Mi sento sempre più spesso consigliare di leggere il libro “Fate la nanna” di Estivill, descrivendolo come un metodo miracoloso, che nel giro di 3 giorni è in grado di far dormire tuo figlio tutta la notte. Il libro l’ho letto nei primi mesi di vita del Vikingo, perchè mi è stato regalato. Si, l’ho letto, mi sono infuriata, e l’ho classificato come non solo inutile, ma potenzialmente pericoloso. Il metodo proposto in realtà non se l’è nemmeno inventato Estivill, si rifà a quello elaborato dal noto pediatra Richard Ferber direttore del Center for Pediatric Sleep Disorders a Boston e reso pubblico tramite il libro Solve Your Child’s Sleep Problems nel 1985. Il metodo del Dottor Ferber, o di Fate la nanna, può essere descritto brevemente così:
- Preparare il bambino all’addormentamento, introducendo una routine da ripetersi ogni sera (bagnetto caldo, pigiama, lettura di una storia….)
- Mettere il bambino nel lettino, e lasciare subito la stanza
- Se il bambino inizia a piangere, lasciarlo piangere per periodi di tempo controllati prima di rientrare, aumentando gradualmente il periodo di tempo (ad esempio prima 3 minuti, poi 5 minuti, poi 10, e così via)
- Quando si rientra, bisogna dare conforto al bambino senza prenderlo in braccio. Nel caso, non raro, in cui il bambino abbia vomitato, bisogna pulire tutto, dire al bimbo che va tutto bene, sempre senza prenderlo in braccio, e uscire dalla stanza
- A questo punto, secondo Estivill, il bambino capisce che tanto piangere non serve a niente, e si addormenta
Non so a voi, ma a me viene la pelle d’oca solo a pensarci. Il mio bambino piange, urla, si dispera e magari vomita, e io esco dalla stanza e rientro solo dopo 5 o 10 minuti? Ma avete idea di quanto sono lunghi 5 minuti? E quando entro, di fatto lo ignoro, e gli dico “caro mio, per quanto tu sia disperato, io me ne infischio e torno di là. Arrangiati da solo”. Si, vabbene, magari non dico proprio così, ma in fondo non è molto diverso. E tutti i discorsi sul mettersi in ascolto, cercare il dialogo, costruire un rapporto di fiducia reciproca?
Ci sono molti genitori che ci hanno provato e non sono riusciti a sostenere il livello di stress di lasciare il figlio piangere (e pensate allo stress del bambino!) e hanno ceduto, sentendosi aimè magari anche in colpa per non essere dei bravi genitori.
Ovviamente qui entra in gioco il temperamento del bambino, e non metto in dubbio che il metodo possa funzionare nei casi in cui il bambino non è molto tenace o ha un carattere tranquillo. E ci sono moltissimi genitori che giurano che questo metodo ha risolto i loro problemi, e che non è stato poi così difficile come sembra. Ci sono però studi scientifici che dimostrano che l’efficacia del metodo Ferber o Estevill, quando funziona, è solo temporanea e che i problemi si ripresentano dopo un paio di mesi. Per contro non c’è nessuno studio scientifico alla base del metodo Estivill, e il supposto esperto mondiale del sonno dei bambini, non ha publicazioni su riviste scientifiche internazionali in merito, ma solo articoli di divulgazione. Varie associazioni di pediatri, tra cui l’Associazione australiana per la salute mentale del bambino (AAIMH), lo criticano fortemente e lo considerano addirittura pericoloso in alcuni casi.
Il signor Estivill sostiene che il bambino, anche a 4 o 6 mesi di età, che non vuole addormentarsi da solo la sera, o che si sveglia nel mezzo della notte e richiede la nostra attenzione, lo fa perchè ci sta mettendo alla prova. A pagina 61 scrive: Qui mamma e papà dovranno dimostrare la loro vera forza. Non dovranno pensare a Paolino che, in segno di supplica, alza i braccini con un viso triste o che, se più grande, urla tutta la sua disperazione [..] Piangerà, urlerà, singhiozzerà fino a strangolarsi, vomiterà, si agiterà in preda a convulsioni, dirà “sete”, “fame”, “bua” “ti prego”, “non ti voglio più” e quant’altro pur di riuscire a piegarvi. Ma voi fate finta di nulla, siate stoici.
E’ già questo mi fa pensare. Ci possono essere moltissimi motivi per cui il bambino non dorme la notte, i cicli circadiani nel bambino diversi dai nostri nella prima infanzia, o il fatto di aver un sonno disturbato da incubi o paure assolutamente normali nella crescita del bambino un pò più grandicello. Mio figlio ad esempio aveva dolori di pancia dovuti a problemi di intolleranza al latte per i primi mesi, e attacchi di asma nascosti di cui non ci siamo accorti se non dopo molto tempo quando sono diventanti più acuti. Certamente tra i motivi, può esserci il fatto che al bambino non sia stato insegnato ad addormentarsi da solo, ma è veramente necessario ricorrere ad un metodo così drastico, sia per il bambino che per il genitore?
L’alternativa proposta più frequentemente è, a mio parere, altrettanto drastica, anche se si pone sul lato opposto della scala. Sto parlando del co-sleeping, ovvero dormire tutti nel lettone fino a che il bambino non si senta pronto ad andare nel suo letto. Io non ho assolutamente nulla contro il metodo del co-sleeping in se, che anzi è perfettamente in linea con il cercare di stabilire un rapporto stretto con il bambino, e se funziona per la famiglia non vedo nessuna controindicazione. Inoltre è un metodo molto naturale, usato con successo da sempre sia dall’essere umano che nel mondo animale, e che quindi ha superato la dura prova dell’evoluzione.
Purtroppo però non va bene per tutti. Io ad esempio se mi sveglio nel mezzo della notte ho grosse difficoltà a riaddormentarmi, e quando nel letto con me c’è un frugoletto che scalcia, si rotola e magari si mette di traverso, le mie preziose ore di riposo vengono meno, e questo non mi aiuta di certo ad essere una mamma migliore durante il giorno. Ma ci possono essere anche altre ragioni per le quali dormire tutti nel lettone non è la soluzione migliore, quali ad esempio la necessità e voglia legittima per i genitori di una loro intimità, e non ultimo il fatto che il sonno dello stesso bambino possa essere disturbato dalla presenza dei genitori.
Insomma che fare? C’è un modo di risolvere il problema dei risvegli notturni o dei lunghi periodi di addormentamento serali senza adottare un metodo per lo meno discutibile o cedere al lettone? E se veramente insegnassimo al bambino ad addormentarsi da solo? Ci sono talmente tante cose che insegnamo a fare ai nostri figli: mangiare da solo, camminare da solo, vestirsi da solo, ma in un certo senso c’è un tabù riguardo al fatto di insegnargli a dormire da solo. Quasi come se lo abbandonassimo nel buio della sua stanza o nel gelo del suo lettino. Quando il bimbo inizia a sollevarsi in piedi lo incoraggiamo, gli teniamo le mani e lo aiutamo a fare i primi passi. Di certo non gli diciamo: cavatela da solo. Lo sosteniamo con la nostra presenza finchè la chiede, magari alleggeriamo la presa leggermente, finchè si sente pronto a fare quei due o tre passi che che segnano l’indipendenza. Normalmente continuiamo a stare al suo fianco finchè vediamo che ha un passo sicuro e che possiamo allontanarci di più. Insomma siamo li accanto, a disposizione, finchè non impara. Che c’è di male a fare la stessa cosa per l’addormentamento? Adottare una via di mezzo tra l’abbandono di Estevill e il lettone, che si basa sempre sul rispetto del bambino in quanto persona, senza dimenticare il rispetto per noi stessi e considerando le esigenze di tutti, potrebbe essere la soluzione più faticosa, ma di certo è anche quella che ci fa sentire di aver fatto la cosa giusta.
Se però avete ancora qualche dubbio sul fatto che forse volete adottare il metodo Estivill, allora date un’occhiata a questo video (sconsigliato per i deboli di cuore):
Beh, certo che di cose da affrontare questo bimbo ne ha avute, ho perso il conto delle case! 🙂 E per un bimbo non è poco!
Il fatto che si stia affezionando a te è bellissimo, certo che porta conseguenze, la paura di perderti, di un nuovo cambiamento, allargare gli orizzonti (prima mamma e papà, casa X, poi si sono divisi, casa due e 3, ora ci sei tu, ecasa 4, e arriva casa 6…)
Parlatene, il problem solving può aiutare molto, mal che vada, dai, una brandina in garage… 😀 Andare via tu dal letto, non so, temo complichi ancora di più le cose, questo bambino ha bisogno di stabilità, e un altro rito stile “una volta si, una no” non è d’aiuto, se te ne vai può pensare che il posto tocca a lui e non a te, e in realtà non è così, accettare una volta a settimana è un’altra complicazione. Sinceramente tenderei a puntare sul fatto che ognuno ha il suo posto. Certo che senza la piena (e sveglia) collaborazione del papà è più difficile.
Però a questo punto, se provassi tu ad accompagnarlo in camera? Da quanto convivete e lui sta anche con te? Se ormai il vostro è un rapporto che si sta rinforzando, se lui ti cerca, se magari ha paura che tu sia entrata nella sua vita per poi magari sparire (anche se poi, è sempre possibile) può essere comunque una buona soluzione, parlandone col papà. L’importante è decidere una strada e provarla, vedere come va. Certo che se non vi conoscete ancora abbastanza bene, questa la eviterei, ma se secondo te la notte puoi “sostituire” il papà, perché no? Lo accompagni tu, semplicemente, stando con lui. Tanto sveglia per sveglia…
Serena, l’articolo è molto bello ed interessante! potremmo fare una specie di riunione di lavoro: gli facciamo mettere una cravattina nuova che gli abbiamo comprato, e ci sediamo al tavolo come i grandi, magari con le bandierine e i segnaposto come all’ONU. poi con un blocchetto di carta ciascuno disegniamo le nostre proposte.
Speriamo solo il bimbo non proponga che io debba dormire in garage! 😀
@Veronicq sono certa che vista l’età e la situazione che descrivi un approccio di questo tipo può essere molto utile per risolvere l’inconveniente del trasferimento notturno. Una riflessione che mi è venuta da fare leggendo il tuo ultimo commento descrittivo di tutta la faccenda, mi sembra che tu stia cogliendo nel segno. Il bimbo probabilmente si sta affezionando a te, ed è assolutamente normale che lui possa avere bisogno di conferme del fatto che tu non sparisca o che tu riesca ad accoglierlo. Non può essere un caso che questo problema si stia acuendo proprio in questo momento in cui le cose sembrano prendere una piaga più positiva tra voi due. E’ importante in questa fase per lui arrivare a capire di potersi fidare di te e che la tua presenza non incrina il suo rapporto con il padre. E’ un problema complesso per noi adulti, puoi immaginare quanto sia difficile per un bimbo di 8 anni! Una cosa che può aiutarvi è la play therapy, che ha moltissime forme di applicazione, ma che può iniziare da quello che ho descritto qui: https://genitoricrescono.com/play-therapy-applicata-vikingo/. Potete praticarla in coppie, ossia solo te e lui, o solo lui e il papà, oppure in 3. L’importante è che sia un momento riconoscibile e predicibile. Deve sapere in quale momento della giornata avviene, quali sono le regole e la durata, o anche se avviene una sola volta la settimana. La ritualità aiuta a dargli un senso di sicurezza, di un qualcosa su cui può contare.
Leggi anche gli articoli collegati: https://genitoricrescono.com/tag/play-therapy/
Spero anche io che lui non proponga che tu vada a dormire in garage 🙂
Serena, grazie. Il problema è che varie volte – fra il serio ed il faceto – il bambino ha chiesto perche’ non puo’ dormire lui col papà ed io in un’altra stanza. In questi casi che si fa? gli si concede questa cosa come “premio” una volta alla settimana? oppure non si deve cedere affatto? per me andrebbe pure bene, sporadicamente, a patto di addormentarmi in un altro letto dal principio, e di non essere svegliata di notte.
Raga’ la situazione è questa, così avete tutti gli elementi:
– quando vivevano tutti insieme abitavano nella casa 1.
– Alla separazione l’hanno subito venduta, e sono andati in affitto nelle case 2 e 3.
– l’anno scorso il papà ha deciso di voler comprare casa, la casa n. 4
– la mamma sta adesso per trasferirsi nella casa n. 5 perche’ la n. 3 è costosa.
Premesso che io non trovo molto equilibrato il fatto che questi pargoli debbano spostarsi (vi assicuro: gente che ha fatto 4 figli con 4 padri diversi c’ha la fila fuori alla porta dei genitori che si vanno a prendere i figli a settimane alterne: ma che è sta schifezza???), quindi oggettivamente capisco la difficoltà.
Ora questo bimbo ha vissuto per 3 anni avendo i genitori (seppur a turni) in esclusiva per sé. Per il papà non è mai stato un problema accogliere il figlio nel letto, anzi a volte – come forse ho scritto – era LUI a proporgli di dormire insieme (sebbene neonato in fasce l’avessero spedito a dormire in camera da solo come si usa qui! un minimo di coerenza, cacchio!).
Non c’è dubbio che la mia presenza in casa sia per lui elemento di novità e disturbo, ma la cosa che trovo piu’ strana è che queste “crisi” siano diventate piu’ frequenti in un momento in cui io comincio a parlare qualche parola nella sua lingua, e quindi cominciamo ad avere anche dei piccolissimi momenti tutti per noi. Il bambino è molto chiuso (ovviamente! vorrei vedere chiunque!) e non è facile al contatto fisico con gli adulti, ha molto pudore. Anche col papà, i baci e le carezze deve essere lui a cercarli. Ebbene ultimamente capita sempre piu’ spesso che venga a fare anche giochi fisici con me, tipo la lotta sul letto, oppure si viene a sedere in braccio se sono su una sedia particolare. Da qualche giorno capita pure che se non sente la mia voce viene in camera per vedere se ci sono o meno… insomma…. io in qualche situazione temo che lui abbia paura di essere abbandonato… perche’ questo bambino pensi questa cosa non lo so, visto che da quando sono qua cerco sempre di fare in modo che quando il papà è via dal lavoro non abbia altre incombenze, così puo’ dedicarsi al bimbo al 100%… Ora corro a leggere l’articolo ^_^
La casa grande è più scomoda ma credo incida poco, forse le prime volte, che deve abituarsi, ma non è piccolissimo, qualche metro in più non dovrebbe creare disturbo (se non si parla di due piani da farsi, ecco). Ma la casa dove abitava prima della separazione era quella della mamma? Se è così, può darsi che lui là si senta sicuro perché in fondo ci è sempre stato, anche se ora alterna, mentre quella del papà è nuova, anche se è passato tanto tempo resta sempre una casa diversa dalla “sua”, quella che è arrivata dopo che mamma e papà si sono lasciati. Tutte queste sono supposizioni, parto dall’idea che sua madre viva nella stessa casa dove è cresciuto, che lui si svegli solo a casa del papà, ecc…
Ovviamente se i risvegli ci sono anche a casa della mamma, non è la casa il problema. E si dovrebbe capire quando sono iniziati.Con la separazione? C’erano prima? Sono arrivati dopo? E’ successo qualcosa nel periodo in cui sono iniziati o subito prima? So che c’è da farsi venire il mal di testa, ma se si trova il motivo scatenante, si trova la soluzione.
Parlarne secondo me non fa mai male, anzi. A volte succede che la situazione tocchi il fondo quando si cerca di risolverla, perché la si vive più intensamente, però è anche la strada giusta per risolverla. Sicuramente sarebbe molto meglio che ne parlasse il papà con lui, ma se tra voi il rapporto è buono e c’è confidenza e accettazione, puoi farlo anche tu. Chiedergli come sta quando si sveglia, se ha paura, se ha avuto incubi, se si sente solo, senza suggerire niente, neutralissima, per dargli la possibilità di rispondere, deve capire che gli parlate non per il disturbo di averlo nel lettone, ma per capire cosa succede e per farlo stare meglio. Magari poi non sa aiutarvi, però saprà che lo accettate e che ci tenete.
Sicuramente per risolvere la cosa il papà deve rassegnarsi a qualche notte turbolenta, capisco che è dura, lo è anche per me, ma a volte devi fartene una ragione. Con un lettino in più di là, o anche andando direttamente nel letto del figlio (più scomodo ma più facile da organizzare), quando lui arriva, il papà lo riaccompagna e si ferma là con lui. Se questo basta a tranquillizzarlo, dopo qualche volta invece del letto il papi starà seduto su una sedia. E poi lo riaccompagna e lo saluta.
Se tutto è normale, funziona, quando anche noi siamo passati dal “una volta ogni tanto” al “tutte le notti senza deroghe” l’abbiamo fatto e ha funzionato. Però mia figlia dorme sempre nello stesso letto, stessa stanza, e non soffre più di incubi. Per questo ti dico che è utile sapere se dalla mamma succede anche e se sono davvero incubi o è altro. Una soluzione non può risolvere tutti i problemi…
@Veronicq mi trovo in generale d’accordo con quello che ti suggerisce Daniela di fare. Aggiungo solo una considerazione: ad 8 anni è perfettamente in grado di sostenere la conversazione il giorno dopo a cena. Non solo, ti propongo di riflettere su un approccio di collaborative problem solving che ho descritto in un post a proposito delle esplosioni di rabbia, ma che è facilmente adattabile ad una situazione come questa. Leggi qui: https://genitoricrescono.com/competenze-aggressivita-esplosioni-rabbia/
In pratica nel vostro caso si tratta di sedersi a tavolino e dire una cosa tipo: “ho notato che a volte la notte ti svegli e ti trasferisci nel lettone. Che succede?” partendo dal chiedere a lui di chiarire il problema. Una volta capito quale è il suo problema (ad esempio potrebbe dire che lui ha paura) fate chiarezza su quello che è il tuo problema,ad esempio “io quando tu ti trasferisci nel nostro letto non riesco a dormire”. A quel punto trovate insieme una soluzione che sia compatibile con entrambi i problemi. Prova a leggere il post che ti ho linkato, e in caso continuiamo la discussione nello specifico su quel post. Fammi sapere che ne pensi.
daniela scusa, una precisazione: dalla mamma lui vive in un piccolo appartamento, e le stanze da letto sua e della mamma sono vicine. Qui la casa è molto grande, e fra la nostra stanza e la sua ci sono di mezzo una grande cucina ed un soggiorno. Quindi mi rendo conto che oggettivamente il bimbo si puo’ sentire “lontano”. Tuttavia non esistono altre possibilità di “redistribuzione” delle stanze da letto… quella dove siamo ora è davvero l’unica nella quale c’entra agevolmente il letto matrimoniale. Ho provato a lasciare accesa – oltre che la lucina nella sua cameretta – la luce nel pezzo di corridoio sul quale affaccia la sua stanza: un disastro! si è svegliato ancora piu’ terrorizzato, magari avrà pensato che fosse entrato qualcuno!
Il problema è: io non parlo la lingua, ed il papà quando il bimbo si sveglia non è molto efficace, diciamo. Credi che possa essere utile magari affrontare l’argomento il giorno dopo a cena (è il primo momento utile) con domande tipo “ma che è successo? che hai sognato? ecc.”, o si rischia di suggestionarlo ulteriormente?
Grazie
Guarda Daniela: è sempre lui che viene, e la cosa che mi mette in allarme è la frequenza. se fosse, come descrivi tu nella tua famiglia, una volta ogni morte di papa, lo accoglierei pure io senza problemi. ma il punto è che se lo accogliamo una notte, lui vuole venire tutte le notti, o addirittura chiede di addormentarsi proprio nel nostro letto. Come ti dicevo la sua stanza è un po’ lontana dalla nostra (anche questa a mio avviso una scelta criticabile, ma non ho avuto voce in capitolo al momento dell’acquisto della casa, perche’ stavamo insieme da pochissimo).
Per sapere cosa accade dalla mamma, cercherò di indagare. Quando si sveglia di notte, come vi dicevo, il papà è in una fase di mezzo sonnambulismo, e non è che faccia granche’ di conversazione con il bimbo. comunque in linea di massima il bambino dice che ha fatto un brutto sogno, ma io vedo la differenza fra quando è DAVVERO spaventato e quando no. In effetti pure io ho pensato che per una settimana dovremmo provare a “svezzarlo” allestendo un letto di fortuna per il papà nella stanzetta del bimbo qualora si svegli di notte, così puo’ allo stesso tempo essere rassicurato sul fatto che nella sua stanzetta non gli accade nulla ed il papà è con lui, ma possiamo anche fargli capire che di preferenza quello è il suo posto.
se riporto l’esperienza di vita di questo bimbo sulla mia, mi viene da dire che io alla sua età dormivo con in stanza il fratellino di 2 anni, quindi non c’è dubbio che l’essere figlio unico gli renda il tutto un po’ meno “digeribile”… Comunque voglio provare a monitorare quello che succede in modo piu’ serio, per capire se c’è una cosa specifica che lo disturba. Grazie a tutte…
Claudia, è vero che le cose da fuori si vedono con più lucidità, quello che dico io non è che Veronicaq sbaglia a cercare una soluzione, e soprattutto è giusto cercare un eventuale problema.
quello che contesto è fare allarmismi su una cosa che a me pare naturale come il cercare il lettone di notte, in senso generale, come è stato fatto (se a 8 anni succede, pare che non siano autonomi, che siano menomati, ecc…). Secondo me se un bambino è sereno, e di notte qualche volta si sveglia e cerca il lettone non ci vedo niente di patologico e non credo sia giusto demonizzare la cosa.
Se invece si torna alla situazione specifica di Veronicaq, allora sono d’accordo che può esserci qualcosa che non va, e in questo caso va risolto. Il fatto che lui stia una settimana qui e una là non crea automaticamente una situazione stabile, anzi, tempo di abituarsi e si cambia, capisco che sia la scelta migliore, ma è anche giusto prendere atto che per lui può essere difficile farci l’abitudine. Il fatto di sapere se dalla madre succede la stessa cosa o meno credo sia, però, essenziale: se si vuol dire che il problema non è legato alla settimana col padre, magari è legata al cambiamento continuo, o può essere un fattore completamente diverso. Se invece succede solo dal padre, c’è qualcosa da cercare lì, di più circoscritto.
Il pavor notturno l’ho passato per un periodo breve, ma da quel che so non dovrebbe provocare un risveglio e un “trasferimento”, il bambino urla spaventato nel sonno, ma non si rende conto di quel che succede, tant’è che il problema e il disagio ricade quasi completamente sui genitori che non sanno come consolarlo, mentre il bambino al mattino semplicemente non ricorda niente.
Ma a lui avete provato a chiedere cosa prova in quel momento? Se ha avuto incubi, se è spaventato, se semplicemente si sveglia e si sente solo… Soprattutto, non trovo se l’hai scritto, viene da voi da solo, o lui urla e voi gli dite di venire? Mia figlia a volte se si sveglia ci chiama, e siamo noi a dirle di venire nel lettone, da sola non è mai venuta. Nel secondo caso potete provare a far andare da lui il papà, piuttosto il papà si corica nel letto con lui, so che è scomodo e poco piacevole, ma se fosse solo per un po’ di tempo e bastasse ad abituarlo a stare lì…
Insomma, ci sono moltissime variabili, secondo me la cosa da cui partire è proprio circoscrivere il problema e rispondere alle domande principali: lo fa sia da mamma che papà? Ha paura o cerca solo compagnia?
Cara Claudia, ti ringrazio tantissimo e sono certa tu possa capire le mie preoccupazioni. Penso tu capisca anche le differenze di ruolo fra madre e matrigna.
Cerco di rispondere con ordine alle tue domande:
1) me lo domando anche io e non ne ho la piu’ pallida idea. La mamma è un tipo un po’ bizzarro, e se le diamo un dito si prende la mano e ce la troviamo a rovistare nei nostri armadi, quindi cerchiamo di limitare al minimo ogni contatto;
2) l’ora della sveglia è cambiata di recente. Prima si svegliava verso mezzanotte e mezza, ora capita verso l’una e mezza (quindi, vista la regolarità, io ricollego questo fatto DI BASE alla fine di una fase di sonno, al termine della quale o fa degli incubi, oppure semplicemente si sveglia e non è ancora capace di riaddormentarsi da sè). Vivo con loro da 4 mesi e per ora non è capitato che loro siano rimasti soli senza di me. Comunque ti posso dire che ad esempio se in vacanza dormiamo nella stessa stanza, il bimbo talvolta si sveglia di notte e chiama il padre, anche se il letto è attaccato al nostro. Mi pare che quando siamo in stanza insieme lo faccia in modo un po’ piu’ sommesso, meno impaurito per intenderci;
3) capisco quello che vuoi dire, ho letto che c’è un fenomeno che si chiama pavor nocturnus. ad essere onesta io non riesco a capire se quando viene da noi è sveglio oppure no! talvolta lo è, talvolta viene dormendo. La sua stanzetta è lontana dalla nostra, ma a me sembra talvolta che anche se non si sveglia parli nel sonno. la sillaba che sento io è quella che vuol dire “papà”, ma va’ poi a scoprire se dice così davvero oppure no. Comunque il padre è un po’ così pure lui: è capace di dirti delle cose mentre siete a letto, tu credi che sia sveglio e il giorno dopo non si ricorda una mazza. Comunque a me pare che il bimbo talvolta urli nel sonno, talvolta si sveglia prima. forse a spanne mi pare che quando è piu’ sveglio non urla, ma viene correndo, ma in modo “silenzioso” diciamo…
4) in realtà non mi è sembrato di cogliere una maggiore frequenza ad inizio o fine settimana. piuttosto direi che ci sono settimane tragiche dove si sveglia sempre, e settimane più tranquille dove magari non si sveglia mai. Queste ultime sono molto rare. L’ultima, quando si è svegliato ogni notte, è stata devastante pure per lui: l’ultimo giorno mi sembrava uno zombie! l’abbiamo volutamente fatto dormire piu’ a lungo, e ciononostante era esausto di primo mattino!
Mi sembrano ottime idee sia quella del diario, sia quella di dirgli di non urlare, in modo tale che possiamo contare quante volte è sveglio e quante invece dorme.
Credo tu possa capire quanto sia difficile non farsi mille domande e non torturarsi di continuo con un bimbo non tuo. E ti do ragione anche sulla lucidità che a volte ai genitori manca. Per dire: per un periodo il bimbo non mangiava il cestino del pranzo che gli davamo. Ad un certo punto mi sono incazzata col mio compagno e gli ho chiesto se fosse cieco! allora abbiamo fatto insieme al bambino un disegno col menu’ settimanale ed abbiamo scoperto che quello che gli davamo di solito gli faceva schifo! se non fosse saltato il picchio a me, sto bambino stava digiuno ogni giorno dalle 7.00 di mattina alle 18.30 di sera. Solo perché qua seguono in maniera manichea la filosofia che i bimbi vanno lasciati liberi… ok la libertà, ma gli adulti serviranno pure a qualcosa. O no?
Cmq Claudia, grazie mille per i preziosi suggerimenti. Se spremi le meningi e ti viene in mente qualche altra cosa di quando sei andata a vivere col tuo compagno, altre cose che hai fatto per far capire al bambino che tu eri un “bonus” e non un nemico, fammi sapere.
@Daniela, in generale sono d’accordo con quello che dici sul tema sonno dei bambini, però: ormai ho esperienza sia come matrigna che come mamma e se è vero che alcune cose prima di avere figli non le capisci, ti garantisco che ci sono altre situazioni che quando le guardi dal di fuori sono molto più chiare che se le affronti dal di dentro, da genitore (giustamente) supercoinvolto in prima persona. È un pensiero inquietante per una mamma, lo so benissimo 🙂
@Veronicq, ho alcune domande:
1) questo svegliarsi urlando succede anche dalla madre?
2) succede anche quando al bambino è permesso di dormire nel lettone (se tu non ci sei, per esempio), sempre con le stesse modalità alla stessa ora?
3) quando dici che si sveglia urlando, intendi dire che prima si sveglia e poi si mette a urlare, oppure che urla nel sonno e poi eventualmente si sveglia? (sembra una domanda idiota, ma il figlio di mio marito, per dire, urlava e basta, senza nemmeno svegliarsi… dalle 5 alle 20 volte per notte… quando dico che ti capisco, dico davvero 😉 )
4) questi episodi capitano più spesso all’inizio della vostra settimana, o alla fine, o è indifferente?
Se fossi in voi cercherei innanzitutto di capire se ci sono cause scatenanti, eventualmente tenete una specie di diario per un po’ e annotatevi tutto, cosa ha fatto di giorno, cosa ha fatto prima di dormire, se ha guardato TV che roba era, cosa ha mangiato, ecc.
Poi cercherei come primo passo di convincerlo che se si sveglia di notte deve chiamare, non urlare. Questo potrebbe essere molto difficile se comincia a urlare prima di essersi svegliato, ma almeno vi fate un’idea di quanto ha la cosa sotto controllo. Se chiama però qualcuno deve andare (sveglia il tuo compagno 😉 ).
È lunga, lo so! A te consiglio degli ottimi tappi per le orecchie 🙂
guarda, io forse non mi spiego bene.
Tu dici che il bimbo si sveglia in una stanza non sua… non è esattamente così, non viene da noi ogni morte di papa. Il bimbo sta con noi una settimana sì ed una no, quindi in un certo senso anche questa è casa sua. Si può condividere questo metodo o meno, ma questo c’è e questo ci dobbiamo tenere. Quindi, nonostante il bimbo viva la metà delle sue settimane qui, capitano settimane tremende nelle quali si sveglia OGNI NOTTE, SEMPRE ALLA STESSA ORA, ed ogni notte vorrebbe dormire con noi. Sfido chiunque a non perdere le staffe! soprattutto se avete il sonno leggero e state pure voi cominciando una nuova vita, con una nuova lingua da imparare ed un lavoro da inventare da zero…
Il papà lo riaccompagna praticamente sempre. Diciamo che a volte siamo stati colti impreparati perché eravamo troppo addormentati, e quindi non abbiamo dato una continuità al nostro proposito, ma la regola di massima è che lui torna nel lettino.
Quello che io vorrei capire, poiché sono meno stronza di quello che sembra: perché il bimbo non viva il fatto di stare nella sua stanza come una sconfitta ed un rifiuto, in che modo si può affrontare l’argomento? Per esempio ultimamente ci chiede spesso “cosa fate voi, ora che io vado a letto?”, come se temesse che noi facciamo delle cose fantastiche quando lui non c’è e che quindi lo vogliamo escludere da chi sa cosa. Allora io gli ho disegnato un piccolo fumetto con tutte le azioni che facciamo quando lui va a nanna, così vede che sono infallibilmente sempre le stesse, ed abbiamo letto questo fumettino dopo la storia d’ordinanza prima di andare a nanna.
Che altre idee vi vengono in termini di rassicurazione, al di là del fatto tecnico che lui vada scortato ogni volta in camera sua? questo io voglio capire, perché magari persone diverse hanno più o meno fantasia e possono elaborare delle soluzioni alle quali tu da solo non arriveresti. Grazie in anticipo a chi avrà la pazienza di rispondermi. Non ho altri figli, e quindi non posso che confrontarmi volentieri con l’esperienza di altre mamme e papà…
Veronica, l’handicap è degli adulti! Mia figlia dorme tranquillamente dalle nonne, per ora, e non avrà problemi a dormire fuori. Non sono stupidi, sanno adattarsi! Il figlio del tuo compagno sta cercando una rassicurazione, si sveglia di notte in una casa che non è sua, non è cosa da poco, e in ogni caso non ci vuole molto, l’hai detto tu stessa, è il tuo compagno che è in difetto qui. Io non ce l’ho con i genitori che “lavorano” per abituare un figlio a stare nel suo letto, se le cose degenerano lo faccio anche io, io ce l’ho con chi fa terrorismo “dorme nel lettone quindi non è sano!”. Parlare di handicap poi mi sembra eccessivo.
Nel vostro caso l’unica è che il padre faccia il padre, lo svegli, gli dici che non riesci a dormire, e se è il caso cambi letto e capisca. Tocca a lui alzarsi, riportare il figlio in camera, stare con lui, una, due, 10 volte anche se serve all’inizio. Un bambino di 8 anni che cambia stanza e letto, e cerca il genitore, non ha nessun problema se non quelli che gli creano gli adulti (ambiente diverso, letto diverso, casa diversa…). Ma lui non vuole partecipare a quegli eventi o sono i genitori ad avere paura? Io lo farei andare, mai sentito di un bambino che ha problemi solo perché va nel lettone, mia nipote è più grande di lui, se si sveglia qualche infilata nel lettone la fa (ma sempre più rare, e ha meno di 15 anni, credimi, c’è speranza) ma nessuno si è mai fatto problemi per una notte dall’amichetta!
Daniela, scusami… ma io non voglio pensare di avere un bimbo nel mio letto fino al compimento dei suoi 15 anni. Quindi la mia domanda è molto precisa: io non riesco a dormire in questo modo ed il mio compagno non vuole che io dorma in un’altra stanza. Per contro capisco che se il bimbo viene è perche’ ha una situazione un po’ turbolenta nella sua vita.
COSA si puo’ fare durante il giorno perche’ il bambino trovi gradatamente una sua serenità? in che modo si affronta l’argomento (se si affronta verbalmente) col bambino?
Poi tieni presente che qui gli altri bambini della sua età spesso partecipano ad occasioni di scuola o di sport dove dovrebbero dormire tutti insieme fuori la notte. Il mio figlioccio ovviamente non puo’ partecipare, perché temiamo che si svegli spaventato nel cuore della notte e voglia tornare a casa! quindi sì, un handicap se lo sta creando.
E sì, nel paese dove mi trovo io i bimbi vengono trattati da piccoli adulti, cucinano e maneggiano oggetti pericolosi come non ho mai visto fare in Italia. Quindi forse un po’ di armonia sui vari fronti ci vorrebbe…
Appunto, fino a 12 o 15 anni. Poi che fanno? Ditemi, evaporano? O crescono? 😉 A parte che il/la compagna in questione dovrebbe essere il padre o la madre, se ha problemi col figlio li risolva. E se non è il padre o la madre, a parer mio non può capire sul serio.
Io ne ho conosciuti di figli che hanno dormito nel lettone. Non è che si accoccolano lì attaccati a mamma e papà, spesso si trasferiscono di notte. Poi crescono e passa, avete presente quell’età in cui se ti avvicini per un bacio quasi vomitano schifati? Ecco, lì, se non sbaglio arriva per tutti 🙂
Si, lo so, la sto prendendo sul ridere, è che mi sembra davvero che stiamo andando sul drammatico. Cioé, a 8 anni gli diamo le chiavi di casa? Li facciamo cucinare? Li lasciamo uscire di sera? No, perché sono bambini. E allora? E allora lasciamoli essere bambini. Poi se la mamma e/o il papà hanno problemi a tenerli nel lettone (e faccio parte della categoria, ma perché poi difendo sempre gli altri…) si comporteranno di conseguenza, ma io non riesco proprio a capire come si possano vedere cose tanto gravi nel caso contrario.
Comunque mia figlia, 6 anni, ogni tanto di notte arriva ancora nel lettone. Io e il mio compagno non solo non ci stiamo lasciando, ma abbiamo una bellissima intesa, sotto tutti i punti di vista, e una vita matrimoniale un po’ caotica, e con poco tempo, ma direi piuttosto soddisfacente 🙂 Certo che se iniziassi a pensare che sto creando gravi disturbi a mia figlia cambierebbe un po’ la cosa…