto di partorire. Prima i padri erano sempre fuori, oggi tutti dentro (anche quelli che non sono di nessun aiuto, quelli che vanno nel pallone, quelli di cui poi si dice stava peggio lui di lei). Ho sentito di donne che hanno partorito con fino a 6 persone tra familiari e amiche in sala parto. Io ho scelto di essere da sola. Non è possibile che ci sia un modo di partorire che vada bene per tutte. Ognuna donna, e ogni coppia, avrà il suo. Quello che a mio parere è importante è sapersi ascoltare e saper scegliere ciò che va bene per sè, non sentire l’obbligo di fare le cose in un certo modo perchè-si-fa-così.
Il parto è quanto di più antico esista al mondo, esiste da che esiste la vita. La donna che partorisce è una donna antica, primordiale, con esigenze e risorse diverse da quelle della donna di tutti i giorni. Le mode passano, vanno e vengono. Ciò che conta davvero, l’unica cosa veramente importante è che ogni donna abbia fiducia in sè stessa e nel proprio istinto, sappia capire come ha bisogno di essere assistita, e ovviamente che trovi le persone disposte a darle l’appoggio che le serve.

Per inciso, mio figlio è effettivamente nato il giorno esatto del termine…

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22 thoughts on “Io partorisco da sola”

  1. io ho una domanda ben precisa x te sono da sola completamente il padre nn e stato presente ne meno un giorno in 9messi sono straniera e nn ho nessuno vicino a me vollevo chiederti con il dolore che si prova si po guidare e arrivare a ospedale,quando hai capito che stai x partorire e dopo come hai fato di uscire da ospedale il mio figlio nn sara di certo riconusciuto e ti ripeto sto da sola lo devo lasciare in ospedale andare in comune e puoi con i documenti tornare o come mi sarai di aiuto se mi rispondi sono molto preoccupata grazie.

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    • Liubka, puoi registrare tuo figlio direttamente un ospedale se partorirai in una struttura non troppo piccola (che non assicura il servizio anagrafico).
      E comunque prendi un taxi, non guidare

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  2. Sarà…ma a me quel “mio bambino” stona, mi suona proprio male…Perchè se è pur vero che i figli sono delle mamme è anche vero che un bimbo è il frutto di entrambi i genitori, ne è la somma. E un papà lo è ben prima del momento del parto. E allora, come può mancare all’appuntamento, al momento in cui il suo cucciolo verrà al mondo?
    Noi eravamo lì, tutti e tre insieme. Il piccolo che dettava i ritmi, io che tentavo di interpretarli e il suo papà che ci vegliava entrambi. Abbiamo dato vita alla nostra famiglia, ognuno impegnandosi per la sua parte. Solo dopo qualche ora abbiamo avvisato i nonni e gli altri parenti. Ma solo dopo.
    Ed è stato un momento magico.

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  3. Ok, faccio la voce fuori dal coro. All’inizio del corso preparto ho dato al Prof un’ultimatum: decidi ora se venire in sala parto con me o no perchè io da sola non ci voglio stare e la persona che verrà con me si deve fare il corso. Quindi parla ora o taci per sempre (ero allenata con gli ultimatum, gliene avevo appena fatto uno per il nome a TopaGigia, ma lasciamo stare).
    Io non avevo affatto considerato l’aspetto psicologico del parto, non avevo paura del dolore, avevo firmato per l’epidurale e non mi sconvolge che mio marito mi veda urlare o perdere le staffe. So per certo che non avrei mandato a quel paese nè lui nè TopaGigia nè tantomeno gli altri presenti, resto troppo lucida. Ma avevo paura di stare da sola, non per un eventuale appoggio, ma per motivi puramente pratici. Avevo paura che se qualcosa fosse andato storto o se ci fosse stato bisogno di prendere qualche decisione importante nessuno della nostra famiglia avrebbe potuto partecipare, intervenire, proteggerci come solo quelli che ti amano posso fare. Avevo paura che nessuno dei “miei” sapesse dove fossi, dove fosse TopaGigia, che il suo ingresso nel mondo fosse in mano ad estranei. Gliel’ho spiegato, gli ho detto che non me la sarei presa con lui se avesse scelto di non esserci, ma io avevo bisogno della sicurezza di uno dei miei accanto, come il secondo per un pugile. Lui ha dichiarato che aveva due mesi per abituarsi all’idea e poteva farcela. Che se questo era il mio problema, non voleva nessun altro al suo posto lì accanto a noi. Ecco, eravamo già una famiglia.
    Poi ovviamente le cose sono andate come sono andate, e mentre TopaGigia era in mano a non so nemmeno chi lui era al parco col cane e io ero sola in sala risveglio che tremavo come una foglia. Non dimenticherò mai la sua faccia quando è arrivato da me, temeva che me lo mangiassi vivo. Io invece ero distrutta come può esserlo solo chi ha appena subito il proprio peggiore incubo. Ma vabbè, tutto è bene quel che finisce bene.

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  4. Con mio marito eravamo d’accordo che al dunque, se uno dei due avesse avuto problemi a rimanere con l’altro ce lo saremmo detti, senza rancore. Credo che io lo avrei voluto con me mentre lui era riluttante. Poi è andata come è andata. Se mai avremo un secondo figlio, forse la situazione si rovescerebbe: l’ho visto così emozionato per la nascita di nostra figlia che non mi sorprenderei se mi chiedesse di rimanere,
    ma forse sarei io a volermi concentrare di piu’ sull’evento. Per questo però rifarei la scelta dell’ospedale, forse un secondo livello che lavora (molto) bene è pur sempre meglio di un terzo livello in sotto-organico.

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  5. Io e mio marito eravamo sicurissimi e decisissimi. Io volevo partorire da sola. Lui voleva stare con me. Ecco.

    Ha vinto lui. La verità è che se mi avesse detto che non se la sentiva, avrei preso la palla al balzo, ma dirgli di no non mi sembrava giusto.

    Io se sto male, sono molto modello tigre. Tutte quelle cose sui massaggi, sulle coccole, ecco, belle, bellissime, ma la sera davanti alla tv. Se sto male no, se ho mal di stomaco, di testa, in ogni caso, figuriamoci un parto! In quei casi il succo è “sto male, gira al largo perché se ti avvicini mordo”. Con la prima ero già in ospedale per l’indotto. Spesso cambiavo zona se sentivo arrivare una contrazione. Con la seconda le ho sentite arrivare la sera, non ho detto nulla. Siamo andati a dormire, lui si è addormentato, io no. Ho aspettato l’ultimo secondo per chiamarlo. non ce la faccio, avere qualcuno che mi guarda mi innervosisce, devo pensare anche all’impressione che faccio, e ne ho già abbastanza di problemi! Se poi quella persona è anche qualcuno che si preoccupa di come stai e ti guarda con la faccia di chi ti supplica di dirgli che fare per aiutarti…

    Però poi è venuto. L’ho ignorato, non l’ho sentito, non so che abbia fatto, ma c’è stato. Io non ho guadagnato né perso niente, avrei fatto senza di lui e non mi ha disturbata. Ma lui… ma lui ha visto le nostre figlie appena nate,lui le ha prese in braccio per primo, lui se l’è messe sul petto nudo. Certo, non è diventato un padre migliore per quello, però quando ho visto il suo sguardo ho capito che quello è un ricordo che lo seguirà per sempre. E sono stata contenta di averlo avuto lì con noi.

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  6. concordo con tutto quanto. Io il papà l’ho fatto entrare si per sostenermi (ma in questo non mi è servito tanto), ma soprattutto per controllare, per essere sicura che appena nata la cucciola non mi fosse sottratta ma almeno fosse stata nelle braccia di suo padre, ed effettivamente così è stato. Mentre mi ricucivano almeno la teneva in braccio lui…

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  7. Mio marito deve avere qualche antenato curdo, perché era abbastanza indifferente al parto e qualsiasi cosa io avessi chiesto gli sarebbe andata bene. Io ero un po’ spaventata dall’idea di essere da sola, sofferente, in balia del personale dell’ospedale, che avrebbe potuto fare di me quello che voleva. E poi, all’espulsione del secondo figlio, se non avessi potuto aggrapparmi al braccio di mio marito sarei caduta per terra!

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  8. mi accorgo che son stata troppo breve e forse caustica: intendevo dire che il padre in sala parto c’e’ se vuole condividere questo momento, io credo che per il padre sia un’esperienza bellissima, e mio marito mi conferma che non avrebbe voluto perdere l’evento per niente al mondo, cosa soprattutto vera nel secondo caso, al primo figlio era spaventato forse anche lui, ma voleva assistere, l’emozione che ha provato lo ha convinto che sarebbe stato assolutamente fondamentale essere presente. Per quanto riguarda me, a parte essere contenta per lui e quindi condividere la sua emozione, non avevo altri motivi per volerlo presente, ecco spero sia piu’ chiaro ora.

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  9. condivido in tutto (inclusa la perdita di inibizioni, hehehe, per figlio 2 specialmente) se il padre e’ in sala parto e’ soltanto per se’ stesso, io preferisco andare da sola in queste circostanze

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  10. Condivido in pieno questa scelta di riservatezza, è molto in linea con il mio carattere.
    A parte il fatto che nel mio ospedale consentono l’accesso in sala parto al massimo a 1 persona, inizialmente ero un po’ perplessa anche sul fatto di avere mio marito a fianco, non volevo che mi vedesse urlare come una pazza (anche se poi non è accaduto). La sua presenza invece è stata molto importante perché sapevo che era lì per incoraggiarmi ed è stato molto bello condividere l’esperienza con lui.
    Per il resto però siamo stati molto tranquilli: ho chiesto se possibile di non venire in ospedale perché volevo stare in pace, tanto ci sarebbe stato tempo a casa (sempre con calma però :-)!)
    Io chiedo sempre alle amiche che partoriscono se gradiscono visite perché c’è chi ama avere persone intorno e chi no, mi sembra giusto che sia la madre a scegliere, visto che è quella che fatica di più.
    Spesso invece mi rendo conto che la partoriente viene spesso considerata come una sorta di “bene comune”…

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  11. condivido ogni singola riga… però proprio per questo non mi sentivo in grado di partorire senza il mio compagno! a volte, come giustamente scrivi, da percorsi mentali simili si arriva a circostanze differenti! complimenti

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  12. ecco, anche io avrei voluto essere così…concentrata! il mio parto ideale sarebbe stato come quello qui descritto…da sola! solo leggendo questo post ho capito cosa era più adatto a me nel momento del parto. volevo un parto naturale, senza epidurale (anche se credo che al prossimo la richiederò perchè mi è bastato il dolore delle contrazioni prodromiche…si, si, lo so che non è niente in confronto a quelle della fase espulsiva, ma a me è bastato quello)e anch’io avevo il dubbio su chi sarebbe entrato. cmq, per la cronaca, non è andata affatto come volevo…induzione, travaglio e poi cesraeo!
    vabbè, ora so che alla prossima gravidanza tenterò il naturale (con epidurale) e entrerò da sola con il mio bambino…

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  13. Concordo. Non avevo assolutamente insistito per la presenza di Nizam, la cui presenza però mi ha fatto piacere. Ma la scelta di una mia amica di avere al parto suo padre, medico (ma mica ginecologo: ortopedico), e non il padre del bambino mi è parsa sinceramente raccapricciante…

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  14. Se mio marito non fosse stato così coinvolto dalla nascita del figlio, da studiarsi qualsiasi cosa in proposito e da aspettare il momento di entrare in sala parto come se fosse una questione sua più che di ogni altro, io me ne sarei tanto volentieri stata a da sola… lo ammetto!
    Sicuramente non mi sarebbe mai venuto in mente di farmi accompagnare da altre persone che non fossero il padre del nascituro. Condivido quello che si dice ne post, è questione di concentrazione. Ovviamente al padre non potevo negare la presenza, dato che era così voluta e, tutto sommato, non mi è dispiaciuta perchè si è comportato piuttosto bene (ne temevo molto l’ansia, che manifesta sempre e con tutti se si tratta di questioni sanitarie in genere). Però o il padre o nessun altro, questo è certo.
    Forse durante il parto non si è mai abbastanza sole!

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