Li per lì non è che ci pensi. Sei tutto preso dalla notizia che diventerai padre, mica ci vai a pensare. Anzi, sei così tronfio della riuscita dei tuoi spermatozoi che incomincia una specie di euforia, saresti pronto a fare sesso sempre e ovunque, tanto per far vedere chi sei e di cosa sei capace. E per le prime settimane è così. Poi però il corpo della tua compagna cambia, e un po’ per le sue parole, un po’ perché capisci che “lì dentro” c’è qualcuno, ti dai una calmata e pensi al dopo.
Il dopo.
Il dopo comincia con una necessaria presa di coscienza: tutta la tua gioia di papà, la tua euforia per la nuova presenza in famiglia (anzi, per la nuova presenza che “è” la famiglia, finalmente) non compenserà mai l’evidente inadeguatezza del tuo corpo, caro il mio papà. Devi essere più delicato e più preciso in ogni movimento, devi stare attento al tono della voce, devi imparare a prendere, a porgere, a sollevare e ad adagiare. Devi imparare, caro papà, a sopportare cose che il tuo corpo normalmente rifiuterebbe: viste, odori, rumori e suoni, stanchezze tutti nuovi per i quali la tua palestra, la tua bicicletta, il tuo calcetto e le tue passeggiate non servono a niente – e anzi, le devi mettere un po’ da parte perché c’è da dare una mano. La volontà magari ce la metti, ma mica serve molto se dormi poco, lo stress t’ha sconvolto il metabolismo e c’hai paura di accoppare il pupo se poco poco lo prendi dalla parte sbagliata…
E, sottilmente, senza preavviso, così come se niente fosse, ritorna. Lui. Una mattina che miracolosamente hai dormito più delle solite cinque ore di media, magari un sabato, senza sveglie, così, naturalmente, apri gli occhi e scopri che c’è qualcuno con te. Qualcuno che, dimenticato da un bel pezzo, stamattina s’è alzato in piena forma, scattante e gagliardo e pronto all’azione. Anche lui, come una volta, tronfio. Che si fa?
Non ci vuole molto a capire – se non si vuole fare della facile ipocrisia, e fare finta di niente – che il sesso deve cambiare per forza quando sei papà, e per due motivi evidenti. Il corpo della mamma è stato a dir poco sconvolto. Parlo per “sentito dire”, ovviamente, ma io che sto qui fuori a guardarmi tutto lo spettacolo della maternità di lei non posso fare finta di non sapere che ci vuole molto tempo affinché per il suo corpo torni possibile avere una vita sessuale come quella precedente la maternità. E non è che il primo passo: poi c’è tutta una componente mentale, psicologica, da affrontare insieme (ma anche lei da sola, per forza di cose, in molti aspetti,e tu da solo pure, per tantnti pensieri che hai o che non hai), e intanto il tempo passa.
In secondo luogo, anche il tuo corpo è cambiato, caro papà. Magari non subito, ma l’effetto della paternità si fa sentire eccome. Tutti insieme arrivano cambiamenti nel sonno, dolori articolari mai avuti, dovuti ai movimenti nuovi da imparare (e magari alla prima scoperta della propria goffaggine), fastidi di ogni tipo dovuti allo stress; forse per la prima volta succederà di capire sulla propria pelle il significato di quella misteriosa parola prima confinata ai discorsi tra donne: “somatizzare”. Eh sì, perché da quando sei papà hai nuove paure, nuove ansie, e scopri che per la prima volta in vita tua c’hai il fiatone (anche se vai a correre comunque tre volte a settimana) oppure lo stomaco e l’intestino si ribellano e lavorano bene se e quando gli pare, facendoti passare giornate come se c’avessi un tizio seduto sulle trippe.
E il sesso? Beh, certo, sarebbe ora di ricominciare. Magari ci fa anche bene. Però è successo qualcosa, è evidente che lei non ci pensa più. E’ più stanca di me, è più occupata di me, è evidente che non ci pensa minimamente. Oddìo, non è che sto dando già tutte le colpe a lei? Che devo fare? Ci provo? E se poi sono invadente e passo per insensibile? Oddìo, e se lei finge tanto per accontentarmi? E che devo fare, come al solito oppure faccio qualche domanda? E che chiedo? Ecco che il papà forse scopre così un altra tipica esperienza tutta femminile: le pippe mentali. Forse per scongiurare quelle vere che stanno cominciando a proporsi come soluzione non più temporanea ma definitiva alla questione sessuale.
Io non ho certo consigli né ricette valide per tutti. I luoghi comuni e gli stereotipi sono lì pronti a disposizione di chi non vuole pensare da sé. Io posso solo raccontare quello che è successo a me.
Per prima cosa, ho lasciato perdere i ricordi. I ricordi (quando sono bei ricordi) sono sempre migliori della realtà, nessuna nuova esperienza li raggiungerà mai. Voler fare il sesso “di prima” è semplicemente un’utopia, e tra l’altro non so quanto veramente sarebbe preferibile. Arrivato ai trenta già mi domandavo perché dovessi inseguire ancora il sesso dei vent’anni, e arrivato a quaranta non ho capito perché cercare ancora il sesso dei trent’anni o la passata dei venti. Perché mi devo perdere tutti i sessi che mi aspettano (a cinquanta, a sessanta, a settanta…) per tentare l’impossibile revival dei venti? Non è di più quello che perdo rispetto a quello che posso guadagnarci?
Seconda cosa, non sono solo. Ho vicino a me una compagna che s’è sobbarcata la bellissima e pesantissima esperienza della maternità – perché non dovrebbe affrontare insieme a me anche la scoperta di una nuova sessualità? Perché invece di interpretare tutte le varianti del rimpianto e del ricordo non imbarcarsi insieme verso la scoperta, verso una nuova meraviglia? I momenti di crisi, si sa (lo sanno tutti tranne la classe politica italiana) sono quelli nei quali è meglio investire, provare, tentare cose nuove. Siamo in due, chi ci può fermare?
Per me il sesso da papà è questo: un’avventura nuova. Una volta ero abituato a contare le volte in cui facevo sesso come fosse un indice di borsa. Poi, ovviamente, ho ceduto al paradigma opposto ma egualmente sbagliato, quello della “qualità”, che sacrifica il numero dei rapporti nel tempo alla loro intensità, alla loro esuberanza, alla loro vastità di esperienze diverse. Adesso si alternano periodi di lunghe astinenze ad oasi di piacere, ma non contano più di tanto questi rapporti numerici. Conta che il sesso è diventato anche un modo di comunicare, un nuovo modo di stare insieme, una parentesi esclusiva e privata nella quale io e la mia compagna recuperiamo un po’ di noi stessi attraverso l’altro. Sì, recuperiamo, perché le tante cose da fare e da pensare quando la famiglia si allarga tendono a disperdere un po’ ovunque le tue energie, il tuo tempo, la tua presenza; e a non lasciare nulla per sé non si diventa né compagni migliori né genitori migliori. Solo più frustrati.
Un grande luogo comune tra maschi è interpretare le parole “cambiare la propria vita sessuale” con l’unico senso possibile di “cambiare spesso e volentieri partner”. In realtà, la paternità e la maternità sono splendide occasioni per vivere una sessualità nuova e per dare al sesso una importanza che prima non gli era possibile avere. Io continuo a pensare che piuttosto che vivere di ricordi e cercare di fare “come prima”, è il caso di ripartire, in un certo senso, da zero. Quale occasione migliore della lunga inevitabile interruzione causa gravidanza per prendere nuove abitudini? E per ricominciare il divertente periodo nel quale le si acquisisce?
In un certo senso tutto è cambiato, e in altro tutto è come prima. Il mio desiderio non è diverso da prima, ma deve confrontarsi con una realtà che non è cambiata solo per me, e non nello stesso modo in cui è cambiata per me. In questa situazione ho avvertito – e ancora avverto – il grande pericolo di una comunicazione che potrebbe interrompersi per sempre. Per questo continuo a ritenere importante non inseguire i sogni di gloria di una sessualità felice e spensierata come quella che ho avuto anni fa; perché adesso la mia realtà è meno spensierata di allora ma devo cercare, insieme alla mia compagna, di mantenerla felice nel modo più giusto. E il sesso ne deve fare parte, in qualunque modo decidiamo di farlo!
Non so se sia giusto cercare una formula, ma l’unica che mi viene in mente è: il sesso dei papà è un sesso meno ipocrita. Sì alla fantasia, non alle finzioni; sì alla pazienza, non alla sopportazione; sì alla complicità , non al compromesso; sì al desiderio, non alla manìa.
* credito foto male intimacy
Alla base di tutto devono esserci una forte intesa mentale, un grande amore e molta disponibilita’ reciproca.
Da quando sono madre ho letto molte teorie sul prendersi tempo per se stesse, tempo di coppia, tempo esclusivo con uno o l’altro figlio… tempo tempo tempo… ma dove e’ tutto sto tempo?
Purtroppo per le circostanze della vita ho dovuto esercitarmi nel ritagliarmi SPAZI MENTALI di liberta’, perche’ quelli materiali non me li posso permettere.
La vita e’ ora, e se e’ quella che abbiamo scelto con determinazione e allora io dico: marito mio se abbiamo mezz’ora il sabato mattina e non siamo distrutti, mentre le pesti guardano i cartoni, PRENDIAMOCELO questo tempo, e se ci ricapita stasera facciamolo di nuovo, poi se non ci ricapita per settimane pazienza, e non e’ accontentarsi, e’ vivere.
Bellissima analisi. Noi siamo nel vortice dei cambiamenti avendo una bimba di 10 mesi e aspettandone un altro/a per settembre. Il nostro problema non è tanto la mancanza di tempo/spazi, ma più che altro continui battibecchi e litigi, dovuti immagino prevalentemente dalla stanchezza. E appena ne usciamo da una, ne arriva un’altra…sembra non finire mai!!! :(((
@Gloria
Credo che una cosa sia accontentarsi, un’altra è prendere coscienza di cosa si vuole. Se uno non lavora su questa differenza… si sta già accontentando 🙂
“Siamo in due, chi ci può fermare?”. Bellissima, il vero amore al di là delle chiacchiere.
Articolo molto bello e pienamente condivisibile. Avrei potuto scriverlo io (certo, tu sei molto più bravo) tanto mi ci trovo nelle tue parole…
Mmm… Proprio qualche giorno fa, con una cara amica si analizzava chattando il significato della parola “accontentarsi”, che per me ha ineluttabilmente un valore negativo: mi accontento perche’ meglio di cosi’ non posso avere.
Ecco, a me, Lorenzo, questa lettura del sesso per il papa’ (o per la mamma, credo che quello che scrivi sia totalmente interscambiabile) sembra proprio un voler infiocchettare quello che sotto sotto ci scoccia non poco. Insomma ci dobbiamo accontentare, le cose sono cambiate e non si puo’ negare, quindi facciamo di necessita’ virtu’.
E’ indubbiamente tutto molto saggio, del resto che alternativa c’e’? Piangersi addosso o cercare una via traversa. Dare via i figli non credo sia un’opzione 😀
Pero’ pero’… a me non convince, non ancora per lo meno. Ci devo lavorare su.
E credo che quello che dice Marcello sia profondamente vero: prima di ritornare ad essere coppia, bisogna necessariamente passare per il recupero dei singoli, delle persone. Ritrovare il tempo di curarsi dentro e fuori, di fare le cose che ci piacciono, di scappare dal circolo mamma-papa’-casa-bambini, di potersi permettere serate fuori senza sentire di togliere qualcosa a qualcuno, e via discorrendo. Ritrovare il tempo. Punto.
E forse, quindi, in poche parole aspettare che i figli crescano.
Ma che paura e che tristezza che mi fa la sola idea di dover lasciare che il tempo passi per riavere quello che mi manca… Perche’ il tempo ora c’e’, domani chissa’.
Articolo molto bello, grazie.
Noi abbiamo passato tante fasi nel nostro rapporto, alcune anche molto brutte… ora ci troviamo a 10 anni di distanza dalla prima gravidanza e a 5 dall’ultima, tante illusioni ce le siamo lasciate alle spalle, siamo in una periodo di riscoperta di noi stessi come coppia, come una sola entità, siamo di nuovo appoggiati l’uno all’altra, dopo un periodo in cui ci siamo riscoperti come persone singole con aspirazioni e forza individuali. In un certo senso siamo usciti dal ruolo totalitario di “genitori”, ora siamo anche di nuovo una coppia, un uomo e una donna insieme. Vero che appena genitore ritorni “vergine” … ecco, noi forse siamo nella fase successiva, quella con dei bimbi abbastanza grandi da poter tornare “fidanzati” con le nostre cenette fuori e i nostri piccoli spazi riservati. Forse la fase ulteriore , il “matrimonio” sarà quando i bimbi saranno grandi, se ne andranno e dovremo imparare di nuovo a vivere da soli.
grandioso!!
@mammaonthemove esattamente…proprio la parte più complicata…tutto ciò che prima era semplicemente spontaneo ora è un salto ad ostacoli e dopo averli saltati non sei sicura che ci sia l’energia e la voglia dopo certe giornate e soprattutto nottate 😉
ciao Lorenzo grazie! sono qui che penso se far leggere a mio marito questo post 😀
Che bello questo post, dopo 4 anni e due figli anche noi ci stiamo riprendendo come coppia. La cosa che e’ stata piu’ difficile da accettare per me e’ il fatto di doversi “impegnare” e di dover “programmare”. La nostra vita non ci permette piu’ di avere lo slancio spontaneo e di assecondare il puro istinto.
Se voglio raggiungere la fine della giornata con un minimo di energia (fisica e mentale) da dedicare a mio marito, devo pensarci a partire dalla mattina, fare del mio meglio perche’ la giornata dei bambmini fili liscia, cena e messa a letto in scioltezza e avere un po di tempo per un bicchiere di vino insieme. Possibilmente anche avere il tempo di prendermi cura di me stessa (e questo si deve programmare) per sentirmi almeno un pochino piu’ attaente di uno scopino .
Si capisce che le sopraelencate circostanze non si presentino con cadenza giornaliera e talvolta neanche settimanale, ma per fortuna se caso vuole che riusciamo a dormire due notti di seguito e avere un pasto decente tra persune adulte, dallo sprofondo si risveglia la voglia si sedurci a vicenda, e questo ci consola molto.
È bello sentirsi confermare che le coppie solide a un certo punto arrivano un po’ alle stesse conclusioni. Una si chiederebbe: ma perché non lo scrivete su un libretto da distribuire prima che la gente faccia figli, così si possono regolare. Eh, ma il bello è proprio arrivarci ognuno per conto suo e con i propri tempi.
Dico coppia solida perché con il senno dei figli ormai grandini puoi guardare indietro e capire che lo sviluppo di una famiglia ha le sue fasi, e quindi tante cose insormontabili al momento poi passano, è fisiologico, ma sul momento appunto non lo sai. Per questo bisogna avere il culo, la testardaggine e la volontà di restare insieme e non lasciarsi prima dell’ avvento della materna dei figli, cosa che a volte succede anche a persone innamoratissime, ma impreparate o più sfigate di altre. Si lasciano e possono ricominciare da capo, che è pure una perdita di tempo e risorse.
Forse un’altra delle conclusioni a cui si arriva con il tempo e con la paglia è, cito: “le pippe mentali. Forse per scongiurare quelle vere che stanno cominciando a proporsi come soluzione non più temporanea ma definitiva alla questione sessuale”. Sarebbe bello e utile vederle non tanto come “soluzioni”, che fa tanto rassegnazione, ma semplicemente come un ampliamento del repertorio, insieme a tante altre cose. Basta mettersi d’ accordo.
È vero, certe volte bisogna proprio mettercisi con la buona volontà, darsi gli appuntamenti, giocare. Giocarci. Come, in un certo senso, penso al post di pochi giorni fa di Silvia sulle chiacchiere su Facebook tra donne, a chi raccontava di fare sesso ogni volta che stirava, come premio non si sa più bene a chi dei due. È chiarissimo che qui subentra una battuta, uno scherzo, un gioco a due, che poi decidi di tenerti (Oh, eroici, io odio talmente tanto stirare che niente me lo può far piacere). Bisogna aggrapparsi a tutto. Anche alla battuta, di quando `e un periodo faticoso e la sera si schianta in due sfiniti a letto, e magari ci provi ad allungare una mano, a fare una coccola, un strizzatina per compagnia e chiedersi: “Oh, ma tu te lo ricordi come si fa?” e decidere se ricordarselo o rimandare a tempi migliori.
Posso dirlo? Dio benedica il porno su Internet, bassa la soglia per arrivarci, alto il rendimento. E per chi non è di tipo visivo, oltre ai filmetti ci sono i racconti. Se non diventa un vizio solitario, aggiunge anche questo alla coppia (cioè, ma proprio io le dico queste cose? E vabbè).
Daje Lorè.
è la prima volta che sento un padre parlare di questo argomento, e quasi mi commuovo. il sesso non è una cosa di cui si parli, è una cosa che si fa. a maggior ragione quando non si fa per sopraggiunti impedimenti esterni alla coppia (un bambino è una cosa esterna alla coppia, non c’è niente da fare), ma che entrano a far parte della vita di coppia, non so se mi spiego.
mio marito, per esempio, non ne ha mai parlato. a parte un timido “dobbiamo riprenderci i nostri spazi”, che nel momento in cui è stato pronunciato era abbastanza fuori tempo, e spazio, e contesto. ne ha parlato, anzi, ha sputato il rospo, dopo 8 anni, e naturalmente nel frattempo era diventato un mostro. eh.
grazie, Lorenzo.
sarà perchè sono incinta….sarà perchè è da quattro anni che la nostra cucciola iperamplificata ci ha stravolto la vita, di giorno, di notte e continuiamo e ritrovare equilibri che sono irrimediabilmente saltati….sarà che mi hai fatto capire molte cose di cosa c’è nella testa di un papà…e che spesso tutti quei discorsi su dove siamo finiti noi ci portano soltanto a ricordare un passato meraviglioso che non può tornare…sarà per tutto questo…sarà perchè l’argomento come coppia ci tocca molto da vicino (l’ultima discussione in merito l’abbiamo fatta domenica) perchè spesso cerchiamo la stessa cosa, ma i tempi, i modi e le “pippe mentali” di un uomo e di una donna sono così diverse da portare all’incomprensione….sarà per tutto questo che leggendo questo post mi son venute le lacrima agli occhi. e quando torna mio marito glielo farò leggere credo che capirà molto anche lui di se stesso e di noi. grazie!
Io adoro Lorenzo Gasparrini. Punto.