Ora che la festa della mamma è passata, e gli animi si sono calmati, possiamo provare a parlarne e a fare qualche riflessione in merito che magari ci torna utile prima dell’isteria del prossimo anno (o in occasione della festa del papà o della nuova nata festa dei nonni).
Ogni anno gira qualche post di qualche scuola illuminata che osa evitare la festa della mamma, e così partono i soliti schieramenti, quelli che “bene! Almeno i bambini senza mamma non devono soffrire per questa festa inutile” e quelli che “e mo’ pure la festa della mamma non va bene!”. Non vi nascondo che mi sento più in linea con il primo schieramento, forse perché non sono affezionata alla festa della mamma (e non lo sono mai stata nemmeno da bambina), o forse perché vivo in un paese in cui i bambini a scuola non preparano lavoretti o poesie per nessuna di queste feste, e non vedo grandi stravolgimenti nel loro equilibrio psicologico nei confronti delle figure di riferimento. Però iniziamo dall’inizio.
La festa della mamma esiste più o meno in tutto il mondo in date diverse e con modalità diverse. In Italia è stata istituita per la prima volta dal fascismo con il nome giornata della mamma e del fanciullo, e in seguito su promozione della chiesa come elogio della figura della madre per “il suo forte valore religioso, cristiano anzitutto ma anche interconfessionale, come terreno di incontro e di dialogo tra loro le varie culture” (cit. wikipedia). All’inizio degli anni sessanta ha preso piede soprattutto come festa commerciale e ha iniziato a diffondersi sempre diventando una tradizione, e da allora nelle scuole di tutta Italia i bambini preparano lavoretti e imparano poesie per la mamma, come quella ricevuta dalla mia amica Oriana (la quale si scusa perché la poesia originale è …ops…scivolata nell’immondizia e quindi è costretta a parafrasare):
“Cara mamma, cosa regalarti davvero non so. Una borsa da vera signora, una collana di corallo, un maggiordomo tuttofare, un ferro da stiro che stiri da solo, un trucco magico per dimagrire. Ma ho pochi soldini. Ecco ho trovato cosa ti regalerò! Il bambino più bravo del mondo sarò”.
Insomma, dicevamo, la festa della mamma è diventata una vera tradizione, della quale molte mamme sembrano non poter fare a meno.
La festa della mamma oggi, festeggiata in questo modo, sembra molto anacronistica. Quella madre che in Italia è ancora penalizzata sul lavoro, è ancora vittima di violenze domestiche ad un livello inaudito, e che nei casi migliori si trova sulle sue spalle un carico di lavoro molto più pesante dei suoi compagni uomini ha davvero poco bisogno di essere celebrata da una facile retorica sulla sua capacità di abnegazione e di amore incondizionato (e – scusate il dettaglio – meno che mai ha bisogno di un trucco magico per dimagrire!).
E i bambini che sono senza mamma? Ecco quei bambini si ritrovano in una classe che per diversi giorni si dedica ad un lavoretto per una mamma che non c’è. Gli insegnanti più illuminati, cercano di evitare che quel bambino in particolare faccia il lavoretto o trovano soluzioni più creative che includono il dedicare il lavoretto ad un’altra persona cara (ma davvero il resto della classe dedica il lavoretto alla mamma e io non posso? In che modo questo dovrebbe aiutarmi a farmi sentire meno diverso). La mia cara amica Elena dice giustamente che i bambini non possono e non devono essere protetti dalla sofferenza, che non possiamo crescere una generazione in cui nessuno debba mai confrontarsi con le sue differenze o mancanze. Sono ovviamente d’accordo con lei, ma non credo che basti evitare un lavoretto per evitargli il confronto. Il dolore di aver perso un genitore quei bambini lo affrontano probabilmente ogni giorno, e il confronto con quella mancanza lo vivono ad ogni occasione pubblica in cui la madre non c’è, ogni volta che vanno a casa di un amico a giocare, e ogni volta che c’è una festa a scuola o in parrocchia. Che bisogno c’è di girare il coltello nella piaga? Soprattutto visto che siamo in assenza di motivi pedagogici che possano giustificare il festeggiare la festa della mamma nelle scuole. I lavoretti che stimolano lo sviluppo di abilità motorie fini, si possono fare anche senza che ci siano occasioni speciali, e di poesie da imparare è piena la letteratura dell’infanzia (e decisamente meglio di alcune perle che vengono recapitate alle madri in queste occasioni), magari sul passare delle stagioni o sulla bellezza della natura. Perché le maestre sentono il bisogno di scrivere loro delle poesie di tale levatura piene di rime come piedini, cuoricini e pancini (che si vede lontano un miglio che certe poesie non sono scritte da bambini ma da adulti che tentano di imitare i bambini).
Come mi faceva notare Elena, c’è un motivo importante per cui il festeggiare la festa della mamma a scuola, ed è quello che le ricorrenze e i rituali sono un collante della società ed è anche dovere della scuola aiutare a rinforzare. Sono d’accordo, ma mi resta il dubbio che possano esistere altre tradizioni ugualmente valide da utilizzare per questo, del resto tradizioni nazionali e regionali a cui attingere in Italia non mancano: tradizioni che veramente uniscono, invece di sottolineare le differenze.
Sono felice di avere avuto la possibilità di confrontarmi con persone di opinioni diverse sull’argomento, che mi hanno aiutata a chiarirmi le idee. E sono certa che ci siano molte mamme che hanno ricevuto lavoretti fatti davvero dai bambini e non dalle maestre, con pensieri scritti veramente di loro pugno (e vi prego di scriverlo qui nei commenti perché sulla mia bacheca di Facebook sono arrivati solo orrori pieni di stereotipi sessisti che non fanno bene a nessuna mamma presente o futura), però mi chiedo se ci sia davvero bisogno di accogliere con livore la scelta di alcune maestre come quella della scuola di Torino, in cui i bambini sono stati invitati a fare un lavoretto a chi gli vuole bene, e hanno scelto loro a chi dedicarlo. E quando leggo dall’articolo che “15 alunni su 25, quando si sono trovati a scrivere col pennarello la dedica sul bigliettino, non hanno citato né mamma né papà. Piuttosto la tata, nonni, zii o altri parenti, un animale domestico oppure l’amichetto del cuore che non vedevano da tanto tempo” capisco che forse il livore non è tanto dato da principi ideologici sull’importanza di una tradizione, quando da un ego ferito per una categoria che si vede scippare l’egemonia un ruolo importante.
E allora rifletto sul fatto che forse è vero che abbiamo bisogno di una festa della mamma e del papà, ma che dovremmo abbandonare la retorica dell’amore materno (o paterno) che l’accompagna (con tutti gli stereotipi annessi e connessi) per parlare davvero della difficoltà di essere genitori oggi in un paese in cui le politiche per la famiglia e la conciliazione sono veramente scarse. Ecco una festa della mamma così potrei accettarla, davvero. E voi?
alla scuola elementare del mio figlio più grande c’è un bambino che vive solo col papà (non sappiamo bene cosa ne sia della mamma) e credo che sia questo il motivo per cui non si prepara nulla nè per la festa del papà, nè per la festa della mamma. alla scuola materna del più piccolo invece, i bambini hanno tutti entrambi i genitori e quindi fanno i classici lavoretti. davvero ci sono insegnanti che pur sapendo che c’è un bambino senza uno dei genitori (e non è possibile che non lo sappiano) insistono con i lavoretti? sarebbe da togliergli l’abilitazione e radiarli da tutte le scuole. non ci vuole il premio nobel per la pace ed essere dei guru della pedagogia per capire che è inopportuno no? per me non è fondamentale avere il regalo, anzi vivo benissimo anche senza ma non ci trovo nulla di male purchè appunto tutti i bambini abbiano una situazione familiare tale da evitare esclusioni. ma davvero non posso credere che ci siano insegnanti così incompetenti e stupidi…
Io non credo che siano incompetenti e stupidi. Credo che a volte sia semplicemente molto difficile fare la cosa giusta, perché si rischia sempre di scontentare qualcuno. Poi ci sono bambini che vivono con un solo genitore perché i genitori appunto sono separati, ma questo non significa che non possano festeggiare il papà o la mamma assenti. Anzi a volte è persino più necessario non censurare queste feste.
Purtroppo ci sono Cosmic, non tutti per fortuna, ma purtroppo esistono insegnanti così 🙁
Da bambina odiavo le letterine che ci costringevano a scrivere per la festa della mamma. E le odiavo perché mia mamma le accoglieva sempre con rabbia: tutte quelle belle parole del tipo “ti prometto che sarò più buona”…
I miei figli mi hanno fatto pensierini tutto sommato delicati e che ho ricevuto con piacere, ma forse perché alla base ho notato un certo buon senso da parte delle maestre, un proporre senza sostituirsi ai bimbi (infatti mi sono arrivati disegni terrificanti e rime improbabili, altro che pancini e cuoricini!).
La poesia che ho ricevuto io celebrava: 1. la mia bellezza 2. la mia gentilezza 3. la dolcezza del mio sorriso. Allegato un biglietto con l’impronta della sua manina (che mi ha un po’ commossa, lo ammetto) e un lavoretto . Gli ho detto :che bello ! L’hai fatto tu? E lui mi ha guardata come se fossi pazza e mi ha detto: Noooo! Lo hanno fatto le maestre!
In genere sono d’accordo con le scelte della scuola materna, ma ogni tanto ci sono delle cadute di tono ?
Ecco direi che il fatto che tuo figlio non abbia nemmeno immaginato possibile che il lavoretto lo avesse fatto lui, spiega assolutamente tutto 😀
A proposito dell’evitare la festa della mamma per non ferire i sentimenti di bambini che non l’hanno più: quest’anno, nella classe del cinquenne, una bambina ha perso la sua mamma in modo piuttosto tragico. Siamo in un piccolo paese, in una piccola scuola, e tutti ne hanno risentito.
Ovviamente non si possono nascondere tutte le mamme degli altri bambini, che li portano e li vanno a prendere a scuola, e io stessa ho fatto un’attività didattica in classe loro e sono sempre stata “la mamma di Tommaso”; ma la scelta di evitare il lavoretto specificatamente destinato alla festa della mamma mi sembra molto sensata. Le maestre hanno molto più saggiamente ripiegato su “un prodotto” destinato a tutta la famiglia, che raccoglie il lavoro svolto dai bambini da mesi a questa parte.
Questo per dire che, senza fissarsi su una posizione o su un’altra, spesso basterebbe solamente un po’ di buonsenso e capacità di valutare quando è il caso e quando non lo è.
Se quest’anno non ricevo un regalino dall’estetica dubbia (perché qui li fanno fare veramente a loro), credo proprio che me ne farò una ragione. Sulla questione poi delle poesia che esaltano le capacità casalinghe della mater familias, stendo un velo pietoso… 😛
Bellissimo Serena.
Sono certa che le poesie che mi hanno scritto le bambine, di pugno loro, sono autentiche (a differenza di quelle che mi arrivavano dall’asilo, che evidentemente non potevano aver scritto loro), e so che nessuno potrà convincerle del fatto che il mio mestiere è cucinare e il mestiere del babbo è proteggerle. E sono anche certa che i “riti” sono un collante sociale. Però, ecco, io come persona non sento il bisogno di una dimostrazione d’affetto imposta e mediata. Dunque se facessi la maestra, mi inventerei qualcosa di carino da fare con i ragazzi (non un lavoretto, vi prego) per celebrare feste che sono di tutti veramente, ad esempio il primo di maggio.
Grazie Polly. In effetti anche per me sarebbe decisamente preferibile una attività alternativa al lavoretto.
C’è il pro e il contro. Nella scuola della Stellina l’anno scorso hanno fatto colorare un disegno con la lista delle cose che “la mamma fa per me”: cucina, lava, stira. Ho sorriso pensando che in quei mesi con Attila piccolissimo avevo assunto una colf che faceva tutte queste cose quindi, tecnicamente, per i miei bambini non stavo facendo nessun punto della lista. Ma mi dico che dipende poi da quello che vede la maestra, se quasi tutte le mamme sono casalinghe è anche giusto che da qualcuno arrivi il riconoscimento di un lavoro che porta ricchezza, anche se non è remunerato. Forse parte del dispiacere di cui parla l’articolo è anche questo: hai un bel dirti che se tuo figlio cerca l’amico e non te, è perché si sente sicuro di te, un pochino ti senti “scontata”.
P.S. Ho trovato interessante che la lista fosse un prodotto dell’ora di italiano, perché la maestra tedesca invece aveva fatto preparare un quadretto.