Mentre da un lato è importante capire ed accettare il temperamento nostro e dei nostri figli, dall’altro è fondamentale riuscire a guidarli nel tortuoso percorso per diventare esseri sociali. Infatti un bambino introverso può andare incontro ad isolamento da parte del gruppo, un bambino molto attivo può essere talmente irrequieto a scuola da renderlo insopportabile all’insegnante, un bambino molto razionale può trasformarsi nel saputello antipatico che vuole sempre avere l’ultima parola. In altre parole è necessario riuscire ad educare i nostri figli ad essere disciplinati, per poter utilizzare le caratteristiche del loro temperamento in modo positivo, invece che distruttivo, e riuscire ad affermarsi socialmente.
Il temperamento non giustifca la maleducazione, e non è una condanna. Il “che ci posso fare, lui è fatto così” è troppo spesso sintomo di uno scaricarsi di responsabilità educative. Impariamo invece a trasformare le caratteristiche del temperamento in punti di forza, dai quali partire per crescere delle persone più consapevoli di se stessi e delle proprie capacità.
L’educazione passa necessariamente attraverso la consapevolezza e il controllo delle proprie emozioni. Un bambino che perde le staffe rapidamente ha bisogno di capire il sentimento di rabbia che prova, dargli un nome, trovarne i confini, per imparare infine a controllarlo. La capacità di relazionarsi con gli altri, di empatizzare, di provare sentimenti e controllare emozioni negative, è chiamata intelligenza emotiva.
Mentre la rete pullula di test per confrontare il proprio quoziente intellettivo a quello di Einstein, o più di recente di Obama, ci sono evidenze scientifiche che l’intelligenza emotiva ha valore maggiore per stabilire le capacità di successo di una persona, inclusa la sua capacità di essere felice nella vita. E la buona notizia è che l’intelligenze emotiva si apprende. Certo, ci sono persone che riescono ad empatizzare spontaneamente con il prossimo, ma se anche appartenete a quella fascia di popolazione totalmente incapace, sappiate che l’intelligenza emotiva si può imparare. E si può insegnare ai propri figli.
Gli studi condotti da John Gottman, autore di Intelligenza emotiva per un figlio, mostrano che bambini a cui i genitori hanno insegnato ad essere emotivamente intelligenti riescono a concentrarsi meglio e quindi riescono meglio a scuola, sanno calmarsi più rapidamente quando si agitano o arrabbiano, hanno un controllo fisiologico maggiore e quindi si ammalano di meno. Anche in caso di situazioni molto difficili, quali la separazione dei genitori o la morte di una persona cara i bambini emotivamente intelligenti riescono a superare la crisi, spesso continuano ad avere un buon rendimento scolastico, e riescono più facilmente ad evitare comportamenti autodistruttivi, quali ad esempio l’uso di sostanze stupefacenti, in periodo adolescenziale.
Lo stile genitoriale
John Gottman, basandosi su risultati di ricerche scientifiche condotte per decine di anni su centinaia di famiglie, ha identificato vari tipi di genitori, a seconda del loro comportamento rispetto alle emozioni dei figli e ne ha studiato gli effetti sulla crescita emotiva dei bambini. In base a questi studi, si è scoperto che i genitori possono essere divisi in quattro grandi tipologie:
Genitori noncuranti, che sminuiscono, ridicolizzano o addirittura ignorano le emozioni negative dei figli.
(E’ ridicolo che non vuoi andare all’asilo. Non c’è nulla di cui aver paura. Li ci sono i tuoi amichetti e ti divertirai. Dai su, ora passiamo in pasticceria a comprare un dolcetto, così ti passa.)
Genitori censori, che criticano le espressioni di sentimenti negativi e che possono arrivare a rimproverare o punire i figli per queste manifestazioni emotive
(E’ ridicolo che non vuoi andare all’asilo. Sono stanca di questo comportamento, non sei più un neonato. Agisci da grande! Se continui così questa è la volta buona che le prendi.)
Genitori lassisti, che accettano le emozioni dei figli e si dimostrano empatici, ma non riescono a offrire loro una guida o a porre limiti al loro comportamento, spesso rimandano il problema, distraendolo ad esempio con un gioco, fino a che si ripresenterà la volta successiva.
(Oh come ti capisco! E’ naturale che vuoi rimanere a casa con la tua mamma. Anche io sono triste. Magari giochiamo insieme dieci minuti e poi usciamo senza piangere però.)
I Genitori allenatori emotivi partono come i genitori lassisti, empatizzando con i sentimenti del bambino, ma poi colgono l’occasione per parlare del sentimento, dargli un nome, e trovare una soluzione, senza distrarlo dai sentimenti negativi che sta provando.
I cinque punti dell’allenamento emotivo
Quali comportamenti dei genitori fanno veramente la differenza?
Ci sono 5 cose che fanno i genitori allenatori e che costituiscono le basi dell’allenamento emotivo:
1. Sono consapevoli delle emozioni del bambino
2. Riconoscono nell’emozione un’opportunità di intimità e di insegnamento
3. Ascoltano con empatia, e convalidano i sentimenti del bambino
4. Insegnano al bambino le parole necessarie a definire le emozioni che prova
5. Pongono dei limiti, mentre aiutano il bambino a risolvere il problema
Detto così sembra facile. Uno dei problemi più difficili da superare in realtà è il primo punto, ossia essere consapevoli delle emozioni del bambino. Per poterlo fare bisogna essere prima di tutto consapevoli delle proprie emozioni, e questo non è sempre facile, a causa dell’educazione ricevuta. La storia famigliare o la cultura in cui viviamo condiziona molto la nostra percezione delle emozioni. Per qualcuno la rabbia è un’emozione particolarmente negativa, per altri lo è la paura. Può quindi capitare di essere dei bravi allenatori emotivi per un certo tipo di emozione che sentiamo meno negativa, e dei genitori censori per un’altra. Insomma come sempre mentre cerchiamo di educare al meglio i nostri figli, abbiamo una splendida occasione di imparare molto anche su noi stessi.
Il porre dei limiti al comportamento è particolarmente importante all’inizio, quando non si è ancora sviluppata una capacità del bambino a trovare soluzioni da solo. Nel porre limiti è necessario far capire al bambino la distinzione tra il sentimento provato, di rabbia, gelosia o frustrazione, che è perfettamente normale, dal comportamento che è accettabile oppure no. E’ perfettamente normale essere geloso del fratellino, ma non è accettabile tirargli i capelli. E’ normale aver paura di iniziare la scuola, ma non è accettabile il lancio di oggetti o l’inveire contro mamma e papà. Ed è perfettamente normale provare a volte sentimenti contrastanti tra loro.
Fresca fresca della rilettura di questo libro, mi è capitato proprio la scorsa settimana di riuscire ad applicare questa tecnica con il Vikingo. Quando sono andata a prenderlo all’asilo, alla solita ora, l’ho trovato a giocare in giardino con un altro bimbo. Quando mi ha visto è scoppiato in lacrime, ed ha iniziato ad urlare di andarmente via, e che ero arrivata troppo presto. Il mio cuore di mamma ferito, l’ho guardato scappare dal mio abbraccio e correre di nuovo a giocare con il suo compagno. Potete immaginare come ci sono rimasta. Ho guardato l’insegnate con sguardo interrogativo e lei mi ha detto “sai, ha appena iniziato a giocare con M. Forse è per quello.”
Ho resistito alla tentazione di prenderlo con forza e trascinarlo al cancello. Gli ho detto che sarei andata dentro a prendere le sue cose nell’armadietto e di prepararsi all’idea di andare via. Ho pensato che si trattasse del solito problema della difficoltà di accettare una transizione, che normalmente riesco a risolvere dandogli un po’ di preavviso. Mi sbagliavo. Quando sono tornata in giardino, l’ho trovato ancora più arrabbiato con me e determinato a non venire via. Ho iniziato a dirgli di smetterla e di non fare lo sciocco. Ho anche sminuito i suoi sentimenti dicendo “ma come? La mattina non vuoi venire all’asilo e ora non vuoi venire via?” Mi sentivo ferita nel mio orgoglio di mamma, oltre che enormemente in imbarazzo con i presenti, insomma dopotutto mio figlio mi stava cacciando via invece di corrermi incontro a braccia aperte felice di vedermi. Mentre cercavo di trovare una soluzione per uscire dall’imbarazzo, mi sono venuti in mente i 5 punti dell’allenamento emotivo. Non avevo nulla da perdere. Prima di tutto mi sono piegata in ginocchio per parlargli al suo livello, e già questo gesto lo ha calmato un pochino. Poi la conversazione si è svolta più o meno così.
– “Accidenti ti sei proprio arrabbiato con mamma!”
– “Grumph!”
– “Ho visto che stavi giocando con uno dei bambini più grandi. Volevi proprio rimanere a giocare con lui vero?”
– “Si. E’ un bimbo grande lui!”
– “Già, e te ci tieni a fare amicizia con i bimbi più grandi. E’ per questo che ti sei arrabbiato con mamma? Perchè stavi facendo una cosa importante per te e non volevi smettere?”
– “Si.”
– “Però anche se ti arrabbi tanto, non va bene urlare in questo modo. Io ci resto male se urli così, e penso che non sei contento di vedermi. Sei contento di vedere mamma?”
– “Si. Ma tu sei venuta troppo presto. Io non ho finito di giocare ancora.”
– “Lo capisco sai, anche io mi arrabbio tanto quando voglio fare una cosa e devo smettere per forza. A volte però bisogna smettere e lasciare le cose in sospeso per un po’. Magari domani posso venire a prenderti un po’ più tardi, così puoi giocare di più.”
– “Si”
– “E se vuoi puoi chiedere al tuo amichetto se potete giocare insieme anche domani.”
– “SIII! E’ una buona idea mamma!”
Nonostante ho dovuto suggerire io delle soluzioni alternative, visti i suoi 3 anni e mezzo, e la mia tecnica è lontana dall’essere perfetta, direi che è stata un’esperienza molto positiva. Non solo ha placato la crisi, ma abbiamo varcato la soglia del cancello entrambi un po’ più cresciuti di quando siamo entrati.
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Grazie di avermi fatto conoscere questo libro! dopo aver letto questa recensione l’ho subito acquistato e pur nella difficoltà di mettere in atto la tecnica ci siamo resi conto che aiuta, aiuta davvero a superare i momenti difficili. La nostra bimba ha 28 mesi e in più di un’occasione è capitato che interrompesse il pianto disperato nel momento in cui ha sentito che capivamo la sua emozione o il suo disagio. Impagabile!
Ciao a tutte, ho 42 anni e due figli Simone di 12 anni ed Emma di 5 anni…età , caratteri, sensibiltà, paure diverse…vorrei aiutarli nel migliore dei modi nella loro crescita e nel loro sviluppo, facendoli diventare persone libere e citadini del mondo, ma non è facile…io sono ansiosa ed insicura e negli anni ho iparato a dominarmi razionalizzando tutto…non voglio trasmettere loro i miei difetti ma solo sostenerli e guidarli, indicando loro la strada per esprimere loro stessi…come posso fare? E’ tardi visto le loro eta?
Cinzia non credo che sia troppo tardi! Io non penso che sia mai troppo tardi per fare qualsiasi cosa, tantomento per cercare di trovare un modo per guidare i propri figli. Prova a leggere il libro sull’intelligenza emotiva, e magari fai un giro qui sul blog. Il mio grande ha proprio 5 anni come Emma, sono certa che troverai parecchi spunti.
Simona nel libro trovi le indicazioni, calcola che l’aneddoto che ho riportato in fondo al post è avvenuto quando il Vikingo aveva solo 3 anni e mezzo. Chiaramente la loro capacità di autoanalisi è ancora molto bassa, e inizialmente ci vuole l’aiuto del genitore. Ma a 5 anni direi proprio che si può fare.
una domanda? faccio intempo a mettere in pratica queste tecniche se la mia bimba a 5 anni ?
lo comprero’ sicuramente… fa al caso mio grazieee
Allora, ho letto il libro tempo fa e mi e’ piaciuto molto. Ho deciso di cercare di utilizzare l’allenamento emotivo con TopaGigia gia’ adesso, piu’ per me che per lei in realta’: ha quasi 17 mesi, e’ un po’ presto, ma intanto io posso cominciare a imparare a riconoscere le situazioni favorevoli, insomma posso allenarmi io.
Oggi pomeriggio, al parco, TopaGigia ha puntato da lontano un altro bambino, un pochino piu’ grande di lei. Gli e’ corsa incontro tutta contenta fino ad arrivargli a pochi centimetri dal viso con il suo sorriso a 7 denti. Quello avra’ pensato “chi e’ ‘sta sorcia che mi viene addosso?” e PAM!, doppia manata in faccia. Lei ovviamente si e’ messa a piangere ed e’ corsa fra le mie braccia, mentre la mamma della “vittima” interveniva prontamente in maniera anche apprezzabile (“non si fa, chiedi scusa alla bimba, scusa piccola, scusi sa, evidentemente non si aspettava tanto entusiasmo” etc).
Io abbraccio TopaGigia e decido di provare con l’allenamento, anche se solo con la parte di identificazione dell’emozione in corso, e le dico “TopaGigia, ti sei spaventata? Questo bimbo ti piaceva tanto e tu volevi giocare con lui? E lui invece ti ha spaventata? O ti sei fatta male?”. Allora, innanzi tutto mi ha sorpreso il fatto che lei mi stesse effettivamente ad ascoltare, con la faccia di quella che cerca di spiegarsi e non puo’, ha smesso subito di piangere rivolgendomi tutta la sua attenzione. Ma soprattutto, e qui arriva la domanda, che fare quando l’altro genitore ti guarda stile marziano? Evidentemente si aspettava che io minimizzassi e accettassi prontamente le scuse, mentre col mio discorso ha pensato che peggiorassi la faccenda… che fare in questi casi?
L’ho ordinato ora dal vostro link. E’ il libro che mi serve. Dopo 5 anni ho capito che il problema sono io, ho passato mesi e mesi a chiedermi cosa avessi sbagliato, pensando di non essere mai stata abbastanza severa (e io lo sono tantissimo!) e ora finalmente mi rendo conto che il problema è tutto mio. E spero che questo libro sblocchi quel meccanismo che ancora non sono riuscita a disinceppare! 🙂
Daniela non direi proprio che il problema è tutto tuo. Il problema secondo me è trovare una soluzione nel pieno rispetto delle esigenze di tutti. Però sono d’accordo con te, che a volte non ci rendiamo conto che basterebbe dire le cose in un altro modo
per ottere risultati inaspettati. Questo libro ti piacerà moltissimo. Grazie per averlo comprato usando il nostro link 🙂
Grazie Serena! Mi ha commosso la descrizione del fatto all’asilo. Mia figlia si comporta così spesso… Devo proprio comprare il libro.
Isabella, non potrai mai non farti prendere dalle situazioni quando riguardano i tuoi figli. Tutti i genitori “onesti” (nel senso di coloro che hanno l’onestà di ammetterlo) si sono sentiti, prima o poi, al limite. Però, ad un certo punto, ti scatta dentro un imperativo categorico: non superare il limite e riportare la tua vita ad una temperatura sopportabile. Forse questo sito è un nostro percorso personale per mantenerci “al di qua”, alla fine è la nostra personale “pozione magica”.
Visto che il tuo commento è scritto a questo post sull’i.e., posso assicurarti che quando ho iniziato a dialogare con il mio bambino amplificato seguendo le linee di Gottman, mi si è spalancato un mondo. Non ci sono formule magiche: c’è stata però una mia consapevolezza, il prendere coscenza di alcune cose al momento giusto.
Ciao a tutte…mi sono appena iscritta ed ho già le lacrime agli occhi leggendo queste cose, io mi rendo conto di non aver più pazienza, mi sento al limite, leggo un sacco per cercare di nn sbagliare con Passe però mi sembra quasi di fare l’opposto…ma come si fa a non farsi prendere dalle situazioni ed a vederle “dal di fuori”…avete una pozione magica?
Grazie di cuore dei consigli utilissimi
comprato…finalmente..poi ti dirò!! Giorgia sta crescendo ed è diventata più complicata anche nelle sue reazioni di rabbia (spesso mi picchia se le dico no)..e siccome vorrei evitare di fermarmi allo stadio di genitore lassista..vediamo cosa ha da insegnarmi questo libro. Per ora sono un po’ giù…molte delle abitudini consolidate che avevamo stanno venendo meno..e prende il sopravvento molto spesso. E a me che già ho tanti sensi di colpa quando la lascio al nido tante ore..me ne vengono ancora di più quando vedo che non riesco ad instaurare un dialogo costruttivo con mia figlia..che per carità ha 2 anni..ma già molto forte!!
Grazie Fabiana. Anche io penso spesso a tutte le volte che i miei sentimenti non sono stati capiti e di quanto questo mi abbia ferita. Pur essendo apparentemente cose di poca importanza per i grandi erano evidentemente importanti per me, se ancora me ne ricordo, no? Leggi il libro. E’ utilissimo!
WoW!! penso che comprerò questo libro!…può essere utile a tutte le mamme!
@Serena trovo che il tuo modo di relazionarti con tuo figlio sia di insegnamento a molte di noi.. e il Vostro modo di crescere auspicabile per tutti.
Nel leggere quello che hai scritto sull’emotività dei bambini molto spesso sottovalutata..di getto non ho pensato a mia figlia…ma a me quando ero bambina.
Mia madre ha sempre sottovalutato quelli che erano i miei sentimenti di bambina (primogenita di tre fratelli),e io ho molto sofferto di questo.
Ora da mamma sono molto attenta ai sentimenti di Pucci..e forse anche troppo..(almeno questo è l’appunto di mio marito). La verità è che non vorrei umiliare mia figlia visto che in lei mi specchio e ritrovo analogie caratteriali.
grazie per la segnalazione! era proprio quello che stavo cercando!