Durante il mese di luglio abbiamo ricevuto una email da una nostra affezionata lettrice che mi ha gettato nello sconforto. Il figlio di Marzia è un bambino amplificato. Chi segue questo blog dai suoi inizi sa che nasce proprio dal confronto tra due mamme di bambini amplificati, e di email come questa io e Silvia ce ne siamo scambiate non poche. Un bambino impegnativo richiede un livello di attenzione costante da parte del genitore, a volte ti passa la voglia di lottare e ti chiedi cosa hai fatto di male. L’unica via di uscita e di avere intorno persone che capiscono perfettamente come ti senti, e che riescono a ricordarti che non sei sola/o, e che tuo figlio non è un teppista, ma un bambino fragile. Marzia ci chiede aiuto per rispondere alla domanda: Esiste un modo per accettare e basta? Per amare e basta? Noi non siamo state in grado di risponderle, e per questo abbiamo deciso di chiedere il vostro aiuto, dedicando questo mese al tema dell’accoglienza.
Io sono appena rientrata da una decina di giorni al mare con Nano e ovviamente le mie, seppur limitate, aspettative non si sono proprio avverate. Le vacanze per me sono un momento molto delicato, quando hai un bambino così particolare non puoi avere delle aspettative alte, speri di avere un po’ di tempo esclusivo, senza impegni, pieno di attenzioni reciproche, così da ricaricarti. E’ stato così solo in parte ma ho avuto un po’ di tempo per pensare ed elaborare quello che in qualche modo posso definire il mio “lutto” (perdonate il termine troppo forte).
Per tutto il mese di giugno ho seguito i temi così difficili che avete trattato e letto il coro di risposta così straordinario che avete ottenuto. Cosa ho a che fare io e la mia perfetta e desiderata gravidanza con con le storie di madri mancate, tentate, in lotta, in disperazione per bambini non arrivati? Come posso soffrire io così tanto dolore potendo guardare mio figlio ogni giorno? Come posso provare “fatica” nell’amare l’essere umano per me più importante? Eppure è quello che provo, non è uno “sbrocco” irrazionale ma la constatazione di un dato di fatto. Insomma, non soffro di depressione, sono una persona intelligente a tratti persino brillante, ho un lavoro discreto, ho un matrimonio solido con un uomo che amo da più di vent’anni, ho una famiglia che ne ha passate tante ma resiste … eppure talvolta odio mio figlio per la sua capacità di interrompere costantemente questa potenziale serenità. [pullquote]eppure talvolta odio mio figlio per la sua capacità di interrompere costantemente questa potenziale serenità.[/pullquote]
So che non è colpa sua, che sono io l’adulto che deve aiutarlo a transitare verso l’età adulta, eppure in alcuni momenti ho bisogno di distaccarmi, di “sospendere” l’amore e il dolore, di dire almeno a me stessa che sono stanca, stanchissima di essere sua madre.
Ho iniziato la vacanza leggendo “Disciplina. Un gioco da ragazzi.”. Molto intelligente ma come lo applico? Vedete io non ho un bambino di 5 anni e 1/2 ma due, uno di 2 anni e uno di circa 10; solo che convivono nello stesso corpo e non so mai chi uscirà fuori alla prossima sollecitazione. Quando lo vedo in mezzo agli altri bambini questa sua peculiarità diventa la fonte di un’angoscia immensa, del terrore di essere inadeguata a rispondere alle sue necessità. [pullquote]Quando lo vedo in mezzo agli altri bambini questa sua peculiarità diventa la fonte di un’angoscia immensa, del terrore di essere inadeguata a rispondere alle sue necessità.[/pullquote]
In spiaggia c’erano almeno una cinquantina di bambini divisi tra l’animatrice, i castelli di sabbia, i tuffi in acqua … tutti normalmente soddisfatti di essere all’aria aperta e liberi. Ma non Alex. La vacanza l’aveva scelta lui, felice di tornare nel solito posto dove veniamo trattati da amici e non da clienti. Alla partenza pareva galvanizzato … ma poi la novità si è scontrata con il mondo esterno: la sabbia era fastidiosa, il mare o sporco o freddo, dall’animatrice si nascondeva, gli altri bambini li ignorava o li affrontava in modo inadeguato per la sua età. Un momento dovevi “assolutamente” portarlo in braccio fino in strada e l’altro lo vedevi impegnato a fare enigmistica sullo sdraio. Diamine! So che è moralmente scorretto ma ho desiderato di essere la madre di uno di quei 50 bambini almeno per qualche ora, almeno il tempo di riprendere fiato.
Il vicino di ombrellone era un maestro elementare e mi faceva i complimenti per lo sviluppo intellettivo di Alex. So che a tratti sembra un piccolo genio ma non ci trovo nulla di positivo se il prezzo da pagare è quello di essere unici e infelici. Perchè lui è dannatamente crucciato, perennemente arrabbiato o annoiato, invadente al limite del molesto, incapace di godersi le piccole gioie quotidiane… e io non so come aiutarlo! Ci ho provato pensando e leggendo molto, ci ho provato andando d’istinto. Ora so più cose, grazie a voi, sul temperamento, ma la definizione di amplificato non riesce comunque a completare il quadro.
Non è giusto che io riesca a ricordarmi i singoli attimi in cui sono stata bene con Nano, non è giusto che io possa contare i momenti di svago e vacanza definibili come tali, non è giusto che io mi fermi davanti alla porta di casa ogni sera temendo cosa mi attende dall’altra parte. Non è così che voglio viverlo. Io voglio AMARLO! Io voglio essere FELICE di stargli accanto, voglio sentire la FORTUNA di averlo con me. [pullquote]Non è così che voglio viverlo. Io voglio AMARLO! Io voglio essere FELICE di stargli accanto, voglio sentire la FORTUNA di averlo con me.[/pullquote]
A volte mi metto accanto a lui mentre dorme, bellissimo e finalmente sereno, lo accarezzo e piango tutte le lacrime che nascondo al mondo.
Continuo a ripetermi che devo accettarlo per quello che è. Che l’amore e la maturità vinceranno. Eppure nell’anima sento tanta solitudine, sento di non poter davvero condividere il peso che porto con nessuno. Ho smesso di quardare gli sguardi di compassione delle mamme che lo vedono passare da un estremo all’altro, capisco il loro sconcerto perchè è anche il mio. Forse non ho avuto ancora la fortuna di incontrare qualche “esperto” capace di aiutarci senza darci “una cura”. Non voglio che mio figlio faccia sedute di analisi, non voglio che diventi qualcosa che non è ma che faccia uscire tutto ciò che di buono ha.
Applicando gli ottimi consigli dei vostri post e dei libri recensiti dovrei riuscire a trasmettergli abbastanza sicurezza e amore da farlo sentire sicuro e collaborativo. E a dispetto di tutto continuo a provarci, riuscendo a mettere un piccolo mattoncino ogni tanto. Ogni tanto è un po’ poco però.
Mio marito sostiene che occorre avere pazienza, che crescerà e imparerà a gestirsi, ma poi anche lui perde la pazienza.
Esiste un modo per accettare e basta? Per amare e basta? Per non far vincere la paura del futuro?
Scusate la sbrodolata e grazie se mai potrete darmi una risposta. Se esiste sono certa che voi siete le uniche in grado di farlo.
Un abbraccio a voi e ai vostri cuccioli.
Marzia
Mi colpisce il commento di Deborah. Non e’ la prima persona che mi parla di essersi innamorata del proprio figlio. Una specie di imprining. La invidio. Io non ce l’ho avuto. Voglio bene a mio figlio e lo difenderei contro tutto e tutti ma questa emozione nei suoi confronti non la sento.
A differenza di quanto dice Deborah per me e’ un privilegio poterlo educare! Trasmetto al mondo la mia eredita’ culturale che aggiunta alla sua ne formera’ una nuova. Meraviglioso.
Anche io a volte mi chiedo perche’ ogni volta che si tenta un approccio al figlio che possa mitigare alcuni comportamenti, questi funzionino solo per una volta. Rimedi usa e getta! Ecco… La mia risposta e’ che forse non ce niente da “guarire” in mio figlio
Il mio commento è necessariamente marginale perché mia figlia per il momento pare serena e socievole (siamo al 2° giorno d’inserimento nido e mi ha dato le spalle per studiare il nuovo ambiente, lasciandosi imboccare dall’educatrice). Vederla così per me è sempre stata la cosa più importante, vorrei insomma continuare a vederla serena e sicura, che fosse una persona forte e non si struggesse di insicurezze… come i suoi genitori. Dentro di me mi sono messa nell’ottica di non mortificarla, sulla base della mia esperienza di figlia mi sono imposta di evitare alcune cose che associo a brutti ricordi: se dico di ‘no’ o devo correggere un comportamento, cerco di tenere un tono di voce neutro e non alzo mai le mani.
Ecco, mi domando se questo mio desiderare forza e serenità non rischia di diventare una pretesa, e di mettermi due belle fette di prosciutto sugli occhi. Sarei delusa se mia figlia si dimostrasse un giorno debole di carattere? Arriverei a preferire una figlia prepotente? Poi mi dico “Una cosa per volta” 😀
p.s. Ho divorato il vostro post sull’intelligenza emotiva, e ho intuito che ho un sacco di cose da imparare 🙂 ma soprattutto mi sono tornati in mente alcuni episodi di quando ero bambina a cui ho saputo meglio dare un nome. Non mi rimane che acquistare il libro 🙂 Non c’è niente come diventare genitore per capire veramente tutto l’impegno che ci hanno messo i tuoi genitori con te. D’altra parte mi sembra che per fare questo “lavoro” al meglio, l’unica strada sia partire da quello che a noi è mancato.
La mia piccola ha 6 mesi e ho delle aspettatibvve per lei, so che alcune verrano deluse, ma pensa sia una cosa normale che accomuna tutti noi genitori.
Forse faccio un intervento inadeguato, però volevo portare la mia esperienza. Mia figlia , ora ha 5 anni.Quando è nata mi sono innamorata di lei. Quest’amore continua tutt’oggi inalterato, è un amore che richiede grande impegno, che però non definirei fatica, è un amore che richiede a volte delle pause per ritrovare lo stesso entusiasmo, ma è un amore anzitutto incondizionato. Di lei accolgo con tenerezza i difetti e con orgoglio i pregi. A volte litighiamo, anche forte , ecco, ma poi facciamo sempre la pace. E delle volte non la sopporto proprio, così diversa da me, così esuberante, invadente, così fisica..però mi arricchisce anche la sua diversità e quando torno dal lavoro so che non avrò più un minuto per me, ma non vedo comunque l’ora di rivederla.
So già che non ne uscirò mai, avviluppata nelle spire della sua seduzione.
Lei è bellissima. Unica. Come ogni bambino. Poter vederla crescere è un privilegio.Educarla ad essere una persona, un essere umano, è un dovere.
Sono sconcertata dai alcuni dei commenti che ho letto. O vi sono dei motivi clinici che rendono un bambino bisognoso di un aiuto diverso e ulteriore rispetto a quello dei geitori o vi sono genitori che forse erano troppo ottimisti circa il crescere i figli 😉
Bellissimo il post e bellissimi i commenti che fate.
Mi sono rivista in moltissime delle vostre descrizioni.
La stanchezza, lo sconforto ma anche il non volersi arrendere, il cercare di aiutarli. Spesso, e purtroppo con intervalli sempre più ravvicinati, mi sento svuotata. Anche io con la mia piccola peste sto provando con le emozioni, abbiamo preso un cd-rom “come aiutare i bambini ad esprimere le emozioni” della erickson e lavoriamo con quello.
I risultati nell’immediato sono stati ottimi, abbiamo passato una settimana fantastica! abbiamo riiniziato a scherzare e non c’era più la tensione di sempre ma ora (alla seconda settimana!) è tutto svanito.
Io sono sicura che la chiave siano le emozioni (o forse cerco un appiglio) la storia delle palette colorate piace tanto anche a me e la proverò come continueremo con il cd perchè quella settimana “normale” non sia solo un miraggio irripetibile.
A mio figlio ho proposto palette e faccine e il risultato è sempre stato lo stesso. Niente. Non gli interessa minimamente comunicarmi il suo stato d’animo. Ha torto? Ha ragione? E’ così. Partiamo da un presupposto: qualunque cosa facciamo agli occhi dei nostri figli è quasi sempre sbagliata. Sbagliamo il tono di voce, le iniziative, le regole. Perchè i nostri figli hanno carattere. Non giusto. non sbagliato. Carattere e basta. Loro vogliono plasmare il mondo come piace a loro. Sognano e si impegnano. Loro vedono i loro fallimenti quando si voltano e vedono la disapprovazione sul nostro volto. Ha svuotato il flacone di sapone perchè voleva far luccicare il rubinetto? Noi pensiamo al fatto che ha svuotato il flacone ed è riprovevole per tanti motivi, lui voleva solo mostrarci che cosa è in grado di fare quando si impegna.
Chiediamo ai nostri figli impegno 24 ore su 24. Chiedo a mio figlio di balzare giù dal letto felice di andare a scuola. Gli chiedo di stare attento alle lezioni, di scrivere bene, di uscire da scuola col sorriso, di rimettersi a studiare nello stesso giorno se è necessario, di mangiare per bene, di andare a dormire quando glielo dico io. Siamo dittatori ai loro occhi. E ai nostri loro sono tiranni, che vogliono sempre imporre la loro volontà. E’ una guerra a tutti gli effetti.
Esiste un equilibrio? Forse no perchè siamo i loro genitori. Nostro compito è insegnarli cos’è bene e cos’è male nella nostra società, cosa ci si aspetta da loro una volta diventati adulti. E gli chiediamo di fare le prove generali adesso. Credo esistano solo tregue.
Dove finisce l’educazione e subentra il carattere? Non lo so. Tento. tutti i giorni di capirlo. E’ questo che ci rende brevi genitori, anche se i nostri pargoli vorremmo fossero figli di qualcun altro. Eppure i messaggi passano. Eppure le fatiche vengono ripagate.
Mio figlio non riesce a memorizzare una poesia se deve leggermela ad alta voce. Io non voglio essere un’altra maestra e interrogarlo se la sa. La leggiamo insieme. Gliela leggo solo io. La imparo io a memoria e gliela ripeto mentre andiamo a scuola, mentre ci mettiamo il pigiama la sera. e lui la sa quando è ora di saperla.
Studiamo con internet, stampo fogli, gli compro le riviste, coloriamo insieme i compiti. Uso ogni mezzo per far passare i messaggi, perchè solamente dirglieli non è sufficiente a mio figlio. Deve viverli.
Tento tutti giorni. Sono stanca? No, sono esausta. Tutte le mattine mi aggrappo all’illusione che tutta questa fatica sarà ripagata quando mio figlio sarà un adolescente e magari non mi darà problemi che avranno altre famiglie con figli più gestibili ora. I figli si ribellano. I nostri figli hanno deciso di farlo adesso.
Grazie per tutte le vostre osservazioni. Terrò a mente i libri consigliati (Gottman in realtà l’ho già letto almeno 3 volte ..) e gli spunti di riflessione. Mi sono chiesta spesso se Alex non fosse solo il risultato di una cattiva educazione, poi ho dovuto in parte assolverci perchè un capriccio è un capriccio, l’assoluta incapacità di riconoscere e gestire i sentimenti nasce da qualcosa di più profondo. Ovviamente a volte faccio cose sciocche come prendere in braccio un bambino la cui età non lo richiederebbe ma devo scegliere le mie battaglie, i metodi di SOS Tata (spesso invidiati) devono essere tarati alle tappe che piano piano dobbiamo raggiungere.
Mi sono anche chista se la mia fosse una forma di orgoglio ferito, volevo il figlio perfetto e ora non riesco a rassegnarmi. Forse all’inizio, ora so che non “posso” accettare mio figlio così com’è ma devo aiutarlo a riconoscere le sue emozioni per riuscire a fargli vivere una vita sociale soddisfacente. PER LUI. Se mio figlio fosse solo un solitario, in pace con se stesso, per me andrebbe bene. Ma Alex non è sereno, guarda il mondo con desiderio ma poi rinuncia, soffrendo. E soffre in modo esplosivo, con noi. Non mi interessa dare un nome a questo suo sviluppo disfunzionale, mi interessa portare un pò di serenità in lui e nella nostra relazione.
Proprio ieri parlavamo con la giovane psicologa che stiamo frequentando e lei, tra serio e faceto, mi ha fatto tornare al primo anno di vita di Alex quando una grave forma di reflusso lo faceva vomitare anche 30 volte al giorno. Mi ha fatto notare che la naturale relazione con il cibo e la “mamma cibo” non poteva dargli molta tranquillità visto che poi ne seguiva una profonda sofferenza fisica.
Questo ovviamente non vuole spiegare nè giustificare nulla ma mi ha fatto pensare che anche l’immenso amore tra mamma e bimbo può venire “disturbato” da tanti fattori imprevedibili.
Io soffro per la “innaturalità” con la quale spesso vivo l’essere madre, il dover pensare sempre. Eppure solo così vado avanti. Ad esempio domenica abbiamo avuto una mattina terribile (porto ancora i segni della sua esplosione a forma di graffi)poi ho reagito e ci siamo messi a costruire e colorare delle palette, rosse gialle e verdi, da usare per comunicarci i nostri stati d’animo. Alex ha risposto in modo incredibile e la mattina dopo mi ha messo le mie palette nella borsa così quando tornavo dal lavoro potevo dirgli come stavo. Ho quasi pianto, ci credete?
Marzia quando scrivi “anche l’immenso amore tra mamma e bimbo può venire “disturbato” da tanti fattori imprevedibili” mi fai venire in mente un’altro punto importante. Quello dell’affinità di carattere tra il genitore e il figlio. Come ha scritto Claudia, lei lo riesce a capire perché anche lei è un po’ così. Lo stesso avviene a casa nostra. Mio marito è decisamente un adulto amplificato, e riesce a capire perfettamente il figlio, si immedesima con lui e con i suoi bisogni. io invece mi stanco solo a guardarlo muoversi in continuazione, ma non mi stanco solo nel senso fisico del termine: mi svuoto. E’ come se nel suo incessante movimento prosciugasse le mie energie. Per assurdo poi, mio marito pur capendolo, è quello che reagisce peggio di fronte alle sue crisi, perché diventa una situzione eccessiva anche per lui. Io invece mantengo il mio controllo emotivo e riesco ad aiutare il Vikingo molto meglio del padre. Questa complementarità tra noi è importantissima, ed è fondamentale prendere coscienza dei limiti dati dall’affinità o meno di carattere, per permetterci non solo di rispettare i figli, ma di rispettare se stessi.
Bellissima la cosa delle palette colorate a seconda dell’umore. Stavo cercando proprio una cosa così da provare con il Vikingo.
(e ci credo che hai quasi pianto!)
forse basta non avere troppe aspettative, perchè un figlio poi è come è, una persona unica diversa da chiunque altro, in ogni caso
o forse io non sento questo gran problema perchè sono un po’ amplificata anche io e quindi forse lo capisco meglio, mi rimane più facile entrare in sintonia con lui, o magari mi infastidiscono le stesse cose (per restare nell’esempio delle vacanze, provate a portarmi al mare… divento isterica… ed ho 30 anni, un minimo riesco anche a gestirmi, posso immaginare come sia difficile per un bimbo piccolo)
io ho iniziato a vivere meglio quando ho accettato che lui è così, come io sono così e mio marito è così, ognuno a nostro modo, ognuno con i suoi pregi e difetti. ora so più o meno cosa aspettarmi e quindi quando reagisce “male” non ci rimango troppo male io, perchè so che per lui è la reazione normale, ed anche un piccolo passo avanti verso il controllo e la maturità mi fa giorire
forse il problema vero è che non ci sappiamo accontentare e fatichiamo ad accettare che i nostri figli non sono perfetti
ma dovremmo ricordarci sempre che nessuno può essere perfetto, e va bene così
Ti leggo in un giorno che quasi ho le lacrime. uscita di casa per venire al lavoro col pensiero “basta, meno male che vado via, non ce la faccio, non la sopporto, o ho sbagliato io o sono sbagliate loro”.
Le amo, ma ci sono giorni che no, non ci riesco, non riesco ad accettarle.
Con la grande è difficile ma ce la faccio. Lei è quella impegnativa, quella che è bello stare vicino, ma devi esserci al 120% o sei fregata. E’ quella che se ti metti a letto a leggerle un libro ti fa le capriole addosso, che se ci giochi a carte dopo due secondi si agita, e cade questo, e sposta quello, e la testa è in terra e i piedi in aria, e non ce la fai. E se sei fuori e giochi a palla, ogni tiro è un “allora, adesso facciamo così” e si inventa un gioco a ogni tiro, e ogni spiegazione dura 15 minuti, il gioco 30 secondi, e ti rompi. E se guardi un cartone ne vuole un altro, ancora uno, solo più uno, mammaaaaaaaaaa!. E se le chiedi di andare a lavarsi i denti va, si ferma e guarda un quadro. Glielo ricordi, sbuffa, va, si ferma a raccogliere un gioco e ci gioca. Richiami, un attimo… Non ce l’ho! DAi, per favore, sbuffa, va, si appende alla porta e ci dondola. Digrigni i denti ma tenti con un gentile “sara, è tardi, i denti” arriva al lavandino, si appende anche lì. Ritenti, scende, prende un profumo, cade. Ti scocci, le dici “ora basta, ora lavati i denti” e lei sbotta “mamma, ma che noia che sei” E urli, riurli, perché è già stato così per lavarsi le mani, e per venire a tavola, e sai che ora tocca ai vestiti, e saranno lagne per tutto, e ogni mattina non ce la fai.
Però lei è sempre stata così, almeno ogni tanto si inventa un gioco, e scende nel suo mondo, un mondo che vive a porta chiusa, sola, felice, si concentra, gioca, che sia la pista del trenino o il gioco dell’asilo o della scuola, sparisce un’ora, non vuole nessuno, e se entri la vedi che sorride, per poi fulminarti incattivita e dirti di andartene. Ma almeno in quei momenti prendo fiato…
E ora la piccola. Sempre sempre attaccata, a un anno mangiava da sola, voleva fare tutto da sola, salire le scale da sola (4 piani a gattoni, e a prenderla in braccio erano urla). Ora niente, ora mangia due cucchiaini nervosa, poi sbatte il cucchiaio, spinge con forza il piatto, lo rovescia, non vuole niente, non c’è gioco che le interessi, se le dò qualcosa di nuovissimo (telecomando, caramella da aprire, tutte cose vietate) mangia e di gran gusto, sennò niente di niente, a volte la lascio stare, ma piange, perché vuole scendere. A volte la lascio piangere, e la cena diventa un inferno, altre la lascio scendere. Ma non va bene, vuole stare in braccio, ma non seduta, in piedi, se la tengo urla, piange, se la lascio sono bicchieri rovesciati, piatti che sbattono, coltelli che non sai più in che mani sono… E la metti giù, e piange, e la cena va così… E il giorno anche, il passeggino no, giù cammina, ma solo dove vuole lei, e ti guarda, guarda dove vuoi andare e va dall’altra. E se dici no ride, e ci riprova, se la fermi urla, riurla, distrarla? Non c’è santo che tenga, i giochi non le interessano se non sono in mano alla sorella, li prende, se non li lascia la morde, la pizzica, se la fermo urla. Oggi ho passato l’aspirapolvere, ci metto 5 minuti di orologio, ce ne sono voluti 30, l’ho spenta più di 10 volte, ogni secondo piangeva, voleva questo, ripiangeva, voleva quello, poi attaccata la gamba, poi a tirarmi la mano. Non sta da sola un secondo che sia uno, e se non la sento, corro, perché o si mangia la crema per le mani, o ha trovato un cellulare che (spesso nella corsa di riparare ad altro) abbiamo lasciato in giro, o ha le mani nel water, o sta mangiando le crocchette del gatto (che sono sempre fuori portata, ma poi mentre le dò arriva, mi tira, un attimo, e tira, e urla, e tira, e vai e le lasci lì….).
Ecco, no, così non ce la faccio. Sono arrivata a casa con una macchia sui pantaloni. Vabbé, li cambio. Sono uscita un’ora e mezza dopo, ho passato l’aspirapolvere e fatto pipì. Stop. Pranzo una pizza mentre andavo all’asilo. E niente cambio pantaloni perché nel tran tran mi sono dimenticata, e appena ho avuto tempo di mettermi le scarpe. Non un secondo di respiro, di pace, mai mai mai.
Ecco, è bella, è tenace, è decisa, finalmente sta con tutti, ma arrivo alle 18 e guardo l’orologio sperando che corra, che arrivi l’ora di metterla a letto.
E la grande da sola quasi è un piacere, ti sfinisce ma ti coinvolge. Lei da sola è una noia tremenda, non c’è attività che la coinvolga, non i giochi da piccoli (cubi, birilli, palla, computerino, costruzioni, pista del trenino) non quelli da grandi (puzzle, pista del murble run, lego, persino i colori a dita la stufano!!!). E un pomeriggio è eterno.
insieme… insieme è talmente da panico che il tempo passa, ma la sera le guardi, hai passato il giorno cercando di staccarti la piccola, e cercando, senza riuscirci, di scambiare due frasi con la grande. E’ passato e non ci sei riuscita. Non hai giocato (non puoi con un koala attaccato alla gamba che in 5 secondi distrugge tutto e già si è stufata) e non hai fatto altro, niente, semplicemente niente.
Amarle così? Si, le amo, da morire, e quando la piccola mi porta un libro e mi guarda col sorriso e gli occhioni che ha, mi sciolgo, sbavo su quelle fossette, e la respiro quei 5 secondi che dura con quel libro in mano a farmi i versi. E la grande, quando andiamo all’asilo a piedi, e chiacchieriamo, le stringo la mano ringraziando il cielo di quei 5 minuti.
Ma godermele no, sono mesi e mesi che non me le godo. E oggi per la prima volta vorrei poter cambiare qualcosa, perché così non ce la faccio… E poi ce la fai, perché non puoi non farcela. Ma passano i mesi, gli anni, e sai che te le ritrovi grandi, vola via, e questi che dicono essere gli anni più belli li passi a denti stretti….
Forse si può accettare e amare e basta cominciando a intraprendere un percorso a ritroso per spogliarsi di tutte le proprie certezze, di tutte le proprie convinzioni e sottoponendole a continua verifica e riformulazione. Sul tema del mese parli, secondo me giustamente, di “lavoro” di ricostruzione di te stessa. Ecco, io credo che accanto a questo “lavoro” sia vitale recuperare – come altrettanto giustamente dici in questo post – il “piacere” di stare con un bambino così. E se dal punto di vista delle riflessioni e della parte diciamo così “mentale” della questione ti possono venire in aiuto le letture, il confronto con gli altri, lo psicologo e chi più ne ha più ne metta invece il recupero del piacere e di un legame emotivo con il bambino secondo me si muove su un altro piano. Sto leggendo anche io “intelligenza emotiva” dopo aver letto gli articoli di Silvia e Serena: queste strategie sono molto preziose, aprono un mondo (io poi mi sono trovata moolto incompetente nell’applicarle) e ti danno delle chiavi concrete per arrivare a obiettivi importantissimi di gestione delle relazioni. Ma non parlo di queste perché si muovono comunque su un piano di rielaborazione “razionale” e mentale delle emozioni (che comunque è già un traguardo grande, se si arriva). Spero di riuscire a spiegarmi bene perché secondo me questo è un punto fondamentale: parlo di un linguaggio che va al di là delle parole e delle rielaborazioni razionali. Parlo di cercare di allargare quella zona “franca” in cui finalmente si apre un contatto con quel figlio, in cui finalmente ci si ritrova e si stabilisce un contatto profondo. Ma per fare questo ci si deve spogliare autenticamente. Si deve fare pace con se stessi, con il giudizio su di sé e di conseguenza su quel figlio. E non è la cosa più facile in condizioni così al limite. In più i bambini sono provvisti di raffinatissime antenne per cogliere qualsiasi segnale di squalifica, di rifiuto nei loro confronti (non perché non li si ami ma perché la pressione a cui si è sottoposti è troppo alta) o di paura dei loro sentimenti. Se poi sei anche consapevole del fatto che dovresti essere tu il primo riferimento per aiutarli a decifrare quei sentimenti e sei più spaventata di loro, la situazione diventa veramente insostenibile. Però occorre aprire quel varco (con tutti i bambini) e con quel tipo di bambini in particolare. E la chiave per me è restituire al bambino attraverso le carezze un’immagine amorevole di sé , il fargli sperimentare il piacere del contatto con se stesso, con noi e con gli altri nel gioco, il piacere fisico di una risata, la bellezza del suo movimento nello spazio, in modo che quella tensione continua si allenti almeno un po’ e piano piano quel varco finalmente si allarghi sempre di più e quella rigidità emozionale si sciolga e si riempia di fiducia e il bambino possa aprirsi e lasciarsi abbracciare e accogliere da te. Non so se sono riuscita a spiegarmi. Ieri sera ho insegnato a mio figlio a fare le capriole. Voleva disperatamente farle ma aveva paura. Allargava le gambe, appoggiava le mani a terra e puntava la testa rigido come una bacchetta di balena. Piangeva. Sua sorella le faceva e lui non riusciva o pensava di non riuscire. Si arrabbiava e urlava. E io naturalmente mi irritavo e irrigidivo per le sue reazioni esagitate, ottenendo l’effetto contrario. Gli ho mostrato come si fa, ma non si fidava di se stesso, l’ho convinto un po’, è riuscito a farne mezza e vedere il mondo a testa in giù l’ha fatto ridere, sentire la mia mano che lo sosteneva l’ha un po’ rassicurato, ha capito che forse ce la poteva fare e ha cominciato a RIDERE. E il suo corpo ha cominciato ad ammorbidirsi. E quando si è trovato ribaltato a faccia in su non smetteva più di ridere.
>La vacanza l’aveva scelta lui
La vacanza la scelgono i genitori e il figlio se la gode.
Non è che forse troppa responsabilità…
>dovevi “assolutamente” portarlo in braccio fino in strada
A 5,5 anni…? E voi lo portavate?
Leggendo mi hanno colpito queste parole “Perchè lui è dannatamente crucciato, perennemente arrabbiato o annoiato”. Mi hanno colpita, perché noto che anche mio figlio spesso è arrabbiato, crucciato anche se abbiamo passato un’intera giornta o pomeriggio a fare cose che a lui piacciono e/o che possono divertirlo. Lo vedi lì con il muso, che inizia a fare capricci e tu proprio non ti spieghi il perché dal momento in cui dopo tutto quello che abbiamo fatto: parco, amici ecc. dovrebbe essere soddisfatto delle giornata trascorsa, felice contento e invece no!
Ecco non ho una risposta, anzi prendo spunti da quello che voi scrivete per riflettere e mi annoto i libri da voi segnalati. Grazie
Grazie.
Avevo bisogno di leggere proprio questo.
Una testimonianza così sincera e identica alla mia.
Almeno ora non mi sento più così “sfortunatamente” fortunata.
Ed è bellissimo.
scusa ho dimenticato di scrivere che sul manuale di psicopatologia infantile(meraviglioso anche se un po peso ovviamente perchè è roba seria) spiegano anche chiaramente le cause principali che potrebbero aver scatenato certi tipi di comportamento e quindi diventa anche più facile capire dove andare a parare..non so se mi spiego.. tanti altri baci 🙂
Osiride l’intelligenza emotiva di Gottman è ormai il mio cavallo da battaglia preferito (ma non l’unico) Ne abbiamo parlato molto in questo blog e continueremo naturalmente a parlarne, anche in questo mese. Purtroppo però io capisco bene la descrizione di Marzia, perché nonostante applichiamo le tecniche di allenamento emotivo già da un po’, il Vikingo sembra migliorere mooolto lentamente il suo controllo emotivo. Insomma la strada da fare è lunga e gli scossoni sono molti.
Mi annoto invece il titolo dell’altro libro e lo inserisco nella lista dei prossimi acquisti. Grazie per la segnalazione!
scusa ma a me quello che dici sembra piuttosto normale..nel senso che ci sono volte in cui penso le stesse cose eppure il mio è semplicemente intelligente ma vivace..a volte molto vivace.. a volte sembra di 5 a volte sembra di 1 e in realtà ne ha 3.. ci son dei momenti di pesantezza infinita.. momenti lunghi….. ma devo ammettere che ci sono state due letture che mi ha aiutato più delle altre..ma veramente tanto..e mi hanno cambiato la vita poco a poco nel giro di un paio di mesi.. una è il manuale di psicopatologia infantile di ammaniti(capire la psicopatologia serve a definire meglio cosa è normale e cosa no)..libro per altro che mi è piaciuto da morire, è chiaro, preciso, descive molto bene i comportamernti tipici delle patologie(metà delle quali non sapevo neppure che esistessero!)e di alcuni problemi abituali che normalmente i genitori non conoscono per cui si agitano più del dovuto..si va dai disturbi di regolazione a quelli del cibo, a quelli dell identità, a quelli del sonno.. è un librone ma io veramente lo adoro e lo consiglierei a tutti!!! altro libro molto pratico è intelligenza emotiva per un figlio di gottmann..dalla descrizione sembra che tuo figlio abbia qualche difficoltà con l espressione dell proprie emozioni all interno del contesto relatà..cioè sente e si immagina delle cose ma poi alla pratica i risultati son un disastro..boh, magari mi sbaglio!.. comunque quest ultimo libro da proprio dei suggerimenti pratici, ti fa degli esempi..per questo l ho trovato interessante!..di solito è solo teoria.. ma qui c’è del materiale per chi ha orecchie per intendere..poi ovviamente questo è il punto di partenza per una serie di letture sull intelligenza emotiva.. che è diventato il mio argomento prediletto anzi adorato!!:) guarda non so se posso essere stata vagamente di aiuto ma spero che la mia esperienza porti a qualcuno giovamento.. la mia vita e qualla di mio figlio sono sensibilmente migliorate da quando ho scoperto l intelligenza emotiva.. ma ho ancora tanta strada da fare..in cammino!! 🙂 un bacio a te e a Alex