Genitori da un minuto, l’esperienza del rooming-in

Vorrei parlarvi di quei primi momenti in cui, ad una coppia che si trova in un ospedale o in una clinica, dopo poche o molte ore di un’incredibile vicissitudine chiamata parto, viene consegnato un piccolissimo estraneo e loro, improvvisamente, diventano genitori.
Dopo averlo tenuto in braccio in quei primi istanti, dopo che in un solo momento quel piccolo estraneo è diventato il centro della vostra vita, siete veramente disposti a ridarlo indietro???
Per partorire, io ho scelto un ospedale romano in cui, da moltissimi anni, si pratica il rooming-in. Si tratta del Fatebenefratelli sull’Isola Tiberina a Roma, uno dei primi ospedali che hanno introdotto questa organizzazione del reparto maternità in Italia, grazie al Prof. Romano Forleo.
Il rooming-in è un concetto molto semplice, che ha radici nella storia dell’umanità: il neonato resta in stanza con la mamma, dal primo momento, per tutto il giorno e la notte. Non esiste il nido. Le stanze dovrebbero (ed al Fatebenefratelli lo sono) essere attrezzate con un mini-nido, cioè con una parte della stanza riservata, dove tenere il bambino quando arrivano ospiti in visita, dotata di ampia vetrata per soddisfare la curiosità dei parenti e tutelare il bebè.
Il vantaggio del rooming-in sta nel fatto che i genitori ed il bambino sono insieme da subito, senza intermediari, senza barriere. La mamma può allattare veramente a richiesta ed in modo esclusivo fin dalla prima poppata, il papà può stare con il bebè per tutto il tempo che vuole (normalmente i papà sono invitati a lasciare il reparto solo la notte, per la privacy delle due o tre mamme che condividono la stanza) e familiarizzare con quell’esserino. I pannolini li cambiano da subito i genitori, da subito si fa la medicazione del cordone ombelicale da soli, da subito mamma e papà imparano a vestire e “confezionare” il neonato (operazione non semplicissima i primi giorni!). Quando, dopo un paio di giorni, si lascia l’ospedale per portare a casa il nuovo arrivato, il risultato è che mamma e papà conoscono il loro bambino, si sentono meno spaesati, hanno già familiarità con i gesti quotidiani che ripeteranno infinite volte.
I vantaggi del rooming-in sul buon inizio dell’allattamento sono provati da numerosi studi. Non solo, il rooming-in riduce la possibilità che insorga la depressione post partum perchè consente di sfruttare quel periodo c.d. “sensibile” del contatto tra mamma e bambino che si identifica proprio nelle prime ore di vita. Il rooming-in consente la saldatura innata ed istintiva del nucleo familiare.
Pensate che in alcuni Paesi come la Thailandia, il Costa Rica e le Filippine è stato adottato con successo il rooming-in per contrastare la diffusa piaga dell’abbandono dei neonati, perchè una mamma che ha sperimentato il contatto duraturo con il proprio bambino nelle prime ore di vita ha innescato un processo istintivo di unione che le rende più difficile privarsi del figlio.
Attenzione, non pensate che sarete lasciati a voi stessi: un reparto maternità dove si pratica rooming-in richiede molto più personale di un normale reparto con il nido. Aiutare ogni mamma, una per una, dare i consigli giusti ed accorrere ad ogni chiamata, è molto più difficile per infermiere e puericultrici, piuttosto che nutrire, impacchettare e confezionare bebè “in batteria”. Pensate alle mamme che hanno appena avuto un parto cesareo, o a quelle che hanno molti punti e hanno difficoltà ad alzarsi e sedersi, o magari solo a quelle intimidite e spaesate dalla nuova esperienza. Un ospedale che organizza così il suo reparto maternità fa una scelta consapevole di politica “aziendale”, sceglie di impiegare più risorse, quindi spesso offre un servizio di maggior qualità. Dopo la mia esperienza io sento di avere maggior fiducia in una struttura sanitaria che propone il rooming-in.
Non sono tutte rose e fiori. Dopo un parto è dura occuparsi subito del proprio bebè: non c’è tempo di riposare, di recuperare… ma con tutta quell’adrenalina in circolo perchè non metterla a frutto per imparare da subito ad essere mamma?
Io ho partorito alle due di notte, ovviamente non ho dormito neanche un istante quella notte, poi per tutto il giorno dopo non ho dormito per l’emozione, le visite di amici e parenti e tutte le faccende da sbrigare per mio figlio. La notte successiva non ho dormito perchè il Sorcetto piangeva come un disperato per la fame perchè ancora non avevo abbastanza latte… Insomma, è stata dura, ma lo rifarei. Perchè mio figlio era con me ed il suo papà era con noi. Eravamo già in tre, da subito.
Ho conosciuto molte mamme in attesa spaventate dall’idea del rooming-in, proprio per il timore di essere lasciate a se stesse, per la paura di non essere in grado dopo il parto di occuparsi subito del proprio bambino.
La mia esperienza mi ha insegnato che, se il parto va bene, subito dopo ci si alza con le proprie gambe e si va in stanza. Se la mamma patisce delle difficoltà, in ogni reparto di rooming-in ci sarà del personale pronto a sostenerla perchè possa gestire la situazione.
Se siete genitori in attesa, informatevi se nella vostra città c’è una struttura sanitaria organizzata in rooming-in ed andate a chiedere chiarimenti e notizie. Visitate il reparto e fatevi un’idea. Superate il timore. Quando tornerete a casa con il vostro frugoletto, vi assicuro che non sarà più un estraneo.

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45 thoughts on “Genitori da un minuto, l’esperienza del rooming-in”

  1. Ma quale egoismo! Ma almeno dopo il parto vogliamo concederci la possibilità di scegliere come comportarci? E questo non ha nulla che fare con che madri siamo o saremo.
    A me l’esperienza di rooming in è piaciuta e l’ho trovata ben condotta nell’ospedale dove ho partorito, tutto qui.

    Daniela, in effetti, per la “doppia gestione” che ipotizzi tu c’è qualche difficoltà pratica (me lo spiegarono proprio in ospedale) ed è dovuta, guarda un po’, ai soldi!
    Per un buon rooming in, non basta la stanza della mamma, ma serve una sorta di stanzetta annessa che faccia da “nidino”, dove “rifugiare” il bimbo durante le visite, per offrirgli un ambiente tranquillo.
    E poi serve parecchio personale, più che per il nido comune.
    Quale ospedale può permettersi lo spazio e le risorse economiche per prevedere sia le stanze col nidino, che il nido comune? E quale può permettersi il doppio personale, quello che bada al nido comune e quello che assiste mamme e bimbi in rooming in?
    In realtà esistono cliniche con la doppia opzione, ma si tratta di casi piuttosto rari.

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  2. Lorenza, non è affatto egoismo. Anzi, io mi rimprovero il contrario: anche quando non era con me non dormivo, non mi riposavo, ero troppo “eccitata” e così poi ovviamente crolli…

    Sai cosa penso? Che dovremmo smetterla con le etichette: l’ospedale che fa il roming in, quello che no, quello che più o meno. Ma perché non possono solo aiutare tutti le mamme e basta? IO ho avuto due parti “normali” (facili non direi, comunque punti con tutte e due, e sicuramente non bevevo il the durante) e dopo senza di loro vicino non stavo bene, quindi ben venga. Però il nido era a disposizione, potevi lasciarli se volevi. E se è attrezzato non vedo perché nello stesso ospedale una mamma con più problemi (soprattutto chi ha avuto un cesareo, non ho esperienza, ma penso non sia bellissimo dopo trovarsi con un bimbo da sole) perché non possono tenerlo al nido? E anche le pause, perché per forza programmate? Insomma, ci deve per forza essere un metodo? Se il nido è efficente, alla mamma che se la sente si lascia il bimbo, a quella che non se la sente lo tengono le puericultrici portandolo quando serve (ogni 3 ore se sono 3, ma anche ogni 2 o ogni 4 se è il caso) per mangiare, o per due coccole. O alla mamma che è solo stanca possono lasciarlo in camera ma poi tenerlo qualche ora per permetterle di dormire…

    Ecco, io penso che abbiamo davvero troppo il vizio dei metodi, invece di lasciarci andare al caso personale di ognuno.

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  3. Ciao, io ho avuto due cesarei d’urgenza, dopo un “normale” travaglio. Nell’ospedale in cui ho partorito (in provincia di Torino), praticano il rooming-in; sono stata coccolata e seguita moltissimo dalla puericultrice, nonostante le ragadi, il taglio… Per me è stata un’esperienza fantastica, perché ho potuto conoscere la/il mia/mio piccola/o e imparare ad allattare.

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  4. Ciao,
    vorrei portare la mia esperienza che è abbastanza diversa, in quanto ho scelto di non avere il rooming in.
    Ammetto che mi aveva spaventato l’esperienza di un’amica (al solito, i racconti terrificanti da film dell’orrore): la poveretta aveva avuto un travaglio lunghissimo, un cesareo d’urgenza e si è trovata esausta e dolorante con la piccola in braccio, con pochissimo aiuto da parte del personale dell’ospedale (alla faccia del Nordest, lei è di Treviso!).
    Messe da parte le paure ho riflettuto. Ho pensato che non ero pronta e che avrei preferito che nei primi momenti ci fosse del personale qualificato ad aiutarmi.
    Al San Camillo a Roma portano i neonati ogni 3 ore per mangiare e li lasciano quasi un’ora, quindi c’è molto tempo per iniziare a “familiarizzare”. Dopo mezzanotte allungano la pausa e lasciano riposare fino alle 6, io l’ho apprezzato veramente.
    Avrei potuto gestire il rooming in? Sì, con fatica però perché il parto è stato veloce ma ho avuto parecchi fastidi per i punti e complicanze intestinali e la prima notte non è stata tranquilla.
    Sono stata egoista? Forse, però ho pensato che avrei avuto tutto il tempo del mondo appena mi avessero consegnato il fagottino e mi sono concessa quindi questo “lusso” 🙂
    In definitiva non me ne pento, sono però contenta di avere visto qui tante esperienze positive con il rooming in e alla fine credo che questa scelta, come molte altre tipo l’allatamento, debba essere tarata in base al proprio modo di sentire e di essere, senza forzature né da una parte né dall’altra.
    Ciao

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  5. Io a quanto pare sono sempre stata una mamma poco… attenta? NOn so, ho scelto l’ospedale in base a una cosa sola: era il più vicino. Ma cosa ti interessa? mi dicevano in molte. Beh, a me poco, tanto difficilmente hai un’urgenza e nel caso non è che la scelta è vincolante, cambi e basta. Ma c’è un papà che invece deve fare avanti e indietro, magari più volte al giorno. E che senso ha aggiungergli 30 km a viaggio per niente?
    Ecco, mi avevano detto del rooming in, ma non ci avevo pensato. Poi mi avevano detto che per un atteggiamento “naturalistico” non facevano l’epidurale (e io ho deciso che il naturalistico forse era più economico, ma vabbé). Alla prima figlia non ci ho dato peso, prima di partorire siamo tutte sicure e coraggiose… Al secondo parto quasi mi basta per aggiungere i 30 km, ma poi lascio stare (e meglio così sennò partorivo in auto). Ma per il rooming in non ci pensavo proprio

    Poi sono nate, e mi è sembrato semplicemente naturale. Subito con noi, e d’altronde se non fosse stato così mi sarebbe dispiaciuto. La seconda doveva fare l’antibiotico, e me l’hanno portata via, per portarmela dopo 4 ore. E sono state lunghe… come starà? SE piange? Se vuole il seno? Insomma, non mi è mai passato per la testa di lasciarla al nido (anche se erano disponibili), mi sarebbe mancato un pezzo, già solo quando al mattino li portavano via un’ora per il cambio io contavo il tempo…
    Ecco, così quando parlando con una mia amica mi ha detto che da loro i bimbi stavano al nido e li portavano solo per mangiare, sono cascata dalle nuvole: com’è possibile? CHe senso ha? Ecco, sono stata poco attenta, ma fortunata, magari a qualcuno un po’ di riposo fa bene, almeno nei giorni che sei lì, ma io ci avrei sofferto!

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  6. Ciao, anch’io voglio spezzare una lancia a favore del rooming-in. Io ho partorito in un ospedale in provincia di Verona e, a dir la verità, l’avevo scelto più per esclusione che per altro…il rooming-in sapevo cos’era vagamente e non mi faceva nè caldo nè freddo.
    Ma ora sono stra-sicura che anche per i prossimi figli cercherò ospedali o cliniche che attuano il rooming-in. Mi sono trovata benissimo. E’ stato meraviglioso avere il mio bambino lì sempre con me, addirittura nel mio letto (quando la seconda notte continuava a piangere perchè non avevo ancora la montata lattea). Anche noi avevamo due campanelli, uno per l’infermeria e uno per la nursery, e tutte sono state molto disponibili, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Mi hanno insegnato da subito come attaccare al meglio il mio bambino al seno, correggendomi la posizione e insegnandomi a stimolarlo al meglio, perchè teneva la bocca troppo chiusa.
    Secondo me il rooming-in può essere stancante,ma è sicuramente positivo perché ti insegna da subito a cavartela con il tuo bambino. Ti INSEGNA davvero, non sei mai abbandonata. Così una volta arrivata a casa, quando si è veramente da sole, è più semplice gestire la situazione, si sa già come fare tante cose.
    L’esperienza è stata così intensa e positiva che, quando al terzo giorno me l’hanno dovuto ricoverare in patologia neo-natale per un pomeriggio e una notte, a causa di un lieve problema, sono letteralmente andata in tilt. Lì da sola nella stanza, senza di lui….! Che fatica! Mi sono chiesta come fanno le mamme negli altri ospedali….!

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    • Nello spettacolo di cabaret “Mamma che ridere”, ispirato ai post di diverse blogger e interpretato da Teresa Mannino, lunedì scorso al teatro Nuovo di Milano, c’è stato una battuta davvero carina. Ovviamente raccontata non fa ridere, ma il tema era questo.
      La Mannino si è rivolta ad un paio di ragazze incinte in prima fila e l’ha avvertite: guardate, il parto in realtà è una sciocchezza… il momento davvero brutto è quando vi dimetteranno dall’ospedale e voi li a chiedere di rimanere 5 minuti ancora!!!
      Si, perchè, diciamocelo, il momento in cui ti ritrovi con quella piccola bomba ad orologeria tra le braccia, fuori dal portone d’ingresso dell’ospedale, senza più protezione e con tutta la città intorno, la strada fino a casa sembra lunghissima. E poi a casa è ancora peggio: l’hai lasciata solo un paio di giorni prima, magari di corsa…. ed ora sembra così deserta senza neanche una peuricultrice!
      Certo, il rooming-in non evita tutto questo… ma secondo me lo attenua molto o almeno consola il fatto di conoscere davvero quel frugooletto da almeno un paio di giorni.

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  7. Laura, so benissimo che non tutti reagiscono bene all’esperienza del rooming-in e forse è proprio questo il motivo per il quale questo post è stato uno dei primi scritti per questo sito.
    Io ci ho creduto con fermezza e volevo spiegare il motivo.
    Ho trovato l’assistenza del Fatebenefratelli, sia prima che dopo il parto, a dir poco eccellente.
    Il corso pre-parto seguito da voi è stato un’esperienza veramente formativa e preparatoria alla realtà del parto e del dopo-parto.
    Certo, nessun corso ti preparerà mai ad essere genitore, ma questa è un’altra storia.
    Tante cose possono essere interpretate diversamente, a seconda dei punti di vista.
    Durante il mio parto ero assistita da un’allieva ostetrica del primo anno, da una del secondo e dalla ostetrica titolare. Io ho pensato: è bello che questo sia un polo universitario e che ci siano i giovani a fare esperienza (ovviamente ognuno aveva compiti commisurati alle sue capacità: l’allieva del primo anno mi controllava la flebo con l’ossitocina, niente di più!). Qualcun altro la vede con timore: oddio, chissà chi mi metterà le mani addosso!!
    Dato che era una serata tranquilla, al momento del parto c’erano, oltre alle tre persone già dette, anche la ginecologa di turno al pronto soccorso che accompagnava la sua specializzanda ad assistere, dato che giù (stranamente) non avevano nulla da fare! Quando si è trattato di mettermi i punti, la ginecologa di turno al reparto (e siamo dunque a 6 sanitari presenti, senza contare la capatina dell’anestesista!) ha detto alla specializzanda: beh, fammi vedere come te la cavi con i punti! Quindi sapevo che mi stava cucendo una persona inesperta. Però, mi sono detta: dato che a me servono 2 punti 2, ma su chi vuoi che facciano provare se non su di me?! Sono stata sicuramente contenta di sentire il medico esperto dire all’altra: però! hai una buona mano!
    Questo per dire che ogni cosa può essere interpretata diversamente.
    Sai bene che lo stesso racconto potrebbe essere fatto con ben altri toni!
    Sarà che il mio punto di partenza era che, ad una mamma che sta bene, in realtà serve solo qualche buon consiglio ed una mano in caso di dubbi. Non serve assistenza ospedaliera in senso stretto.
    Le mamme che avevano avuto parti più traumatici avevano tutta l’assistenza che serviva loro. Io stavo bene: 3 ore di travaglio, un epidurale e 2 punti per un pupo di Kg 3,800… ma che volevo di più???
    Mi bastavano un paio di mani esperte per farmi capire come si attacca al seno, come si cambia in modo rapido e sicuro e come si medica il cordone.
    Pochi minuti dopo il mio rientro in stanza (dopo che mi ero felicemente tenuta vicino il Sorcetto nella nostra saletta parto con finestra sul Tevere, dopo che il papà lo aveva lavato personalmente e che avevamo avuto le nostre prime ore di intimità a 3…) c’era già una tua collega che mi spiegava come attaccarlo al seno: cosa c’è di più importante per la partenza di un buon allattamento?
    Insomma, potrei andare avanti per ore. Per me fate un lavoro eccellente e fate passare un messaggio sano e positivo.

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  8. cara Silvia sono contenta che tu ti sia trovata bene ma ti assicuro che non tutte le mamme ne parlano bene e mi riferisco all’assistenza fornita specialmente la notte.Il bambino spesso chiede attenzioni materne la notte , sò purtroppo che alcune colleghe non sempre sono “presenti” come il giorno.Noi qui lavoriamo tutte allo stesso modo con lo stesso spirito che è anche la misson dell’ospedale :”l’ospitalità” ,aperta anche alla famiglia .
    Nei corsi preparto dovrebbero esserci degli incontri che preparano i neogenitori al “dopo”,ai minuti subito dopo la nascita del figlio tanto atteso,all’interpretazione dei segni del piccolo ,al tipo di pianto,a tutto …ti assicuro e lo ripeto ,le mamme spesso non si aspettano la continua richiesta di attenzione del figlio .Il nostro lavoro in ospedale è anche questo,farci anche una bella chiaccherata con le mamme e capire i loro problemi ,paure,ansie..e ti assicuro che dopo aver dedicato loro quel tempo di ascolto, chiameranno veramente poco.Baci

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  9. Laura, dalle tue colleghe (e chissà, forse anche proprio da te) io ho avuto subito sostegno ed assistenza.
    Quella notte e quei due giorni passati li, mi hanno permesso di evitare le ragadi e di attaccare il Sorcetto da subito al seno. Siete state sempre voi a venire li a dirmi che non era il caso di farmi troppi scrupoli a dargli un’aggiunta di latte dato che il mio colostro lo faceva urlare dalla fame, e così via.
    Insomma, io sono convinta che i primi due giorni di rooming-in sono una palestra eccellente per arginare un pochino lo smarrimento dei primi tempi.
    Sul fatto che non si è m ai preparati abbastanza per il “dopo” direi che abbiamo costruito tutto questo sito…
    Approfitto del tuo passaggio qui per ringraziarvi.

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  10. Io sono una infermiera del reparto di ostetricia del Fattebenefratelli,e assisto mamme e neonati in rooming-in nel nostro reparto.Devo dire che dopo il parto la stanchezza è tanta , il dolore e l’impossibilità di muoversi per chi ha subito un taglio cesario è molta ma chi viene ha partorire da noi ,lo sa da subito ,basta suonare il campanello o telefonare in medicheria e il personale è presente sempre.Una cosa la voglio però dire, la maggior parte delle mamme non è pronta o informata del dopo….ci si alza ,la notte anche più di 5 volte,il neonato piange e non sempre si intuisce il motivo,il primo cambio pannolino..non si sà dove mettere le mani,il latte o colostro non è sufficiente,i capezzoli fanno male,la stanchezza è infinita e si ha tanta voglia di dormire.Coraggio mamme

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  11. Devo correggere Silvia che ha parlato di “Sacra Famiglia”..che esisterà senz’altro..ma io ho partorito alla “Santa Famiglia” in Via dei Gracchi quartiere Prati in Roma. Questo solo per aiutare le mamme reticenti a fidarsi di una struttura che io ho trovato ottima per me e per mia figlia. Pensate avevo due campanelli uno per le infermiere che si dovevano occupare di me, ed uno per la nursery. Ad onor del vero la prima notte l’hanno tenuta al nido per tre ore quando mi hanno visto stanca. Altro consiglio scegliere le stanze doppie o triple…piuttosto che stanze singole (a pagamento). Questo perchè stando su un altro piano l’assistenza è meno celere!!
    E comunque condividere con altre mamme un evento così bello unisce..e a volte si rimane anche in contatto!!

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  12. Insomma, vedo che le “patite” del rooming-in provnengono tutte dalla “scuola di gravidanza” del Fatebenefratelli. A Roma è decisamente una realtà consolidata.
    Non dimentichiamoci, poi, quanta importanza viene data in queste strutture alla presenza del padre in ogni momento della nascita. Mio marito, per esempio, dato che il Sorcetto è nato in una rara notte in cui c’era gran “traffico” di nascite, è riuscito a fargli il primi bagnetto insieme all’infermiera. Avrebbe avuto diritto anche a tagliargli il cordone, ma chissà perchè hanno evitato (secondo me l’esperta infermera l’ha visto bene in faccia ed ha notato che era un po’ pallido…!)

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  13. Io ho partorito alla clinica “Città di Roma”, stesso staff. Sempre rooming-in, con una piccola correzione: se i genitori lo desiderano possono (ma non devono) mandare il piccolo al nido per qualche ora durante la notte, senza saltare poppate. Io, che pure ho avuto un parto perfetto e dalla tempistica invidiabile, ne ho usufruito per riprendermi un po’ e godermi un po’ di intimità con il mio compagno dopo il vortice delle visite.

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  14. La “Sacra Famiglia” è una clinica convenzionata dell’area del Fatebenefratelli, quindi in realtà abbiamo sperimentato personale che proviene dalla stessa formazione.
    Come tu dici, non è facile, soprattutto dopo un cesareo, ma sei l’esempio migliore per tutte quelle mie amiche e conoscenti che hanno il “terrore” di provare il rooming-in. Molte, infatti, rispondono al mio entusiasmo “rinfacciandomi” un parto semplice e senza inconvenienti: del resto io mi sono alzata dal letto gestatorio e me ne sono andata in stanza spingendo la culletta di mio figlio, guardando con aria interrogativa l’infermiere che mi veniva incontro con una sedia a rotelle, incredula che fosse per me! Quindi sono brava io a parlar bene del rooming-in, che neanche sembrava che avessi partorito! (ed ovviamente sto riportando commenti di altri!).
    Ma ho conosciuto mamme che hanno avuto 2 gemelli con il cesareo e hanno retto benissimo il rooming-in. Anzi! Sono state più che seguite dal personale.
    Normalmente, infatti, in un reparto organizzato in rooming-in le peuricultrici adottano una mentalità tipica del triage di pronto soccorso: assistono chi ha più bisogno. Quindi se vedono che te la cavi e non hai problemi fisici ti lasciano far da te, anche se non sono mai assenti. Invece, se ci sono mamme in difficoltà, ricevono più assistenza che in molte altre strutture.

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  15. Io ho partorito nella clinica convenzionata “Santa Famiglia” in Roma, dove si effettua il rooming in…ed ho avuto un parto cesareo.
    Sicuramente gestire un bimbo il primo giorno con flebo..punti..e fastidi non è facile, ma devo dire che il personale della clinica è stato attento a venirci in aiuto ogni qualvolta ce n’era bisogno ed ho superato tutto con serenità.
    Io lo consiglio perchè effettivamente il contatto ripetuto e continuo con il tuo frugoletto è importante ai fini dell’allattamento e della confidenza fisica che si deve instaurare tra madre e figlio..(semmai ce ne fosse bisogno)..e ti aiuta a non sentirti perduta e sola quando torni a casa…perchè già abituata a fare tutto da sola.
    Sicuramente le infermiere della nursery sono state brave ad insegnarmi tutto quello di cui avevo bisogno..e trovo importante parlare con qualcuno e confrontarsi prima di affidarsi ad una struttura.

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