Diciamolo da subito: per un papà non è facile destreggiarsi in un argomento come l’igiene e la cura di sé. In primo luogo perché, prima di arrivare a essere un papà, è stato bambino, ragazzo, adolescente, “single” e chissà cos’altro, e già tutta questa storia non è stata facile.
Da bambino, nella maggior parte dei casi, lavarsi è considerato tempo perso. Ma mentre l’igiene era un argomento sul quale i genitori hanno prestato spesso la massima attenzione, la cura di sé è un prodotto di pura autogestione. Da bambino vedi sempre che, per antonomasia, gli esseri “curati” sono le bambine: indi ne deduci che è affare che non ti riguarda, e meglio così.
Crescendo la necessità di identificarsi in gruppi ti consiglia caldamente alcune pratiche igieniche per la minima sopravvivenza sociale, e la cura di sé comincia ad avere importanza perché l’aspetto, sbrigativamente riassunto in pochi chiari segni distintivi, ha un ruolo decisivo nella vita quotidiana. Il capello in un certo modo, il vestiario di un certo tipo, divengono importantissimi: ma ciò che non è simbolo rimane ignorato.
(Nel mentre, di sfuggita, qualcosa ai tuoi organi genitali è successo: ma la fortuna di avere genitori che te ne hanno parlato è rara, e perlopiù vai avanti ad accenni, mezze parole, leggende metropolitane, mentre passi sempre più ore a tenertelo in mano guardandolo, raggiungendo picchi tragici che manco Amleto col suo teschio).
Rapidamente e senza sapere bene come, ti ritrovi adolescente; e mentre a quest’età nessuno osa più dirti niente perché hai un caratteraccio, tutti gli adulti intorno a te assumono che tu già sappia tutto o che non sia compito loro informarti. Ed ecco che chiari all’orizzonte si disegnano i due poli sociali dell’igiene e della cura di sé maschili tra i quali presto dovrai scegliere, volente o nolente, la tua posizione:
– “l’òmo ha da puzzà”, l’uomo per cui ogni forma manifesta di igiene e cura di sé è considerata tempo perso, roba da gay, farmacopea inutile, mollezza, debolezza nei confronti di abitudini sociali inutili, eccessivo riguardo verso gli altri, una forma di ipocondria o di salutismo;
– il “metrosexual”, l’uomo che consuma abbondantemente prodotti cosmetici, è attentissimo a ogni particolare del suo aspetto (la simmetria delle pieghe, la misura dell’orlo del pantalone a seconda della scarpa, la corrispondenza delle sfumature di colore tra calzino, cravatta e mutande), ossessionato dal fitness, perennemente abbronzato come una borsa di cuoio, depilato in tutto o in parte, salutista quando non vegetariano o vegano.
Tra questi due estremi ci sei tu, uomo qualunque; bombardato da pubblicità di profumo per uomo nei quali c’è solo ed esclusivamente un figaccione bagnato; assillato dal dubbio che le tue parti intime non debba lavartele dato che praticamente non esistono prodotti pensati per l’igiene intima maschile, né la loro pubblicità; inquietato da consorti che continuano a comprarti mutande nuove (che vorrà dire?); incerto se usare il deodorante che dura una settimana o quello che seduce tutte le donne che hanno la ventura di non mantenere la distanza di sicurezza; sbalordito da messaggi che sfidano ogni razionalità, tipo “più sudi più sai di fresco!”; ossessionato dall’essere un umano di categoria inferiore, dato che le unghie incarnite, i foruncoli sul sedere, i peli fuori dal naso, la psoriasi alle giunzioni non le nomina nessuno, non ne parla nessuno, quindi ce le hai solo tu; confermato nei tuoi peggiori incubi dal fatto che su quasi tutti i giornali cartacei e online si parla di igiene e cura di sé nello spazio “per le donne”, mentre gli articoli di salute per te, uomo, riguardano la genetica, l’utilizzo di protesi ortopediche, l’ultima sugli infarti e la spiegazione ormonale di ogni tuo pensiero.
Ecco: dopo tutto ciò, diventi padre. La maggior parte delle abitudini che hai riguardano l’igiene e non la cura di te – che sono argomenti ben differenti; e nella maggior parte dei casi ti hanno insegnato che questi argomenti sono di competenza esclusiva di persone dello stesso sesso. Quindi se hai un figlio qualche cosa puoi anche dirgliela, se hai una figlia scordati di parlarci di questi argomenti perché non ne sai niente.
Purtroppo la stragrande maggioranza dei luoghi comuni, degli stereotipi, delle leggende metropolitane che riguardano l’igiene e la cura di sé maschile nascono – oltre che dai soliti assurdi preconcetti riguardanti la mascolinità e la virilità associati a una “ferinità” che è anch’essa un’invenzione culturale – da un grave fraintendimento indotto da un mondo pieno di metafore tecnologiche. Noi non abbiamo un corpo, del quale l’igiene e la cura di sé si occupano, per farlo stare meglio e per meglio svolgere la nostra vita sociale; non lo abbiamo come fosse un apparato esterno che va mantenuto in buona forma, piena efficienza e ottimo aspetto il più possibile (come si pulisce casa o si lava la macchina), mentre la nostra vera essenza sta altrove, “dentro” il cervello, l’anima o le mutande, e non si vede.
Noi siamo un corpo, e la cura e l’igiene riguardano noi stessi esattamente come apprendere il linguaggio, fare bene il nostro lavoro e nutrirsi con cose che piacciono e che fanno bene – o, moderatamente, contravvenire a queste indicazioni in vista di un piacere più grande. Curarsi nell’aspetto e nell’igiene fa parte di un minimo di etica comune che ci riguarda come qualunque altro comportamento sociale. A causa di preconcetti mai messi in discussione, gli uomini si ritrovano in imbarazzo nel praticare misure igieniche e cosmetiche del tutto sensate e ovvie, e questi imbarazzo, reticenza e difficoltà poi si manifestano anche nel rapporto con i figli.
I papà si domandano spesso – rispondendo negativamente – se sanno toccare o praticare il corpo dei propri figli per lavarli, accudirli, per esempio insegnando loro a tagliarsi le unghie, a pettinarsi, a lavare le parti intime, a controllare che la crescita, cioè la crescita del corpo che sono, procede bene. In questi casi interviene spesso un principio di delega della cura che investe il femminile, “la mamma”, come se fosse un suo compito esclusivo. Ma non è così. Sei io penso al corpo dei miei figli come una “cosa”, allora certo che m’interrogo sulla mia capacità di “adoperarla”, “maneggiarla” nel modo corretto; in questo modo il loro corpo diventa una specie di “proprietà”, la cui differenza di sesso tra me e loro potrebbe vietarmi anche il solo parlarne.
Ma il corpo di mio figlio o figlia è mio figlio o mia figlia, e io devo sapermi rapportare a loro anche attraverso la condivisione, con l’esempio e il discorso, di ciò che riguarda il prendersene cura. Sarà il rispetto che devo loro in quanto persone a dirmi quando e in quali occasioni io dovrò fare un passo indietro, perché allora il mio occuparmi della loro igiene e della cura che hanno di sé sarà invadenza, eccesso di zelo o immotivata preoccupazione. Cominciare presto ad avere un contatto fisico nella modalità della cura credo sia importantissimo per un padre, perché più avanti, quando ci sarà da confrontarsi con un figlio o una figlia che sta per diventare un uomo o una donna, tante difficoltà potranno essere superate ricordando e ritornando a modalità di comunicazione non verbali. Se un abbraccio, una carezza o un bacio risultano tanto difficili con un figlio o una figlia adolescenti, in parte – credo – ciò è anche dovuto al fatto che molti padri hanno pensato di non doversi mai occupare, curandolo, del loro corpo, e non li hanno quasi mai toccati in modo non funzionale, non strumentale. Questa è una grave perdita, per un papà. Non permettiamo a degli inutili luoghi comuni di diventare muri invalicabili.
La cosa peggiore è che l’idea che la cura di sé maschile è associata ad un’idea di decadenza dei costumi: i Greci che hanno cominciato a lavarsi i denti, gli Etruschi che si profumavano, i Romani che si acconciavano i capelli, sono tutte situazioni in cui aleggia la famosa decadenza dei costumi che precede la dissoluzione di una civiltà. Evidentemente siamo figli di un mondo in cui l’uomo deve puzzare e il metrosexual ha “una vena di dolce”, come si dice da queste parti.
Quindi sì, pare anche a me che i padri non siano molto a loro agio con l’igiene personale dei figli, vuoi perché fino a ieri pulire il culetto di un bambino era considerato degradante per un uomo (sto citando Elena Gianini Belotti, che rispondeva a un parlamentare negli anni ’70), ma anche quando lo fanno, ci sono almeno due cose a mettersi in mezzo: imbarazzo e ignoranza.
Mia mamma mi ha raccontato che mio papà mi faceva il bagnetto, poi quando avevo circa 3 anni ha deciso di smettere perché cominciava a sentirsi in imbarazzo 🙂 Qualche decennio più tardi, mio marito ha cercato di documentarsi su siti Internet per capirci qualcosa in termini di igiene intima delle femmine, neonate in particolare.
Pensandoci mi sembra che se l’ignoranza di può colmare con un click, sull’imbarazzo siamo forse messi peggio di quarant’anni fa.
Ottimo Articolo!
A casa mia è il contrario…sono io l’addetto all'”educazione Igenica”!!!
🙂
Mi hai fatto ricordare di un tipo che conoscevo all’università (forse, definirlo amico è troppo) che aveva la teoria che a non lavarsi mai si rafforzava il sistema immunitario (?) e dopo un po’ si entrava in equilibrio con l’ambiente: vento e pioggia giocavano un ruolo essenziale in questo equilibrio. Anche lui, miracolosamente, aveva trovato con chi copulare. Invece, mi ricordo di quanto mi colpì la prima volta la descrizione di un tipo che si faceva la doccia in un romanzo di Murakami, la minuzia con cui raccontava la cura dedicata al copro, genitali compresi. Eppure in Giappone la cura maschile del corpo non si estende ai figli, di cui continuano ad occuparsi le madri.
Boh. Io, che mi sentivo così imbranata coi neonati, ho delegato volentieri l’accudimento al babbo, da cui ho imparato come occuparmi di loro.
Grazie a voi per i vostri commenti 🙂
@Patrizia Violi: il che comunque non implica che sia una buona tattica non lavarsi 😀
@el_gae: puoi consolarlo raccontandogli che a vent’anni li avevo lunghi fino alla schiena e li lavavo e spazzolavo tutti i giorni: adesso sto come lui.
@Camomilla: dàje!
@deborah: grazie a te.
Che bel post, davvero!Basta con la mortificazione del corpo o la sua esaltazione. Il nostro corpo siamo noi!! Bisogna che impariamo a prenderci cura di noi stessi. L’amore, anche quando è genitoriale, passa sempre attraverso il corpo, il contatto fisico. Quando morì mia nonna, ciò di cui sentii la mancanza , non furono le parole o i discorsi mai fatti, ma l’abbraccio, il contatto fisico.Il corpo siamo noi. Grazie per il tuo pensiero
“Ma il corpo di mio figlio o figlia è mio figlio o mia figlia, e io devo sapermi rapportare a loro anche attraverso la condivisione, con l’esempio e il discorso, di ciò che riguarda il prendersene cura”
Sante parole.
E comunque si torna sempre allo stesso discorso anche la questione dell’uomo diversamente pulito e’ il risultato di un determinato condizionamento famigliare/culturale.
Basta co ste stupidaggini, ora tocca a noi, alla nostra generazione cercare di scardinare e cancellare ste cretinate di genere.
C’è una regola aurea che vale nella pedagogia speciale: non puoi dire di saper lavorare con persone disabili se non sei capace di prenderti cura della loro igiene. Perchè è un canale di comunicazione, trasmette sicurezza, intimità e fiducia.
Mi hai fatto venire in mente questo ed, in effetti, la cura del bambino sin da quando è molto piccolo (quando la relazione possibile è solo quella di accudirlo), potrebbe seguire la stessa regola.
Detto questo mi hai fatto ripensare a mio fratello che, verso i 16 anni, fiero della sua coda di cavallo ma preoccupato di perdere i capelli, aveva predisposto un piano infallibile assieme ad un suo amico. Si trattava di non lavarsi i capelli per circa un mese seguando l’assunto secondo il quale dopo un po’, i capelli si sarebbero sgrassati da soli.
Era abbastanza vero. Solo che ad un certo punto ha dovuto scegliere se vedere diradare i capelli o le amicizie.
Ora è calvo.
Complimenti! Bellissimo post molto vero, approfondito e anche divertente.
Unica perplessità: dopo la descrizione di questo “essere” peloso e puzzolente c’è scritto “diventi padre” e quindi qualcuna coraggiosamente, nonostante tutto, ha copulato con lui 🙂
Siamo troppo buone!