A questa intervista abbiamo tenuto molto, soprattutto dopo aver letto il commento che aveva lasciato Morgaine le Feè, l’autrice di 63°49′ Latitudine Nord, alla nostra introduzione al tema del mese.
E non sbagliavamo.
Perchè ci racconta come, quando cambi punto di vista, le cose prendono tutto un altro aspetto…
Cos’è, per te, il “senso materno”? E’ necessario per essere mamma?
È una domanda piú difficile di quel che credevo. Intuitivamente, penso sia la capacitá di voler bene ai propri figli, incondizionatamente. Questo “incondizionatamente” é importante: ho visto persone dare amore/attenzione ai propri figli solo in cambio di certe condizioni (caratteristiche personali del figlio, riempimento di carenze affettive, eccetera).
Essere mamme: beh, basta averlo, il bambino. Ma per essere “buone mamme” forse é meglio avercelo, l’istinto materno (con “buone mamme” non intendo “mamme perfette”. Le buone mamme per me sono quelle che fan del loro meglio).
Da una maternità scettica ad una mammità convinta: raccontaci il tuo percorso.
Ohi, qua scrivo il romanzo! 😀 Adesso saprete tutto di me.
Premesse: Vengo concepita per sbaglio, mia madre é giovane, ha avuto un’infanzia difficile, non é entusiasta della gravidanza e non ne fa mistero, i miei si devono sposare. Fa comunque del suo meglio. Sui miei 9-10 anni lei comincia a sviluppare un pesante esaurimento nervoso, l’atmosfera in casa si fa tremenda, la nostra relazione é un disastro, io sto molto male, per farla breve. Quando ho 13 anni nasce mia sorella, voluta da mia madre per colmare i suoi disagi affettivi. Sviluppa un rapporto esclusivo con la bambina, io vedo in prima persona i disagi dell’avere un bambino piccolo: le notti insonni, i
biberon da sterilizzare, le coliche, i pannolini gonfi di cacca gialla da cambiare, le paranoie educative, i dissapori tra i miei, l’apatia di mio padre su queste “faccende da donne”.
Riassumendo: il background del mio istinto materno non é favorevole. Passano gli anni, la mia situazione economica é precaria, morosi in vista zero (con chi farei un bambino poi??). Sono pigra, non amo le pulizie, sono disordinata, mi arrabbio un po’ troppo se il mio gatto non ubbidisce, ho diversi hobby a cui tengo, vorrei farmi una carriera, ho un’autostima sottoterra, mi piace dormire nel weekend, ho un terrore del dolore fisico (ahi il parto!). I bambini piccoli e grandi mi ispirano zero tenerezza, e molto imbarazzo: non so che dire o che fare con loro.
No, l’istinto materno non alberga qui. Lo han dato a donne piú degne di me.
Passano gli anni e vado a vivere nell’Ultima Thule. Le mie colleghe han tutte prole piccola e grande. La vista dei loro piccoli mi dá un senso di rimpianto: chiamiamolo Indizio Numero Uno.
Incontro il Vikingo [n.d.r.: il “suo” Vikingo, non il “nostro” Vikingo… che ha 4 anni e sarebbe un po’ precoce!]. Il Vikingo é buono, bello, intelligente, creativo, onesto
e simpatico, eccetera. Com’é che uno cosí é libero?? Il Vikingo vorrebbe volentieri dei bambini. Azzz. Dopo qualche mese mi chiede se vorrei anch’io averne (epperó, di solito é la femmina che preme in tal direzione!). Mi sale un senso di calore al cuore: l’Indizio Numero Due. Gli dico che devo pensarci, gli racconto la mia storia e i miei punti di vista: non credo che sarei una buona mamma. Lui mi risponde che una che pondera delle decisioni cosí importanti é sicuramente una buona mamma, perché non le prende con superficialitá. Beh, cavoli. Ho 34 anni: ho un moroso che é Uomo ideale e Papá Ideale, i suoceri abitano vicino, sono gentili e premurosi, la nostra situazione economica é buona.
Ma come la prenderebbero al mio lavoro? Non importa, ci sono anche gli Indizi Uno e Due, e si vive solo una volta. Gli indizi Uno e Due mi hanno indicato la strada dentro il mio cuore, per far la sentimentale.
Smetto la pillola, faccio il test, al lavoro la prendono bene (e il mio capo é ostetrico-ginecologo con tre figli, comprende). Arriva il Mezzovikingo (santa epidurale!), é sano, vuole la tetta ogni due ore, io dormo male la notte, ho la depressione postparto, che mi aspettavo di avere perché ho giá un po’ di PMS (lavoro su questo campo, so tutto!) 🙂 .
[quote]Il mio istinto materno non nasce subito, all’inizio é faticoso con questo pacchetto pieno di pretese che fa un sacco di cacca cremosa e sbrodolante, mi succhia la vita e non dá nemmeno un sorrisetto in cambio. La suocera mi dice di aver pazienza, é normale: aspetta dopo i tre mesi. Quando torno al lavoro sui 7-8 mesi, mi rendo conto di come voglio bene a questo bambino, nonostante le notti di tetta, la cacca maleodorante, i raffreddori, la schiena dolorante, i dentini. Gli voglio bene da matti.
Adesso ha 20 mesi e gli voglio bene ancora di piú. Forse ne facciamo un altro.
Adesso mi piace essere mamma. Peró! Io sto in una situazione di lusso: abbiamo soldi, orari flessibili al lavoro, suoceri attenti e disponibili se vogliamo uscire una sera. Il Mezzovikingo é sano e allegro. Come avrei reagito se avesse avuto una malattia congenita, se ci fosseri stati problemi economici, di coppia, di stress, di suoceri rompiscatole? Questo non lo so.
Il mio istinto materno era un semino piccolissimo ed é cresciuto trovando delle condizioni ideali, cosa sarebbe successo altrimenti non saprei dirlo.[quote1]
Dal momento che hai deciso di essere mamma, superando il tuo non-senso materno, come ti immaginavi alle prese con il Mezzo-vikingo?
Non immaginavo molto: non sapevo neppure che faccia avesse!
Seriamente: pensavo un po’ a quello che i miei avevano fatto con me. Gli errori che avrei voluto evitare e le cose buone che potevo copiare.
Sognavo di portarmelo nel kolonilott e fargli annusare i fiori, fargli raccogliere i lamponi dal cespuglio, fargli vedere cosa fan le erbacce per sopravvivere. Insegnargli quali sono i funghi buoni o cattivi (visto che lo svedese medio non osa andare oltre il cantarello 🙂 ). Cose cosí. Un po’ idilliche, anche.
Quanto hanno contato le qualità di padre che vedevi nel tuo compagno nella decisione di essere mamma?
Son state fondamentali. Senza di lui, per come é lui, non me la sarei sentita di fare un bambino. Ed é stato un bene che lui non sia cambiato dopo che é nato il piccolo.
Se interessasse, le qualitá che per me son state apprezzabili: paritá di ruoli nella cura ed educazione dei figli, pazienza, uno spirito giocherellone e creativo, principi educativi simili tra me e lui, predisposizione al dialogo, apertura mentale.
Essere mamma adesso, di un Mezzovikingo alla 63°49′ Latitudine Nord: cosa
non ti aspettavi?
Due cose sicuramente:
primo, che fosse cosí snervante vestire un infante per l’inverno. Molto spesso, dopo l’ennesimo tentativo di infilargli la tutona, desidero ardentemente traslocare in Andalusia.
Secondo, con premessa: ho sempre dato la prioritá alla frequentazone di svedesi anziché di connazionali, per integrarmi meglio e non ritrovarmi in un “ghetto” di emigrati in terra straniera. Ma adesso mi sorprendo a desiderare piú bimbi e famiglie Mezzovikinghe intorno a noi, per permettere al piccoletto di avere qualche contatto con la sua seconda lingua e madrepatria.
Cosa implica tirar su un Mezzovikingo a 63°49′ Latitudine Nord?
Tantissima Natura intorno a noi. Un po’ monotona, ma tanta, bellissima, ed estrema. Spero che il Mezzovikingo ne impari i ritmi e impari ad apprezzarla e
rispettarla.
Viaggiare verso il resto dell’Europa (dove abbiamo amici e parenti) e verso l’Italia é una cosa tediosa in termini di tempi e costi da far quadrare. L’Ultima Thule purtroppo é una cittá piccola, e le occasioni e i materiali che si trovano sono limitati rispetto alle cittá piú grandi e centrali. Muoversi da queste parti é spesso una questione di centinaia di chilometri.
Un’ultima cosa, ma che ci tengo a precisare: io credevo di non aver istinto materno, ma poi me lo sono scoperto da qualche parte, probabilmente perché era lí, come uno di quelle sementi microscopiche che fan nascere piante d’alto fusto, nelle condizioni adatte. Questo non significa che sia cosí per tutte. [quote2]E non penso che una donna che decide di non avere figli sia da “redimere” o da guardare con compatimento, come sento spesso fare (“ma perché, ma pensaci, una donna non é completa senza un figlio” eccetera). Avere bambini secondo me non é obbligatorio ed é meglio una donna nullipara ma felice anziché una con figli ma frustrata e pentita. (ecco, ho sputato la mia Grande Sentenza!)
Non volevo lasciare commenti per non intromettermi, peró visto che Paola mi fa una domanda diretta, rispondo: come scrive Silvia, é prima di tutto una questione di privacy sui nomi. Ma é anche una questione di privacy degli affetti: io in effetti voglio fare la distaccata quando parlo di mio figlio in Rete. Non mi piace far trasparire troppo la nostra tenerezza familiare in una piazza pubblica, perció uso il termine ‘Mezzovikingo’ che é un po’ ironico, e contemporaneamente descrive bene questo bimbo (nel testo scrivo anche ‘piccolo’ e ‘piccoletto’, che hanno la stessa valenza). Peró a casa lo chiamo soprattutto ‘amore'(oddio che diabeticume), oppure col suo nome proprio o ‘piciulin’. Prima di vederlo come ‘mio figlio’ lo vedo soprattutto come la persona che é: lui col suo nome, o uno degli amori della mia vita.
Ammetto anche che il termine ‘mio figlio’ non lo uso volentieri: mi sembra un po’ ‘burocratico’ (se fossi sposata, per lo stesso motivo non riuscirei a chiamare il Vikingo ‘mio marito’!), in piú c’é anche il fatto che, dopo due anni, ancora non ci sembra vero che sia proprio il nostro bambino: lo guardiamo dormire o cantare e ci guardimo negli occhi e diciamo: ma lo abbiamo fatto veramente noi??. Nooo, é troppo bello per averlo fatto noi!
Spero di aver risposto esaurientemente 🙂
Morgaine La Fée sono d’accordo con te (e grazie per essere intervenuta direttamente, noi siamo contente di darti tutto lo spazio necessario perché la tua intervista sia più utile). Vorrei dire a Paola infatti che anche io uso molto più spesso il nomignolo Vikingo piuttsto che mio figlio (oddio che confusione di Vikinghi!). Anzi, mi risulta più spontaneo dire “mio figlio” quando voglio sottolineare il distacco. E anche a me risulta stranissimo dire “mio marito”.
ho scritto “sembra”, infatti 🙂
Il nomignolo ci sta, ovviamente. Ma vedere usato sempre quello a me, personalmente da questa sensazione.
Paola, credo sia più un’abitudine blogghesca, orientata più che altro alla privacy. Anche qui chiamiamo i nostri figli “Sorcetto” (ma nella vita quotidiana lo chiamo proprio Sorcio, neanche col diminutivo!), “Vikingo” e “Pollicino”. Così come in altri blog ci sono gli “Hobbit”, i “Pezzetti”, “Figlio-uno” e “Figlio-due”. Ma, ahinoi!, non ce ne distacchiamo mai abbastanza!! 😉
Bello..ogni tanto sarebbe bello che tu chiamassi il Mezzovikingo “mio figlio” pero’ perche’ così sembra quasi che te ne distacchi. Ogni tanto.
Orma, ti capisco, io prima del Sorcetto provavo la stessa cosa, ma anche ora mi trovo bene solo con alcuni bambini. E comunque sono migliorata un po’ con il tempo: ora ho figli delle amiche che mi adorano… e me ne stupisco io stessa!
“I bambini piccoli e grandi mi ispirano zero tenerezza, e molto imbarazzo: non so che dire o che fare con loro.”
Come mi ci ritrovo in questa frase, e ancora adesso con i bimbi degli altri.
L’istinto materno è una cosa davvero strana, io l’ho realizzato poche notti dopo essere tornata a casa con la mia frugoletta, mi sono ritrovata a pensare che ero diventata “la mamma di Gaia” e questo mi ha riempito il cuore e dopo è stato tutto un po’ più facile.
anch’io mi ritrovo molto nelle tue parole. grazie per quest’intervista!!!
“E non penso che una donna che decide di non avere figli sia da “redimere” o da guardare con compatimento, come sento spesso fare (“ma perché, ma pensaci, una donna non é completa senza un figlio” eccetera). Avere bambini secondo me non é obbligatorio ed é meglio una donna nullipara ma felice anziché una con figli ma frustrata e pentita. (ecco, ho sputato la mia Grande Sentenza!)”
Leggendo l’intervista sembravo io, se nn per un paio di piccole differenze: abito al caldo dell’italia e il mio semino della maternità è cresciuto fino ad essere visibile intorno ai 9 mesi del pargolo. Ora vittorio ha 2 anni e nonostante il suo carattere sempre in richiesta, lo amo più profondamente di me stessa. Per chi ha fatto sempre la propria vita a dispetto degli altri, amare qualcunaltro più di se stesse è veramente tanto!
E Il pensiero che riporto dell’intervista… sante parole. Basta con ‘sta storia che senza un figlio non si è complete! La propria completezza si trova in qualcunque cosa facciamo o viviamo con amore
che fosse cosí snervante vestire un infante per l’inverno. Molto spesso, dopo l’ennesimo tentativo di infilargli la tutona, desidero ardentemente traslocare in Andalusia
Non potrei essere più d’accordo con te. Ogni infilata e sfilata di tutone ho bisogno di ricordarmi il perché sono qui. E io non ho nemmeno la scusa del marito svedese!