Intervista a Stranamamma: l’apprendimento precoce delle lingue straniere

Stranamamma, autrice del blog Riflessi di mamma, ci parla della sua esperienza di formazione nel campo dell’apprendimento precoce delle lingue straniere. Questo suo percorso, verso un metodo di insegnamento ai bambini di un’altra lingua, è nato prima come interesse personale, poi, grazie alla passione e al coinvolgimento, sta diventando un vero e proprio progetto professionale. Anche per merito di corsi di formazione di livello che forniscono competenze originali e preziose.

imparare-lingue-straniereFar imparare precocemente ai bambini una o più lingue straniere: da dove si parte e quali sono i motivi?
Partiamo da me: amo le lingue straniere come strumento per comunicare e abbattere barriere mentali e ho sempre creduto nell’efficacia dell’apprendimento precoce.
Quando sono diventata mamma, tre anni fa, avevo chiara la volontà di dare a mio figlio l’opportunità di sfruttare le capacità di apprendimento delle lingue straniere che i bambini hanno in tenera età, ma non sapevo come fare. Sono andata alla ricerca, sia sul web che sul territorio in cui vivo (Torino), di una metodologia coerente che andasse oltre al metodo fai-da-te e devo dire che tanto entusiasmanti sono state le informazioni ottenute tramite Internet, quanto deludenti quelle reperite nel circondario.
Infatti, mentre a Torino esiste ben poco per instradare i bimbi piccoli alle lingue straniere, a Roma presso la facoltà di psicologia dell’Università Sapienza hanno elaborato, da alcuni anni, una metodologia di insegnamento delle lingue basata sugli studi riguardanti lo sviluppo psicologico del bambino. Tale metodo, fondato sul natural approach, punta molto sulla relazione e sulla comunicazione tra insegnante e bambini cercando di riprodurre le condizioni che si presentano quando si inizia ad imparare la lingua madre.

Come funziona questo metodo che hai avuto modo di imparare e sperimentare?
Dal punto di vista pratico ai bambini vengono proposte le storie di due personaggi, i dinocroc Hocus e Lotus che qualcuno avrà visto qualche anno fa su Rai 3, perché sono stati realizzati in collaborazione con Rai Fiction; il racconto in lingua straniera viene drammatizzato per favorirne la comprensione, le stesse storie vengono poi cantate in modo che le canzoni agevolino l’apprendimento (i bambini molto piccoli, infatti, non sono in grado di studiare, ma ricordano con facilità i ritornelli), in fine si passa alla visione del cartone animato che avrà sempre gli stessi contenuti. La partecipazione dei bambini è attiva poiché durante l’acting out vengono incoraggiati a ripetere le frasi e la mimica, così come durante il canto.
Le storie sono strutturate per un progressivo arricchimento di vocabolario e sintassi e il medesimo episodio viene ripetuto un numero volte strettamente connesso all’età dei bambini, parametro che determina la capacità di memorizzare.
Questa, in estrema sintesi, è la metodologia dalla quale sono rimasta affascinata e che ho deciso di approfondire direttamente iscrivendomi a Roma al percorso formativo per diventare esperto in glottodidattica infantile.

Quindi è prevista una formazione molto seria per applicare questo metodo?
La formazione prevede la partecipazione ad un corso composto da lezioni di tipo “frontale”, l’espletamento di un tirocinio con i bambini e l’elaborazione di una tesina e di un video finale per ottenere la certificazione ed il riconoscimento da parte del Ministero dell’Istruzione.

Come stata l’esperienza del corso e dove ti sta portando questo percorso?
Ho iniziato questa bella avventura carica di aspettative che, dopo il corso di Roma, sono state pienamente soddisfatte ed anche superate. Infatti, questo percorso non dà semplicemente gli strumenti per insegnare una seconda lingua, ma induce ad approfondire alcune tematiche su cui esso si basa e che riguardano la comunicazione con i bambini, le influenze psicologiche che i genitori hanno sui figli, aspetti di neuro pedagogia. Tutto ciò ha avuto un impatto emozionale molto forte ed è stato educativo innanzitutto per me come persona e come madre.

Quindi questo percorso è partito dall’apprendimento delle lingue straniere per bambini, ma ti sta portando anche verso orizzonti lavorativi diversi?
In futuro, una volta ottenuta la certificazione, oltre a proseguire con i due livelli successivi di specializzazione in glottodidattica, mi piacerebbe farne un’attività lavorativa. Poiché attualmente nel quotidiano mi occupo di formazione aziendale mi piace l’idea di imparare qualcosa che, oltre alle ricadute su mio figlio, mi dia l’opportunità di ampliare il target cui rivolgo la formazione.

In concreto, quanto precoce può essere l’apprendimento di una lingua straniera e perché l’apprendimento precoce delle lingue è meglio di un apprendimento tradizionale scolastico?
Vorrei sfatare un pregiudizio che purtroppo ho trovato ancora piuttosto ricorrente tra le persone con cui vengo in contatto. Infatti, nonostante sia certo che l’apprendimento precoce delle lingue sia l’ideale, molti continuano a credere che non ci sia differenza tra chi impara a 3 anni e chi invece impara a 12, inoltre viene spesso trascurata la qualità metodologica dell’insegnamento.
Le motivazioni fondamentali sottostanti ad un apprendimento precoce, a parer mio, non sono di carattere ideologico o dettate dalla moda del momento, ma hanno basi scientifiche riconducibili alle neuroscienze.[quote]
Secondo studi focalizzati sullo sviluppo delle facoltà celebrali umane a partire dall’età fetale è emerso che le lingue cui un soggetto è stato esposto (in modo costante e continuo ovviamente) entro i primi tre anni di vita vengono ritenute dal cervello come materne, buone potenzialità per l’apprendimento del lingue si hanno ancora fino agli 8 anni e poi via via queste capacità si perdono con la progressiva lateralizzazione dell’area celebrale responsabile dell’apprendimento del linguaggio.
Imparare le lingue successivamente è ancora possibile, ma mette in gioco sistemi di memorizzazione diversi – memoria esplicita – che, oltre a richiedere un maggior sforzo di concentrazione, ne modificano le modalità di acquisizione precludendo alcuni “automatismi” propri invece dell’apprendimento nei primi anni di vita e imputabili alla memoria implicita.
Questa è una sintesi estrema ed imprecisa di studi di neurologia e neurolinguistica e sui quali il neurolinguista Franco Fabbro si basa per esporre nel suo testo “Neuropedagogia delle lingue” i motivi per i quali è consigliabile apprendere le lingue precocemente e le modalità più adatte per acquisirle in modo naturale che, purtroppo, rimangono ben lontane da quelle tutt’ora utilizzate nel circuito scolastico ordinario.

Per approfondimenti: Neuropedagogia delle lingue – Franco Fabbro – ed. Astrolabio (acquistando il libro da questo link, aiuterai questo sito a crescere).

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17 thoughts on “Intervista a Stranamamma: l’apprendimento precoce delle lingue straniere”

  1. Ciao sono una mamma messicana, ho 2 figli 10 il maschieto e la feminucia 14, parlano spagnolo e italiano, per motivi di lavoro mio marito e tutta la famiglia andremo a vivere a gootemborg, la mia domanda è : Quanto sarà dificile per loro imparare la lingua del posto, so che si parla l’inglese e questo mi da un sollievo, abbiamo vissuto a Chicago USA per due anni , mia figlia aveva 4 anni e parlava l’inglese con le amiche, con il tempo e con il trasferimento in Italia no lo ha più praticato.
    3 anni fa abbiamo vissuto in Messico per 2 anni dunque loro sono andati a scuola nel posto.
    Sono bambini abituati a tutto questo movimento … No so in questa occasione l’idioma sia più complicato. Grazie

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  2. Ciao Stranamamma,
    sono un insegnante di lingue di madrelingua tedesca.
    Le lingue straniere son sempre state la mia passione. Ho lavorato come insegnante di inglese, francese e tedesco in molte scuole e asili pubblici. Ho sempre pensato che quando avrei avuto dei figli li avrei mandati sin da piccoli a studiare l’inglese. Ma dove vivo io (provincia di Oristano)non ci sono scuole di lingue per bambini ed allora dopo che sono nati i miei 2 bambini ho deciso di aprire una scuola di lingue per adulti, ragazzi e soprattutto bambini!
    Ho seguito il corso di glotodidattica infantile “Hocus e Lotus” alla Sapienza ed ora organizzo corsi di lingue per i bimbi a partire dai 3 anni. E’una grandissima soddisfazione vedere come imparano l’inglese divertendosi e giocando.
    La mia bimba di 4 anni oltre all’italiano, capisce il tedesco, inizia a raccontare le storie dei format di HeL in inglese e parla pure il sardo!
    Il piccolo,che ha solo un anno, comincia a canticchiare le canzoncine in inglese e capisce già anche il tedesco!
    Penso che oggigiorno sia importante che i nostri figli imparino le lingue sin da piccoli e…anche più di una, loro sanno come e con chi utilizzarle.

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  3. Ciao Cecilia,
    anche con Tato è iniziato tutto con un matrimonio all’estero e con la TV. Il matrimonio mi ha fatto capire empiricamente (poi ho studiato e ho capito che esiste un fondamento scientifico a ciò) quanto il mio bimbo di allora 20 mesi fosse in grado di ripetere molto bene suoni in lingua straniera che per gli adulti possono essere difficili. abbiamo provato senza avere troppe pretese, né aspettative e a casa si è appassionato ad alcuni cartoni in inglese di Rai Scuola, poi abbiamo continuato anche giocando (colori, macchine, palloncini con sopra disegnate le emozioni). Gli ho comprato libri inglesi per bambini (quelli originali, non quelli per imparare una seconda lingua) e dei CD musicali. Ecco cantare in inglese è quello che di solito riesce più immediato. E poi c’è Youtube. Tuttavia tutto ciò aveva il limite della saltuarietà, nel senso lo facciamo quando abbiamo voglia (anche se a dire il vero cantiamo spesso in inglese), quindi il fatto di avere la possibilità di fare inglese in modo più strutturato al nido prima per una volta a settimana e ora alla scuola materna per due volte a settimana, mi sembra più consono alle nostre esigenze.
    Penso che la TV da sola non basti ma sia una buona base di partenza, in fin dei conti ho un amico svedese (e qui Serena ci può dare il suo parere)il quale sostiene di aver imparato molto dell’inglese che sa attraverso la visione dei film non doppiati (in Svezia non c’è la tradizione di doppiare i film americani come in Italia).
    Unm abbraccio e un grande in bocca al lupo!
    StranaMamma

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  4. Ciao,

    questo post é molto bello e cade proprio a fagiolo, perché in questo periodo mi sto interessando molto alla possibilità di insegnare inglese alle mie bimbe di 3 e 2 anni.
    Ancora non so esattamente da che parte cominciare ma nel frattempo la cosa più semplice che mi é venuta in mente di fare é far vedere i DVD dei cartoni animati in inglese.
    In pratica per le mie bimbe la tv é fondamentalmente in inglese.
    Volevo chiedere a StranaMamma che ne pensa, se ritiene che possa comunque essere utile.

    grazie

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  5. Noi viviamo sul carso triestino con predominanza della minoranza slovena.
    Walter a settembre ha iniziato la prima elementare slovena a TS dopo aver frequentato 3 anni di asilo in lingua slovena, per cui ha iniziato da quando aveva meno di 3 anni ad essere immerso in un ambiente con un’altra lingua e all’inizio non parlava ancora nè in italiano e meno che meno in sloveno.
    Fra poco avrà 6 anni e conosce l’italiano, e capisce lo sloveno, ma lo parla poco, perchè è molto timido, ma a scuola mi dicono che sta iniziando a prendere confidenza e poi conosce un po’ di inglese, dato che il papà gli parla anche in inglese, non sempre.
    Penso che imparare le lingue da piccoli, sia utile, perchè apre la mente, è più facile e ti aiuta ad apprendere altre lingue in futuro.
    Scusate se concisa, ma avevo già scritto il post e poi ho perso tutto.

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  6. Sì, ho iniziato ieri col cuore in gola! Io, abituata a lavorare e a gestire adulti, non sapevo bene cosa aspettarmi. In relatà sono stati attenti e questo mi ha colpita. Ha giocato molto il fatto che non mi conoscevano, vedremo come andrà quando prenderanno confidenza….
    Comunque, in sostanza la prima lezione è andata bene: mi sono presentata, ho presentato i due personaggi e ho detto loro che avremmo fatto una magia tutti in cerchio tenendoci per mano; poi ho iniziato con la drammatizzazione della storia, loro non ripetevano quindi facevo io due volte i passaggi, la prossima volta (cioè domani) cercherò di indurli a ripetere dando qualche spiegazione in più in italiano prima cioè di entrare nel mondo magico in cui si parla solo inglese. Abbiamo proseguito con canzone (mimata pure quella: che fatica!!!!), immagini cartacee e cartone, poi rito di uscita dal mondo magico e, in fine, commenti in italiano di quello che avevo fatto mentre era in corso la magia (io fingevo di non ricordare e loro mi dicevano cosa era successo…)
    Dal mio personale punto di vista è stato molto bello ed emotivamente molto intenso. La cosa più bella che mi hanno detto alla fine è stata:”Ma poi tu vieni ancora?”.
    So che il percorso non sarà liscio, ma per ora sono contenta dell’inizio e proseguirò con impegno ed entusiasmo.
    Grazie a Silvia e Serena per questo spazio e per la possibilità di condividere la mia esperienza.
    Un abbraccio.

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  7. Stranamamma proprio oggi ha iniziato il suo tirocinio con un gruppetto di 14 scatenati quattrenni!!!
    Facciamoci raccontare com’è l’inizio di un percorso di glottodidattica infantile.
    Dai Stranamamma, raccontaci com’è andata e cosa avete fatto in pratica.

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  8. @arch190: penso anch’io che tua figlia sia fortunata: non sarà solo bilingue senza grosso sforzo e senza quasi rendersene conto, ma crescerà portando in sé due culture “madri” e questo non può essere che fonte di ricchezza!

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  9. Riguardo il commento di Paola, e’ veramente un peccato che in Italia ci sia questa ignoranza e chiusura mentale verso le lingue che gli stranieri parliamo.
    Io sono messicana, la mia madre lingua e’ lo spagnolo (la RAE accetta questa lingua venga denominata sia castigliano che spagnolo).
    Per il fatto che io sia messicana, si pensa che io parli “messicano”, lingua che non esiste. Si pensa anche che il mio spagnolo sia una “diformazione” o un dialetto dello spagnolo, no, e’ spagnolo e basta.
    Mia figlia avra’ 2 lingue a disposizione, io sono molto entusiasta della mia lingua madre, e’ la seconda lingua piu’ parlata nel mondo.
    Penso che il fatto che in Italia succeda questa cosa sia dovuto che l’italiano e’ lingua ufficiale solo in Svizzera e la stessa Italia, gli italiani non sono familiarizzati col fatto di avere una lingua in comune con paesi, tradizioni e culture diverse.

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  10. Ecco, mentre non tengo tanto alla scrittura e lettura precoce (non sono contraria ma nemmeno non me la cerco, ecco), sulle lingue la penso molto diversamente.
    Secondo me i bimbi biligui hanno davvero una possibilità in più, ma credo che,almeno per quel che vedo qui nei dintorni, sia una responsabilità totalmente a carico dei genitori. All’asilo di mia figlia fanno inglese, ma lo fanno in modo molto molto banale, tanto per abituarli all’idea di un’altra lingua (il primo anno hanno studiato i colori, il secondo gli animali). Ora ben venga, anche perché la maestra è brava, li coinvolge, le lezioni sono divertenti e ai bimbi piace, ma imparare una lingua è ben più di questo.
    Io sono contraria alle “lezioni” fin da piccoli, ma per bimbi così, un giorno o un’ora di gioco a “parliamo nella lingua X” non può che essere un piacere.

    Ecco, quello che mi spiace è che tutto quello che so delle lingue è quello che ho imparato a scuola, e quindi, ahimé pochissimo. Posso insegnare a mia figlia qualche parola, qualche frase, ma alla prima domanda mi blocco perché non so la risposta, lei perde interesse e il gioco finisce.

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  11. @Laura ha già risposto Serena con velocità a precisione svedese (ché dire svizzera ci fa un baffo! Grazie Serena). Contattami pure, vediamo se ti posso aiutare.

    @Paola: anch’io sono d’accordo con Serena. L’inglese ormai ha mille pronunce e il King English non viene parlato nemmeno più nel Regno di sua maestà! Te lo dico perché ho vari amici inglesi e irlandesi e perfino la mia storica insegnante madrelingua che mi ha preparata per passare tutti gli esami dell’università di Cambridge per stranieri lo afferma. Quindi, a mio avviso, non importa quale sia l’accento con cui viene insegnato l’inglese, l’importante è che il metodo sia adeguato e non quello con cui generalmente è stato insegnato a noi a scuola.
    Il neurolingusta Fabbro sostiene che le lingue non devono essere insegnate, ma semplicemente usate e l’errore più comune è quello di insegnare le lingue vive allo stesso modo di quelle morte. Io concordo pienamente.

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  12. @Paola io invece non sono d’accordo. Ci sono tante pronunce in inglese quasi quanti gli abitanti di questa terra che lo parlano. Far perdere una possibilità così ai bambini per un problema di pronucnia mi sembra proprio un gran peccato!

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  13. mio figlio ha un’ insegnate straniera all’ asilo, ma non di madre lingua inglese – è filippina.
    le è stato vietato di insegnare qualche parola ai bambini in quanto la sua pronuncia, per quanto bella possa essere, non sarà mai quella di una madrelingua. e questo lo trovo anche giusto.
    però in effetti non ci sono molte altre possibilità.
    proverò anche io a contattare stranamamma. vado subito sul suo blog.

    grazie ancora!
    è tanto tempo che non commento, ma vi leggo sempre.

    paola

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  14. Questo post arriva in un momento fondamentale, perché sto cercando qualche corso d’inglese per i miei figli: abito vicino a Torino. Come faccio a contattare StranaMamma?

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