Sono inciampata nel mio primo amore d’estate.
Quattordici anni io, sedici lui. Nati a Roma, entrambi originari di un piccolo paesino di una provincia marchigiana, ci siamo conosciuti lì. Eravamo in villeggiatura dal casino della capitale, immersi nei compiti per le vacanze, nelle nostre origini e nel fresco della montagna d’agosto.
Occhi color menta, i suoi. Gli occhi verdi mi hanno sempre fatto impazzire, un giorno Dio dovrà spiegarmi il perché.
Lui non era bello nell’accezione classica del termine, ma ci sapeva fare da matti e non solo con me.
Non era bello, ma nei suoi occhi potevi perderti come in quei prati immensi colmi di tinte profumate. Pascoli smisurati, dove le spine dei cardi lì per lì non le vedi. Te ne accorgi dopo, quando il colore dei fiori smette finalmente di ubriacarti.
Era poco più alto di me, eppure mi chiamava piccoletta. Mi guardava come se fossi fatta di nuvole, e io gli ho creduto. Mi ha detto “ti amo” due giorni dopo che ci siamo scambiati il primo bacio. Un bacio vero, di quelli che dividono la vita a metà. Da una parte il mondo, dall’altra noi due.
Un bacio per tutta la vita, e quella vita è durata meno di due mesi, il tempo che sfiorissero i papaveri. Mi piaceva guardarli insieme a lui.
Era estate, il sole picchiava duro sui nostri sorrisi, benediceva le nostre carezze innocenti. Io portavo i capelli cortissimi, lui li aveva lunghi e ci ridevamo tanto su questa cosa. Io ero bellissima, così diceva lui, avevo gli zigomi rotondi da bambina e i seni già da donna. Ero il suo amore per sempre.
Mi ha detto “ti amo” due giorni dopo avermi conosciuta, mi chiedeva sempre se l’amassi anch’io. Lo pretendeva, quel ti amo. Io lo adoravo con la dolcissima ferocia dei miei pochi anni, ma non sono mai riuscita a dirglielo. Lo pretendeva, però non gliel’ho mai confessato. È stata la mia unica vittoria su di lui.
Eravamo molti simili, noi due. Disegnava bene, proprio come me, inventava storie divertenti, ballava da Dio. Esattamente come me. Sapeva tener banco con gli amici, alle sue barzellette ridevano tutti. Era irresistibile, e anch’io lo ero. Però mi infilavo spesso in un angolo, lasciavo che fosse lui a godersi tutti gli applausi. Le barzellette sapevo raccontarle meglio di lui, e certe volte lo facevo anche. Ma il mio compito era essere bellissima, se per caso fossi più brava di lui in qualcosa non aveva grande importanza.
Sono dovuta tornare a Roma per qualche giorno. Al mio rientro, mi aveva già tradita un paio di volte. Me l’hanno detto a settembre gli amici, ovviamente non lo sapevo. Io, la sua piccoletta. Dimenticata in un soffio per occhi e labbra neanche più belli dei miei. I papaveri non erano ancora sfioriti, lui continuava a spalmarmi d’amore ma io già sparita dal suo cuore. Quelli come lui funzionano così.
L’ho amato di nuovo per anni, sempre d’estate. Ci ricascavo ogni volta, anche se lui era ormai ufficialmente fidanzato e a un passo dall’altare. L’abbiamo fatto un sacco di volte, disegnare insieme intendo, mi faceva sentire incastrata a lui più che farci l’amore.
Non gli ho mai dato il mio corpo, tutto il mio cuore e la mia dignità mi sembravano già abbastanza. Ha mollato la sua ragazza pochi giorni prima di sposarla, lei non l’ha mai perdonato.
Poi ho incontrato un paio d’occhi neri. Non mi hanno detto “ti amo” due giorni dopo essersi posati suoi miei, ci sono voluti mesi per questo. A loro, soltanto a loro, ho donato il mio corpo e il mio cuore, tanti anni dopo anche un figlio. L’ ho scoperto proprio d’estate, quando le magliette e i costumi tiravano forte sul seno, la cioccolata mi dava la nausea e io non riuscivo a capire il perché.
E sempre d’estate, quasi trent’anni dopo il nostro primo bacio, uno sguardo color menta mi ha chiesto scusa per avermi lasciata andare. Stupidamente, per il gusto di raccogliere in giro tutti gli applausi possibili. Perché una come me non si incontra tutti i giorni, perché è da pazzi lasciar andare una come me. Me l’ha confessato solo dopo aver finalmente sofferto per una donna, prima non ci sarebbe mai arrivato. Ai tipi come lui occorre una tranvata di quelle potenti per farli rinsavire, riconoscere l’enormità del proprio ego e abbassarsi ad ammettere un errore.
La faccenda non mi ha poi regalato questa grande soddisfazione. Eppure, nei miei momenti più sciocchi, io tiro fuori quell’attimo e lo respiro avidamente. La mia piccola rivincita, una minuscola contropartita per ciò che ho subìto – o meglio – per quello che ho voluto subire in tutti quegli anni.
Gli occhi verdi mi hanno sempre fatto impazzire, spero che un giorno Dio vorrà spiegarmi il perché.
Sono e rimarranno il mio primo e ultimo amore, accade le rare volte in cui mi affaccio sorridendo allo specchio e mi trovo ancora bellissima. Gli zigomi rotondi da bambina vincono sul riflesso dei miei seni da donna, le rughe si fanno da parte e io so disegnare bene, ballare da Dio e raccontare barzellette.
L’estate dei miei occhi verdi torna in un attimo, ma adesso non fa più così male.
(foto credits @ Jenny Downing )