I genitori e l’esigenza della delega educativa

Bambini che non sanno parlare all’età di 4 anni, bambini imboccati fino a 3, bambini che non salutano, bambini con il pannolino fino a 5 anni… Quello del bambino è un percorso di apprendimento graduale che comincia già nell’utero materno, e quando i genitori, vuoi per incompetenza, vuoi per disinteresse o semplicemente perché credono che le cose avverranno in modo naturale, non si preoccupano di trasmettere, fosse anche attraverso semplicemente il dialogo, alcune cognizioni fondamentali, il danno colpisce direttamente la società e le sue strutture. Le parole del post che Alessandra ci ha inviato qualche settimana fa
sono come un pugno nella stomaco.

Il post parla certamente di un trend evidente nelle famiglie più disagiate, in cui il livello culturale è più basso e in cui forse la presa di coscienza di quelli che sono i doveri minimi dei genitori lascia un po’ a desiderare. Eppure io mi sono riconosciuta in alcune cose. Tranquilli, non mando i figli a scuola senza calzini in pieno inverno! Ma senza guanti è capitato (fortuna che all’asilo hanno guanti di ricambio per chi se li dimentica a casa). Però. Però anche noi ci troviamo a delegare alcune delle cose che forse dovrebbero rientrare nei compiti educativi dei genitori. Così su due piedi mi vengono in mente un paio di esempi lampanti: apparecchiare e sparecchiare (gesti scontati a scuola, e un po’ meno a casa), vestirsi e svestirsi da soli, abituarli al vasino, insomma ho paura che la mia lista sarebbe lunghetta e a questo punto mi fermo. Mi sono persino trovata ad inveire contro le insegnanti per non insegnare ai bambini ad allacciarsi le scarpe!
Eppure non mi ritengo una madre degenere. Non mi ritengo una madre che non si prende cura dei figli. Penso di essere una madre al contrario molto attenta, consapevole, che lotta ogni giorno per “aggiustare” qualche pezzo in più, con l’impressione che per ogni passo avanti se ne facciano 3 indietro su altri fronti. Sono insomma una madre moderna, stressata quanto basta, con un lavoro, una casa e due figli con la sensazione che il tempo per me stessa sia sparito nei meandri della maternità. Stanca. Ecco si, stanca. E proprio questa stanchezza è alla base della mia voglia di delegare qualcosa, o di alzare le spalle di fronte a qualche parte che rimane ostica, aspettando tempi migliori (che prima o poi arriveranno, eh si che arriveranno).

Mi interrogo sul come se la sono cavata le nostre mamme, quando i mariti a casa davvero facevano poco o niente, eppure la loro vita da genitori in qualche modo risultava meno caotica della nostra. La maternità era una cosa normalissima. Tutti facevano i figli e nessuno si sarebbe sognato di sentirsi un cattivo genitore perché faceva dormire il bebé nel letto (oppure il contrario). Ho l’impressione che ci fossero meno dettami dall’esterno, fai questo o fai quello, non so con certezza, ma credo che oggi noi genitori siamo decisamente più stressati da una serie di si-fa-così, e non-si-fa-cosà.
Secondo, il lavoro al tempo dei nostri genitori era più o meno una certezza. Se avevi un posto di lavoro era quello a vita. Per noi il lavoro è una scommessa, un motivo di stress pazzesco, un oggi c’è domani chissà, con tutta una serie di problematiche che si tira dietro.
E’ per questo che mi chiedo se forse per noi genitori moderni la delega è una forma di sopravvivenza al troppo stress che il divenire genitori significa oggi. O forse è solo una giustificazione che sto cercando perché spesso sento di non arrivare a fare tutto.
Insomma noi mamme e papà di oggi ci troviamo ad affrontare molti più compiti nei confronti dei nostri figli. Ogni minima scelta che facciamo sembra poter potenzialmente provocare danni enormi alla sua autostima, o determinare se e quando inizierà a fare uso di sostanze stupefacenti (si lo so, sto esagerando, ma nemmeno troppo a leggere certi “esperti”). E allora forse, anche noi genitori coscienziosi, con tutto il nostro carico di buona volontà, semplicemente non ci arriviamo a fare tutto, e può capitare (capita) di delegare, principalmente alla scuola ma anche ai nonni chi ne ha a disposizione, o anche semplicemente ci mettiamo ad aspettare che il problema passi da solo, anche perché c’è tutta quella filosofia della pedogogia che inneggia all’attesa che il bambino sia maturo per fare i suoi passi da solo. E magari a forza di aspettare, le milestones di cui parla Alessandra passano e arriviamo con il pannolino a 5 anni, tanto nessuno è mai andato in giro con il pannolino a 15 anni, quindi prima o poi sarà pronto a toglierselo da solo.

Ma voi come ve la cavate? Di fronte a quale compito genitoriale avete abdicato delegandolo alla scuola o ad altre persone, nonni, zii, tate? Quale è il vostro punto debole?
Dai su, fatemi sentire un po’ meglio. Non siate timidi.

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44 thoughts on “I genitori e l’esigenza della delega educativa”

  1. Ah, non avevo letto il commento di Vittore, e mi sa che lo condivido proprio.
    In fin dei conti una volta i figli erano cresciuti in ambiti ben più allargati del nucleo famigliare mamma-figlio o genitori-figli… c’erano tutto quell’universo di persone che girava attorno ai bambini che avevano di certo un ruolo educativo non da poco, nel bene e nel male, eh. Oggi quell’universo è stato sostituito dagli asili nido, dalle scuole, dai gruppi di gioco e cose così e forse questo delegare non è poi sinonimo di scrollarsi di dosso le responsabilità, ma di essere un po’ figli del mondo. Magari dobbiamo essere attenti a cosa si delega, e come, ecco.

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  2. Grazie del post, argomento molto interessante!
    Due figli, di 7 e 5 anni. Cerco di non delegare troppo all’esterno, assolutamente no ai nonni, forse qualche attività creativa e sporchevole all’asilo/scuola.
    Delego molto a mio marito: quando non riesco a tenere sotto controllo la situazione e i bambini hanno il coltello dalla parte del manico, allora lo chiamo in causa e noto che il cambio di antagonista funziona molto bene e li riporta nei ranghi (è stato lui a insegnargli ad addormentarsi da soli nel lettino, perché io al terzo pianto cedevo …).
    Invece sempre più spesso evito di insistere su certe cose che vorrei che imparassero e aspetto che sia il tempo a fare il suo corso. Soprattutto con il secondo … la pazienza e le energie non sono più le stesse 🙁

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  3. “Quindi la domanda resta: il caso di Barbara, di continuare ad imboccare la figlia a 3 anni è un problema oppure no? E se la bimba lo fa solo a casa è giusto continuare ad assecondarla? (scusa Barbara se ti prendo come esempio, ma è solo appunto un esempio)”

    Che domanda difficile 😀
    Secondo me è importante capire cosa c’è dietro, che è la cosa più complessa quando nei meccanismi famigliari ci siamo dentro (cioè sono i nostri, della nostra famiglia e quindi dettati da noi) e non riusciamo a guardare le cose dall’esterno, e quindi valutare se si vuole stare al gioco oppure si vuole invertire la rotta. Tanto per tornare sugli stessi esempi, essere imboccati e portare il pannolino a 3 anni non sono necessità fisiche ma abitudini che – più nel secondo che nel primo caso – hanno creato una necessità. Quand’è così, se uno non ha fatto un lavoro preventivo (perché non ci ha pensato, perché non lo ritiene importante, perché crede sia sbagliato… per qualsiasi motivo) allora deve solo capire se il gioco vale candela.

    Mi piace da matti l’approccio di Polly!
    Anche io conto segretamente sull’intrattenimento reciproco, che magari diventa anche insegnamento!

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  4. @Claudia eccolo il punto centrale! Bisogna prendersi il tempo di farle, queste cose. Se sai che tuo figlio la mattina è lento, metti prima la sveglia. Se sai che la sera è stanco e fa i “capricci” per mangiare (capricci fra virgolette perchè se è stanco non sono veri e propri capricci), dagli meno merenda e anticipa la cena. Ok, non sempre si può, ma ci si può provare, si può mediare e fare compromessi fra le esigenze di tutti.
    Io sulle merende di TopaGigia sono inflessibile: non deve ingerire altro che acqua dopo le 17, perchè deve cenare alle 19 e andare a letto alle 20. Lotte infinite con mia madre che si porta sempre i biscotti, poi quando l’ha vista rifiutare la cena ha capito…
    Se poi succede (ogni 3-4 giorni circa) che dorme dopo pranzo, va a letto più tardi la sera, può mangiare con noi verso le 20 e allora un pò più di merenda ci sta. Insomma i nostri ritmi sono regolati sul pisolino si-pisolino no. Ma almeno abbiamo la situazione sotto controllo, rispettiamo le sue esigenze e non ci ammazziamo con tentativi destinati comunque a fallire.
    Lo spannolinamento, ci abbiamo provato a due anni e qualche giorno ed è andata molto liscia. Forte collaborazione fra famiglia e asilo, io e la maestra ne abbiamo parlato e abbiamo convenuto che probabilmente era pronta, e così è stato. Quello nottuno però toccherà solo a me, ci proverò appena arriva il caldo.
    Sul vestirsi e svestirsi siamo ancora in fase di indecisione, a volte si a volte no.

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  5. Io sono abbastanza distrattina nella vita di tutti i giorni, e a volte delgo alle bimbe stesse la vestizione, con risultati qualche volta ridicoli XD; dico a loro che devono lavarsi i denti poi mi metto le lenti a contatto, usciamo, e a scuola scopro che hanno ancora i baffi bianchi del latte; delego a loro stesse l’intrattenimento reciproco, mentre io cucino, stendo, piego e riordino (hanno voglia di dirmi che dovrei giocare di più, ma io di faccende ne faccio veramente solo il minimo sindacale, ed è tanto comunque, se sei da sola). Però le cose importanti (svezzamenti, s-ciucciamenti, spannolinamenti, inserimenti, compiti a casa) le ho sempre fatte da sola.

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  6. Intanto Serena ti ringrazio per questo post liberatorio.
    Siamo tutti dei genitori stressati e pieno di timore di sbagliare!
    Personalmente non ho delegato al nido nulla di specifico, ma le educatrici mi sono state alleate preziose nello spannolinamento a due anni e nel rito del lavaggio dei denti che ovviamente lavavano anche a casa, ma di cui hanno recepito l’importanza vedendolo fare agli altri bambini.

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  7. @supermambanana batti il cinque 😀 ‘sta cosa dello spannolinamento per esempio, m’arimbalza proprio. Anche perché vedo genitori attentissimi col training che comunque hanno ancora quasi-quattrenni che hanno bisogno del pannolino, mia figlia guardando i compagnetti di nido a un certo punto a poco più di 2 anni ha deciso di farla nel vasino, ci ha detto bene e non ho i minimi sensi di colpa.

    Una cosa che consapevolmente delego all’asilo (coi sensi di colpa però) è l’attenzione a pasti regolari e completi. La sera per noi fornire un pasto completo all’orario in cui mia figlia ha fame, è veramente arduo, così spesso mangiucchia del pane e formaggio durante la sua mezz’oretta di relax serale davanti alla TV, e poi mangia (poco) a tavola con noi. Non sembra che ne risenta particolarmente, tranne nei periodi di vacanza più lunghi, in cui prima di trovare il ritmo ci mettiamo diversi giorni, e in questi giorni lei è sempre un po’ più magrolina perché finisce per saltare dei pasti 🙁

    Sull’imboccare sono flessibile, a volte vedo che è proprio stanca, o ci siamo viste particolarmente poco, e insomma, cedo. Altre volte è ovvio che è un capriccio, allora la lascio cuocere nel suo brodo 🙂 prima o poi la fame fa il suo lavoro.

    Sul vestirsi da sola sono un po’ sotto shock :/ Da quando sono a casa in maternità ha fatto passi da gigante da quel punto di vista, molto semplicemente perché non devo più fare sempre tutto di corsa, non arrivo alla sera completamente a secco di energie, e le lascio anche il tempo di fare i suoi capricci e poi vestirsi da sola, cosa che prima, quando lavoravo, non era possibile. Idem per il pulirsi e lavarsi dopo essere andata in bagno. Onestamente pensavo che queste cose all’asilo le facesse da sola e a casa non volesse per pigrizia, invece a un certo punto la maestra mi ha fatto capire che non era così. Per fortuna stiamo appunto in una fase in cui ci possiamo permettere di “perdere” un po’ più di tempo per queste cose, sennò sarebbe stato uno stress indicibile.

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  8. @Serena per carità fai pure! Sono anche l’unica che ha fatto un esempio preciso e in parte mi dispiace, perchè penso che la maggior parte delle nostre fisime ce le facciamo su base “teorica”, ma non ci rendiamo conto di quali piccole cose quotidiane stiamo (nel caso) trascurando, o priorità che stiamo dimenticando, e che niente come l’educazione di un bambino è in realtà fatta dall’insieme di tante piccole cose.
    Io lo dico senza problemi: una bambina di tre anni che in un contensto sociale è già in grado di mangiare da sola e di bere da un bicchiere, deve farlo d’abitudine anche a casa. E deve saper stare seduta a tavola in modo decente e non pericoloso (non avete idea di come si arrotoli su tutte le superfici verticali della sedia), almeno finchè non ha finito di mangiare. D’abitudine, dico, se poi c’è una serata particolarmente difficile si può sopprassedere, ma deve essere l’eccezione e non la regola.
    Per me questa è la mia priorità. Poi arriveranno l’abolizione del ciuccio (usato solo per l’addormentamento), l’addormentamento completamente (o quasi) da sola, e il pannolino della notte, che però rientra fino a un certo punto nella casistica data la minore controllabilità della problematica.
    Accetto tranquillamente osservazioni, consigli, critiche. Poi, come è giusto che sia, farò di testa mia 🙂

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  9. non penso che nelle generazioni passate si facesse il genitore meglio di oggi, credo che tanti problemi non se li ponessero nemmeno e che molto di più fosse lasciato al caso. e come sempre ci sono aspettivi positivi e negativi. conosco molte persone dell’età dei miei che sono cresciuti in collegio (se questo non è delegare!!!) altri che non si sono mai posti il problema dell’educare alla lettura o alla musica…sicuramente tutti seguiamo le nostre inclinazioni ma credo che oggi ci sia più rispetto per la persona/bimbo che abbiamo difronte. se penso alla generazione dei miei nonni, loro si che erano impositivi! e se c’era da andare a lavorare, col cavolo che ti era permesso di studiare!!!
    sicuramente tutti deleghiamo alcune cose, a volete consapevolmente altre no, ma è normale e credo che sia anche un bene per i nostri figli sapere che possono imparare anche dal mondo e da altri adulti, che possono e sono amati anche da altre persone che hanno intorno. credo che a volte fare un passo indietro e delegare permetta che altri rapporti diventino significativi…un po’ abbiamo la tentazione ad avere tutto sotto controllo…ma forse non fa bene nè a noi nè ai nostri figli!

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  10. Anche a me quel post ha provocato la stessa reazione… e mi sono inconsapevolmente ritrovata a spiegare a BM (quasi 3 anni) la differenza tra i dinosauri erbivori e quelli che nel suo libro sono disegnati con dei gran dentoni 🙂
    Insomma, è vero… C?è la tendenza a delegare. Nel nostro caso credo sia soprattutto nell’ambito delle attività ludiche: si dipinge, si scarabocchia e ci si sporca fino alle orecchie all’asilo, quindi non c’è bisogno di farlo a casa, dove si può dire “non ti colorare le mani” senza sentirsi in troppo in colpa perché sto tarpando la sua creatività! 😀
    Fino a poco tempo fa anche i parchi gioco erano posti sconosciuti per noi, ma del resto non le interessavano proprio, non era molto avventurosa nell’arrampicarsi su mirabolanti scivoli con doppia curva… ultimamente invece li abbiamo scoperti e siccome a lei piacciono proprio e a me fa bene portarla fuori e condividere questi momenti.

    Sì, leggendo qui e là credo che ci sia parecchia tendenza a delegare. Più di tutti mi tocca questa cosa dello spannolinamento con l’aiuto dell’asilo. Avendo alle spalle “una specie di EC” misto a spannolinamento precoce (che secondo me non è precoce ma corretto, hehehe) vedere un bambino di 3 anni con il pannolino mi fa strano :))
    Ma non credo che la spiegazione dell’essere stanchi e avere una vita turbinosa regga… I miei genitori erano più stressati di me, molto… Non avevano il posto fisso ma una vita avvolta nel mistero del domani come hanno tutti quelli che lavorano in proprio, e avvolta nella fatica, nel poco sonno per le preoccupazioni, con 3 figli e un lavoro che gli succhiava 14 ore al giorno di vita. Ma sicuramente…. c’era più silenzio attorno, e non erano tutti pronti a consigliarti il libro giusto per essere un buon genitore… Credo che ci fossero le mode del momento, proprio come ora e quello che oggi percepiremmo come isolamento (io la vita senza internet non voglio nemmeno ricordare come fosse :-DDD) forse li riparava alla ‘giudizite’ che viviamo noi oggi.

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  11. il punto e’ che secondo me oggi abbiamo dei lussi in piu’, che non solo non sono negativi, ma sono una benedizione, e che ci permettono di magari concentrarci su altro. Di avere piorita’, insomma, finalmente! Per dire, a me la questione pannolino proprio non riusciva ad interessarmi, io ho delegato in toto alle educatrici del nido, proprio non mi appassionavo alla vicenda. Purche’ non andassero in pannolino all’universita’, per me spannolinarsi a 2, a 3 o a 5 anni non mi toccava minimamente. Invece ho investito molto nella comunicazione e nella lettura, le storie prima della notte sono diventate sempre piu’ lunghe e complicate, ma non mi dispiace perdere anche l’oretta li’ seduta a bordo letto in compagnia di Roald Dahl 🙂

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  12. Oooohh @Serena, questo post potrei averlo scritto io parola per parola. Ci aggiungerei solo che i nostri genitori erano anche in media più giovani di quanto lo siamo noi ora (nel mio caso di più di 10 anni, e 10 anni si sentono, eccome!).
    Ok, faccio outing. Crollo sull’imboccamento. E sul bere dal biberon. TopaGigia ha quasi tre anni, anzi li compie domani, e a scuola mangia da sola e beve dal bicchiere. A casa vuole essere imboccata, non sta ferma a tavola un attimo neanche se mangia davanti a un film e neanche se mangia con noi, e vuole bere dal biberon. Insomma si impigrisce, e io glielo lascio fare. A due anni e mezzo dicevo che era ancora piccola, ora mi pongo il problema. E’ un caso classico, mi dò mille scuse: la sera è stanca, a casa vuole più coccole, ciucciare per bere la rilassa, io sono stanca alle 19 per portare avanti un’ulteriore battaglia, così almeno si sbriga un pò e la pasta non si fredda, almeno mangia tutto, tante altre cose le fa da sola e le vuole fare (tipo apparecchiare e sparecchiare), si vede che è ancora una sua esigenza, insomma quello che vi pare. Ma tant’è, ha tre anni e (a casa) viene imboccata. Mi sa che nel giro di qualche giorno affronterò la questione, so che mi compete e che è davvero ora.

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  13. Sono lontana dalla mia famiglia e da quella di mio marito, quando ho ricominciato a lavorare part time ho prima preso una tata, e poi ho mandato mio figlio all’asilo, che aveva quasi 17 mesi… Non so perchè, ma mi sento molto più sicura a delegare al nido o alla scuola, che ad un singolo individuo, tata o nonna che sia. Perchè ho sempre pensato che l’educazione sia meglio che la impartiscano i genitore o la scuola: per evitare confusioni di ruolo… preferisco che mio figlio sia guidato da me e dal padre, e poi dalla scuola, dalle maestre, figure di riferimento, ma esterne alla casa… Insomma, sono per mantenere l’intimità del nucleo familiare anche nell’educazione. Adesso mio figlio è ancora piccolo, ha 2 anni, ed io cerco di concertare le esperienze educative che fa all’asilo: sicuramente è all’asilo che ha imparato a portare il suo pannolino nel cestino e buttarlo, ma di routine lo facciamo anche a casa; stessa cosa per l’apparecchiare la tavola… l’asilo mi ha aiutato molto, perchè è lì che impara tanto, sta poi a noi genitori a casa che le buone abitudini dell’asilo non svaniscano una volta fuori di li… e comunque noto che anche io tendo a rallentare nelle cose che si dovrebbero imparare in casa: lui butta il pannolino, porta piatti e posate a tavola, diciamo che prova a sistemare i giochi, e questo per un bimbo di 2 anni non è poco…però sul versante casa (spogliarsi, ad esempio, o liberarsi del ciuccio, o bere dalla tazza) siamo ancora indietro… e mi torna, allora, il tuo discorso Serena: tendiamo a delegare e tendiamo a rallentare quando non deleghiamo… magari perchè siamo stressati, ma forse anche perchè andiamo meno per le spicciole delle generazioni passate…esempio: mia madre ha tolto il ciuccio a me e mio fratello così da un giorno all’altro facendoci piangere come disperati e senza tante storie… Io mi sto arrovellando per cercare di trovare una soluzione che possa essere soft… e allora: siamo più stressati dal lavoro e da questi tempi assurdi, ma cerchiamo anche di essere più attenti alle esigenze dei nostri figli… e questo non è un male…

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  14. Ci sono deleghe implicite, magari non volute, che di fatto grazie alla presenza di altri soggetti che accompagnano il nostro cammino di genitori si impongono da sole (nella mia esperienza le nonne hanno fatto tanto, ma anche le maestre dell’asilo). Non vivo l’ansia delle deleghe perchè, secondo me, un modo di cavarme-cela (come genitori sempre un po’ di corsa, stanchi, non sempre sul pezzo, a volte distratti) è proprio quello di accettare come utile il supporto di chi ci accompagna nel nostro cammino. Credo che a tutti sia capitato, nella cerchia di proprie conoscenze, verificare che bambini apparentemente lasciati a se stessi crescessero con un invidiabile grado di responsabilità e invece bambini inseriti in contesti “perfetti” fossero invece molto più “difficili”. Questo non per minimizzare il ruolo di noi genitori o per contestare le teorie pedagogiche, ma per vivere con più serenità un aspetto della nostra vita che è molto importante ma che (come tanti altri) incide in maniera spesso poco comprensibile ( e prevedibile) con il reale percorso di crescita dei ns figli.
    Insomma, vedo la delega, in certi frangenti, non come un modo per togliermi delle “rogne” (anche se ammetto che il contributo di mia mamma quando in vacanza ha di fatto tolto il pannolino a Bea, io e mia moglie lo abbiamo apprezzato davvvero molto..), ma per allargare gli orizzonti, anche per i miei figli. l’importante è essere sempre vigili a interferenze improprie.

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  15. Sono mamma di due bambini, uno di quasi 4 e una di quasi 2. Fin da quando ho avuto il primo non ho mai voluto delegare, vuoi perchè gli asili nido costano un sacco qui, vuoi perchè mia mamma/mie sorelle/mia suocera vivono lontane, vuoi perchè non mi fidavo, vuoi perchè volevo avere il controllo dell’educazione dei miei figli. Non so. Lavoro da casa e in questo sono svantaggiata e avvantaggiata, ogni tanto ho una tata che mi aiuta e mio marito mi aiuta tantissimo.
    Eppure ci sono giorni in cui ora vorrei delegare, eppure non me la sento, sento che la responsabilità della loro educazione e della loro crescita è mia, nonostante lavori.
    Hai ragione per quel che riguarda la società, viviamo in una società stressante dal punto di vista genitoriale, troppe pressioni, troppe “dritte” sul da farsi o meno.
    Anch’io mi sento di non arrivare a fare tutto, di non essere la “mamma perfetta”, che educa, lavora, prepara da mangiare, tiene pulita la casa e trova anche il tempo per giocare coi suoi figli e si sente in colpa se non lo fa perchè è stanca e e non ne ha voglia. Però le responsabilità educative sono mie. Sono miei i passi da insegnare loro, come usare il vasino, lavarsi, vestirsi etc (tant’è che la piccola va già sul vasino e non ha ancora 2 anni!)
    Il mio motto quando proprio non ce la faccio è “le nostre nonne come facevano?” e allora ripenso a mia nonna che aveva 5 figli piccoli e non aveva lavatrice e doveva fare il pane in casa e vado avanti.
    Grazie per questo post, aiuta a riflettere!

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    • @stardancer anche io penso a mia nonna che ha cresciuto 5 figli e 7 nipoti (tra cui io!) e questo mi aiuta a trovare la forza di reagire. Però io mia nonna seduta sul pavimento a giocare con me non me la ricordo, mi ricordo le sue storie che ascoltavo mentre lavorava in cucina o mentre era piegata sulla macchina da cucire. Era un modo diverso di prendersi cura dei bambini.

      @Vittore la delega come una forma di ricchezza formativa quindi. Buono! 😉

      @Erica hai ragione, prima certe cose si facevano e basta, senza nemmeno starci a pensare troppo alle conseguenze. E qui si ritorna a quello che dicevo nel post. Noi siamo sempre preoccupati di conseguenze indicibili per ogni nostro gesto o scelta nei loro confronti.

      @Barbara @Gloria mi avete fatto pensare al fatto che poi alla fine ognuno ha una sua scala di valori su quello che reputa corretto o meno per una data età, che poi sono le priorità di cui parla @supermambanana I miei figli hanno praticamente sempre mangiato da soli (con le mani quando era troppo presto per usare una forchetta), e si sono arrampicati su scivoli e alberi quasi prima di riuscire a camminare. Sul pannolino siamo stati (ma anche siamo) più tranquilli aspettando i loro (e nostri) comodissimi tempi. Il problema nasce quando si è sempre tutti sotto pressione e quando ci sono gli insegnanti che si trovano a lavorare con piccoli selvaggi, o comunque bambini con esigenze e livelli molto differenti tra loro. Io davvero non faccio fatica ad immaginare commenti sui bambini che hanno ancora il pannolino fino a 4 anni, in molte scuole materne in Italia non è nemmeno concesso per dire, e magari è vero che i genitori gli leggono le storie della buonanotte tutte le sere e hanno un buon livello verbale, ma il livello è totalmente diverso per diversi bambini, e allora l’insegnante come fa a gestirne 20?

      Quindi la domanda resta: il caso di Barbara, di continuare ad imboccare la figlia a 3 anni è un problema oppure no? E se la bimba lo fa solo a casa è giusto continuare ad assecondarla? (scusa Barbara se ti prendo come esempio, ma è solo appunto un esempio)

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