Gli accessori del babbo: il dentista

Terzo accessorio del babbo. Desian questa volta ci parla di una figura mitologica che aleggia ed incombe sulla vita di ognuno e che, più di ogni altra, si trasmette di padre in figlio!
Chissà perchè proprio ieri ho comunicato all’ingegnere che alla prima visita odontoiatrica, il Sorcio, ce lo avrebbe portato lui: dal “suo” dentista! Non voglio intromettermi in questi rapporti esclusivi.

Il dentista nasce con te: il giorno che vieni al mondo, una qualche divinità beffarda te ne assegna uno. Come compagno eterno di vita. Quello e non un altro.
Il dentista nasce con te ma quando ti visita la prima volta, verso gli otto o dieci anni, Egli ha già i capelli bianchi. O almeno brizzolati.
Se sei fortunato, comincerà col guardarti i denti da latte come se fossero una miniera d’oro. In effetti, nella norma, lo sono.
Se invece sei semplicemente normale, non appena ti guarderà in bocca, toh!, cosa trova? Ma una carie, naturalmente. Ricordo un gelatone (limone e cioccolato) che non finiva mai, il sangue sputato nell’aiola di un albero, il buco caldo e ferroso nella fila dei denti. Avevo una decina d’anni e, a quel tempo, di carie i denti potevano morire.

Il dentista poi fa carriera. Anzi la fate insieme, inversamente proporzionale.
Egli impara una nuova tecnica per l’apicectomia e la sperimenta su di te; il materiale iper tecnologico per le otturazioni? Il candidato ideale a provarlo sei proprio tu; il nuovo anestetico e la diga e il trapano laser. E.
Tutte le tue prime volte, sono anche le sue: bandierine nella carriera di entrambi. La tua, di paziente molto paziente.

Poi càpita che Egli e i suoi capelli bianchi siano ormai troppo bianchi. Andrà in pensione ma ti lascerà nelle amorevoli mani del suo successore.
Il suo delfino.
Il suo laureando.
Che capelli bianchi non ne ha e anzi, stavolta, è praticamente un tuo coetaneo. Finalmente crescerete insieme, su quella poltrona, perché anche Lui vorrà testare nuove tecniche, materiali rivoluzionari, terapie mai affrontate prima.
Lui ti farà vedere cose che voi umani.
Ma più di tutto, vedrai la sua rapida ascesa snocciolartisi davanti agli occhi attraverso le riviste della sala d’attesa.
Si era cominciato con banali riviste di viaggio (a dire il vero, ultimamente con mete sempre più esotiche ed esose) e, come-farne-a-meno-in-sala-d’attesa, l’immarcescibile “Quattroruote”. Anche il quotidiano, all’inizio, era uno qualsiasi: “Il Resto del Carlino”, mettiamo. Ma rigorosamente indietro di almeno un giorno. Noblesse.

Pian piano, il giornale di viaggi si è trasformato in rivista di yachting e a “Quattroruote” si è sostituito dapprima l’house organ della Mercedes Benz provinciale, poi quello nazionale e infine la rivista patinata del Club Mondiale dei Collezionisti di Auto Storiche. All’inizio qualche fascicolo sparuto, poi l’intero corpus filologico.
Il quotidiano ora è “Il Corriere della Sera”. Quasi sempre del giorno.

All’ennesima attesa di depulpazione, come affettuosamente la chiama Lui, sarà l’ansia, saranno le allucinazioni visive ma ti rendi conto che tutte le riviste sono state sostituite da materiale specialistico su investimenti mobiliari e immobiliari, finanza, transazioni di capitali. In un angolo è spuntata persino “Famiglia Cristiana” (una improvvisa conversione?!) e il quotidiano adesso è “Il Sole 24 Ore”. Però l’edizione del giorno dopo.

Ormai la tua carriera di paziente è al culmine. Lui ti ha fatto di tutto, ti ha rigirato la bocca come un calzino. Ha curato quel che poteva curare, sezionato, incapsulato, otturato.
Eppure.
Eppure ti manca qualcosa. Eppure ti senti insoddisfatto. Ormai vi date quasi del tu e non potrà più stupirti con nulla.
Dolore, in tanti anni, non ne hai mai sentito. Mai.
Eppure.
Persino la tariffa è ormai, almeno così Lui dice, da trattamento familiare (quasi come una pensione al mare).
Eppure.

Poi, quando in un 28 di agosto, sotto il sole canicolare delle 14.30 (mai ricevere un babbo quando è lucido), sudato come un cammelliere, gli porti la donna grande, capisci che finalmente quello che ti mancava è arrivato.
La soddisfazione più grande ti pervade l’animo.
L’ultima cosa che ti rimaneva da fare in questo campo: puoi felicemente passare il testimone. Anche tua figlia ha finalmente incontrato il suo dentista, quello coi capelli bianchi. O almeno brizzolati.
L’apparecchio ortodontico è pronto, sparluccicante, lì sul tavolo.
L’unico, ma proprio l’unico, che tu non abbia mai avuto.

“Per la tariffa, ci trasferiamo di là, in ufficio: staremo più comodi”. Finalmente, svenire dal dentista può diventare un piacere.

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