Volevo stare vicino ai bambini, guardarli dormire. E’ una cosa che mi fa sentire devoto, parte di un sistema spirituale. E’ il massimo di comunanza con Dio che riesco a raggiungere. Se esiste un equivalente secolare dello stare in una grande cattedrale con guglie, colonne di marmo e flussi di luce mistica che filtrano attraverso finestre gotiche a doppio ordine, è senz’altro guardare dei bambini che dormono sodo nelle loro camerette. in particolare le femmine.
Don DeLillo, “Rumore bianco”
Dormire ed essere padre sono due cose in immediata e diretta relazione: non appena nasce tuo figlio, dormire diventa un problema, una speranza, un desiderio, una domanda: ma quando, ma quanto, dormi? Quella che era la più abituale delle azioni svela tutta la sua importanza – come al solito, succede alle cose banali quando vengono impedite: scopriamo che valore hanno.
Perdi il sonno perché tuo figlio o tua figlia hanno pochi mesi e non gl’interessa distinguere la notte dal giorno. Serve dare un ricambio alla tua compagna e la notte è tutta tua, caro padre. Quando dormirai di nuovo regolarmente? Non è possibile saperlo. Passati i primi mesi ci saranno altri pensieri a farti perdere il sonno, anche se figli e figlie dormono benissimo: i drammi a scuola, i rapporti con i pari che non funzionano, il loro voler essere “normali” e non sapere cosa vuol dire, le paure per tutte le infelicità che sono possibili quando sono bambini e bambine, poi ragazzi e ragazze. Il sonno che perdi sembra direttamente proporzionale al sonno che loro guadagnano.
Dormire è anche un atto di grande fiducia: il sonno è in assoluto lo stato più indifeso, e quindi chi dorme con noi, chi nasce con noi e dorme, ci sta anche dicendo: mi fido di te. A me dà ancora fastidio quando i miei figli cercano il sonno con me o con la mia compagna, e sbaglio: è una comunicazione anch’essa, e io non devo ignorarla. Condividere il sonno è un gesto di grande fiducia, e custodire il sonno è una grande responsabilità. Mi sono ricordato del romanzo di DeLillo perché anche io spesso li vedo dormire e vado a vedere che stiano dormendo, quando faccio tardi per lavorare. E capisco la loro preoccupazione nel volermi lì quando si addormentano: è ancora importante che sappiano che c’è chi veglia su di loro fino al giorno dopo. La buonanotte per loro non è una rassicurazione per le ore notturne – che ancora, alla loro età, non sono un tempo da vivere – ma la fiducia nel rivedersi il giorno dopo.
Portai una sedia pieghevole accanto alla branda dov’erano i bambini più piccoli. Quindi mi sedetti lì, piegato in avanti, a guardarli dormire.
Un disordine casuale di teste e membra ciondolanti. in quei visi morbidi e caldi c’era un tipo di fiducia tanto assoluta e pura che non volevo pensare potesse essere malriposta. Doveva esserci qualcosa, da qualche parte, di abbastanza grosso, valoroso ed eroico, da giustificare quell’affidarsi limpido, quella fiducia implicita.
Don DeLillo, “Rumore bianco”
Mi hai fatto venire voglia di rileggere Rumore Bianco.
Io per i primi due anni avevo paura a andare a vedere i bambini addormentati (anzi all’epoca LA bambina) perché regolarmente si svegliava.
Ma amo sentire il loro respiro quando si addormentano mezzi spalmati addosso.
Ti direi che è uno dei momenti più belli della giornata
bellissimo articolo!
😀
Grazie