Il primo sleepover

Ai miei tempi al massimo si andava a dormire dai cugini, ma ora sembra impossibile crescere un figlio senza un autentico sleepover. Lo sleepover infatti lo facevamo già, ma ora abbiamo imparato a chiamarlo così dagli americani e fa più figo, ma c’è qualche differenza, tipo che oltre che a casa dai cugini si va a dormire a casa di qualche amico, o che un tempo si rimaneva svegli con i cugini nella cameretta, cercando di non essere scoperti, mentre oggi ci si accampa sul pavimento del salotto e si guardano film fino a tardi con la complicità dei genitori. L’evento dello sleepover moderno infatti viene mediamente arricchito per renderlo una serata speciale, magari con film e popcorn o qualche cibo favorito. A volte lo sleepover prende il nome di pigiama party, usanza mediamente in voga più tra le bambine che tra i bambini (con le dovute eccezioni) e in questo caso include più invitati con un livello di rumore al di sopra del limite di decibel consentito per legge in un concerto rock, poche ore di sonno con ripetuti risvegli di gruppo notturni, pastrocchi in cucina e simili, tanto che potrebbe essere tranquillamente chiamato il maggiore incubo genitoriale dopo lo spogliatoio della piscina con i figli piccoli, o il bordo campo degli allenamenti di calcio invernali. Ma non divaghiamo, vediamo i principi dello sleepover per arrivare preparati a questo momento.

Foto Jolante van Hemert utilizzata con licenza Flickr CC

A che età si può organizzare il primo sleepover?

Alcuni iniziano con gli sleepover già dai tempi della materna, ma vi confesso che questa pratica non l’ho mai fatta mia, che mi bastavano le sveglie notturne dei miei senza metterci quelle degli amichetti dei miei figli. Inoltre si narrano storie (per me) inquietanti di bambini ospitati che alle 2 di notte hanno un attacco di nostalgia per i propri genitori e tocca chiamare e magari mettersi in macchina per spostare il pargolo nel mezzo della notte, insomma per me non è mai stata una opzione fattibile, ma ammiro profondamente lo spirito di sacrificio di certi genitori. Io per filosofia di vita preferisco che queste tappe si facciano quando i figli sono abbastanza grandi da gestire la cosa senza paura, e se anche avessero un attacco di nostalgia sarebbero in grado di tenerlo sotto controllo fino alla mattina seguente. Da questo punto di vista per alcuni bambini è fondamentale una certa familiarità con la famiglia che li ospita.
Ci sono poi delle difficoltà pratiche, ad esempio l’enuresi notturna che può mettere seriamente in difficoltà un bambino di 5 o 6 anni (ma anche più grande in alcuni casi) che ancora non ha imparato a non bagnare il letto la notte. Ma le difficoltà possono essere anche più fantasiose, ad esempio mio figlio non ha voluto dormire a casa di nessuno per moltissimo tempo perché, sosteneva, ogni casa ha la sua puzza e lui non voleva dormire nelle puzze degli altri. Poi si è sbloccato grazie al fatto che gli insegnanti hanno organizzato uno sleepover a scuola un giorno alla fine della terza elementare: sacchi a pelo sul pavimento della classe, i volti dei compagni di classe accanto, le lampade al neon sul soffitto e così il primo sleepover è stato un gran successo nonostante le paure iniziali.

Insomma, non esiste un’età adatta ad iniziare con gli sleepover, ma tutto come sempre dipende dalla maturità raggiunta dal bambino, dal controllo sfinterico, dalle idiosincrasie di ognuno e ovviamente non dimenticate le puzze delle case!

Cosa portare per uno sleepover?

Anche qui ci sono poche regole, e la principale è quella di accordarsi con chi ospita per sapere come si preferisce gestire la situazione.
Lo stretto necessario ovviamente è spazzolino, dentifricio (soprattutto se vostro figlio usa solo quello al gusto di fragoline di bosco), pigiama, cambio di biancheria per il giorno dopo, e magari un pupazzo per dormire. Ma ho visto bambini portarsi il cuscino o una coperta speciale.
E’ utile sapere anche quale sarà la sistemazione durante la notte, per offrirsi di portare un sacco a pelo o delle lenzuola. Questo l’ho visto fare nel caso di famiglie abituate ad ospitare vari bambini frequentemente, per evitare agli ospitanti qualche lavatrice, ma è utile anche se si adottano soluzioni di fortuna, tipo un materasso in terra, o nel caso di adolescenti per l’ovvio accampamento in salotto per giocare ai videogiochi tutta la notte.
Io una volta ho mandato anche una teglia di lasagna, che quando ti ospitano i figli magari gli faciliti la cena è pure meglio.

Perché si organizza?

Lo sleepover può avvenire per vari motivi, il principale è la richiesta insistente da parte dei figli ma non escludo casi di masochismo abnegazione per amore dei figli da parte di alcuni genitori. Ho notato in particolare una tendenza da parte di genitori di figli unici ad invitare compagni di giochi dei propri figli a rimanere a dormire e capisco che, nel loro caso, potrebbe trattarsi di pura e semplice sopravvivenza. L’invito di un amico significa per il figlio un compagno di giochi e per il genitore qualche momento di respiro in più in cambio di una cena e un posto letto.

Poi c’è lo sleepover organizzato per aiuto reciproco tra i genitori, e questo è egoisticamente il mio preferito. In pratica ci si accorda per tenere i figli a dormire a turno e regalarsi a vicenda una serata libera. In questo senso i genitori con figli unici hanno il vantaggio di dover trovare la sistemazione per un solo figlio, nel caso nostro dobbiamo coordinare lo sleepover in contemporanea per entrambi i figli mediamente in due case diverse, il che complica leggermente la logistica e la rende una soluzione da adottare meno frequentemente. Ovviamente se trovate il caso ideale di una famiglia con due figli dell’età dei vostri con cui vanno tutti d’accordo tenetevela ben stretta 😉

E il pigiama party?

Il pigiama party è tutta un’altra cosa, soprattutto per chi ospita, e magari di quello parleremo un’altra volta. Intanto per farvi un’idea, guardatevi questo bellissimo pigiama party tra capretti.

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