Permettetemi di fare un po’ di outing e so che starò antipatica a molti.
A me la favola di pinocchio proprio non piace.
Ecco, l’ho detto. Ora scatenatevi, uccidetemi, massacratemi.
Non so se è in qualche modo un’attenuante, però vi dico che da bambina la adoravo.
E mi piaceva anche guardare il Pinocchio di Comencini in TV (sto dichiarando la mia età, lo so). Poi da grande ho iniziato ad odiare il grillo parlante sempre li a dire quello si deve fare, ad odiare la fatina sempre pronta a dirmi di crescere mentre io non ne avevo voglia (e infatti a quel punto amavo molto di più Peter Pan), e ora che sono mamma odio il messaggio di fondo che ci sono bambini buoni e bambini cattivi. Odio dire a mio figlio che non bisogna pensare solo a divertirsi, che ci sono i doveri, e che bisogna essere dei bambini buoni.
La versione Disney è molto edulcorata, ed ha contribuito a modernizzare la storia, ma ha ben poco a che fare con quella originale. E a forza di vederla si finisce per pensare che Pinocchio sia veramente così.
In una delle ultime scese a Roma però io e il Vikingo abbiamo fatto un giro in biblioteca, e immaginate il mio terrore quando ha scelto dallo scaffale questo libro qui:
Ho tentato di deviarlo su altro, ma lui ormai aveva deciso, e quindi lo abbiamo portato a casa e lo abbiamo letto tutti i giorni durante il nostro soggiorno romano.
E contro ogni aspettativa devo dire che invece mi è piaciuto molto.
Mi sono tuffata nel passato e mi sono ricordata quello che mi piaceva di questa storia, la furbizia del gatto e la volpe, mangiafuoco un po’ burbero un po’ bonaccione, gli zecchini d’oro, i capelli turchini della fatina, e naturalmente adoravo più di ogni altra cosa i panini imburrati sopra e sotto; che non avevo idea di come potessero presentarsi, ma che avevano l’aria di essere una gran prelibatezza.
La semplificazione del racconto a opera di Giusi Quarenghi intervallata da brani originali del Collodi, lo rende perfettamente adatto a bambini di 5-7 anni. E i disegni di Nicoletta Costa sono deliziosi come sempre, rendendo questo libro un bel modo per riscoprire uno dei più importanti classici della letteratura italiana per bambini.
Questo naturalmente se si riesce a scendere a patti con gli aspetti “diseducativi” della storia. Ma sono io che mi son fissata? voi ci riuscite facilmente?
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@Daniela. Di Raperonzolo ricordo solo che ne ero letteralmente terrorizzata. Non so più perché. Ma ancora non ho avuto il coraggio di vedere Rapunzel!
Peter pan… non mi spiaceva, poi ho trovato una versione classica, lui che torna e guarda la madre ma non entra, poi torna l’ultima volta, la finestra è chiusa, la madre ha un nuovo bebé che dorme con lei e si è dimenticata di Peter… E io a spiegare a Sara che no, una madre non si dimentica di un figlio nemmeno dopo settimane, nemmeno dopo anni, che le fiabe a volte dicono bugie…
La sirenetta… io ricordavo solo qualche puntata allegra della Disney! Poi è arrivato il libro delle principesse (biancaneve, cenerentola, la bella addormentata e la sirenetta, un bel concentrato di cose che non vorrei!) e l’ho letta per la prima volta… Questa che rinuncia alla voce per uno che ha visto una volta e nemmeno da sveglio, e poi soffre da morire, e poi le si chiede di pugnalarlo nel sonno, e non può e si deve dissolvere… E mia figlia a chiedermi “ma come fa a chiedere alle fate chi sono se non ha più la voce?”. Giusto amore. E come mai la scarpetta di cenerentola a mezzanotte non si è trasformata come tutto il resto? Giusto amore…
No no, preferisco le fiabe moderne!!! Viva Rapunzel! Che l’originale fiaba di Raperonzolo non la conosco ma a questo punto preferisco così 😉
E io che pensavo di essere l’unica! Ma siete tutte scatenate contro quel povero burattino! 🙂
@Caia è una bella analisi la tua. Mi sa che mi devo andare a rileggere Bettelheim per recuperare questa consapevolezza.
In effetti io adoravo Pollicino, e mi ricordo che per me l’abbandono nel bosco era addirittura una cosa bella perché era la causa che dava origine all’avventura. Ora come mamma mi sento più insicura su quella parte del racconto e tento di eclissare, e invece il Vikingo precisissimo mi chiede “e perché li vogliono abbandonare nel bosco?” e io mi sotterrerei. Anche perché far capire ai bambini figli del consumismo e del benessere moderno, che c’è gente che non ha da mangiare, non è affatto facile. E lui continua a pormi domande su questa prima parte della storia, e io che vorrei parlare dei sassolini, della furbizia, del coraggio, ma niente, non mi ci fa arrivare. Lui sembra proprio concentrarsi sugli aspetti più truci. Ovviamente questo include l’orco che taglia le teste alle figlie. Maronna! Che storia terribile!
@ serena: come vedi sei in ottima compagnia, mi unisco al coro, tra l’altro io non lo sopportavo neanche da piccola proprio perche’ non ne potevo piu’ di sentrimi dire da tutte le parti ed in tutti i modi che bisognava fare i bravi…. ma di fatto non importava quanto ci provassi, trovavano tutti sempre qualcosa da ridire e non era mai sufficiente! ma annatevene….
@shara @silvia scarpata a grillo, campanellino e tutta la compagnia dei buonisti – quelli che, per citare De Andre’, ti danno i buoni consigli perche’ non possono piu’ dare il cattivo esempio.
@Lorenza: ecco, c’ho messo anche il mio di carico d’acido va’… 😉
In tutto cio’ il Newt di quasi quattro anni ancora non ha incontrato questo personaggio, soprattutto perche’ malgrado la mia intenzione di non censurare quello che legge/vede/sente lui sulla base del mio gusto, ancora non ce la farei a presentarlo in modo neutrale.
E’ vero che spesso le fiabe (nella versione originale, non quella edulcorata di disney) spesso sono crudeli e possono traumatizzare parecchio: ricordo di aver pianto a dirotto alla fine della sirenetta quando diventa una bolla di schiuma.
Peter Pan invece mi fa tristezza ora che sono adulta (visto che ahimè prima o poi si cresce) ma mi faceva tristezza anche da piccola perché, anche se era sempre bambino, viveva senza i genitori…
Certo che è uscita una bella vena di acidità da questo post, alla faccia dei buoni sentimenti! 🙂
shara, scarpa anche su Campanellino??? 🙂
che sollievo,pensavo di essere l’unica a non sopportare Pinocchio!ad essere onesti devo confessare di non amare nemmeno Peter Pan…è grave?
Caspita…. la favola più amata dagli italiani, eh!!! Ci hanno traumatizzato con questo Pinocchio! 😀
Mai piaciuto pinocchio. Da piccola non mi stava simpatica la storia. Ora non mi piace proprio per mia figlia! Il messaggio che dà, la fata che vuole che pinocchio sia bravo perché deve pensare al babbo, il fatto di dover essere buoni a tutti i costi, e non buoni e basta, si deve proprio seguire tutte le regole! Ma se le regole non vanno bene? Se sono strette? Ma possiamo cambiarle si o no? E poi, che diamine, ma vogliamo divertirci che di vita che n’è una sola e, come dice il liga, non si ripassa dal via? Ok, bisogna essere responsabili, giusto e giustissimo, io già lo insegno alle due piccole di casa, ma sono bambine, e la responsabilità è un concetto che, giustamente, impareranno un po’ per volta. Per ora ringrazio il cielo che vivono di giochi e di leggerezza! E senza grilli parlanti che rompono le scatole 😉
sono un pò di corsa, ma a mio parere gli aspetti diseducativi della storia sono un modo per prendere coscienza di ciò che non va fatto. in ogni caso questa versione è davvero bellissima.
poi torno.
anche a me Pinocchio non piace e Geppetto mi mette una tristezza….poverino, abbandonato dal figlio/burattino e mangiato da una balena!
A me Pinocchio piace proprio per la sua alternanza -molto umana- tra la voglia di divertirsi e il senso del dovere. Credo che sia una cosa che ci accomuna tutti, grandi e piccoli. A me piace leggerlo così com’è e coglierne ogni volta quel che mi sta più comodo in quel momento.
Per quel che ne vedo anche i bimbi fanno così, anche noi abbiamo fatto così. Magari a qualcuno sono rimasti impressi i panini imburrati a un altro la scena della morte di Pinocchio impiccato e l’arrivo della bara a casa della Fatina (io andavo in fibrillazione a quel punto 😉 ).
Secondo me è una buona storia proprio perché la si ama, o la si odia, ci si immedesima o si affogherebbero dei personaggi, ma a tutti lascia qualche ricordo.
Anch’io odio Pinocchio, che bello l’outing!
Devo dire però da quando ero piccola. I miei non se lo spiegavano, ma si vede che istintivamente mi dava fastidio l’idea che bisognava essere bravi e buoni altrimenti spuntavano le orecchie da asino…
Da adolescente infatti ho amato il disco di Bennato, che utilizza la favola come metafora sul potere e sull’omologazione (Silvia, se ti ascolti “il Grillo parlante” altro che scarpata! :-)).
Forse dovrei rileggerlo ora con gli occhi da adulto, magari qualche messaggio “salvabile” c’è
sai che penso serena?
che e’ normale quello che ti e’ capitato.
ho letto tempo fa un libro illuminante: il mondo incantato di bettelheim, forse lo conosci.
le favole e le fiabe, quelle vere, che resistono alle generazioni e ai secoli sono quelle che contengono proprio questa magia: far innamorare i bambini. come ti eri innamorata tu e come si e’innamorato tuo figlio di pinocchio. nel momento in cui pero’ inizi a leggerle con la testa di un adulto, la magia finisce e vedi solo mostri, cose terribili, significati frustranti e diseducativi.
ma il valore delle fiabe è un altro, quello di conoscere un mondo della fantasia e soffermarsi ognuno su un aspetto che in quel momento della propria vita ha bisogno di essere edulcorato, “terrificato” o /spiegato/.
a me per esempio paicevano tanto hansel e gretel, e pollicino. per non parlare della piccola fiammiferaia. adesso ho un terrore indicibile a leggerle a momo, ma guarda caso son quelle che anche lui mi chiede sempre. io adesso ci vedo queste storie di bimbi abbandonati, che son costretti a cavarsela da soli, e a sopravvivere molto meglio senza genitori che con quei disgraziati che gli erano capitati. una cosa da mozzarmi il fiato. momo adora l’orco, il bosco, la casa della strega e l’astuzia di pollicino che salva i fratelli.
la verita’ e’ che siamo grandi, serena. siamo irrimediabilmente adulti e quella testa lì, meravigliosamente scompigliata e in fermento l’abbiamo persa al buio nel lettino di quando eravamo bambine.
triste?
no, grazie al cielo basta ascoltare i nostri bambini che forse qualcosa ce la riescono a insegnare 😉
Mia madre è fissata con Pinocchio: lo ritiene un’icona. Lo ha scelto spesso come soggetto delle sue incisioni e colleziona pinocchietti di ogni genere…
Ecco, io non lo sopporto. E devo dire che questo malessere nei confronti di Pinocchio è nato proprio dalle atmosfere di quello di Comencini: quel Pinocchio neorealista, tutto fatto di miseria, fame e Italia contadina (che ovviamente, da adulta e a pensarci da un punto di vista cinematografico, ritengo bellissimo) mi restituiva un senso di pesantezza e di inquietudine. Deve essere una questione generazionale: per noi Pinocchio è quello, prima del libro, prima del film della Disney (che forse non ho mai visto per intero). E per bambini di 5 o sei anni (il Pinocchio di Comencini è del ’72, ma, supponendo di non averlo visto a 2 anni, credo che ci sia toccata una delle tante repliche in prima serata degli anni successivi) quello sceneggiato era davvero inquietante…
Se poi riflettiamo sui messaggi… lavorandoci un po’ sopra potrebbero essere salvabili, ma certo che la scarpata al Grillo parlante l’avrei tirata anche io!
Anche a me Pinocchio adesso non piace. Adesso lo vedo con altri occhi e non mi piace il messaggio che mi sembra di vederci: per essere buoni bisogna diventare come tutti gli altri, bisogna omologarsi.
Con mia figlia però abbiamo visto le puntate di Pinocchio di Comencini e letto il libro e lei, come me da bambina, ha apprezzato molto questa favola.
E’ stato un tuffo nel passato.
Mi sono ricordata che di Pinocchio apprezzavo tutta la prima parte dove racconta le bugie e ne combina di tutti i colori, segue i consigli del gatto e della volpe…