“Il rosa mi fa schifo!”
“La Barbie? Bleah…”
“Io il cicciobello lo butto dal balcone”
“Viva il blu, è da maschi”
Questa più o meno la tiritera a casa mia. A me però sta cosa sta un po’ stretta, e questa netta separazione tra maschio e femmina mi urta il sistema nervoso, sarà che con tre maschi e un marito mi sento un filo in minoranza.
Dicevo, mi sta stretta al punto che cerco di smussare gli angoli e non mi rassegno alle tipiche manifestazioni di stizza della progenie verso le femminucce della stessa età. Si parte da giovani, mi dico, ed è mio dovere smorzare, invitare i miei tre a stare con tutti, maschi e femmine, senza preconcetti o emarginazioni, mi faccio spavento da sola mentre lo dico.
“Son bambini”, dice la zia Pincopalla, “passerà”.
No, non passerà, il ragazzone che mette i piedi sotto al tavolo e mangia gli spaghetti è frutto anche di questo.
“Sei esagerata”, dice la cugina d’oltremare.
Eh no, il sesso debole come termine non mi piace, e i miei figli devono accettare di buon grado la Giulia che vuole giocare a calcio con loro, ma anche la Sara che li coinvolge a giocare al ristorante o la Michela dall’aria dolce che viene a portar loro un disegno coi brillantini rosa.
“I giochi di ruolo, punta sui giochi di ruolo”, mi dice qualcuno.
Buona idea, mi dico, e suggerisco loro di giocare a fare i papà.
Compro un bel bambolotto vestito di rosa, con biberon, ciuccio e sonaglino colorato. Prendo la bambola e la metto in braccio a Mattia.
“Mamma, che è ‘sta roba?”, mi dice guardandomi storto, “io non lo voglio ‘sto gioco, voglio ben ten”.
“Ma scusa Mattia, quando eri piccolo papà ti cullava per addormentarti, fai uguale con questa bambola”.
“Mamma bò, solo se l’altro figlio mio è Ben Ten e li faccio combattere”. Sì vabbè.
“Ma mamma, è da femmine!”, dice uno dei gemelli, Tommaso, “io voglio i gormiti!”.
Il secondo gemello, Riccardo, sarebbe quasi tentato, e infatti tentenna, il suo animo femminile e coccolone lo porterebbe ad allungarsi per prendere la bambola. Poi, come sempre avviene, prevale la maggioranza, il suo sguardo incrocia quello dei fratelli, e si accoda agli altri con un “mi fa schifo mamma”.
Conclude la nonna: “Ma Valentina, una bambola? E perché?”
E perché no, dico io a voce alta? Che c’è?
Ritento, abbandono per il momento le speranze con il grande in prima elementare, ritento con i gemelli alla scuola materna.
Le ciabatte dell’asilo sono ormai sfasciate, m’infilo nel negozio vicino per prenderle nuove, quelle comode che usano anche in spiaggia, quelle che durano un anno intero. “Sono finite signora”, mi dicono, “ci sono, ma non per i maschietti”.
Eccolo qui, il negozio che incolonna le scarpe per colori, scaffali pieni di rosa, viola e fucsia da una parte, e di azzurro, blu, grigio dall’altra.
Femmine di qua, maschi di là.
Ho un moto di rabbia, in sfregio alla commessa prendo un paio di ciabatte fucsia e uno viola, uno con il logo di un topo, l’altro con la faccia di una bambolina.
Torno a casa con le scatole, mi guardano perplessa, le apro veloce e le infilo a tutti e due sorridendo convinta.
Tommaso non ha il tempo di realizzare, Riccardo lo batte sul tempo e si mette a ridere saltellando.
“Belle mamma, mi piacciono!”, mi dice lui, e mi metto in tasca il risultato.
Il giorno dopo le porto all’asilo, nella frenesia della mattina li cambio velocemente faccio per salutarli, ognuno nella loro classe, arriva l’amichetto di turno e si attardano a salutarlo. L’amico si ferma, guarda i piedi, e inizia la filastrocca: “Avete le ciabatte da femmine, pappappero, siete delle femmine, pappappero”. E la madre: “in effetti…”.
Alzo i tacchi e me ne vado, non è possibile.
Ultimo tentativo: la cucina.
Costruisco una cucina di cartone dopo aver studiato per giorni i modelli e aver svaligiato il negozio di bricolage di fianco a casa per gli accessori.
E’ bellissima, con lavandino, pomelli per il gas, forno, strofinacci, reggi fiamma e pentolini vari.
La metto in cucina per poter giocare insieme a loro mentre preparo la cena, e mi pregusto la sorpresa.
Si svegliano, corrono a fare colazione, e la trovano lì nuova e fiammante, dipinta di argento, pronta per l’uso.
Tornano dopo l’asilo e giocano senza pensare, preparano piatti, cuociono pizze e polli arrosto, servono caffè e apparecchiano tavolini simulando ristoranti sontuosi, mi compiaccio della mia idea.
Poi Tommaso mi guarda.
“Mamma”, mi dice, “però sei tu che cucini a casa nostra…. “.
“Sì ma…”, eccolo che arriva, penso io.
“Quindi…”, prosegue, “… questo sarebbe un gioco per una bambina che diventa mamma, non per dei maschi come noi che siamo come papà”.
No, non ci rinuncio, la cucina resta lì, non la muovo di un millimetro, come la bambola, sorridente sullo scaffale sopra il letto, e le ciabattine, negli armadietti dell’asilo da settembre. E qualche volta, prima di dormire, mi metto in mezzo ai bimbi e prendo quella bambola vestita di rosa, canto la ninna nanna, e vedo Ricky prenderla in braccio e accarezzarla con i suoi occhi dolcissimi.
E a Mattia posso sempre dire: “Chi è che ha vinto quest’anno il pallone d’oro del torneo di calcio della scuola?”
Eh già, l’unica bambina del torneo, Giulia.
E a quel punto il suo sorriso si apre, la vede arrivare, e la invita a tirare.
“Gol!”
– di Valewanda –
@Marcello, chiariamo. Mio figlio Mattia è stato iscritto a calcio, è la sua grande passione, l’anno prossimo lo farà anche una volta in più. I piccoli seguiranno, secondo i loro desideri, non è che faccio fare loro un corso di cucina o di danza contro la loro volontà. Dico solo che le esasperazioni mi inquietano, e pur andando dietro ai loro desideri cerco un minimo di smussare.
Le ciabattine erano finite dei colori classici azzurro, bianco, blu, e visto che a loro sono più comode quelle e non si spaccano subito (quelle tipo croks per intenderci), le ho prese rosa e viola per quel motivo, fregandomene un po’ delle convinzioni. Le hanno messe, le continuano a mettere senza nessun problema.
Il bambolotto è per i giochi di ruolo, ogni tanto lo tiro giù e mi diverto a vedere le reazioni.
Ripeto, senza esagerare, ma per smussare l’atmosfera in una casa con quattro maschi.
Grazie comunque per gli spunti e l’interessante discussione…
@ Marcello
Ultimo commento per puntualizzare: “giocare a fare i papa'” non mi pare esattamente la stessa cosa di proporre dei vestiti da bambina, non vuol dire sminuire la virilità dei maschietti ma far passare il messaggio che accudire un neonato non è solo cosa da donne. Quello che frega Valewanda è che ha solo figli maschi altrimenti forse il gioco sarebbe più facile da proporre, come per le bambine che hanno fratelli maschi giocare al trenino.
Anche se c’è sempre qualche parente che si intromette per ridicolizzare l’attività. Devo ricitare un commento che ho lasciato su Facebook sulla bacheca di una mia amica: voleva iscrivere il figlio di 4 anni a ginnastica artistica e chiedeva consigli, e il tenore delle risposte era più o meno “povero bambino” e questa madre che lo avrebbe reso gay.
Solo che la lista delle attività che ti potrebbero rendere il figlio gay si allunga a dismisura a seconda della comunità in cui ti trovi: senza arrivare alla lista esilarante su che cosa identifica un gay per i camorristi, letta da Saviano a “Parla con me” qualche tempo fa, ti posso citare Gekina alias Paola Banovaz, che raccontava nel suo blog di essere stata fermata da una vecchina al parco mentre mostrava a suo figlio dei bellissimi fiori “No signora!!! Se gli fa piacere i fiori le diventa gay!!!!!!!”
@ Miriam
Giusto, il meccano! è da mesi che mi dico che glielo compro, questo we vado in negozio senza di lei e dico al commesso che è per un maschio. Tiè! Poi anche Morgaine La Fée dice che il pensiero geometrico-matematico nelle femmine va stimolato presto, prima che l’ambiente dica alla bambina che siccome è una femmina non può riuscire 🙂
mi sento assolutamente solidale con valewanda ma do anche ragione a marcello. diciamo che non vestirei la Stellina da maschietto, però sui giochi non transigo, se le regalano le bambole non faccio una piega ma non gliele prendo, anche perché essendo una femmina ci pensano parenti e amici a farti il campionario, ma per i giochi che scelgo io ho deciso di prendere sempre la versione maschile (che sarebbe a dire neutra, quella gialla/ rossa/ verde/ blu/ grigia/ marrone/ nera, insomma quella “non rosa”, che già questo solo mi fa venire inerrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrvi!).
mi pare di notare anche che nel racconto di valewanda la cucina e la bambola abbiano un successo maggiore delle ciabatte, perché non si appiccicano alla persona, cioè non caratterizzano quello che uno “è” ma quello che uno “fa”. e personalmente vorrei che mia figlia crescesse con l’idea che una bambina può giocare a calcio e guidare aerei e navi, anche se arriva sempre qualche commentatore in tv a dire che in certe discipline le donne sono naturalmente inferiori.
@barbara: maschilismo e identità sessuale non hanno niente in comune. Maschilismo significa ritenere le femmine inferiori, identità sessuale è la coscienza che maschi e femmine sono fatti diversamente, fisicamente e anche di carattere… e scusa se non c’entra niente che ti piacciano anfibi e trapani, a meno che non mi confessi anche una tua segreta passione per le conchiglie protettive dei gioielli di famiglia e la schiuma da barba.
Valewanda ha scritto :” Compro un bel bambolotto vestito di rosa, con biberon, ciuccio e sonaglino colorato. Prendo la bambola e la metto in braccio a Mattia.
“Mamma, che è ‘sta roba?”, ”
Accidenti, ho riso per 10 minuti. “giocare a fare i papà” …quasi quasi faccio scrivere a mio figlio, che ne pensa.
mi sembra davvero negare l’evidenza, una forzatura dell’identità sessuale… tra l’altro inutile, nel senso di fatica sprecata. Per quale motivo negare le differenze, anche solo caratteriali tra i sessi?
la giusta educazione dovrebbe vertere verso la consapevolezza delle differenze e del rispetto… giusto che i bimbi facciano giocare a calcio le bimbe se lo desiderano, ed è anche giusto che vadano giù meno duri che con i maschi. Maschi e femmine non sono uguali, potete anche sostenere il contrario con i vostri figli, ma per quanto piccoli non ci crederanno manco una volta.
Quando ero piccola chiedevo il meccano come regalo e nessuno me lo comprava… “ma è da maschio!” mi dicevano. Sigh!
A mio figlio ho proposto di tutto fin dalla più tenera età, passeggino compreso; fino all’anno scorso (6 anni) mi chiedeva di portare fuori il suo cicciobello.
E’ lo spirito critico che si deve allenare, non importa se poi ci giocaranno appassionatamente o meno. L’importante, secondo me, è far capire che hanno la possibilità di spaziare e di giocare, anche, a fare i papà.
P.S: mio figlio adora anelli e collane, li mette tranquillamente e a scuola non lo prendono in giro.( Lui stesso mi ha fatto notare che gli adulti maschi spesso li portano!) Tutto, o quasi, parte dai genitori…
Non so! A casa nostra non ci sono ruoli prestabiliti per le faccende domestiche. Infatti i gemelli giocano di buon grado con le pentoline della sorella. E Giacomo spesso si prende il passeggino giocattolo (rosa) ci mette sopre la bambola e inizia a girare attorno alla casa. Pietro, a quel punto, sprovvisto di passeggino, si prende un carrettino di legno (IKEA) e lo segue. Però poi emerge una loro passione per le ruspe, i trattori, che piacciona anche a Maria, ma non allo stesso modo. Forse li abbiamo rinforzati senza rendercene conto. Anche perchè, ad aumentare la complessità, ci sono i nonni, il nido, la babysitter….
Diciamo che in prospettiva cucina e passeggino sono un buon punto di partenza per farne almeno dei papà “presenti”
@marcello se permetti io per il mio compleanno ho chiesto a mio marito un trapano/avvitasvita ricaricabile, completo di accessori possibilmente. E adoro gli anfibi, e sono pratica di kit di sopravvivenza. E allora? Questo mi rende meno donna? Ti assicuro di no, mi sento e sono una donna a tutti gli effetti e per estrapolazione non sarà certo uno smalto a rendere un maschio meno uomo.
Poi se rileggi il tuo commento troverai che tutto ciò che i maschi vogliono fare ma che è socialmente additato come “tipicamente femminile” (come odio questa espressione) viene percepito come degradante, tu dici inadeguato, comunque come qualcosa di negativo e/o inferiore. E allora andate a farvi friggere, il maschilismo nasce da qui!
Vabbè dai, ma questo è farsi del male… a tuo marito per natale gli regali una minigonna, calze a rete e tacchi a spillo? lui ti regala un coltello con il kit da sopravvivenza e un paio di anfibi?
Tempo fa, uno psichiatra infantile che lavora all’asl mi diceva che la sua più grande difficoltà è spiegare che non sono i figli che si devono adeguare alle aspettative dei genitori, sono i genitori che devono capire che il bimbo che hanno davanti ha una sua personalità, una sua dignità e ha bisogno che vengano rispettate per sentirsi al sicuro.
I bimbi sono inseriti in un loro contesto sociale che delle regole del tutto simili al contesto adulto, ma senza i filtri dell’ipocrisia che noi ormai siamo in grado di applicare. Se mando a scuola mio figlio con delle scarpe rosa se lo mangiano vivo, poveraccio. Se vado in giro io con un paio di tacchi a spillo magari non mi sbeffeggiano apertamente (o anche sì) ma quello che mi dicono dietro è certamente più micidiale del “sei una femmina, pappappero” 🙂
L’anno scorso d’estate ho fatto tagliare i capelli alle bimbe per questioni logistiche, per due mesi mia moglie c’era solo nei week end e per sopravvivere da solo con i tre mi ero fatto tutto il mio piano, ma la bimba grande non voleva. C’è rimasta molto male perchè secondo lei assomigliava ad un maschio. Ma proprio male male, pianti e tragedie anche a distanza di settimane.
Chi sono io per dire che “non è giusto” che maschi e femmine facciano cose diverse, abbiano gusti ed esigenze differenti? Per quale motivo forzare i maschi a fare giochi da femmina e viceversa?
Ovvio che se succede come a Silvia che chiede di provare lo smalto, glielo fai sperimentare… lo metterà finchè qualcuno non lo farà sentire inadeguato, comunque è giusto che sperimenti (successo anche a noi con lo smalto e stesse reazioni, padre sbiancato, padre desolato, madre tronfia d’orgoglio).
Questo tema l’ho affrontato spesso con mia moglie e non ci crederete, ma mi ha dato ragione (era il 23 febbraio 2011 alle 16 e 33 circa) 🙂
Comunque la cucina è meravigliosa, a una prima occhiata sembra vera, le mie figlie impazzirebbero per una cosa del genere.
Ciao Vale!
Leggendo il tuo post mi verrebbe spontaneo dire: metti la ciabatte fucsia a tuo marito e le metteranno anche loro!
Cmq è un problema comune, anche da noi, per quanto è forse più maschilista Buddy. Senti questa: si mettono insieme a infilare le collanine. Poi lui va a scuola con la sua. Al ritorno mi dice che gli altri maschi hanno riso un po’ a vederlo ingioiellato, e lui:”Ognuno ha il suo stile”.
Ah ah ah! Hai capito?
Grande Valewanda continua così!!! E mi associo ai complimenti per la cucina…
Poi, per il problema del cucinare, mi sa che è ora che i tuoi figli vedano il papà ai fornelli. Anche solo a fare un’insalata, magari con loro…
TopaGigia un giorno mi ha detto: “mamma ma cucini sempre tu?” e io le ho risposto che io cucino perchè sono più brava di papà e mi diverto ma papà poi mette a posto tutta la cucina, solo che lei non lo vede perchè lui preferisce farlo di sera tardi, quando lei già dorme.
Ciò che è da maschio e ciò che è da femmina è una NOSTRA percezione, siamo noi che gli passiamo le informazioni. Noi come resto del mondo intendo. Quindi se ne può anche parlare con loro quando diventano abbastanza grandi da esprimere il concetto.
Qualche giorno fa mi sa che ho fatto la cretinata di discutere con TopaGigia che è in piena fase (spero che sia una fase) Hello Kitty. Io odio Hello Kitty. Le ho detto che se le piace va bene, a me non piace ma è lei che ci deve giocare. Lei mi ha chiesto cosa non mi piace e io le ho fatto notare che Hello Kitty non ha la bocca, quindi non può parlare. All’immediato “pecchèèè?” mi sono trovata a dirle che spesso gli altri si aspettano che le femmine siano buone e brave e non facciano tante cose, e che a me questo non va bene e chelei si deve sentire libera di fare tutto quello che vuole. Insomma ho attaccato in anticipo, spero di non aver fatto un danno.
Prima di tutto i miei complimenti per la cucina! Per il fatto di non averla comprata, ma per aver voluto realizzare quel piccolo capolavoro che si vede in foto.
E poi, che dire… Alla fine insistere funziona.
Il Piccolo Jedi mi vede mettere lo smalto con molta curiosità (in effetti d’inverno non lo metto mai e avevo appena fatto un acquisto di smalti decisamente eccessivo in profumeria).
“Mamma, posso metterlo anche io? Magari su un dito”
“…”
Si dipinge un unghia di un vistosissimo blu
“Bello eh!”
il padre (sbiancando): “Che ti sei messo???”
“Smalto, bello eh?”
“Ma è una cosa da femmina!” (ok, sto per saltargli alla giugulare quando…)
“Ma papà! Non esistono cose da maschio o da femmina! Tutti possono fare tutto!”
“Ehm… tesoro, però se domani a scuola qualcuno ti prende in giro, non ci rimanere male… lo sai come sono i bambini… si fa per scherzare…”
“Ma mamma, che problema c’è, io glielo spiego che non esistono cose da femmina!”
(Un padre desolato, una madre tronfia d’orgoglio)
Il giorno dopo a scuola? Le bambine gli hanno detto che era bello e i bambini non hanno fatto una piega!
E mi sa che loro sono avanti!
Ale, resisto, ma che stress questa categorizzazione e distinzione netta già adesso… Non la reggo!!!
Grande Vale !!!
… resisti resisti resisti !
A casa mia per il momento è ancora facile la questione … forse i bimbi sono ancora piccoli, ma per il momento si contagiano a vicenda tra bambole e ninne nanne, macchinine e dinosauri.
Anche noi abbiamo regalato a tutti e tre la cucinetta come gioco “comune” da condividere … maschi e femmine! … nonostante lo scetticismo di qualche parente (“Una cucinetta ad un maschio???”).